LA SCHERMA NELLA “SCUOLA DEL 2000”
DI KATIA DEL VENTO

Educatrice, consulente sportiva 

 

 

La scherma è una disciplina molto complessa ma che può essere insegnata ai bambini già in tenera età.

L’età scolare infatti è il momento migliore per l’apprendimento in quanto la personalità e l’intelligenza del fanciullo non si sono ancora ben definite e formate e possono essere quindi “educate”.

In questo periodo si sviluppa la capacità di ricezione dei primi rudimenti di tecnica.

Alcune mie colleghe si erano mostrate un po’ scettiche nell’introdurla nell’insegnamento durante le ore di educazione motoria in quanto la scherma deriva dal duello ed ha una forte componente agonistica che, secondo loro, non si adatta ai ragazzi con componenti “caratteriali”.

E’ l’insegnante di questa arte che deve avere delle doti non comuni per incanalare questa aggressività fino al raggiungimento del pieno “autocontrollo dell’Io”.

Insieme al mio maestro e psicologo dello sport Dr. Giovanni Lodetti (Segretario generale dell’AIPPS) quest’anno da ottobre a febbraio (1999-2000)  in alcuni plessi scolastici statali di Milano (zona Sud-Est) abbiamo messo a punto un metodo didattico – psicologico basato sul “gioco della scherma”; utilizzando fioretti in plastica propedeutici (messi a disposizione dalla F.I.S)

 La plastica infatti riduce quella componente di aggressività che potrebbe innescarsi se la arma fosse di “ferro”.

 

 

 

La scherma a scuola vista dai bambini

 

 

Il  metodo Lodetti – Del Vento è stato sviluppato e sperimentato su 600 bambini di età compresa tra i 6 ed i 10 anni; fra di loro vi erano all’interno delle stesse classi alcuni  portatori di vari deficit.

 Sulla base del feed-back ricevuto dagli insegnanti e dopo comprovate osservazioni si è notato come la grande maggioranza degli alunni ha affinato gli schemi motori e posturali, ha migliorato la velocità e l’equilibrio, ha sviluppato la coordinazione tra arti interiori - arti superiori – (secondo i dettami base del Corso Fis ).

 I più timidi sono stati costretti ad esprimersi in prima persona e grazie all’ausilio di maschere in plastica hanno avuto quella spinta necessaria per superare o migliorare i  propri limiti.

Abbiamo inoltre studiato come questo gioco abbia inciso sui valori morali e socializzanti dell’individuo.

E’solo per questi fini che abbiamo animato i nostri insegnamenti.

Il “combattimento” entusiasma ma nello stesso tempo impone il “rispetto delle regole e dell’avversario” e questo è molto importante in quanto, noi come educatori abbiamo il dovere di (in)- formare nel corpo e nella mente questi giovani che “forse” presto saranno gli educatori del domani.

La vittoria infatti deve essere conseguita con “lealtà” e “solo con le proprie forze”, misurandosi e confrontandosi in ogni istante con personalità diverse sapendo e facendo tesoro “su sè stessi” che  la sconfitta è parte “importante” del gioco.

Ci si allena così nella vita, come in pedana, alle decisioni importanti  che saranno prese si spera in “completa autonomia e coscienza”.