Niente boia per i condannati. Pena di morte, negli USA un governatore va controcorrente
Lo aveva detto due anni fa, sull'onda delle polemiche scatenate dal proscioglimento di diversi condannati a morte poi rivelatisi innocenti: "Finché non sarò certo della colpevolezza di ciascun condannato a morte in Illinois, finché non avrò la certezza morale che nessun uomo e nessuna donna innocente rischia un'iniezione letale, nessuno andrà incontro a questo destino". E così, fedele alla promessa fatta e alla moratoria delle esecuzioni imposta il 31 gennaio del 2000 (e votata dalla camera dei rappresentanti con 60 voti favorevoli e 47 contrari), il governatore, repubblicano, dell'Illinois George Ryan ha preparato un'uscita di scena tale da distogliere l'attenzione dallo scandalo di tangenti
che ha rovinato la sua carriera politica: quattro condannati a morte, dei quali sarebbe provata l'innocenza, saranno graziati e rimessi in libertà praticamente da subito; e gran parte dei 172 detenuti nei bracci della morte (di cui 109 neri, 9 latino-americani e l'italo-americano John Pecoraro) vedranno nelle prossime ore la loro pena commutata nell'ergastolo. Da lunedì, infatti, il governatore Ryan, che non ha potuto ricandidarsi proprio per le sue vicende giudiziarie, dovrà lasciare il posto al suo successore, democratico e favorevole alla pena capitale. L'annuncio è avvenuto nella DePaul University,
roccaforte degli abolizionisti a Chicago, mentre per oggi è previsto un altro discorso agli studenti di giornalismo della Northwestem University, gli stessi che con le loro inchieste hanno contribuito a diverse scarcerazioni.
Paradossalmente, anche Ryan non ha mai abbandonato la convinzione che la pena di morte possa essere una pena "giusta" per particolari, efferati, crimini, ma a muoverlo a compassione era stato l'alto numero di condannati rilasciati perché riconosciuti innocenti: 13, un numero enorme per uno stato ben lungi dal raggiungere le vette texane di esecuzioni ("solo" 12 dal 1977 a oggi, contro le 289 dello stato governato fino a qualche anno fa dall'attuale presidente americano George Bush). L'ultimo ad essere prosciolto era stato, il 18 gennaio del 2000, Steve Manning, condannato a morte per l'omicidio del proprietario di un'azienda di autotrasporti esclusivamente sulla base della testimonianza di un compagno di cella, tale Tommy Die, che aveva raccontato ai magistrati che l'uomo gli avrebbe confessato due volte il delitto. Ma nelle registrazioni effettuate di nascosto dall'Fbi non c'era alcuna traccia di queste "confessioni", che però avevano raggiunto il loro obiettivo: Dye aveva ottenuto grazie ad esse una riduzione di 8 anni della sua pena. Così, quindici giorni dopo Ryan aveva deciso la moratoria, in attesa che un'apposita commissione composta da 14 membri tra i quali lo scrittore Scott Turow) facesse luce su tutte le condanne a morte comminate nello stato. Una decisione che gli era valsa addirittura una candidatura al Nobel per la pace. Appena due mesi prima, infatti, l'Assemblea generale delle Nazioni unite, in seguito proprio alle pressioni statunitensi, aveva cancellato dall'ordine del giorno la discussione sulla proposta di moratoria delle esecuzioni nell'anno del Giubileo. Proposta avanzata, e poi ritirata a sorpresa, dall'Unione europea.
"Sono a favore di una moratoria in questo momento perché nutro gravi preoccupazioni per il vergognoso record che il nostro stato ha stabilito riguardo al numero di persone innocenti condannate e poste nel braccio della morte", aveva detto il governatore. Unico a seguirlo, tra i 38 stati Usa che prevedono la pena di morte, era stato il Mariyland, che aveva stabilito a sua volta una moratoria delle esecuzioni, che però pare destinata a venire annullata dal nuovo governatore. I quattro "graziati", che complessivamente hanno scontato quasi 40 anni di carcere, sarebbero stati torturati dall'ex capo della polizia Jon Burge (cacciato nel "93 e ora sotto inchiesta dopo le pesanti denunce di 60 detenuti) e costretti a firmare l'ammissione di colpevolezza. Uno di loro, Aaron Patterson, era però riuscito a incidere con la punta di una graffetta metallica un messaggio sulla tavola della stanza d'interrogatorio: "Ho mentito sugli omicidi, la polizia mi ha costretto con violenza, mi ha picchiato e soffocato con sacchetti di plastica. Niente avvocato. Niente telefono. Ho firmato una falsa dichiarazione".
A. Mas. "il manifesto" 11.1.2003