Lorenzo de' Medici detto "Il Magnifico" (1449-1492)
Nacque a Firenze il 19 gennaio del 1449 da Piero de' Medici, figlio di Cosimo, e da Lucrezia Tornabuone. Quando nasce Lorenzo Firenze è all'apice dello splendore, soprattutto grazie a Cosimo. Sta per essere ultimato il palazzo in via Larga progettato dall'architetto Michelozzo per i Medici. Piero, come molti suoi antenati e come poi anche Lorenzo, fu colpito dalla gotta, da qui il nomignolo "Il Gottoso". Costretto a letto da tale malanno il padre di Lorenzo trovò piacere nell'aumentare la collezione di manoscritti, gioielli e altri tesori che divennero la gloria della famiglia. Lucrezia era una donna molto intelligente ed ebbe un ruolo fondamentale nell'educazione dei propri figli.
L'educazione di Lorenzo cominciò a 5 anni, il suo primo tutore, precettore, fu Gentile Pecchi, poi vescovo di Arezzo. Nel 1456 nello studio fiorentino (università) viene nominato un grande maestro: l'Argiropulo, studioso di greco che diede grandi impulsi agli studi ellenistici; Lorenzo entrò ben presto a far parte del gruppo di cultori del mondo classico. Ci furono poi altri dotti: Landino, grande conoscitore della letteratura latina, e Marsilio Ficino, detto il "Platonico", un filosofo dunque. Questi personaggi non disprezzavano la cultura volgare e incoraggiavano Lorenzo a scrivere in questa lingua. Sia Landino che Marsilio ammiravano Dante; Landino commentò la Divina Commedia e Ficino tradusse il De Monarchia. La preparazione all'attività pubblica iniziò per Lorenzo all'età di 15 anni (1464), quando morì il nonno Cosimo. Quattro anni più tardi si sposò con Clarice Orsini, proveniente da una famiglia aristocratica romana e, l'anno dopo, morto il padre (1469), Lorenzo eredita la carica di Signore di Firenze. Il matrimonio fu fatto soprattutto per avere un'alleanza visto che Firenze appariva militarmente scoperta di fronte alla minaccia del Papa. Clarice diede alla luce dieci figli, tre dei quali morirono durante la loro infanzia. Nel 1488, Clarice morì di tubercolosi.
Salito al potere Lorenzo allargò sempre più la cerchia della gente che aveva libero accesso alla ricca biblioteca dei Medici; già allora vi era l'abitudine di lasciare su un registro il proprio nome e quello del libro che si prendeva in prestito. Questi registri sono giunti fino a noi. Tra i nomi figura anche quello di Angelo Ambrosini detto poi il "Poliziano", che era addetto, per i Medici, alla collezione di manoscritti provenienti da Oriente. Poliziano tradusse Omero. Un altro grande amico di Lorenzo fu il Pulci, autore di un poema intitolato "Il Morgante". Fra gli artisti: Botticelli e Michelangelo, anch'essi frequentatori della biblioteca.
Nel 1478 Lorenzo dovette affrontare la congiura dei Pazzi, una famiglia fiorentina ostile ai Medici e spalleggiata dal Papa; in questa congiura morì Giuliano, il fratello di Lorenzo che invece si salvì grazie all'aiuto del Poliziano. I due sfuggirono dai coltelli dei Pazzi scappando attraverso la sacrestia della chiesa dove i Medici erano riuniti in preghiera. Giuliano lasciò un figlio illegittimo che era stato battezzato col nome di Giulio. Lorenzo lo accolse in casa e lo fece studiare: questo ragazzo divenne poi papa Clemente VII. La congiura dei Pazzi aveva paradossalmente rafforzato i Medici accrescendo il potere di Lorenzo sulla città: si era chiarito che nessuna famiglia sarebbe potuta stare al loro posto e che ogni congiura sarebbe stata inutile. La fortuna dei Medici fu quella di avere a capo un uomo come Lorenzo che si era guadagnato la stima di tutti i cittadini, Ad un certo punto si diceva che Lorenzo era "arbitro" di tutt'Italia. Da tutte le parti (Milano, Torino, Mantova, Ferrara, ...) provenivano studiosi, dotti per lavorare alla corte laurenziana. Firenze divenne il centro culturale dell'intera Italia. La corte di Lorenzo fu un luogo di incontro tra amici, un ritrovo di intellettuali, la "brigata medicea". Agli studiosi era pure aperto il convento di San Marco dove nel chiostro erano esposti i capolavori degli scultori che vi lavoravano, tra i quali Michelangelo. Botticelli dipingendo "L'adorazione dei Magi" diede ai volti delle figure i volti della famiglia de' Medici.
L'interesse principale di Lorenzo fu focalizzato sulla ricerca e l'organizzazione di testi antichi e in questo ambito investì moltissimo tempo e denaro. Commissionava opere in tutta Europa, attraverso i vari rapporti che aveva intrecciato con gli umanisti europei. L'umanista di spicco era Poliziano che, con tutti i componenti della brigata medicea, si ritrovava nei pressi di Firenze in una villa del Ficino sede dell'accademia platonica, i cui membri erano anche statisti, avvocati, diplomatici, musicisti, dottori. centro delle discussioni erano Platone e il periodo in cui visse. I rapporti di Lorenzo con i membri dell'accademia sono caratteristici del ruolo che questo uomo invest" nel Rinascimento. Da giovane fu allievo del Ficino e da adulto lo riverì come un padre. Con gli altri aveva un rapporto di fratellanza. L'entusiasmo degli umanisti per il mondo classico aveva, in un certo senso, fatto dimenticare la cultura volgare. Il Valla parlava di "nostra lingua" riferendosi al latino; il Bruni definiva Cicerone il padre della loro era. Con Lorenzo si assistette alla rinascita del volgare, con lui si schierarono l'Alberti, il Ficino e il Landino che ammiravano i grandi poeti del Medioevo. Lorenzo, a differenza dei suoi maestri, non si accontentò di considerare l'italiano come una lingua leggermente inferiore al latino ma ne volle ripristinare l'uso. In un suo scritto affermò che amava il volgare perchè espressione della gente, quindi una lingua che viveva e che doveva venire rivalutata.
Non scrisse per raggiungere la celebrità, nè per denaro, ma per diletto, soprattutto poesie. Quest'ultima sua attività era uno svago frammezzo le tante preoccupazioni che dava la sua carica. Coltivava anche interessi umanistici, in particolare per Ovidio e Virgilio; per il volgare il suo amore fu per Dante e Petrarca. La maggior parte dei suoi testi è dedicata al carnevale. Il suo stile è da considerarsi inferiore a quello del Poliziano per perfezione ma risulta più originale e spontaneo. Tra le sue opere: poemetti in chiave burlesca "Nencia da Barberino", "L'Uccellagione", "Il Simposio"; scrisse un poemetto mitologico "Ambra"; un'opera in prosa sulla "Vita Nova" di Dante, un "Comento" alle sue poesie preceduto da 41 rime.
Ben presto però, Lorenzo cominciò a presentare i primi sintomi di malattia; oltre alla gotta fu pure afflitto dall'artrite. Nell'ultima parte della sua vita, non potendo più dedicarsi alla scrittura a causa dei dolori, la sua attività letteraria di limitò alla lettura. Lesse soprattutto i Vangeli, oltre ai già citati Boccaccio, Dante, Petrarca e Boezio.
Morì nel 1492 nella sua villa; prima di spirare ricevette l'estrema unzione da un domenicano, il Savonarola.