RICCARDO ZANDONAI

(Sacco di Rovereto, 28.5.1883 - Trebbio Antico, Pesaro, 5.6.1944).

Iniziati gli studi musicali con Vincenzo Gianferrari presso la Scuola Musicale di Rovereto (che ora porta il suo nome), li completò nel 1901 presso il Liceo Musicale "G. Rossini" di Pesaro, dove - allievo di Pietro Mascagni - si diplomò in composizione, oltre che in violino.

Visse tra Sacco e Pesaro.

Pesaro nel 1916 lo fece suo cittadino onorario e nel 1940 lo chiamò a dirigere il Conservatorio "G. Rossini". A Rovereto vive la figlia Jolanda.

Fu compositore fecondo, soprattutto di musiche operistiche, che gli meritarono - e gli meritano tuttora - unanimi entusiastici successi nei maggiori teatri del mondo. I critici sottolineano in particolare la sua abilità di raffinato orchestratore.

Compose:

Opere liriche: Il Grillo del Focolare, 1908; Conchita, 1911; Francesca da Rimini, 1914, riconosciuta come il suo capolavoro; La Via della Finestra, 1919; Giulietta e Romeo, 1922; I cavalieri di Ekebù, 1925; Giuliano, 1928; Una Partita, 1933; La Farsa Amorosa, 1933; Il Bacio (incompiuta).

Musica sinfonica: Primavera in Val di Sole, Quadri di Segantini, Rapsodia trentina, Concerto per violino e orchestra, Serenata medioevale e Concerto Andaluso per violoncello e orchestra, Flauto notturno per flauto e piccola orchestra, ...

Musica corale, Liriche, Musica da camera, Musica da film.

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KONRAD CLAUDE DRYDEN :

"RICCARDO ZANDONAI. A BIOGRAPHY"

Forewort by Renata Scotto. With tributes by Magda Olivero and Tarquinia-Jolanda Zandonai.

Frankfuryt/M., Berlin, Bern, New York, Paris, Wien, 1999, 530 pag. 23 fig.

ISBN 3-631 – 34374-4 . pb. DM 128._*

US-ISBN 0-8204-3649-6

È questa la prima completa biografia, in lingua inglese, di Riccardo Zandonai: la cronaca dettagliata della vita del compositore e l’analisi dei suoi rapporti privati e di lavoro (con D’Annunzio, Lagerloff, Pascoli, ecc.) sono documentati con materiale inedito e fotografie rare.

Introduzione di Renata Scotto. Contributi di Tarquinia-Jolanda Zandonai e Magda Olivero.

PETER LANG GMBH

Europaischer Verlag der Wissenschaften

Eschborner Landstr. 42-50

D - 60489 Frankfurt/M.

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Nel 1983 Rovereto ha celebrato il 1° centenario della nascita di Riccardo Zandonai con una ricca e importante serie di manifestazioni.

Gli articoli che seguono sono tratti dal mensile "Letture trentine e altoatesine" n.30, febb.’83.

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Rovereto celebra Riccardo Zandonai

Conferenze, mostre, concerti con i nomi più prestigiosi per rivalutare criticamente la storia e la cultura del primo Novecento.

F. Depero, L. Baldessari, A. Libera, F. Melotti, R. Zandonai: Sono solo alcuni nomi, oggi a notorietà internazionale, che testimoniano l'ampiezza del respiro intellettuale ed artistico maturato nel corso dei primi decenni del Novecento a Rovereto, cittadina geograficamente appartata, politicamente subalterna, eppure straordinariamente vivacizzata dal passato veneziano e dal secolare «filo diretto» culturale con lnnsbruck e Vienna.

Riccardo Zandonai (nato a Borgo Sacco il 28 maggio 1883) ha sofferto negli ultimi anni quel calo dì interesse che è sembrato coinvolgere un po’ tutto il mondo dell'opera lirica (in Italia più che altrove). È dunque giusto ed opportuno cogliere l'occasione del suo anniversario per ricordarlo: rivalutando il suo vigore di musicista autentico, le sue doti non comuni di uomo di teatro, il suo valoroso impegno nel superamento dei limiti del melodramma verista, la raffinatezza delle sue partiture orchestrali.

Su impulso dell'Assessorato alle Attività Culturali del Comune di Rovereto è stato mobilitato un prestigioso Comitato di autorità e di esperti (dr. Pietro Monti, dr. Gianfranco Zandonati, dr. Guido Lorenzi, Sen. M0 Andrea Mascagni, M0 Renato Dionisi, M0 Renato Chiesa, M0 Silvio De Florian, M0 Hubert Stuppner, M0 Bruno Mezzena, prof.Valentino Chiocchetti, prof.ssa Giovanna Vettori, rag. Dario Piconese, comm. geom. Tullio Depetris, comm. Enrico Moiola, prof.ssa Marvi Zanoni in qualità di Segretaria), con l'intento di varare una serie di importanti manifestazioni celebrative del suddetto centenario. Non si tratta di imbastire apologie: quello che ci si propone è di restituire a Zandonai il posto che gli compete nella musica italiana, approfondendone criticamente e storicamente la figura.

A tale scopo si terrà in aprile un importante convegno di studi, della durata di due giorni, che si gioverà della competenza di illustri musicologi (tra cui: P. Santi, L. Pestalozza, L. Pinzauti, G. Lanza Tomasi, F. D'Amico, ed altri), ed i cui atti saranno pubblicati dalla Casa editrice EDT di Torino. Fra le numerose manifestazioni musicali che contribuiranno a diffondere e far meglio conoscere la musica zandonaiana, si citano concerti sinfonici, cameristici, bandistici, e naturalmente lirici (è previsto l'allestimento della «Giulietta e Romeo»).

Più popolari, ma non meno interessanti, altre iniziative quali: una mostra filatelica -sul tema «La musica» - e l'emissione di un intero postale; una mostra di spartiti, scritti, foto di Zandonai (in collaborazione con il Comune di Pesaro); due pubblicazioni: «Zandonai - immagini» curata dal prof. Bruno Cagnoli e «L'epistolario di Zandonai con l'amico e con il Maestro» a cura del prof. Claudio Leonardi, oltre alla riedizione della biografia di Zandonai del prof. Bruno Cagnoli.

E ancora stimolanti: il concorso di composizione per media banda e la pubblicazione di un'antologia di composizioni dedicate per l'occasione al Maestro roveretano da importanti compositori contemporanei (Berio, Bettinelli, Mortari e altri); l'incisione discografia de «I Cavalieri di Ekebù» nell'esecuzione dell'orchestra della RAI di Milano diretta da G. Gavazzeni ed il cofanetto di quattro dischi «Omaggio degli artisti trentini di oggi ad un'artista di ieri».

Marvi Zanoni

Segretaria del Comitato per il Centenario Zandonaiano

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Renato Chiesa: Zandonai una vita per la musica

Nel 1983 ricorre il 1° centenario della nascita di Riccardo Zandonai (Sacco di Rovereto 1883 - Pesaro 1944), musicista noto soprattutto per Francesca da Rimini, su testo di D'Annunzio, una delle opere più riuscite del melodramma italiano del '900.

Accodato erroneamente alla Giovane Scuola (conosciuta meglio come Scuola Verista) con Mascagni, Puccini e altri, Zandonai in effetti esercitò, sin dall'inizio, un suo ruolo particolare: aperto certamente agli influssi della vocalità postverdiana, ma teso anche a cogliere quanto di meglio si produceva fuori d'Italia, in Francia e in Germania.

Autore rappresentato in tutto il mondo con straordinario successo fino agli anni Quaranta, il compositore trentino ha poi subito, come del resto tutti gli autori italiani nati a cavallo fra l'Ottocento e il Novecento, un certo calo di interesse, coincidente, nel secondo dopoguerra, con la scoperta di un panorama europeo (in modo particolare viennese) che la cultura autarchica italiana aveva in qualche modo impedito che si diffondesse nel nostro paese.

Ma il momento antiverista è da tempo superato e Zandonai è oggi fra i pochissimi musicisti veramente validi del suo tempo, a rimanere un po' in ombra. Puccini, per la sua vena melodica cosmopolita, e per certe operazioni di recupero (vedi le riproposte di Karajan), è rientrato nel favore della critica, mentre non aveva mai cessato di esserlo in quello del pubblico. Mascagni, Giordano, Cilea e pochi altri hanno tenuto abbastanza bene, anche se limitatamente a pochi lavori.

Zandonai attende il suo momento e il centenario della nascita e un occasione preziosa per scoprire un personaggio, ma ancora di più una musica sempre di notevole livello, con momenti di genialità, caratterizzata da una vocalità accuratissima e da un trattamento armonico e strumentale di primissimo ordine. Per questo secondo aspetto probabilmente Zandonai non ha rivali fra gli operisti del Novecento italiano.

La vita di Zandonai non è tormentata in senso romantico, ma è ricca di situazioni assai significative, anche per la cultura italiana del tempo. Zandonai ha vissuto da vicino due guerre mondiali e in entrambi i casi si è vista saccheggiata la propria casa anche negli affetti più cari: da Sacco nel primo conflitto, quand'egli, renitente alla leva che lo avrebbe costretto a militare nell'esercito austriaco, rimase in Italia (a Pesaro), lontano dalla sua terra; a Pesaro nel secondo conflitto, con la sua villa di San Giuliano occupata dai tedeschi.

In questo arco di tempo, a parte la prova determinante di Conchita nel 1911, che lo aveva portato a conoscere Tarquinia Tarquini, prima interprete eccezionale dell'opera e successivamente sua moglie, nascono i capolavori di Zandonai, dalla citata Francesca da Rimini a Giulietta e Romeo, ai Cavalieri di Ekebù.

L'incontro fra Zandonai e D'Annunzio è una pagina fra le più significative della cultura italiana, non tanto sul piano umano, poiché era impossibile che si potessero incontrare due personalità così diverse fra di loro, ma su quello della realizzazione artistica. Prova ne sia che oggi, a parte il Martirio di S.Sebastiano scritto per Debussy (ma non si tratta di un'opera), la Francesca detiene certamente il primo posto fra le collaborazioni di D'Annunzio con la musica, prima ancora della Fedra di Pizzetti.

Zandonai non è stato un compositore isolato, anche se il suo temperamento non lo ha mai portato a diventare arrivista. Basti pensare all'intensa attività di direttore d'orchestra, a quella di direttore del Conservatorio di Pesaro negli ultimi anni, ad una produzione intensa anche nel campo sinfonico e ad alcune positive prove di colonne sonore per il cinema.

Nel recupero che si tende a fare oggi di questo momento della storia e della cultura italiana del primo Novecento per una rivalutazione critica più serena, Zandonai è un personaggio insopprimibile, diverso da uomini di rottura come Casella e Malipiero, ma non meno incisivo e coerente, erede di una tradizione italiana rinnovata, per nulla chiusa ai grandi rivolgimenti che avvenivano fuori d'Italia, ma neppure propensa ad accettare spinte diverse che non avessero qualche radice nella nostra cultura.

Zandonai è un musicista che non è stato ancora studiato a fondo. Su di lui esistono alcuni studi, anche pregevoli, ma parziali. E possibile però attingere per la biografia e la poetica, ad un ricco epistolario. Tutta la musica di Zandonai è stata stampata da Ricordi che agli inizi, nelle persone di Giulio prima e di Tito poi, puntò sul nostro musicista come il più degno erede di Giacomo Puccini.

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Bruno Cagnoli: Non volle piegarsi mai al compromesso

I primi passi fatti a Rovereto e poi, ancora ragazzo, a Pesaro - allievo di Andrea Mascagni. Non dimenticò la città natale.

Sul finire del secolo scorso, pur in parte preannunciata da La Traviata (1853) e da Carmen (1875), una violenta, improvvisa ondata realista e verista scuote dalle radici il mondo del melodramma, il quieto vivere convenzionale: Cavalleria Rusticana, 1890. Nell'ambiente, il concetto di realismo e di verismo rimarrà assai vago, ma la rottura con il mondo precedente è totale.

L'eroicismo romantico, con certi valori e schemi della tradizione, scompare. S'impone la vita di ogni giorno, la realtà di ogni giorno, il protagonista è l'uomo della strada. Ma, al principio del nuovo secolo, la grande ondata realista e verista si smorza. Il clima culturale comincia a trasformarsi, e gradatamente da verghiano diviene dannunziano. Dopo la "tempesta" Wagner, dopo Otello e Falstaff, Mascagni, Puccini, Giordano, Cilea danno al teatro capolavori per i quali il loro nome resterà per sempre nella storia dell'arte musicale: e in quegli stessi anni operano musicisti che si chiamano Debussy, Ravel, Richard Strauss, Schònberg.

Ecco, proprio in questo preciso momento storico e culturale, Riccardo Zandonai viene alla ribalta, potremmo dire, del teatro musicale italiano, e subito impone la sua autentica presenza.

Riccardo Zandonai nasce a Sacco di Rovereto il 28 maggio 1883. La sua terra nativa vivrà sempre nel suo cuore; la sua personalità saprà sempre gelosamente raccogliere e custodire ogni suggerimento di quella luminosa valle, la Val Lagarina, "verde, bianca, madreperlacea e bruciante d'ogni colore secondo le mutevoli stagioni" - così come scrive un altro grande figlio di Rovereto, Fortunato Depero - saprà sempre gelosamente raccogliere e custodire ogni voce, ogni silenzio dei suoi momenti. La passione musicale di Zandonai nasce con lui, nella sua semplice e fervida famiglia: artigiano, calzolaio, il padre Luigi; operaia nella grande manifattura tabacchi, la mamma Carolina Todeschi.

Zandonai compie i suoi primi studi musicali a Sacco, e quindi a Rovereto, sotto la guida sapiente e vigile del Gianferrari; poi, siamo nel 1898, si reca a Pesaro in quel Conservatorio (allora Liceo Musicale) che ha per direttore Pietro Mascagni, nel fulgore della sua fama, ma, per l'inclinazione naturale del suo genio musicale, Zandonai si discostò da ogni carattere e da ogni intendimento musicale del maestro. Zandonai si sottopone allo studio con una tenacia e una resistenza che sbalordiscono i compagni e i maestri e sorverchiano la sua piccola persona magra e patita. Dirà egli stesso molti anni più tardi: "Con un grave sacrificio la mia famiglia mi mandò a Pesaro. Vissi di miseria, di privazioni. di studio tenace".

In tre anni completa i nove anni del corso di studio, e si diploma in composizione con lode, nel 1901, con un poemetto sinfonico per soli (soprano e baritono), coro e orchestra, Il ritorno di Odisseo, da Pascoli.

Da Ricordi

Pietro Mascagni, dopo il saggio, scrive:

"Posso attestare che da quando mi trovo quale direttore del Liceo Rossini di Pesaro, Zandonai fu uno dei miei allievi più promettenti. Egli avrà, di certo, nel campo dell'arte, un avvenire luminoso che lo porterà alla gloria".

Zandonai sente urgere dentro di sé questo mondo artistico, a Milano ha contatto con Casa Ricordi, la Casa di Verdi e di Puccini. Giulio Ricordi riconosce subito in lui le capacità, le attitudini eccezionali e gli affida la composizione di un'opera che sarà Il grillo del focolore da Dickens (1908). Così la critica, per la "prima" al Politeama Chiarella di Torino: "Riccardo Zandonai, ecco un nome che bisogna ricordare [...] Ricordiamolo per quello che ha fatto e per quello che farà".

Con Conchita, da Pierre Louys, (1911), opera ricca di varietà, suggestiva ed emozionante, Zandonai porta nel teatro d'opera modernità d'idee e d'espressione. La tessitura orchestrale è totalmente differente da quella di tutte le altre opere italiane sue contemporanee. Zandonai scrive mirando a fare delle grandi linee sinfoniche con l'orchestra e vi riesce splendidamente. Protagonista insuperabile di Conchita, uno dei personaggi femminili meglio tratteggiati da Zandonai, è Tarquinia Tarquini, senese, che porterà l'opera al grande successo, ovunque, in Italia, a Londra, in America, e che, non molto dopo, diverrà la amorosa consorte del Maestro.

A Conchita segue Melenis (1912), dall'interesse drammatico continuo, originale, e possente nella ricchezza della strumentazione, nel declamato musicale, nella presenza corale.

Zandonai è artista che vive e sente fortemente i fermenti e i contrasti del suo tempo, ma, per dirla con il Fait, non soffre di "sbandamenti estetici". Egli, nella vita e nell'arte, vuole essere e sarà innanzi tutto se stesso. E molto significativo un suo pensiero (1911) su Verdi: "... nel febbrile incrociarsi delle correnti artistiche d'oggi, nelle quali minaccia di smarrirsi l'anima nostra assetata di un ideale non raggiunto e forse lontano, il grande autore di Falstaff l'unica fonte alla quale noi possiamo dissetarci senza timore di restarne avvelenati".

L'opera che forse più di ogni altra lega per sempre il nome di Zandonai alla gloria del teatro musicale è Francesca da Rimini, rappresentata al Teatro Regio di Torino nel 1914. Il testo è tratto dalla tragedia di Gabriele D'Annunzio, ridotta magistralmente da Tito Ricordi. Zandonai e D'Annunzio, due caratteri, due personalità molto diverse; sul piano umano, di opposta natura. Zandonai non si è fatto mai, nella sua serenità, nella sua obiettività, influenzare da questa figura diremo quasi enorme nel mondo dell'epoca. Ci sono varie lettere. Una, a Nicola D'Atri, da Parigi, 24 maggio 1913: "... il divo è giunto finalmente ieri... Ha promesso di preparar tutto per domani. Raccomandiamoci a Dio!..."

L"amore" per Francesca

In Francesca da Rimini si incontrano due mondi poetici altissimi, e realizzano un capolavoro.

Il tema della rosa, alla fine del primo atto, è forse il momento più difficile dell'opera. "E all'apparizione (di Paolo)", scrive Ferdinando Lunghi, "Tutto resta immobile: Paolo con la sua rosa rossa, Francesca, le persone, le cose, gli sguardi, i palpiti. Tutto sembra ormai senza respiro: non respira che la musica. La musica è protagonista e qui veramente avviene il mirabile trapasso: l'atmosfera diviene personaggio, il quadro azione drammatica, il sogno una realtà musicale che non perirà".

Un pensiero di Zandonai sul "personaggio" Francesca: "È un tipo strano che ha richiamato su di sé tanti giudizi errati: il Cinquecento la volle carnale, peccatrice volgare, un'erotica sentimentale. Io l'ho sentita con profonda e commossa pietà per quell'amore appunto che la vincola al cognato e la conduce con lui ad una morte. Perciò ho cercato di renderla musicalmente con motivi quasi chiesastici: Francesca è l'amore senza erotismo, e la coscienza viva che questa donna possiede del peccato, rivela in lei una profonda spiritualità" (1919).

In questo modo Zandonai ha "sentito" la personalità di Francesca, la sua "profonda spiritualità". E proprio qui è la differenza, come già in altre occasione abbiamo avuto modo di rilevare, proprio qui è la differenza, e proprio di fondo, tra le due poetiche, quella di "lussuria e violenza" di D'Annunzio e quella della "dolente storia personale della creatura umana" di Zandonai.

Anno 1914 - Tutto il mondo viene travolto dalla prima guerra mondiale. Zandonai è suddito austriaco, ma italianissimo, non risponde alla chiamata alle armi, rimane in Italia, prendendo così netta posizione contro l'Austria. Sono anni duri, gravi. Il 31 maggio 1916 Pesaro conferisce a Riccardo Zandonai la cittadinanza onoraria. Il 22 agosto l'Imperial Regio Tribunale Provinciale di lnnsbruck condanna Zandonai per "crimine di alto tradimento". In questo doloroso periodo, Zandonai studia, lavora. Silenzioso vive la sorte comune.

Terminato il conflitto, La via della finestra, commedia giocosa in tre atti, (nell'edizione definitiva gli atti saranno due), ha la sua "prima" lietissima, il 27 luglio 1919, al Teatro Rossini di Pesaro. Partitura scintillante, piena di slancio, giusto equilibrio tra le parti ironiche e grottesche, e quelle liriche.

Giulietta e Romeo, da Shakespeare, Roma, Teatro Costanzi, 1922. Mirabili pagine in questa opera zandonaiana: la danza del torchio, la cavalcata di Romeo, al terzo atto tutta la scena della Sagra di Mantova, straordinaria per coloritura strumentale, per vitalità ritmica, e l'aria del Cantastorie "Done piansì" in una atmosfera armonicamente preziosa e rarefatta, e il drammatico "Giulietta, son io", e il duetto dei due giovani al secondo atto con quelle note dell'organino prima dell'insorgere della tragedia, e il passaggio delle maschere, e della scorta, e la chiusa dell'atto primo quando Romeo si allontana dalla sua amata, e in lontananza in un'ineffabile fragranza di accordi musicali al sorgere dell'alba veronese passa una canzone.

e mi voria cambiarme el core in vento per vegnir pian pianelo stamatina la to' boca a basar!...

Con Toscanini

I cavalieri di Ekebù, da Selma Lagerlöf, al Teatro alla Scala, 1925, è diretta da Arturo Toscanini. Soggetto nordico, una concezione straordinaria, porta nel teatro d'opera un tema, un modo tutto particolare, questi Cavalieri di Ekebù che poi sono redenti dal lavoro.

Gianandrea Gavazzeni, in merito a I Cavalieri d'Ekebù scrive: "[...] secondo me, e l'altra grande opera di Riccardo Zandonai; sul piano dei valori e della vitalità sta parallelamente a Francesca da Rimini [...]. Ne I Cavalieri di Ekebù sento riflessa l'anima nordica di Zandonai, il colore e timbro delle Sue montagne, la vaghezza delle nebbie, i colori trascorrenti di queste valli - anche se il soggetto è tratto dal romanzo svedese di Selma Lagerlöf - le caratteristiche di temperamenti forti, di spiriti schietti, di animi spontanei.

Nei Cavalieri Zandonai affronta esperienze per Lui nuove; c'è una forma concisa, soprattutto nella seconda revisione dell'opera; ci sono temi di plasticità robusta, un senso corale che sino a quel momento Zandonai non aveva ancora rivelato; una varietà di caratteristiche musicali e di stilemi linguistici, una caratterizzazione di questo ambiente così tipico del romanzo e dei suoi personaggi che pongono anche questa creazione zandonaiana fra i punti vitali dell'operismo novecentesco".

Giuliano, Napoli, Teatro San Carlo, 1928, nei suoi motivi predominante della fatalità e della redenzione ci riporta al mistero medioevale, alle sacre antiche rappresentazioni.

Cantano sommessamente i cori degli angeli:

Pace, Giuliano. Il cielo ode il tuo gran pianto. Pregalo e spera...

Ed i cori della selva rispondono:

Amore che dà frutto e che dà fiore... Per laudarti ogni pianta apre il suo cuore e canta... (Questo verso è stato fatto apporre dal Maestro sul cancello di Villa S. Giuliano, la sua dimora ai piedi del colle S. Bartolo, a Pesaro).

La vita di Zandonai trascorre parte a Pesaro, parte a Sacco nei mesi estivi sino all'autunno. Zandonai ama molto Pesaro, l'ha sempre profondamente amata, sin da quando sul finire del secolo vi giunse poco più che fanciullo, considerandola "sua" seconda patria. E Pesaro, con nobilissimo gesto di ammirazione e d'amore, lo volle "suo cittadino onorario". "La mia Pesaro", dirà Zandonai, "che io unisco in un solo e pari amore con Sacco di Rovereto".

A S. Giuliano Zandonai compone Una partita, Teatro alla Scala, 1933, un dramma rapido, incalzante, forti situazioni, semplicità, almeno apparente, dell'ordito orchestrale, vigore del recitativo drammatico, chiarezza melodica quando il canto, nella seconda parte dell'atto, ampiamente si spera.

E La farsa amorosa, Roma, Teatro dell'Opera, 1933, nella quale con vena d'umorismo moderno intende ad una rinascita della nostra opera buffa, nel suo carattere popolaresco.

Il bacio è l'ultima opera, incompiuta per la morte del Maestro (Pesaro, 1944).

Una pur rapida presentazione del mondo artistico zandonaiano non può non ricordare di Zandonai, insieme alle opere teatrali, la produzione sinfonica, strumentale, cameristica, liederistica, corale, le musiche religiose, le musiche per films; la sua attività di maestro concertatore e direttore d'orchestra; la sua nomina - accettata come "sacrificio e come missione" - nel 1940, a direttore di quello che, con lui divenuto "Conservatorio G. Rossini" di Pesaro, con lui vivrà gli anni più belli della sua rinascita.

In cosa si può dunque individuare il significato dell'opera musicale di Riccardo Zandonai nel melodramma italiano? Diremo che tutte queste opere portano un segno ben preciso, quello di una sofferta drammaticità, quello di una scrittura strumentale ben personale per originalità e tecnica, e testimoniano le tappe della vita artistica di un autentico artista.

Con Zandonai è il moderno che per virtù di poesia si concilia con la tradizione.

La personalità artistica di Zandonai rispecchia l'altezza morale dell'uomo. Scrive Barblan: "Coloro che del Maestro guadagnarono la non facile confidenza sanno dei suoi amari scoramenti all'indomani del compimento di una nuova fatica teatrale. In questi momenti sembrava a lui che la sua esistenza fosse improvvisamente divenuta inutile, che la sua missione terrena si fosse conclusa nell'istante in cui, terminata una partitura, gli veniva momentaneamente a mancare una fama letteraria sulla quale riversare la sua prepotente passione interiore. C'era in lui l'assillo a produrre tipico di chi è nato con una vocazione ineluttabile e urgente. Far musica costituiva per lui la stessa necessità che per il mistico è la preghiera, che per l'eroe è il compimento di grandi azioni. La sua esistenza doveva bruciarsi nel continuo rinnovellarsi di un'onda musicale che, comunicando col prossimo, desse all'artista la giustificazione del vivere. Forse proprio in questo senso morale di vita, nel cui vocabolario mai trovò posto la parola "compromesso", è da ricercare la grande lezione che la montagna incise nello spirito dell'uomo".