Comitato promotore nazionale
LA GIUSTA CAUSA - MAI PIÙ AL LAVORO SENZA
DIRITTI
COMUNICATO STAMPA
Articolo 18: presentati i referendum per l’estensione
di diritti e tutele
Il giorno 9 maggio alle
ore 14 presso la sala stampa di Montecitorio, ingresso da via della
Missione 4, Roma, il COMITATO PROMOTORE NAZIONALE LA GIUSTA CAUSA - MAI PIÙ AL
LAVORO SENZA DIRITTI presenta alla stampa le ragioni della scelta di difendere
lo statuto dei lavoratori attraverso l’estensione dei diritti e delle tutele che
esso prevede, con il ricorso a referendum popolari per l’abrogazione
dell’articolo 35 e di parti dell’articolo 18 della legge 300/70 che ne limitano
l’applicazione.
Ragioni che stanno nella
considerazione che l’articolo 18, oggi al centro dello scontro sul lavoro, lo
si difende se lo si estende e lo si rende diritto di tutti, alle quali aggiungiamo
la convinzione che questa è una battaglia di giustizia, di civiltà e, come
tutte le battaglie di giustizia e di civiltà, deve essere oggetto di un
confronto generale, con tutti e tra tutti, senza barriere ideologiche, senza
steccati di schieramento, senza logiche di primazia.
Per questi motivi ci sembra
opportuno, dopo una fase di confronti e di verifiche, invitare a intervenire a
questo incontro con la stampa tutte le forze politiche e sociali, le
associazioni, le persone sensibili e attente ai temi della giustizia, della
dignità e della libertà dei cittadini per lanciare una campagna di adesione e
di sostegno.
DIRITTI UGUALI PER TUTTI
Il Comitato per le
libertà e i diritti sociali ha depositato il 28 febbraio presso la Corte di
Cassazione di Roma i quesiti referendari per abrogare le norme che impediscono
l’applicazione di diritti e tutele a tutti i lavoratori.
Questa scelta è il frutto
del lavoro degli ultimi tre anni finalizzato a contribuire ad una integrazione
europea non solo economica ma anche giuridica, con la necessità di adeguare il
sistema normativo italiano alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea adottata a Nizza, ed iniziato con la mobilitazione contro i referendum
antisociali dei radicali che già nel 2000 proposero l’abolizione dell’articolo
18. Allora il Comitato espose formalmente con una propria memoria - e ciò fu
consentito per la prima volta - le ragioni della inammissibilità di una parte
delle richieste referendarie e la Corte Costituzionale ritenne fondate tali
ragioni e conseguentemente bocciò nove degli undici referendum cosiddetti
“sociali”.
Le nuove norme contenute
nella legge delega sul mercato del lavoro - su privatizzazione dell’avviamento
al lavoro con la legittimazione della intermediazione parassitaria (leasing di
manodopera), collocamento, lavoro a chiamata, lavoro a progetto, buoni lavoro,
modifica del part-time, articolo 18 - sono tutte finalizzate a stravolgere il
diritto del lavoro dandogli connotati di flessibilità e di arbitrarietà, che
non hanno paragoni negli altri Paesi sviluppati: dalla tutela si passa alla
istituzionalizzazione della precarietà quale condizione permanente di
“normalità”.
Lo scontro tra parti
sociali e governo trova il suo epicentro nell’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori che ormai ha assunto un valore simbolico che va ben oltre i suoi
effetti reali. Basti pensare che a fronte di una media annuale di 250.000
licenziamenti per processi riorganizzativi, per riduzione di attività ed altro,
sono soltanto circa 1200 i casi di reintegrazione sul posto di lavoro con
sentenza di un giudice.
Perché allora tanto
accanimento? Tanto più che oggi licenziare non è di fatto un problema, se non nei limitati casi in cui
il motivo del licenziamento non sia giustificato, perché del tutto arbitrario.
Il
problema reale è che intervenendo sull’art.18 non si intende solo cambiare la
normativa in materia di licenziamenti; si mira a mutare complessivamente la
materia relativa a tutti i diritti in azienda.
L’art.18
infatti rappresenta la condizione di effettività della tutela del
diritto al lavoro.
Il ripristino formale della
libertà incontrollata di licenziamento ha ricadute sostanziali su diritti
fondamentali quali la libertà di pensiero, di espressione, di adesione a
partiti politici, a formazioni sindacali, su ogni altra forma di tutela e su
ogni altro diritto di fonte contrattuale e legale.
Senza la tutela reale
dal licenziamento arbitrario, il lavoratore pubblico e privato vive sotto un ricatto permanente, che
non consente il concreto ed effettivo esercizio dei propri diritti e che
inoltre impoverisce il suo contributo alla qualità del lavoro a detrimento
anche dell’impresa.
Da
un lato vi è quindi una questione che riguarda dignità, sicurezza sul posto di
lavoro (3 milioni di infortuni all’anno di cui più di 1300 mortali) e libertà
dei lavoratori, dall’altro tutele e norme devono avere un carattere generale.
Quindi deve valere per tutti.
Soprattutto nella
situazione attuale, nella quale le diverse fasi della produzione vengono
distribuite in varie parti del mondo, considerato quale centro produttivo indifferenziato
e globale, facendo così emergere differenze di trattamento, disparità di
condizioni di lavoro e frammentazioni dei diritti dei lavoratori. Da una parte
quindi unicità della produzione senza confini e, dall’altra, diritti confinati.
Ed
è sulla base di tali considerazioni che il Comitato per le libertà e i
diritti sociali depositando i quesiti ha inteso aprire un confronto a tutto
campo con sindacati, partiti, associazioni e singoli cittadini, per definire
insieme tempi e modi di una campagna referendaria che realizzi una adesione
ampia e una mobilitazione duratura e non episodica, incardinata sul principio
di universalità dei diritti.
E’ importante che su questa
proposta tutti i soggetti sociali e
politici si muovano in sintonia, ma è soprattutto importante che si riesca a
stimolare nel Paese una partecipazione trasversale che coinvolga tutti e non
solo alcuni settori più consapevoli o già impegnati. Una proposta rivolta a
tutti senza logiche di schieramento o di primazia politica: basti pensare a
quanti sono i lavoratori che hanno votato per il centrodestra, esclusi o inclusi che fossero nella tutela
dell’articolo 18.
La nostra proposta è
costituita dai referendum che abbiamo depositato per:
- estendere lo Statuto a
tutti i lavoratori con l’abrogazione di quella parte dell’articolo 18 e
dell’art. 35, che ne limitano l’applicazione alle aziende sopra i 15
dipendenti;
Referendum da accompagnare
con proposte di legge di iniziativa popolare su diritti e tutele
di tutti i lavori, compresi quelli cosiddetti atipici, e su rappresentanza e
diritto di voto per contratti e accordi sindacali: diritti elementari del
lavoratore e completamento della definizione di cittadinanza secondo i principi
di giustizia e di universalità dei diritti. Questione che riguarda tutti ed è a
tutti che bisogna rivolgersi.