Paolo Cagna Ninchi: chiediamo un sostegno al di là degli schieramenti

"TUTELE PER TUTTI I LAVORATORI"

Ro.Fa. - Liberazione 9 maggio 2002

"La difesa dell'articolo 18 la si ottiene solo se lo si estende". Paolo Cagna, presidente del comitato di Milano per le libertà e i diritti sociali, sintetizza così le ragioni di una battaglia cominciata lo scorso 28 febbraio, con la consegna dei quesiti per abrogare quelle parti dell'articolo 18 e tutto l'articolo 35 della legge 300 del 70, vale a dire le norme che limitano i diritti e le tutele alle aziende sopra i 15 dipendenti. Il comitato promotore di cui fanno parte giuristi, docenti universitari delegati di fabbrica, aprirà oggi la propria campagna, chiedendo l'adesione di tutte le forze politiche e sociali che condividono questa iniziativa. "Arriviamo a questo appuntamento - dice Cagna - avendo alle spalle un lavoro di confronto con le forze politiche e sociali, e con un comitato promotore ricco di personalità del mondo civile e della cultura che s'impegna a costituire un ampio arco di alleanze con tutte le forze politiche e sociali disponibili".

Il comitato di Milano nasce nel '99 per contrastare i referendum radicali, tra cui quello per abrogare l'articolo 18. "Poi - racconta il presidente - abbiamo presentato la nostra memoria alla Corte Costituzionale, e quindi lavorato, insieme a avvocati democratici europei, alla Carta di Nizza sui diritti fondamentali del cittadino. Su quell'onda, alla fine dell'anno scorso, dopo la presentazione del Libro bianco e della legge delega da parte del governo ci siamo chiesti che fare". E la risposta è stata semplice: "Siamo partiti da un principio liberale - spiega Cagna -, e cioè che i diritti debbano avere una caratteristica universale e che, nel caso specifico, la difesa dell'articolo 18 la si ottiene solo se lo si estende".

Perché, a tuo avviso, il problema dell'estensione delle tutele a tutti i lavoratori emerge con forza solo adesso?

In trent'anni le cose sono radicalmente cambiate: oggi l'85% delle imprese è sotto i 15 dipendenti, soltanto il 36% dei lavoratori dipendenti ha la protezione dell'articolo 18, quindi è evidente che più che un diritto è diventato un privilegio. Noi invece diciamo che deve tornare ad essere un diritto.

Come è stata accolta finora la vostra iniziativa?

I segnali sono positivi. Ci sono forze politiche che si sono già espresse con molta chiarezza in modo favorevole, tra cui Rifondazione comunista. Per quel che riguarda il sindacato consideriamo, importantissimo l'impegno assunto dalla Fiom per l'estensione dei diritti e delle tutele. C'è soprattutto grazie alla grande mobilitazione di questi mesi un paese che sa cos'è l'art.18 e che valore ha per la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori.

Come si colloca il referendum rispetto agli scioperi e alle azioni di lotta intraprese dal sindacato?

Il nostro obiettivo è fornire uno strumento per una battaglia di estensione dei diritti e di civiltà, alla quale pensiamo siano interessati tutti i cittadini e i lavoratori, al di là degli schieramenti politici. Un'arma di lotta per certi versi complementare alla mobilitazione di questi mesi ma che va oltre la battaglia "difensiva" contro le modifiche all'art. 18, in quanto si propone un'inversione di rotta rispetto a politiche che praticano le riduzione dei diritti e l'aumento della precarietà.