Referendum sui diritti
Tutele sui licenziamenti e diritti "a tutti i lavoratori". Parte la campagna referendaria. Intanto il governo prepara una trappola sull'art.18 sperando di dividere i sindacati. Berlusconi rimembra Reagan e Thatcher
CARLA CASALINI - il manifesto 10 maggio 2002

"Estendere lo Statuto a tutti i lavoratori con l'abrogazione di quella parte dell'art.18 e dell'art.35, che ne limitano l'applicazione alle aziende sopra i 15 dipendenti". Sono i quesiti referendari che il Comitato per le libertà e i diritti sociali ha depositato il 28 febbraio presso la Corte di Cassazione, e ha illustrato ieri a Montecitorio aprendo ufficialmente la campagna referendaria. La proposta del "Comitato promotore nazionale" per i referendum, contiene anche la raccolta di firme per leggi di iniziativa popolare su "diritti e tutele di tutti i lavori, compresi quelli cosiddetti atipici, e su rappresentanza e diritto di voto per contratti e accordi sindacali": diritti elementari del lavoratore, sottolineano i promotori, e "completamento della definizione di cittadinanza secondo i principi di giustizia e di universalità dei diritti". Costituiscono il Comitato promotore nazionale, che ha eletto a suo presidente Paolo Cagna Ninchi, giuristi, docenti, economisti, delegati di rsu dell'Italtel, dell'Iveco di Brescia, della Sammontana, dell'Upim. Per gestire la campagna referendaria va costituendosi un Comitato di sostegno "aperto alle forze politiche e sociali, alle personalità della cultura, politiche, sindacali" al quale hanno già aderito Rifondazione comunista, Verdi, Socialismo 2000, la sinistra Cgil "Cambiare rotta-Lavorosocietà", Social Forum, Attac Italia, sindacati di base.

Ieri, alla presentazione della campagna referendaria, Alfonso Gianni ha sottolineato che il Prc "userà tutti gli strumenti parlamentari possibili per difendere l'art.18", riferendosi al disegno di legge sul mercato del lavoro attualmente in discussione al senato, e a ogni altro escamotage che il governo tentasse - come sta tentando - sui licenziamenti illegittimi. Gianni, a una domanda sulle perplessità riguardo allo strumento referendario presenti a sinistra e nella Cgil, sottolinea che questo è un errore, perché "nella modernità sono saltati i confini tra i diritti del cittadino e i diritti del lavoratore". Abbiamo girato la domanda al segretario confederale della Cgil Gian Paolo Patta per il quale "le divergenze che c'erano in seno alla sinistra vanno superate: adesso che il referendum è partito bisognerà sostenerlo e credo che tutta la Cgil dovrà farlo".

la Fiom nazionale deciderà martedì prossimo, mercoledì sull'adesione al referendum si riuniranno i Verdi; quanto ai Ds, "guardano con attenzione" alla campagna referendaria, ha detto ieri Massimo Villone, esponente di Socialismo 2000 (l'area della sinistra ds che fa capo a Cesare Salvi). I promotori, depositando i quesiti referendari (sui quali il voto è previsto per aprile maggio del 2003), intendono "aprire un confronto a tutto campo", fra tutti i soggetti sociali e politici , ma ritengono soprattutto importante "stimolare nel paese una partecipazione trasversale" senza logiche di schieramento o di primazia politica.

L'estensione dell'art.18 che tutela dai licenziamenti individuali illegittimi è implicata in forma e in sostanza giacché "un diritto o è universale o non è". E oggi vive nella realtà di un mondo "considerato quale centro produttivo indifferenziato e globale", dove parallelamente i diritti sono invece sempre più "confinati".

La scena cambia bruscamente, tra i padroni e fautori della "globalizzazione selvaggia". Ritorna Berlusconi (in un'intervista a Panorama) a magnificare di nuovo le imprese di Reagan e Thatcher, che tanto hanno giovato "con le loro riforme a Clinton e Blair". Il Cavaliere insiste che lui ama il "dialogo" non la "rottura", ma se i sindacati, che dovrebbero plaudire alle sue riforme sul mercato del lavoro, sui licenziamenti, invece di "chiedere stralci", non dovessero ravvedersi, allora saranno prese comunque "le decisione necessarie".

Quanto ai sindacati, il presidente della Confindustria D'Amato si fa subito mallevadore di una divisione tra Cgil, Cisl, Uil: "Mi sembra che una parte dei sindacati abbia finalmente voglia di sedersi a un tavolo e dialogare. la cosa ci interessa".

Dal governo si sbracciano i sottosegretari del ministro Maroni all'idea di dividere il fronte sociale che si è opposto alla cancellazione di diritti e libertà nel lavoro e non solo: Sacconi si dice "moderatamente ottimista sul dialogo" coi sindacati. Viespoli addita la "strada già tracciata dalla commissione lavoro del senato", che ha spostato articoli della legge sul lavoro per "votarli alla fine" in un unico pacchetto di "incentivi, ammortizzatori sociali, e art.18". E si parla, di nuovo, di una sorta di stralcio formale dalla delega, per mettere tutto il "pacchetto", fornito di un po' di soldi, in un provvedimento a parte, e iniziare su questo il "dialogo". Ma non gli sarà facile attirare nella trappola Cisl e Uil, né accontentare la Confindustria.