DOCUMENTO SCRITTO DA JV NOVEMBRE 2003 (N.B. per rispetto della privacy, tutti i nomi delle persone coinvolte sono stati sostituiti da sigle)

 

Questo è un aggiornamento su Eugene Broxton, il mio amico nella cella della morte. Ieri, 14 novembre 2003, Eugene è stato un’altra volta condannato a morte da una giuria (sì, da una giuria composta da tutti bianchi). Tuttavia, questo non significa che a Eugene verrà immediatamente comunicata una data di esecuzione. Ora vi è una processo di appello automatico che necessiterà da uno a quattro anni per essere esaminato, in base a ciò di cui io sono a conoscenza. Eugene verrà inviato nuovamente nel carcere di Livingston, Texas alla Polunsky Unit dove è permessa solo una visita alla settimana della durata di due ore. Durante i 18 mesi in cui Eugene è stato nella prigione di Houston, le visite potevano essere giornaliere ma molto, molto difficili per le catene alle mani e ai piedi obbligatorie per Eugene e le difficoltà di comunicazione (Nota: i prigionieri sono chiusi in una specie di scatola con un vetro per vedere i visitatori e, per parlare, devono comunicare per telefono).

Io non ero mai stata ad un processo prima. Così, quando ho guidato fino a Houston giovedì 13 novembre, io ero nervosa e disorientata. Ho dovuto controllare la mappa stradale di Houston per trovare dove fosse il Palazzo di giustizia … è stato spaventoso per me persino entrare nel tribunale.

Non avevo dormito molto quella notte e mi sentivo logorata dentro. Quando sono andata al diciassettesimo piano (e mi ricordavo il 17 perché è il mio numero fortunato) il processo non era ancora iniziato. C’erano solo 3 afro americani sulle panche e mi sono chiesta se fossero lì per il processo di Eugene. L’avvocato (di Eugene) aveva ricevuto un mio messaggio in cui gli dicevo che stavo arrivando, com’ero vestita, e che sarei stata felice di testimoniare a sostegno di Eugene. L’avvocato è arrivato ed abbiamo parlato brevemente. Io non ero autorizzata a rimanere nell’aula dato che avrei dovuto testimoniare. Così ho aspettato nell’atrio assieme ad altre persone compreso Mr. D. un uomo dall’aspetto molto serio che indossava dei jeans: sua moglie è stata uccisa nel 1991 e Eugene è accusato e condannato a morte per questo delitto. Eugene ha sempre affermato di non avere mai ucciso nessuno, ma le prove e le testimonianze avevano convinto la giuria nel 1991 che lui era colpevole. Ho conosciuto altre cose su quel delitto nei giorni seguenti. Era presente anche la madre di D. e la sua nuova moglie. Mentre aspettavo nel corridoio, ho parlato a lungo con il fratello di Eugene che era arrivato dalla Louisiana, dove fa il parrucchiere, e con la sorella di Eugene. E’ stato un piacere conoscerci e tutti noi abbiamo testimoniato come testimoni del carattere (Nota: di Eugene). Noi, durante una sospensione, abbiamo parlato con Eugene: ci è stato detto di sederci e di non toccarlo. Era la prima volta che vedevo Eugene senza un vetro divisorio e vestito con abiti civile e non con la divisa carceraria.

I testimoni hanno finito le loro testimonianze alle 7 di sera di giovedì, così sono tornata da sola a casa. La mia testimonianza è stata molto breve dato che l’avvocato di Eugene, mi ha fatto poche domande e il Procuratore distrettuale non mi ha fatto alcuna domanda. Anche perché l’avvocato voleva evidenziare che noi (io e Eugene) avevamo avuto ed avevamo ancora una mutua e significativa amicizia. “Sarebbe importante per lei se Eugene venisse condannato a morte?” mi ha chiesto. “Certo” ho risposto, “sarebbe molto importante. Vorrei poterlo conoscere fino a quando saremo ambedue vecchi e continuare a fargli visita finché mi sarà possibile”. Anche se la mia testimonianza non ha completamente realizzato quello che avrei voluto dire (avrei voluto trovare quelle parole magiche che avrebbero fatto la differenza per i giurati) almeno Eugene ha potuto sentire ciò che dicevo di lui, e penso che questo conti qualche cosa.

Avrei voluto dire di più. Avevo passato ore nel corridoio a ricordare, per non dimenticarmele, le quattro o cinque cose che avrei voluto dire circa specifici esempi sulle preoccupazioni e interessamenti di Eugene non solo per me, ma anche per gli altri. Avevo un pezzo di carta sul quale ho scritto le mie riflessioni, ma al banco dei testimoni, non ho letto nulla da quel biglietto. Non ho avuto la presenza di spirito di chiedere se potevo leggere da quel biglietto. Strada facendo, avevo deciso, prima di arrivare, che io stavo solo andando ad alzare la mia mano destra e promettere di dire tutta la verità, eccetera,. Ma non c’era alcuna Bibbia sulla quale io dovessi giurare. Ho pensato che non si usasse più. Invece di dire “SI’”, come credevo di dover dire, mi sono trovata a dire “SI’ signore”, niente affatto in linea con i principi di eguaglianza. Va bene.

Ero riuscita ad andare a casa e ad andare dormire alle 11, per alzarmi alle 5 e uscire di casa alle 6, questa volta con un amico, e rientrare a Houston il venerdì mattina. Sapevo dove andavo e non ero nervosa. Durante il tragitto ho cantato la canzone di Rosh Hashanah che dice “Open up to me the gates of justice” (aprimi le porte della giustizia) queste erano le uniche parole che mi ricordassi.

Sono arrivata appena dopo l’inizio del processo. Ho potuto sentire le argomentazioni finali dell’avvocato di Eugene rivolte alla giuria e sono rimasta molto colpita dalle sue parole e dalla bontà e chiarezza di ciò che diceva. Mi sono resa conto che sedevo con “loro”, cioè con chi voleva condannare a morte Eugene e sono andata dall’altra parte, dove W. L., un accanito oppositore della pena di morte, stava seduto. Il fratello di Eugene era ritornato in Lousiana e la sorella non aveva potuto presenziare, così io e W. eravamo gli unici che parteggiassimo per Eugene. Gli argomenti finali dei due Procuratori distrettuali (Mr. H. ed una donna di cui non ricordo il nome) sono state molto negative e molto persuasive. E queste sono state le ultime parole sentite dalla giuria prima che la corte sospendesse l’udienza per il pranzo alle 11 e mezzo.

Ho parlato con W. e poi sono andata al Museo di Belle Arti a incontrare il mio amico per il pranzo per poi tornare al tribunale. Durante il cammino mi sono sentita molto stanca e cantavo “ Adorato Signore prendi le mie mani”. Sono tornata al tribunale alle 2 non sapendo se tutto fosse finito o meno, ma non era finito, la giuria era ancora riunita per deliberare e le poche persone presenti chiacchieravano o leggevano. Era una situazione molto informale, mi sono addormentata e poi ho scritto una lettera per Eugene dato che il suo avvocato mi aveva detto che gliela avrebbe consegnata. Malgrado avessi detto a W. che l’avrei visto quella sera non credevo che avrei potuto farlo, dopo tutto, quella sera alla prigione di Eugene, perché dovevo ritornare a casa. W. mi aveva detto che avrebbe visitato Eugene durante il fine settimana, ma io non potevo.

Alle 4 e mezza, proprio quando io avrei dovuto andare via, una campanella ha suonato per avvisare che la giuria aveva finito la sua riunione. Ho sentito un sentimento di speranza e di disperazione assieme. La giuria è tornata ed ha letto la risposta alle 3 domande che erano state poste. Avevano raggiunto l’unanimità: una donna della giuria sembrava che avesse pianto, due uomini sono entrati con la testa bassa, senza guardare nessuno, come quando cammini contro un vento freddo. Quando le decisioni della giuria sono state comunicate, si è sentito qualcuno piangere e ho visto anche espressioni di sollievo, ma nessuna esultanza da parte di chi stava aspettando. Era tutto molto quieto, grave, sommesso. Io non li ho guardati, e me ne sono andata a prendere il mio amico per tornare a casa. Fuori dalla sala dell’udienza, guardando attraverso le finestre, qualcuno della TV stava riprendendo la scena ora che aveva il permesso perché è vietato fare riprese della corte. Ho pensato che fossero del telegiornale della TV di Houston e mi sono chiesta se la sorella di Eugene, avrebbe appreso della condanna a morte proprio dalla TV.

Dopo aver incontrato il mio amico,siamo andati alla prigione per verificare se fosse possibile visitare Eugene: l’uomo del reparto della prigione ci ha detto che Eugene non era ancora ritornato dato che il processo era finito da un’ora e tutti i prigionieri e gli imputati sarebbero stati riportati alla prigione alla fine di TUTTI i processi. Ci ha detto che, probabilmente, Eugene era ancora in una cella del tribunale. Così è stato un bene che io gli avessi scritto una lettera, almeno avrebbe avuto qualcosa da leggere.

 

Ora che sto scrivendo, sta arrivando la luce qui, sabato mattina, ore 6.30 del mattino. Probabilmente Eugene sarà sveglio nella sua cella dove non ci sono finestre per scorgere la luce del giorno. Spero che mi telefoni questa mattina. Nella mia lettera che gli ho lasciato, gli ho assicurato che noi siamo ancora amici e non importa cosa sia accaduto perché, magari, lui potrebbe pensare che, dopo aver ascoltato tutte quelle turpi cose su di lui, io potrei non volerlo più come amico.

L’altro suo avvocato, T. M., mi ha detto che Eugene, a differenza di molti altri imputati, è sempre stato “realmente, una gradevole persona” fin da quando lo ha conosciuto nel 1992.

Il primo uccello, fuori dalla mia finestra, ha cominciato a cantare. Sono stata fortunata ad avere un amico con cui chiacchierare durante il ritorno. Avendo perso la sua migliore amica a causa di un terribile crimine, lei non pensa quello che penso io sulla pena di morte. L’assassino della sua amica è stato rilasciato dopo 7 anni. Comunque, è stata un’ottima ascoltatrice. L’unica volta in cui ho sentito d’essere lì, lì per piangere, è stato quando le ho detto che l’avvocato C. mi aveva ringraziato per l’aiuto, ed io gli avevo risposto che avrei voluto fare di più: “Tutti avremmo voluto fare di più” mi ha risposto.

E noi abbiamo ora un anno o forse diversi anni per continuare la nostra amicizia con Eugene, per aiutarlo in ogni modo possibile con le nostre lettere, visite, preghiere, pensieri e cose pratiche come inviargli francobolli così che lui possa rispondere a tutti gli amici in tutto il mondo, inviandogli denaro nel suo conto bancario intestato a mio nome qui a Houston, così che lui possa comprare ciò che gli necessita allo spaccio della prigione. E noi abbiamo il tempo per lavorare assieme con tutti, per porre fine alla pena di morte qui nel Texas.

Adesso ci sono più cinguettii e pigolii fuori. E’ un altro giorno.

 

JV