REFERENDUM ART. 18
IL 15-16 GIUGNO
VOTA SI
SI PERCHÉ I
DIRITTI NON ABBIANO CONFINI
SI PERCHÉ IL
LAVORATORE NON SIA UNA MERCE
SI PERCHÉ LA
DIGNITÀ NON ABBIA UN PREZZO
SI PERCHÉ LA LEGGE
SIA UGUALE PER TUTTI
VOTA SI al referendum contro il licenziamento arbitrario,
per libertà e la dignità nel lavoro, per
una società più giusta, per una migliore convivenza civile.
La libertà di licenziamento è un tratto di barbarie
sociale, perché fonda i rapporti sociali sull’arbitrio e nega i principi
costituzionali di difesa dei soggetti più deboli e ha ricadute sostanziali su
diritti fondamentali quali la libertà di pensiero, di espressione,
di adesione a partiti politici, a formazioni sindacali, su ogni altra forma di
tutela e su ogni altro diritto di fonte contrattuale e legale.
Oggi la tutela da questo arbitrio, garantita dall’articolo 18 dello Statuto
dei lavoratori, riguarda solo una
minoranza di lavoratrici e lavoratori dipendenti – il 95% delle imprese e il 64
% dei lavoratori ne sono privi – e questo determina una condizione evidente di
disparità e di ingiustizia. mentre le diverse fasi
della produzione vengono distribuite in varie parti del mondo, considerato
quale centro produttivo globale, facendo così emergere differenze di
trattamento, di condizioni di lavoro e frammentazioni dei diritti dei
lavoratori. Da una parte quindi produzione senza confini e,
dall’altra, diritti confinati.
Non si difende un diritto se lo si
lascia a pochi, così come un diritto o è universale o non è. Per questo la vittoria
del SI, che estende l’articolo 18 a tutte e a tutti, riguarda dignità,
sicurezza sul posto di lavoro e libertà dei lavoratori, rende effettiva la
nostra Costituzione, dà corpo alla Carta europea dei diritti fondamentali,
porta il diritto del lavoro nella Costituzione europea.
7 SI PER RISPONDERE A
7 BUGIE
1. "Danneggia l'economia e
l'occupazione, è necessaria maggior flessibilità"
VOTA SI perché il referendum non ha incidenza alcuna
sull'economia e i livelli di occupazione. Infatti riguarda esclusivamente il licenziamento individuale
senza giustificato motivo e per discriminazione. Oltre a tutte le forme di
flessibilità contrattuali e di legge negli ultimi 10 anni sono stati,
purtroppo, 250 mila all'anno
i licenziamenti per crisi, ristrutturazione, taglio dei costi. Le sentenze di
reintegra decise dal giudice annullando il
licenziamento individuale arbitrario sono stati nell'ordine di 1200 all'anno.
2. " Impedisce alle piccole
imprese di crescere"
VOTA SI perché la libertà e la dignità del cittadino
che lavora sono inalienabili e prioritari e sono fattori di sicurezza e qualità
del lavoro anche per l’impresa: un positivo rapporto
con dipendenti tutelati dall'art. 18 è un beneficio al tessuto produttivo delle
piccole imprese, più moderno proprio perché rispettoso di regole e diritti.
I dati (ISTAT) e
il governatore della banca d’Italia dicono che il 95% delle imprese è sotto la
soglia dei 10 dipendenti e che quelle subito sopra i 15 dipendenti
sono più numerose di quelle con 13-14 dipendenti, a dimostrazione che la
scelta della dimensione d’impresa non ha nulla a che vedere con l’articolo 18,
ma con i processi che negli ultimi 30 anni hanno profondamente cambiato la
struttura produttiva, l’organizzazione e il mercato del lavoro. In ragione di
questo processo oggi le imprese sono piccole come numero di dipendenti, ma grandi come fatturato con attività molto avanzate.
3. "Aumenterà
il lavoro nero"
VOTA SI perché l’articolo
18 aiuta a uscire dal lavoro nero chi è sicuro di non
essere ricattato dal licenziamento e contrasta la precarizzazione
e la destrutturazione del mercato del lavoro realizzata dalla delega
governativa per renderlo tutto quanto più nero possibile. Il lavoro nero si
contrasta con la sicurezza del lavoratore, con le leggi, gli strumenti per
applicarle. La vittoria del referendum ridurrà l'area del lavoro nero, perché
costruirà solidarietà e unità in difesa di regole, tutele e diritti del lavoro
e renderà possibile la lotta per contrastarlo.
4. "Non tutela i lavoratori
con contratti atipici"
VOTA SI perché estendere la tutela dal
licenziamento arbitrario agli oltre 3 milioni di lavoratori dipendenti che ne
sono privi vuol dire ampliare l'effetto giuridico in caso di vittoria del
referendum ai 2 milioni e più di co.co.co. e ai 3
milioni di lavoratori in nero. Fin dall'inizio il referendum è stato promosso
con l'obiettivo di unificare sul terreno dei diritti tutto il mondo del lavoro,
incluso quello con contratti atipici. Il SI al referendum coincide con un SI ad
una legge che estenda le tutele ai lavoratori e
lavoratrici con contratti diversi dal tempo indeterminato. Il SI è primo passo
in questa direzione, e pone le basi per estendere i diritti a tutti.
5. " È uno strumento
inadeguato"
VOTA SI perché il referendum è uno strumento
costituzionale che assegna al voto popolare funzione di legislatore in quanto può pronunciarsi anche in contrasto con le
rappresentanze elette, cioè il Parlamento. A febbraio è stata approvata la
legge delega sul mercato del lavoro che rende istituzionale la precarietà del
posto di lavoro (lavoro in affitto anche a tempo indeterminato, a chiamata,
ecc.), cancella il contratto collettivo di lavoro, toglie al sindacato il ruolo
di rappresentare e tutelare i lavoratori.
Con la maggioranza
parlamentare che ha approvato questa delega è almeno dubbio poter ottenere una
legge che estenda i diritti. Certo la ottiene la vittoria del SI che impedisce
anche l’approvazione della delega che modifica l’articolo 18: se il governo
l’approva prima del referendum, essa verrà inglobata
nel quesito referendario, in quanto in contraddizione con esso; dopo la
vittoria del SI non si può legiferare in contrasto con il voto popolare. Infine
la vittoria del SI rende immediatamente applicabile l’estensione
dell’articolo 18, perché il quesito è formulato in modo da produrre l’immediata efficacia della nuova
norma senza intervento del legislatore.
6.
"Il referendum divide”
VOTA SI perché l’unità si fa sulle cose. La
maggioranza dei cittadini è favorevole all'estensione del diritto a non essere
licenziato ingiustamente. Chi mai, se non di animo
proprio cattivo, può essere favorevole ad un licenziamento e per giunta
ingiustificato?
Esiste una maggioranza sociale favorevole
al SI, e una grande attenzione ai diritti, prodotto
della mobilitazione sindacale dello scorso anno. Sul contenuto c'è l'unità dei
lavoratori e la divisione della forze politiche. Ma noi non abbiamo promosso il referendum per definire uno
schieramento politico, per unire o dividere la sinistra, fare un nuovo partito
o altro. Il referendum pone una questione di giustizia, di civiltà. Su questo
chiede un giudizio, con un SI o con un NO, a tutti i cittadini,
indipendentemente da come votano alle elezioni politiche.
E’ certo comunque che dalla vittoria del SI può nascere una nuova
stagione sociale e politica con vantaggio e ragioni di unità per una politica
ancora troppo attenta alle logiche di schieramento, ai propri processi interni,
piuttosto che alle domande della società, del mondo del lavoro, dei più deboli.
7. "Il referendum ci porta fuori dall'Europa"
VOTA SI perché la Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione Europea all’articolo 30 dichiara: "OGNI LAVORATORE HA
DIRITTO ALLA TUTELA CONTRO OGNI LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO". Non fa alcuna
distinzione tra pubblico e privato, tra aziende con più o meno di 15
dipendenti, tra lavoratori a termine o a tempo indeterminato, tra subordinati e
atipici. Inoltre afferma - art. 51.1 - che l'esercizio
del diritto deve essere effettivo e non una mera enunciazione di principio.
Di cosa parliamo quando parliamo di articolo 18.
La
legge e i contratti prevedono in quali casi si può licenziare (“flessibilità in
uscita”). Lo statuto dei lavoratori all’art. 18 non si occupa di questo ma solo
delle conseguenze nel caso in cui un lavoratore abbia subito un licenziamento
al di fuori di quelle regole che lo giustificano. L’art. 18 non si occupa cioè di flessibilità ma solo di sanzionare il licenziamento
arbitrario e ingiustificato.
Cosa prevede l’articolo 18 e a chi si applica
l’articolo 18.
L’art. 18 – quando sia accertato in
giudizio che il licenziamento è ingiusto – prevede che il lavoratore abbia il
diritto di riavere il proprio posto di lavoro, la copertura previdenziale dal
licenziamento alla reintegrazione, nonché un
risarcimento pari alle retribuzioni
perse che non può comunque essere inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore
inoltre, se ha perso fiducia nel datore e non intende più tornare nel proprio
posto, può chiedere - in sostituzione
della reintegrazione - ulteriori 15
mensilità.
L’art.
18 si applica non a tutti i lavoratori subordinati ma solo a quelli che
lavorano in unità produttive che abbiano più di 15 dipendenti o comunque per datori di lavoro che, avendo molte sedi con
pochi dipendenti in ciascuna di esse, occupino più di 60 dipendenti in Italia.
Tutti coloro che invece lavorano per datori di lavoro
che occupano meno dipendenti oppure lavorano per partiti, sindacati, scuole
religiose ecc. (che ad oggi sono esclusi dall’applicazione del 18 a prescindere
dal numero di dipendenti) a fronte del licenziamento ingiusto e arbitrario
possono solo avere un’indennità economica veramente irrisoria che va da due
mensilità e mezzo dell’ultima retribuzione fino a sei mesi.
Gli effetti dell’abrogazione referendaria
dei limiti dell’articolo 18.
La vittoria del referendum, fatti sempre salvi i casi
esclusi dalla legge (il lavoro domestico, quello dei dirigenti, degli sportivi
ecc.), comporterebbe che di fronte alla stessa ingiustizia si hanno gli stessi diritti per tutti e cioè quello di poter tornare
nel proprio posto di lavoro da cui si è stati ingiustamente espulsi, di avere i
contributi anche per il periodo di
ingiusta disoccupazione sino alla sentenza, e di vedersi risarcito il reale
danno subito. Si otterrà cioè un effetto che nulla ha
a che vedere con la flessibilità in uscita (disciplinata da altre norme) ma con
la giustizia (uguale lavoro uguali diritti), con la libertà (di programmare la
propria vita) e con la dignità (di pretendere il rispetto della propria
persona) senza il permanente ricatto di poter essere cacciati con un pugno di
euro. Si otterrà cioè che finalmente i lavoratori
verranno trattati come tutti i cittadini che, a fronte di un ingiusto recesso
da un qualsiasi contratto hanno sempre il diritto di chiederne l’adempimento oltre
al reale risarcimento del danno.
COMITATO NAZIONALE PER IL SI
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Portavoce -
Paolo Cagna Ninchi – c.so di P.ta Ticinese 48,
20123 Milano – Tel. 02.58101910 - 339.1170311
www.lagiustacausa.it –