ARTICOLO 18: UN REFERENDUM DI TUTTI

PER I DIRITTI, PER UNA SOCIETÀ PIÙ GIUSTA

ARTICOLO 18


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ella primavera del 2003 i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimersi su una questione che non riguarda solo libertà e dignità nel lavoro, ma che caratterizza e definisce modi e qualità della convivenza civile.

Questo è un successo per chi crede che la libertà di licenziamento senza giusta causa sia un tratto di vera barbarie sociale, perché fonda i rapporti sociali sull’arbitrio e nega i principi costituzionali di difesa dei soggetti più deboli. Oggi la tutela da questo arbitrio riguarda solo una minoranza di lavoratrici e lavoratori dipendenti – il 95% delle imprese e il 64% dei lavoratori ne sono privi – e questo determina una condizione evidente di disparità e di ingiustizia. Estendere l’articolo 18 vuol dire rendere effettive la nostra Costituzione e l’articolo 30 della Carta europea dei diritti fondamentali su una questione che tocca dignità, sicurezza sul posto di lavoro e libertà dei lavoratori.

La libertà incontrollata di licenziamento ha ricadute sostanziali su diritti fondamentali: la libertà di pensiero, di espressione, di adesione a partiti politici, a formazioni sindacali, su ogni altra forma di tutela e su ogni altro diritto di fonte contrattuale e legale.

Nonostante le straordinarie mobilitazioni contro l’attacco all’articolo 18, per i diritti, per la giustizia che hanno segnato il 2002, il Governo non ha abbandonato i suoi obiettivi: già in questo mese il Parlamento discuterà le deleghe della Legge 848 e 848 bis che attaccano il mercato del lavoro e l’articolo 18.

Il referendum, in questo quadro politico, è l’unico strumento possibile per difendere ed estendere i diritti e anche per sostenere concretamente una proposta di legge che estenda tutele e diritti di tutti i lavoratori, contrastando la precarietà, la piaga del lavoro nero, la perdita di competitività, l’arretratezza del nostro sistema produttivo.

Con questo spirito abbiamo proposto il referendum: poniamo una questione di merito e non di schieramento.

La battaglia per il SI è una battaglia per la giustizia, per la civiltà. Su questo merito chiediamo un giudizio.

Il comitato nazionale per il Si e la campagna che insieme faremo per costituire comitati per il SI diffusi nel paese saranno occasione di un confronto generale, e insieme articolato sul territorio e nei luoghi di lavoro, affrontato con spirito unitario e di confronto aperto, con tutti e tra tutti, senza barriere ideologiche, senza steccati di schieramento, senza logiche di primazia: occasione vera per far crescere e diffondere nel nostro paese una cultura di giustizia sociale.

Con questo spirito, aprendo la campagna per il SI al referendum sull’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ci rivolgiamo a tutti i soggetti politici e sociali mobilitati per la difesa e l’estensione dei diritti nel lavoro e nella società, alle associazioni, a lavoratrici e lavoratori, alle personalità del mondo della cultura, della giustizia, dell’impegno sociale e civile, ai cittadini per costruire una società fondata sulla giustizia e non sull’arbitrio.

IL COMITATO PROMOTORE NAZIONALE