La FEDERAZIONE INTERNAZIONALE GINGHISTI AVVELENATI

e la FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO GINGO

 

presentano:

 

I Grandi Giuocatori

 

Per conoscere, apprezzare e studiare le tecniche

di giuoco di coloro che hanno fatto grande il Gingo.

 

 

Breve introduzione.

 

Una piccola ed esauriente guida per conoscere tutti gli aspetti del Giocatore, tutte le sfaccettature del suo carattere, i mille imprevedibili modi diversi di affrontare le varie situazioni di gioco che fanno di lui il Campione. Di chi stiamo parlando? Di una persona che non esiste (e non potrebbe, vista la complessità del Giuoco) ma che si delinea e si definisce utilizzando le caratteristiche salienti di ognuno dei giocatori che ha preso parte alla Coppa del Mondo, e quando dico ognuno intendo dire proprio tutti, anche coloro che, per inesperienza, per manifesta inferiorità, per distrazione cronica o per altri motivi rientrano nel Girone delle "Mine Vaganti", perché anch'essi -con i loro lazzi e le loro geniali cazzate- hanno contribuito a nobilitare il Gingo.

 

Divideremo i giocatori in Gironi, descritti in ordine decrescente, al fine di evidenziare il più possibile le caratteristiche comuni. Non se ne abbiano a male quelli che verranno collocati nell'infimo, perché non si tratta di un giudizio oggettivo, ma dell'insindacabile parere dell'autore.

 

Dedico questo libro all'impagabile amico Paolo, senza il quale il Gingo sarebbe come una rivista d'avanspettacolo senza il comico.

 

andrea paoli

 

 

 

I "Professionisti"

 

 

Costantini

 

D'obbligo il primo posto per Costantini, tre volte vincitore del mondiale, detentore definitivo della coppa "Quattro di Denari": questa vittoria l'ha reso celebre nel mondo del Gingo quanto il Brasile di Pelè nel mondo del calcio e gli fa occupare il Girone dei Professionisti in beata solitudine. Tecnica, freddezza, capacità di simulazione, una certa dose di fantasia ne fanno un avversario temibile: è difficile giocarci contro quando chiama, è un sollievo scoprire che è lui il tuo compagno. Difficilmente sbaglia la giocata e, anche se manca di quei colpi di genio che hanno fatto grandi -nel bene e nel male- altri giocatori, è molto spesso imprevedibile. La capacità di confondere le idee agli avversari ma non al compagno è una delle caratteristiche fondamentali che occorre avere per essere grandi in questo Giuoco, e a Costantini certamente non manca.

Da ricordare inoltre che è stato finora l'unico, nelle prove del mondiale, a chiamarsi da solo fallendo però nell'impresa di vincere quella mano, cosa che l'avrebbe portato nella leggenda.

 

 

I "Big"

 

Nel Girone dei Big figurano tre elementi -Ercolani, Ferrario, Paoli- che indubbiamente, per la classe, la continuità e la capacità di adeguarsi ai cambiamenti delle tecniche di Giuoco, sono, dopo Costantini, un gradino sopra tutti gli altri (cosa facciano agli altri da sopra quel gradino, conoscendo i soggetti, è facile da immaginare...)

 

Ercolani

Due volte trionfatore nelle prove mondiali, avrebbe potuto vincerne probabilmente altre due se non fosse stato messo fuori gioco, la prima volta, da una delle ormai tristemente famose "chiamate proditorie" di Montalto e la seconda da un "tacito accordo" fra gli altri giocatori, che si "dimenticarono" di convocarlo.

Giocatore esperto e sicuro, ha fatto della impassibilità e della capacità di dissimulare le proprie emozioni un'arma vincente, che, unita ad un'olimpica calma tirata fuori nei momenti critici, gli ha permesso di giungere a risultati che altri neppure osano sognare.

La sua flemma dovrebbe essere presa a modello da coloro che si lasciano andare a intemperanze -verbali e non- durante le partite: anche quando bestemmia è sempre garbato nei termini e nella dizione.

 

Ferrario

Quanto Ercolani è calmo, flemmatico, freddo, tanto Ferrario è irruento, sanguigno, esplosivo.

Ha trionfato una volta nel mondiale (grazie al fatto di trovare all'ultima mano Costantini con asso e tre) disputato in casa Coratti, ma avrebbe potuto senza dubbio fare di più se non fosse stato appunto troppo impulsivo: il suo punto debole è la mancanza di lucidità nei momenti topici delle semifinali, cosa che più volte gli ha impedito l'accesso alla finale e gli ha fatto appiccicare addosso il nomignolo di "centralinista" (a onor del vero: "centralinista" anche perché nel sorteggio iniziale è quasi sempre stato assegnato al "centralino").

Memorabili restano comunque le sue "sparate": quando Ferrario ha il viso paonazzo e gli occhi spiritati, a seguito di qualche reiterato grave errore del suo occasionale compagno, perde il lume della ragione, si alza per metà dalla sedia, si porta le carte a coprire la bocca, inspira profondamente e si lascia andare a pesanti ingiurie verbali contro la divinità, contro le professioni delle rispettive madri o contro lo stato delle cose.

Ritiene di saper giocare meglio degli altri e di non riuscire a vincere perché non assistito sufficientemente dalla fortuna o da compagni all'altezza, spera che la bellissima Camilla possa presto ricalcare le sue orme.

 

Paoli

Benché alcuni, tra cui Ferrario e Tommasi, storcano la bocca, Paoli è il giocatore delle nove finali consecutive, è l'Hubert Strolz del Gingo, non essendo ancora riuscito a vincere.

La sua continuità di risultati, a volte un po' fortunosa, ne fa comunque un avversario temibile per tutti, soprattutto per coloro che hanno la ventura di essere sorteggiati nella stessa semifinale, i quali sanno già in partenza che uno dei due\tre posti per la finale è praticamente già assegnato: essi giocano quindi in condizioni psicologiche non ottimali, condizioni sulle quali poi agisce la qualità in cui Paoli è maestro, e cioè quella di far innervosire gli avversari attraverso ammiccamenti, sorrisini, innocenti osservazioni gettate lì con noncuranza e che dopo un paio di secondi hanno l'effetto di una vera e propria pugnalata nell'orgoglio del giocatore (per esempio la leggendaria "Scusa, forse ti si è nascosta una carta?" che pose da quel giorno fine per sempre al binomio: "Razionalità-Paolo Senzacqua").

 

 

I "Trapattoniani"

 

In ordine rigorosamente alfabetico, questo Girone vede la presenza di tre giocatori che hanno in comune la caratteristica di non osare mai più del dovuto, e che, proprio per questo non riescono a raggiungere le vette di virtuosismo dei precedenti campioni.

 

Dolci

Il "Signore dei Balzi" non è purtroppo anche il "Signore del Gingo": nel mondo delle otto carte è un po' quello che sono i tifosi del Liverpool nel calcio: bottiglie, manubri, carte, tutto viene buono quando cominciano ad esaurirsi gli improperi e occorre ancora affermare le proprie ragioni (chiedere a Paoli qualcosa in merito).

Dolci è senz'altro un buon giocatore ma la sua eccessiva prudenza, il suo non voler rischiare, anche soltanto nel "tirare" l'asta (altra grossissima qualità di Paoli) ne fanno un soggetto troppo dipendente dalla fortuna nella distribuzione delle carte: se le carte sono buone Dolci non è certo inferiore agli altri, ma se sono -o sembrano essere- cattive si eclissa quasi dall'asta e dal gioco, con grave nocumento degli altri due non chiamati.

Da ricordare il chiassosissimo sfogo contro il povero Ferrara (reo di averlo trascinato fuori dall'ennesima finale), dopo che solamente tre minuti prima Diego aveva invitato tutti a fare più silenzio, perché nel palazzo della nonna di Montalto ci dormono tutti vecchietti.

 

Ferri

Se mi è permesso mettere per un momento da parte la mia nota imparzialità, vorrei spendere una parola in più per questo giocatore, che dovrebbe essere per tutti un esempio di come si gestisce la partita dal punto di vista tecnico: Ferri, durante il gioco, tiene contemporaneamente sotto controllo i punti suoi e quelli degli altri quattro giocatori, il numero e il valore delle briscole e dei carichi ancora in circolazione, osserva e valuta criticamente le tattiche degli avversari. Tutte tecniche che per alcuni sono ancora impensabili e che invece dovrebbero utilizzare i giocatori che volessero essere tali.

Purtroppo questo elevatissimo grado di preparazione tecnica non è perfettamente sfruttato da Ferri, che altrimenti avrebbe vinto di più dell'unica volta (8 marzo 1991, quasi come la Juve all'Heysel), in quanto anche lui è affetto inguaribilmente dal "trapattonismo": si differenzia da Dolci per il fatto che rischia molto di più durante l'asta, rimanendo spesse volte scottato, cosa che accresce ancor più le sue caratteristiche difensive.

 

Tommasi

Non tutti, come Tommasi, hanno le capacità intellettive e, in questo caso, anche la fortuna di frequentare con meritato profitto il quarto anno del corso di laurea in scienze statistiche. Purtroppo anche stavolta vale il famoso detto romanesco "chi c'ha er pane nun c'ha i denti", poiché il nostro giocatore non è in grado di cogliere l'aspetto statistico del Gingo e di elaborare quindi, mettendo a frutto tutte le sue indubbie conoscenze in materia, un approccio al gioco di tipo probabilistico, come invece fa, con evidenti risultati empirici, l'amico-rivale Paoli.

Tuttavia, dei trapattoniani è quello con il più elevato rendimento e che dimostra la maggiore calma al tavolo. Calma che, unita alla sua tattica attendista, a volte fa persino dimenticare gli altri della sua presenza.

Ma poi basta una qualsiasi insinuazione, oppure una chiamata inopportuna per ricondurlo alla realtà e farlo inveire contro il sacro e il profano con quella dignità e delicatezza che contraddistingue, come già detto, anche Ercolani.

 

 

Gli "Estrosi"

 

Ne abbiamo individuati tre, Locci, Montalto e Venditti, che con le loro giocate imprevedibili hanno più volte gettato nella confusione, quando non nella disperazione, i giocatori che si sono provati ad affrontarli.

 

Locci

Locci, neolaureato in fisica che sa applicare meglio di Tommasi le sue conoscenze stocastiche, passerà alla storia come l'inventore del "carico" omonimo, fulgido esempio di irrazionalità raziocinante. Solo Egidi -ma in senso negativo- ha avuto assieme a Locci l'onore di vedere abbinato per l'eternità il proprio nome a un tipo particolare di giocata, e questo solo basta a dimostrare la sua fantasia ai limiti dell'intelletto umano.

A causa dei suoi studi è mancato troppo spesso agli appuntamenti mondiali, perdendo così la possibilità di stare al passo con l'evoluzione delle tattiche di gioco. Dovrà applicarsi parecchio, ora che ha tempo, per aggiornarsi e far sì che al sorteggio il suo nome non venga accolto con gli scongiuri di rito da parte di quei giocatori già sorteggiati al suo tavolo.

 

Montalto

E' stato uno dei promotori di questo Giuoco contribuendo, assieme a Fioranelli, alla sua diffusione. E' altresì stato uno degli "agitatori" delle prime edizioni del mondiale: le sue due "chiamate proditorie" hanno tolto un successo sicuro e qualche mese di vita rispettivamente a Ferrario e Ercolani. Ha poi vinto, meritatamente, la terza edizione al Gingodromo di Morena.

La sua caratteristica principale è quella di giocare senza considerare quasi il valore delle carte che ha in mano, puntando tutto su quelle del suo compagno: molto spesso questa tattica ha avuto successo, alcune volte lasciando allibiti gli avversari che vedevano il compagno di Montalto calare consecutivamente l'asso, il tre, il cavallo di briscola.

Oggi però che si è tutti più smaliziati ed è calato sul Giuoco il nebbione dell'Incertezza, gli avversari non si intimidiscono più quando Montalto chiama l'asso, e ad alzare gli occhi al cielo è proprio l'occasionale compagno, il quale spera che "Pierpo" abbia almeno il tre.

Il suo perseverare in questo tipo di gioco ne fa un avversario pericoloso, soprattutto quando è lui a chiamare: ci sono delle mani in cui veramente non si riesce a capire se Montalto stia facendo del ragionamento calcolato o se sia in preda a uno dei sempre più frequenti -causa l'età- attacchi di lucida follia.

 

Venditti

Si può a ragione dire che sia tutto "genio e sregolatezza", nel senso che se giocasse sempre come quando è ispirato dagli "Dei delle Carte" sarebbe indubbiamente molto in alto nella classifica AGP. Quando gioca a Gingo in questo modo suscita negli altri giocatori le stesse sensazioni che provano quelli che vanno con lui sulla sua "Uno Turbo": sgomento, ammirazione, terrore, rispetto.

Purtroppo ciò accade in rarissime occasioni e sempre più, invece delle giocate ad effetto, gli avversari sono costretti ad apprezzare quelle che, con un eufemismo, potremmo definire "cazzate".

Dovrebbe mettere più a frutto il suo indubbio talento, se non vuole rischiare di scendere nel Girone infamante delle "Mine Vaganti".

 

 

Gli "Apprendisti"

 

Col termine di "apprendisti" vengono nomati gli appartenenti a questo Girone, ad indicare coloro che hanno partecipato a più di una edizione del Mondiale dimostrando di avere, se non una tecnica eccelsa, quanto meno una gran voglia di imparare. Non si tratta di vere e proprie "promesse", ma di giuocatori che potrebbero, con un adeguato tirocinio, raggiungere un certo grado di dignità. Nell'ordine: Brunetti e Coratti.

 

Brunetti

Amerigo ha esordito nel Mondiale alla ottava edizione, disputata in casa Senzacqua la sera del Natale 1990, racimolando un misero punto: era infatti presente in qualità di "tappabuchi".

Già nella nona prova -casa Coratti 7 febbraio '91- diede notevoli segni di miglioramento, conquistando a sorpresa la finale (a spese del povero Senzacqua): questa brillante prestazione ci ha indotti ad inserirlo, a titolo di incoraggiamento, in questo girone e non in quello delle "Mine Vaganti" ove pure -considerati anche i due punti ottenuti nella decima prova Mondiale e la sua velocità di ragionamento paragonabile a quella di un calcolatore elettronico a carbone- non avrebbe affatto sfigurato.

Con un'applicazione meticolosa e costante, come quella che sfoderava durante i duri allenamenti con il Professor Di Paola, ha comunque le qualità per raggiungere un livello appena sufficiente, che gli consentirebbe quanto meno di affrontare le prove del Grand Prix con la consapevolezza di correre meno rischi per la sua integrità fisica.

 

Coratti

Ha preso parte a due edizioni del Mondiale, una volta in qualità di giuocatore ospitante, e a numerose esibizioni. Stupì tutti vincendo l'esibizione successiva a quella d'esordio, lasciando ammirati campioni del calibro di Ferrario e Dolci e facendo gridare al miracolo. Poi però rientrò subito nei ranghi disputando partite al limite della sufficienza e facendosi ricordare soprattutto per un episodio che lumeggia assai bene le sue caratteristiche di apprendista e dal quale dovrebbero trarre insegnamento tutti coloro che si avvicinano al Gingo per la prima volta.

Dunque: esibizione in casa Senzacqua. Partecipano, oltre al padrone di casa, Paoli, Dolci, Ferrario, Montalto e Coratti; si gioca in sei, con un giocatore che a turno resta fuori. Paoli si aggiudica con 100 punti una tiratissima asta: ha in mano l'asso, il tre, il re, il fante, il sei e il cinque di denari e chiama il cavallo. Esce a coppe, Senzacqua mette un tre, Dolci cala il quattro di briscola, Coratti -che ha il cavallo di denari- resta per un po' titubante poi lascia correre, così Ferrario ci mette un asso e fanno ventuno punti... Paoli è nervoso, l'unica possibilità di vittoria è che sia Dolci il suo compagno. Dopo due mani Coratti si decide a calare il cavallo di briscola.

Paoli: "Ma perché ...(bestemmia) non l'hai calato prima 'sto nove?". Coratti: "Ma come facevo! C'ho solo il nove e il sette!". Quello che è avvenuto dopo lo lasciamo immaginare ai lettori: anche i meno smaliziati sapranno certamente trovare le parole adatte al "dialogo" fra Coratti e Paoli, a stento trattenuto dagli astanti.

 

Le "Mine vaganti"

 

Siamo così arrivati alle note dolenti, alla descrizione cioè di coloro che, pur involontariamente, tanto male hanno fatto al Gingo. La "mina" non è facilmente classificabile e soprattutto non è sempre "mina", nel senso che anche giocatori di buon livello possono avere, nel corso delle partite, momenti di appannamento tali da rendere giustificato l'uso momentaneo di tale appellativo. E' quando questo "status" diventa cronico che il giocatore viene marchiato per sempre con l'ignominioso termine di Mina Vagante e relegato nel relativo Girone, ove è destinato, per quanto grandi possano essere i suoi sforzi, a rimanere per l'eternità.

Per pudore e per rispetto verso la dignità del lettore ci limitiamo a descrivere una sola "mina": quel giocatore (perdonateci l'uso improprio di tale parola) per merito del quale è stato creato questo termine, vale a dire Umberto Egidi.

 

Egidi

Tanto si potrebbe dire su di Umberto, ma pensiamo che meglio di qualsiasi cosa possano rendere l'idea di quel che vuol dire essere una "Mina Vagante le descrizioni di due delle sue giocate più celebri: lo strozzamento delle briscole e il "carico Egidi", grazie al quale -come il già citato Locci- si è guadagnato l'immortalità.

Lo strozzamento delle briscole vuole indicare che "Umbertino" era ad esempio solito rimanere a due mani dalla fine con il re di briscola in mano quando ancora non erano usciti né il tre né l'asso, questo sia che fosse il chiamato, sia che fosse uno dei tre non chiamati, provocando ovviamente le scontate ire degli altri giocatori.

Ma è con il "carico Egidi" che Umberto ha raggiunto l'acme, il vertice inarrivabile della cazzata umana rendeno vani tutti i tentativi -per la verità ancora numerosi- di emulazione. Questa giocata è estremamente semplice nella sua follia: si tratta, non essendo il chiamato, di dare un carico gratuito al chiamante, creando così scompiglio e disorientamento negli altri giocatori (beninteso escluso il chiamato, che se la ride sotto i baffi) che perdono completamente la capacità di discernere l'andamento del gioco, almeno fino a quando non si capisce chi veramente sia il chiamato, dopo di che si scatena l'inferno...ed è veramente incredibile come Egidi sia potuto passare indenne attraverso numerose tempeste, arrivando finalmente nell'amata Itaca del ritiro dalle competizioni, ove ha trovato la sospirata serenità.

 

I "Tappabuchi"

 

Sono coloro che servono quasi esclusivamente a raggiungere il numero legale nelle prove di Grand Prix. Alcune volte hanno quindi provvidenzialmente salvato il Mondiale, a loro volta salvandosi con difficoltà dalla rabbia impietosa ed ingrata di quelli che da loro sono stati, innocentemente vista l'inesperienza, trascinati nel fango. Di seguito: De Cesaris, Ferrara, Fioranelli.

 

De Cesaris

Ha reso possibile la disputa della prova natalizia del 1990 in casa Senzacqua, apprendendo in pochi minuti le regole del gioco e conquistando due punti: c'è chi, pur con molta più esperienza, dovrebbe essere contento quando raggiunge il penultimo posto...

 

Ferrara

Salvò il Mondiale in casa Nonna Montalto nel settembre 1990, causando, come già detto, l'inaspettato sfogo di Dolci che voleva quasi ucciderlo dopo essersi visto praticamente in finale fino all'ultima mano...Paoli, invece, ricorda e ringrazia...

 

Fioranelli

E' triste veder relegato nel Girone dei "Tappabuchi" chi -a quanto narra la Leggenda- è stato uno dei partecipanti all'ormai mitico Primo Gingo a Reggio Calabria, ma la successiva lontananza dal campo di atletica -e conseguentemente dai tavoli da gioco- hanno fatto ricordare di lui solo molto tardi. Sventura volle che Roberto esordisse nella tempestosa edizione da Nonna Montalto, fuggendo, terrorizzato dalle reazioni inconsulte di Dolci, al termine della semifinale: due punti mondiali.

 

 

Gli "Irriducibili"

 

Di questo Girone fa per ora parte un solo giuocatore, meritevole di tale collocazione per il fatto che mai si è voluto convincere della nocività -a sé stesso e agli altri- del suo tipo di gioco, ritenendosi -a torto- padrone di tutte le migliori tecniche e tattiche.

 

Senzacqua

 

"Quando si parte il gioco della zara

Colui che perde si riman dolente,

Ripetendo le volte, e tristo impara:

Con l'altro se ne va tutta la gente;"

(Dante, Purgatorio, VI, 1-4)

 

Si possono spendere migliaia di parole, cercare formule eleganti e raffinate o frasi ad effetto, ma nessuno meglio del Sommo Poeta, con la sua mirabile sintesi, riuscirà a descrivere lo stato d'animo con cui il caro Paolo conclude regolarmente le partite: Senzacqua pensa in continuazione alla mano appena giocata, cercando inutilmente di spiegarsi il perché della sua sconfitta, e nel far questo non riesce a concentrarsi sulla mano che sta giocando...fa dieci volte lo stesso ragionamento finché i pensieri non si avvolgono su sé stessi...si convince della bontà di una giocata...fa per calare...poi ci ripensa..cambia gioco e, puntuali, arrivano la cazzata e la cazziata da parte degli altri giocatori.

"Che ti si è nascosta la carta?", "Cane morto!", "Cancro!", "Torna a fare i Centri CONI !", oltre alla rassegna completa di tutte le bestemmie di uso comune...quanti "epiteti" ha dovuto ingoiare il povero Paolo, e quanti ancora ne dovrà collezionare se non si renderà conto di quella che è la sua mancanza principale, vale a dire il troppo ragionar sulla giocata: quando si libererà da questa maledizione e potrà giocare con una certa scioltezza allora nascerà un nuovo Senzacqua, con cui coloro che ora lo beffeggiano dovranno misurarsi.

Ma, ci si perdoni la considerazione egoistica, noi vorremmo che Paolo resti quello che è, perché ormai le sue cazzate, il suo arrovellarsi sulla carta, le sue violente sfuriate contro la malasorte, le malefemmine e la Madonna fanno parte inscindibile del costume e dei riti che rendono il Gingo un Giuoco al di sopra di tutti gli altri.