Per la Cgil l’unica strada è il SI’
Paolo Nerozzi, segretario confederale CGIL – l’Unità 30 aprile 2003
Sono anche io fra coloro che ritengono che promuovere il referendum sull’estensione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori alle imprese sotto i 16 dipendenti, sia stato un errore politico, sia perché divide il vasto fronte che si era formato nelle battaglie per i diritti, sia perché non risolverà il problema dell’assenza di tutele per le tantissime persone che lavorano con contratti atipici divario genere.
Non siamo stati in grado di fermare la macchina referendaria al momento della raccolta delle firme ed ora, comunque, la scadenza referendaria è alle porte. Con quel quesito e con gli scenari derivanti dal risultato che uscirà dalle urne dobbiamo fare i conti.
Ritengo che le nostre scelte debbano, ovviamente, essere coerenti con la strategia di lungo respiro che ci siamo dati - a partire dal Congresso di Rimini - e che la nostra indicazione di voto debba essere valutata a partire dalla definizione di cosa è maggiormente utile per il perseguimento dei nostri obiettivi.
Il nostro obiettivo strategico è quello di estendere, attraverso la legislazione, diritti e tutele a tutte e a tutti coloro che lavorano. Penso di dire una cosa ovvia e banale quando affermo che la vittoria del NO comporterebbe l’arretramento complessivo di tutta la battaglia per i diritti.
È assolutamente evidente che un simile risultato darebbe ulteriore fiato ad un Governo che certamente non ha bisogno di alcun incoraggiamento per proseguire sulla strada della de-strutturazione del diritto e del mercato del lavoro.
Non dare un’indicazione di voto da parte della Cgil, su un quesito che attiene in modo inequivocabile a tematiche relative al lavoro, sarebbe sbagliato e scarsamente comprensibile. La libertà di voto, su una questione che incrocia la nostra battaglia dal 23 marzo in poi, sarebbe per moltissime persone un incomprensibile salto logico. La Cgil ha assunto su di sé, nella battaglia per i diritti, una rappresentanza sociale che travalica l’ambito ed i confini dell’iniziativa sindacale in senso stretto.
Il segno più importante e nuovo di questi mesi di mobilitazione è rappresentato dal rapporto che si e costrutto con tantissime ragazze e ragazzi che, di nuovo, dopo molti anni, hanno lottato e sono scesi in piazza con noi. Questi giovani, da Genova alle manifestazioni per la pace, passando per il 23 marzo e le giornate del Social Forum di Firenze, formulano una domanda politica forte nei valori e nei principi ed al tempo stesso molto legata alla concretezza; sarebbe per loro inspiegabile ed incomprensibile una scelta della Cgil che rifiutasse di dare un’indicazione di voto o comunque un voto diverso dal sì.
A chi si preoccupa, giustamente, della politica delle alleanze, in particolar modo con i settori dell’artigianato e della piccola impresa, vorrei ricordare che, come tutte le analisi e gli studi fatti su questi settori dimostrano, i problemi con cui si dibattono queste fasce dell’imprenditoria sono ben altri. Accesso al credito, strutture e servizi all’impresa e formazione sono ad esempio questioni ben più rilevanti e dirimenti che non la possibilità di licenziare senza giusta causa i propri dipendenti (che, peraltro, in alcune zone del Paese, fanno fatica a trovare). Insomma, se si spazza via l’ideologismo da vecchi padroni delle ferriere, ci si può tranquillamente confrontare, discutendo davvero su ciò che è necessario fare per dare maggiori possibilità di sviluppo a questi settori importanti della nostra economia.
Così come non penso che il referendum sia un ostacolo nei rapporti con Cisl e Uil. La situazione unitaria, pur scontando divergenze strategiche su questioni molto rilevanti, ci vede d’accordo sul merito nel confronto con il Governo sulla delega previdenziale e sulle politiche per il Mezzogiorno. Insieme abbiamo sottoscritto il contratto unico dei ferrovieri e, forti delle regole sulla rappresentanza nel Pubblico Impiego, abbiamo siglato l’accordo per i dipendenti dei ministeri.
Il miglioramento o il decadimento dei rapporti con Cisl e Uil dipende esclusivamente dagli elementi di contenuto sulle singole questioni, dalla possibilità di trovare piattaforme e soluzioni condivise, non certo da come ci si schiererà sul referendum.
Penso quindi che sia necessario votare SI’, con la consapevolezza che la lotta per la difesa e l’estensione dei diritti non finisce affatto il 15 giugno. Deve proseguire l’impegno della Cgil perché le proposte di legge di riforma e di estensione dei diritti possano essere approvare, dando forza all’iniziativa legislativa della Cgil che ha raccolto il consenso di oltre cinque milioni di cittadini.
Il referendum incrocia la via maestra delle riforme che abbiamo scelto di percorrere, facciamo in modo che sia una tappa utile, senza enfatizzare un confronto e consapevoli che la sfida iniziata con il 23 marzo è prima di tutto una sfida e una scommessa che guarda al futuro, che misurerà la nostra capacità di azione non tanto su questo o quel passaggio ma su una più grande strategia dei diritti.