LA
GITA di Kevin Zimmerman
Alla fine delle visite che avevo avuto con
i miei cari il 10 dicembre 2003 a mezzogiorno, il giorno della mia esecuzione,
il Maggiore mi ha detto “E’ ora Zimmerman”. Per me era un dono benvenuto nella fede che
mi sosteneva. Una forza di pace, di promesse, l’essere
pronto, un’agitazione per un viaggio nella terra promessa che gli uomini
cercano continuamente su questa terra, l’Utopia. Tuttavia mentre questo
era un sollievo genuino, mi sentivo gelare fino alle ossa per la mia famiglia.
Sono stato incatenato e riportato all’edificio 12 dove c’è la cella della morte. Mi hanno perquisito, mi hanno dato dei boxer distribuiti dallo
Stato, uno scialle e delle pantofole di tela. Mi hanno messo una cintura alla
quale erano legate delle catene che scendevano verso le caviglie legate con
manette, mentre le mie mani erano legate alla catena. Poi i guardiani, gli
ufficiali, i capitani mi hanno messo nella parte posteriore di un camioncino e
ci siamo diretti verso il cancello posteriore della prigione. Mentre ero incatenato come un cane, ho dovuto ascoltare i
commenti di tutta quella gente, ciò che pensavano di me e quello che ci
meritavamo, mentre ci dirigevamo alla Walls Unit di Huntsville, Texas.
Mentre viaggiavamo lungo la superstrada,
la mia agitazione, la mia gioia, la mia pace crescevano
mentre vedevo la gente che camminava o seduta ai balconi, ragazzini che
giocavano nei cortili, persone che entravano nelle loro automobili che se ne
andavano soddisfatti.
Ma io sorridevo, un segno simbolico di ciò
che sentivo, la libertà da una catena che mi aveva stretto per 16 anni, un
isolamento oppressivo dove l’etichetta cella della morte ti impedisce
di meritare alcun privilegio aldilà di come ti comporti. Eppure
la repressione fisica che stava finalmente terminando era l’unica ragione per
cui sorridevo.
Quando arrivammo,
sono sceso dal camioncino e ci siamo avviati verso la camera della morte. Ho
guardato il cielo blu ed ho pensato “Che
bella giornata”. Una costruzione con 5/6 celle. Mi hanno
tolto le catene, mi hanno nuovamente perquisito. Mi hanno nuovamente
preso le impronte digitali per essere sicuri che io fossi
proprio Zimmerman perché sarebbe stato per loro un
bel pasticcio se avessero ucciso la persona sbagliata. Mi hanno dato degli
altri vestiti e messo in una cella e alcuni ufficiali erano
stupiti dalla mia cooperazione e dalla mia gioia. Lode a Dio. E’
arrivato un guardiano e mi ha chiesto se tutto andava
bene, ed io gli ho risposto positivamente. “D’ora
in poi” mi ha detto “ti muoverai senza
catene e limitazioni e se avrai bisogno di qualcosa chiedimelo e te lo darò, se sarà possibile, ovviamente”. Poi mi ha
spiegato che alle 6.00 lui sarebbe arrivato e mi avrebbe portato alla camera
della morte dove sarei stato legato, ed io potevo
andarci di mia volontà oppure mi avrebbero portato a forza. Io l’ho rassicurato
che la mia fede mi avrebbe sorretto. Il mio consigliere spirituale avrebbe potuto rimanere con me solo per 30 minuti, mentre il
cappellano della prigione sarebbe stato presente per tutto il giorno. La
guardia mi ha anche chiesto se facevo uso di droghe e
se avessi quindi problemi alle vene.
Ho conversato con il cappellano mentre
bevevamo del te. Alle 3.00 il guardiano mi ha annunciato che il Quinto Circuito
(il tribunale d’appello) aveva negato la mia
richiesta: va bene, gli ho risposto e vedevo che non capiva se io fossi un
grande mentitore oppure se fossi serio e pronto ad andarmene. Mi hanno portato
l’ultimo pasto: un uovo, maiale fritto, pollo fritto, patatine, ketchup, una
fetta di torta al cioccolato, tutto quello che avevo ordinato, ma poi non sono
riuscito a mangiare nulla. La chiacchierata con il cappellano ha rassicurato
tutti che io ero sinceramente pronto per una fine pacifica.
Mentre il tempo se ne andava,
ho potuto telefonare alla mia ex-moglie, a mia zia, ad un amico in Svizzera, a
mio figlio di 18 anni, a mia figlia di 15 anni. Più tardi, mancavano 15 minuti
alle 6.00, mi dicono “Ti riportiamo indietro” e mi sono sentito come se una
mazza da baseball mi sbattesse sulla faccia ed ho sentito tutti i miei
sentimenti come succhiati fuori di me. Un ufficiale ha detto “Teatro” come ad insinuare che io
fingevo. “No, è vero” ha detto il
Maggiore che mi conosceva. E’ arrivata una donna che mi ha chiesto “Come stai, sei sorpreso da questa
sospensione dell’esecuzione?” Ho risposto “Sono deluso. Ero pronto a morire. Questa
sospensione significa per me solamente altri 18 mesi di
questa merda” ho risposto a
bassa voce. E, per essere più chiaro, significa altri
18 mesi di queste condizioni oppressive nella cella della morte con i suoi
moderni sotterranei, edificio 12, alla Polunsky Unit
di Livingston, Texas.
Mi hanno di nuovo incatenato come un cane,
rimesso nel camioncino per tornare indietro verso un posto che io speravo di
non vedere mai. Ho gridato chiedendo a Dio “Perché?”
Ed ho pianto ancora di più quando ho visto le luci della prigione che si
avvicinavano ed io sapevo cosa ciò significasse. La cosa più strana di tutte
era il misto di sentimenti di delusione e di rimprovero di Dio e, come un segno
minaccioso, quella luna giallastra e grigia così vicina che mi sembrava che, se
fossi andato sul tetto della prigione, avrei potuto toccarla.
Io sono fortemente
cristiano e la mia fede in Dio non sarà spezzata da nessuno. Tuttavia
sono un essere umano che ha sentimenti, e questo comprende anche la rabbia. Se
qualcuno non può concepire quello per cui sono passato
per capire quella rabbia, allora lasciamo che quel qualcuno rimanga ignorante
nella sua rettitudine. Io non agirò in base a quella
rabbia in nessun modo, ma io sono arrabbiato, e giustamente arrabbiato.
Dopo che il Natale è venuto ed è passato,
io sto lentamente iniziando a guarire dalla dura esperienza che ho vissuto in
questi ultimi 15 giorni. Certo, sono ancora ferito, veramente, da questa “gita”.
Kevin Zimmerman, 25 dicembre 2003
Kevin Zimmerman è stato ucciso
con una iniezione letale il 21.1.2004