Gianluca odiava allenarsi, ma amava l'arrampicata e l'amicizia. Era il piu' elegante di tutti noi, era fortissimo ma dopo due tiri non ne aveva piu', perche' si stancava. Ma rideva e ti veniva dietro incitandoti, raccomandandoti ti proseguire.
Non tirava mai da primo perche' aveva paura del volo, tranne che sulla
Marmolada, la sua parete preferita, dove chiedeva di andare davanti perche' era la parete che sognava da sempre.
Ieri Gianluca, sulla via piu' sicura della piu' sicura parete del mondo, si e' distratto un attimo, mentre iniziava a scendere in doppia.
Si e' appeso pensando di essersi allongiato, e invece non lo era.
L'arrampicata e' pericolosa, lo e' perche' non perdona le distrazioni, neanche quando tutto invita a distrarsi.
Gianluca Borella sembra che abbia battuto subito, appena rendendosi conto che stava volando. Tra oggi e domani una messa o una targa lo ricorderanno, e anche se non lo conoscevate vi chiedo di pensarlo un attimo e di partecipare al dolore del nostro gruppo.
Il giorno prima aveva salito una delle vie che sognava da sempre, e questo forse non conta nulla ma forse per lui adesso sta contando
qualcosa.
Fabio
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Ciao Fabio,
vi ho visti con la coda dell'occhio, mentre scalavo la splendida W Mexico,
fermi a guardare il mare seduti su quelli scogli bianchissimi.
Ho pensato che fosse bello che eravate ancora con noi e non foste
partiti, ho pensato che
fosse bello sentirvi ridere alle cazzate di Lecis la sera prima. Ho
pensato che la vita in fondo continua, che è bello poter guardare il
mare e pensare che la nostra esistenza è un po' come le onde, che a volte ci
prendono e ci portano via, lontano. Ho pensato, che forse la Sardegna è un
posto bello per scalare ma anche per morire e che anch'io vorrei poter
concludere la mia vita in un posto bello, come ha fatto Gianluca. Ho avuto
un briciolo di vergogna per questo pensiero, ma sono stato un poco offeso
dal rumore di quell'elicottero che si portava via quella barella appesa, con
quello che restava di Gianluca. Vorrei
che Gianluca potesse essere rimasto lassù per sempre, come altri miei
amici non sono stati mai trovati e giacciono tra i crepacci del Monte
Bianco.
So che in questo caso non era possibile, so che la nostra civiltà ha le sue
regole...ma a volte occorre guardare alla morte con occhi diversi.
Scalare obbliga spesso a rendersi conto che la morte ci "vive" accanto,
è paradossale, ma anche questa è una conquista che ci aiuta a
vivere meglio...
Da parte mia non posso che farti coraggio e aiutarti a non
perdere il tuo entusiasmo.
un abbraccio
Maurizio
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Forse resta una domanda.
Niente vale quanto la vita. Ma quanto vale la vita senza passione ?
ciao
filippo
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Ciao Gianluca.. ho un po' di cose da dirti.Un po' tante. Ho una montagna di sassi nello stomaco da ieri sera. E nonostante questo ho stampata davanti agli occhi la tua faccia sorridente. buona. CAZZO! Che mi guarda . RIDE ..
Con quell'.incredibile pace. che ho trovato in poche persone. e che sempre mi lasciaVA senza parole..
DOVE CAZZO SEI.....
DIMMI DOVE...
Stai pianificando una cenetta con i Barbetta.s.., una serata in discotecacol Max, o hai un appuntamento con qualche squilibrata.....
Allora. com.è ARRAMPICARE.... DIMMI. il vento ti avvolge. la pietra ti parla. CONTINUA. CE LA PUOI FARE. Più SU.E intorno a te una calma.. un silenzio. magari interrotto solo dalle cazzate del Barbetta.che per un momento ti fa sconquassare dal ridere. e. CAZZO DEVI RIMANERE
CONCENTRATO!!!.. Ma è tanto bello lasciarsi andare. lasciarsi cullare. Da questo infinito. Spensierato. con i tuoi amici. quelli con cui condividi I momenti più belli. Quelli con cui SEI TU .tu a guardare in faccia te stesso.. MAI STATO COSì VERO..E per loro è lo stesso. e per tutti c.è LA MONTAGNA. E. lei che ti permette tutto ciò .E la vita non è mai così bella come quando sei con lei. TU. Senza angosce. Senza prenderti in giro. Perché nella vita qualche cosa bisogna fare. NO. Perché te la devi trovare la fidanzata. NO. Perché devi avere successo sul lavoro. NON PUOI MICA TIRARE A CAMPARE!!!
MA perché..... Perché c.è tutto questo baccano.. Perché io la pace la voglio avere sempre con me. Perché ogni secondo è così importante. E ogni secondo è UN SECONDO. E vaffanculo. a chi mi parla di mesi.. anni. o di tutta la mia vita.. E non voglio più nemmeno lasciarmi anestetizzare daqualche attimo di incoscienza.perché vivere è faticoso.MA VAFFANCULO!. Io
voglio avere la montagna nel cuore. E tu hai semplicemente capito tutto questo quando eri lassù. E .avevi trovato anche il tuo cuore. perché IO SO CHE NON HAI SBAGLIATO (inconsciamente ovviamente)!!!.
Hai solo trovato quello che tutti stiamo cercando. E ogni momento è GIUSTO PER MORIRE QUANDO LO TROVI.. Perché la Vita è fatta anche di morte. E non puoi semplicemente scappare da quello spettro. che prima o poi tutti DOBBIAMO incontrare..
Rimaniamo qui. a far i conti col nostro baccano. a cercare di anestetizzarci. a trovare ogni tanto noi stessi.. FINALMENTE. Ma per la maggior parte del tempo ci lamentiamo.fissi sul passato.. O progettiamo.fissi sul futuro.. E I SECONDI PASSANO.
Gian. Stacci vicino. Ti vogliamo tutti così bene! Un abbraccio
fortissimo!!!
Monica
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Cari barbettiani,
la scomparsa di Gianluca mi addolora in maniera profonda, più profonda di qualsiasi modo per esprimerla.
Continuerò a ricordarlo per sempre così com'era sulla terrazza della funivia dell'Albigna mentre fantasticavamo con Fabio e Antonio su mirabolanti imprese da realizzare assieme e ci confrontavamo scanzonatamente sui nostri modi di andare in montagna.
E' scomparsa una persona tosta.
Bruno
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In questi giorni Gian mi viene a tirare le coperte di buon'ora, non riesco altrimenti a spiegarmi il perche' mi stia svegliando alle 5 e mi vengano in mente ricordi banali che proprio non avrei pensato di ricordare.
Penso si stia divertendo, lassu'; capita, quando leggi su un giornale " non si capisce il perche' i cinque moschettoni di sicurezza che si chiudono contemporaneamente in situazioni di pericolo non abbiano funzionato " e poi " l'elicottero e' arrivato dopo 20 minuti" quando i minuti erano oltre 180 e Yuri a piedi sarebbe stato sicuramente piu' veloce.
Ho pensato molto al perche' abbia un ricordo cosi' meraviglioso del Gian; eppure, era uno dei piu' grandi bidonari della storia dell'arrampicata, fagocitatore di materiale, guide e quant'altro, nemico giurato di tutte le mie concezioni ( allenamento, arrampicare da primo, vie psicologiche ). Era, per giunta, un po' irritante nella sua eleganza naturale e nella sua forza straordinaria: gia', si stancava dopo 5 metri perche' proprio non si allenava mai, ma faceva specie che, comparendo dopo 5 mesi, saltava a due mani sul Pan Gullich mentre tu non riuscivi a staccare la mano, o che trazionava con due dita in totale ove sembrava impossibile tirarsi su scaricando 20 kg. Eppoi, un po' ci si consolava a vedere l'Ale andare lento quanto te, il Gipeto salire con stile Angeloniano anche sugli strapiombi, il Barbetta stringere le prese dei 6a come fossero le tacche di un 8b, insomma, fra me e me era un modo per sottovalutare i propri difetti. Invece il Gian saliva proprio bene, anche se sempre da secondo se non si trattava della Sud della Marmolada. Li', e solo li', andava da primo fidandosi di friends e soste a prova di soffio, mentre sul 5c in falesia a fittoni non se la sentiva.
Poi ho capito perche' lo ricordo cosi' bene.
Era IMPOSSIBILE litigarci!!
E questo, credo, e' il vero, suo grande, ricordo indelebile.
Insieme, gli istanti passati insieme su Itu Damagoni, i minuti in cui giocava con Yuri,. e le risate che si faceva in sosta ( magari con Tatiana ) mentre il primo era magari in piena difficolta' piu' in alto.
Forse l'ha fregato la soglia d'attenzione troppo bassa, me l'hanno detto in molti e l'ho pensato anch'io. Quando vai su una via che non ti chiede niente, e che sali anche sempre da secondo, e che ha pure la sosta su un terrazzino…forse pensi infallibilmente ad altro, quando sei li' a 200 mt di altezza.
Tutte le mattine penso di lanciargli una mano, lui si aggrappa, si allongia, e io gli faccio un culo triplo, finalmente litigando, finalmente costringendolo ad andare da primo, finalmente costringendolo a trovarsi lontano da uno spit, cosi' proprio da non potersi distrarre.
Ma, cazzo, quella mano non la prende, e a me viene un gran magone.
Ne restera' per la vita.
E nessuno dica piu' che Antonio Barbetta non ha testa per l'arrampicata; era lui, la', su quella via, e poi su quella cengia, per tre ore, e poi davanti a degli imbecilli per altre tre ore.
Questa cosa enorme ha due fotografie: l'incontro su un ghiaione fra me e Antonio che scendevamo e Andre e Ale che salivano, mentre un elicottero andava via, e la Tati, Andre, Gian e Ale sull'Aguglia, sorridenti. La prima foto non c'e', l'ha vista solo lui.
La seconda me la guardero' tutta la vita.
Fabio
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Dopo un giorno che lo conoscevo già mi sembrava di conoscerlo da sempre. Il
suo modo di fare e la sua gogliardia animavano decisamente il gruppo; le
battute e l'allegria non gli mancavano mai e soprattutto riusciva a
trasmettere quella gioia e quella vitalità che caratterizzavano il suo modo
di essere. Il tempo passato in sua compagnia è stato poco, ma non è la
quantità ad essere importante bensì la qualità; e lui, con il suo carisma,
sapeva decisamente far star bene le persone.
Ciao,
Dario.
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mi dispiace molto per quello che è successo, so che in
questi momenti le parole sono inutili, forse fuori
posto, ed è per questo che ho esitato a scriverti o a
telefonarti. Mi ricordo ancora bene quel giorno a
Jerzu, dove avevo conosciuto il mitico gruppo Barbetta
e la vostra gioia di scalare e divertirvi all'aria
aperta. Penso che il modo più bello per ricordare
Gianluca sia stato il vostro momento di contemplazione
davanti al mare. Mi ha commosso leggere le tue righe,
io faccio qualcosa di molto simile quando mi trovo in
delle situazioni da cui ho bisogno, se non di evadere,
di riflettere. Prendo la macchina e mi siedo su quel
grosso masso che c'è a Lanaittu, da cui si domina
tutta la valle. Quando ho saputo del Monte di Dio sono
rimasto molto scosso, e quello che mi è mancato, qui a
Genova, è stato sedermi su quel masso. Mi sarei
sentito forse un po' più vicino a voi, forse anche a
Gianluca. Spero che adesso lui, ovunque sia, possa
contemplare tutto ciò che ha amato e vissuto, e così
facendo possiate sempre sentirlo vicino.
con affetto
Matteo
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la prima volta che ho sentito parlare di te è stato per una telefonata.
la mia amica anna era un po' depressa e già pronta ad andare sotto le coperte alle nove di sera
quando l'hai chiamata tu.
quella sera non l'hai fatta sentire sola.
la tua amicizia e quella di 'sto gruppo Barbetta per cui ha rotto le palle a
tutta l'agenzia per delle magliette con le taglie sbagliate l'hanno fattaridere tante volte.
e ti assicuro che non è facile.
poi ho sentito parlare di te in una mail che è stata un colpo allo sterno e
poi ancora sul balcone di casa mia.
anna non aveva caldo, non aveva freddo, non aveva fame, non aveva sonno.
anna era immobile, e anche i suoi pensieri.
ma tu lo sai, tu che la conosci bene, i suoi pensieri sono troppo preziosi
per rimanere immobili.
lei ci crede che tu sia in paradiso, e per quel poco che ci credo anch'io,
prega per lei.
stalle sempre vicino.
rimani parte della sua vita.
metti in movimento la sua testa intelligente e proteggila quando le fa male.
ciao gian,
ora ti ho conosciuto anch'io.
ARTICOLI DI GIORNALE
DORGALI Gianluca Borella era in parete con Antonio Barbetta, mentre altri due compagni del gruppo scalavano su un’altra via parallela poco lontano: «Vivere di Sogni». La cordata dello scalatore comasco era arrivata oltre metà salita e Barbetta, che arrampicava da primo, ha tentato il tiro più duro. Ha avuto qualche problema, non se l’è sentita di forzare il passaggio. E i due amici hanno deciso di ridiscendere. Barbetta è tornato alla sosta dalla quale era appena partito e la cordata si è preparata per iniziare le manovre in corda doppia, per la discesa.
La ricostruzione della tragedia è agghiacciante nella sua banale semplicità. Chiama in causa una distrazione e una manovra rituale, meccanica, che rientra nell’abbicì delle scalate: l’aggancio di sicurezza ai chiodi e ai moschettoni di sosta, nei punti che nelle falesie più frequentate sono già attrezzati, spesso all’altezza di piccoli terrazzini di roccia.
Quella banale ma decisiva manovra di sicurezza che pure per lui era un automatismo, Gianluca Borella era convinto di averla già compiuta. Così, per prepararsi alla "'doppia" si è "seduto" sull’imbragatura abbandonandovi il peso con un movimento che avrebbe dovuto mettere in tensione le corde e che invece ha spalancato il vuoto sotto lo sventurato climber.
Il giovane imprenditore di Cadorago ha urlato percependo il pericolo, ha cercato disperatamente di aggrapparsi alla corda che avrebbe dovuto utilizzare per la discesa. Non ci è riuscito, è precipitato sotto gli occhi del compagno e di altri due scalatori di Cuneo che salivano su una via parallela: un volo pauroso con più rimbalzi sulla roccia, concluso 150 metri più in basso.
L’allarme è arrivato dalla parete con una drammatica chiamata via telefonino, che ha raggiunto altri amici di Gianluca e Antonio e che ha messo in movimento le operazioni di soccorso nella speranza che un soccorso fosse ancora possibile. Tutto vano, invece. E’ stata *Cecilia Marchi*, la moglie medico di *Maurizio Oviglia* - uno dei più noti alpinisti italiani, un grande divulgatore delle bellezze verticali della Sardegna - a raggiungere il corpo di Gianluca Borella e a constatare il decesso. Poi solo spazio alla pietosa opera di recupero della salma, con l’intervento di un elicottero dei vigili del fuoco.
G. S.
DORGALI - La tragedia si è compiuta su Nirvana, una delle vie più note e frequentate del Monte Oddeu, paradiso dell’arrampicata vicino a Cala Gonone: 300 metri di sviluppo, «roccia eccezionale», di difficoltà quotate 7b secondo i parametri francesi in auge tra i climber, un grado che corrisponde all’ottavo nella scala Uiaa aperta, quella che un tempo aveva come livello estremo il sesto grado. Nella foto Fabio Palma - uno degli amici in trasferta con Borella in Sardegna - in scalata sul monte Oddeu.
CADORAGO - Gianluca Borella faceva parte di un gruppo di arrampicata piccolo ma appassionatissimo del verticale: i "Barbetta’s", team quasi familiare fondato il 3 novembre del 2000 e che come motto ha scelto una frase di Manolo, il più celebre arrampicatore italiano: «Arrivare in cima a tutti i costi non significa niente». Sei membri in tutto, in questo microclub guidato da *Fabio Palma*, di Carnate, 36 anni, un ingegnere. In cordata con lui la moglie *Tatiana Zuccotti*, *Alessandro Casiraghi* di Agrate Brianza, *Anna Triolo* di Milano, *Antonio Barbetta*, *Andrea Robbioni* e appunto Gianluca Borella. Tutti brianzoli, dell’area di frizione tra il Milanese, il Comasco e il Lecchese. Tutti con un compagno d’avventura piccolissimo: *Yuri*, il figlio di Fabio e Tatiana. Borella era quello che si dice un "nuovo acquisto" di questo gruppo in cui - sono parole di Palma - «la competizione è bandita, i gradi non sono importanti ma i sogni sì». Era piena di sogni anche la trasferta di questi giorni in Sardegna, per scalate su quel Monte Oddeu che i "Barbetta’s" conoscevano bene per esservi già stati durante un breve periodo di vacanza nella splendida zona di Cala Gonone.
G.S.
CADORAGO È stata effettuata ieri l’autopsia disposta dalla Procura della Repubblica di Nuoro sul corpo di *Gianluca Borella, l’imprenditore trentacinquenne di Cadorago morto l’altro ieri precipitando nella Gola del Gorroppu, tra le rocce del Supramonte di Dorgali, in Sardegna, dove assieme ad un gruppo di amici assecondava la propria immensa passione per l’alpinismo.
La stessa procura, a esame effettuato, ha dato l’assenso per i funerali, sui quali tuttavia pesa l’incognita del penosissimo trasferimento della salma, che dovrà essere trasportata dalla Sardegna a Cadorago. In paese potrebbe arrivare già domani, mettendo i parenti nelle condizioni di celebrare le esequie il giorno stesso, o al limite sabato.
Il papà di Gianluca è in Sardegna. La famiglia avrebbe voluto che il cuore e gli altri organi vitali del giovane imprenditore regalassero una speranza di vita a qualcuno dei tanti italiani in lista per un trapianto. Ma la richiesta è giunta solo nel tardo pomeriggio di martedì, attorno alle 17. Troppo tardi, visto che il cuore del giovane aveva smesso di battere attorno alle 14.
Quanto alle indagini sull’incidente, la polizia di Nuoro ha ascoltato i nove amici di Gianluca, che con lui avevano affittato un’abitazione a Cala Gonone sabato pomeriggio, intenzionati a godersi una settimana di vacanza. Sembra esclusa, allo stato attuale, qualsiasi ipotesi di negligenza. Per gli inquirenti Gianluca Borella è morto per una tragica fatalità.
Stefano Ferrari
CADORAGO - È fissato per questo pomeriggio l'addio terreno a Gianluca Borella, l'imprenditore di 32 anni precipitato martedì durante un'ascesa sulla parete del monte Oddeu, in Sardegna. Ieri mattina la salma dello sfortunato scalatore ha fatto ritorno a Cadorago, dove è stata composta nella camera mortuaria del cimitero. Al seguito del feretro sono rientrati il padre Roberto e alcuni familiari che, all'indomani della tragedia, avevano raggiunto Nuoro. Prima della partenza, in Sardegna, è stata celebrata una messa funebre. Questo pomeriggio parenti, amici e conoscenti saluteranno per l'ultima volta Gianluca Borella, nel corso dei funerali che si terranno nella chiesa parrocchiale dalle 15 con partenza dall'abitazione in via Roma 3, dove il giovane ingegnere viveva con i genitori. Una famiglia distrutta da un dolore che l'ha raggiunta all'improvviso e nel modo più lacerante. Non è facile arrendersi all'idea che un figlio e un fratello così sportivo e vitale abbia trovato la morte durante una breve vacanza, ritagliata dai numerosi impegni di lavoro, proprio per assecondare la sua grande passione: il free climbing. Con gli amici del gruppo di arrampicata «Barbetta's» aveva inseguito il sogno di scalate sul Monte Oddeu, già ben conosciuto dagli altri suoi compagni. Con nove amici aveva affittato un appartamento a Cala Gonone, sabato pomeriggio, con l'intenzione di fermarsi per una settimana di vacanza e di attività sportiva su e giù per le rocce del Supramonte. Da esperto scalatore qual era, Gianluca aveva tutte le carte in regola per affrontare queste impegnative ascese seguendo il saggio motto dei" Barbetta's": «Arrivare in cima a tutti i costi non significa niente». «Gianluca - tiene a ricordare l’amico Fabio Palma - tra noi era il più prudente».
Un crudele destino ha voluto che il giovane, giunto a metà salita, precipitasse nel vuoto per una fatale distrazione durante una rituale manovra di sicurezza che si esegue in preparazione della discesa. Un volo di 150 metri compiuto sotto gli occhi impotenti del compagno di cordata, Antonio Barbetta, e di altri due scalatori di Cuneo. Un urlo straziante ha segnato gli ultimi attimi di vita di un ragazzo riservato e di poche parole, ma grandi passioni: il suo lavoro, che lo aveva portato poco più che trentenne a costituire coi soci Aldo Benzoni e Pierluigi Anzani una società di informatica, la roccia, la moto, il calcio e la sua Inter, per la quale tifava assieme al papà.
Manuela Clerici
CADORAGO - In sella alla sua Harley Davidson è partito per l'ultima scalata verso il cielo. In tantissimi, ieri pomeriggio, hanno voluto salutare per l'ultima volta Gianluca Borella, lo sfortunato scalatore di 32 anni precipitato martedì durante un'arrampicata sul monte Oddeu, in Sardegna. Gianluca è stato sepolto con le sue scarpette, compagne di tante arrampicate terrene. La corda, benedetta, che per tutto il rito funebre è rimasta legata al suo feretro, è stata consegnata - per volere della madre - al suo compagno di cordata, Antonio Barbetta, che era in parete con Gianluca quando è avvenuto l'incidente. Due amici veri, come ha ricordato lo stesso Barbetta nel suo intenso quanto commovente saluto rivolto a Gianluca prima del definitivo addio. «Quando ci siamo conosciuti undici anni fa, ci siamo subito trovati. Abbiamo condiviso tutto, dalla passione per l'alpinismo a quella per i viaggi. Quando arrampicavamo su per le rocce delle Dolomiti, che tanto emozionavano Gianluca, o su per altre vette, ci piaceva dire, per farci coraggio e per sentirci più uniti, che eravamo noi contro il resto del mondo. Gianluca, oggi, ti dico che ci sbagliavamo di grosso; perché oggi il resto del mondo è tutto qui, che vuole legarti alla tua corda e accompagnarti nell'ultima scalata che sarà sicuramente la più bella e la più armoniosa delle tante che hai compiuto. Non ti dimenticheremo». Non lo scorderanno gli amici del gruppo di arrampicata i «Barbetta's» che, dalla chiesa parrocchiale al cimitero, hanno portato sulle spalle la bara di "Gianlu", ricoperta di fiori di montagna.
Un distacco straziante per i familiari, affranti dal dolore per una morte «umanamente inaccettabile - ha sostenuto nell'omelia don Aldo Radaelli -. Di fronte a un giovane figlio e fratello che viene tolto così tragicamente, secondo le regole umane, la morte è una sconfitta, un'ingiustizia. In un simile momento anche il conforto della fede non deve essere urlato, imposto, ma solo proposto. Auguro ai familiari di trovare aiuto nel Signore consolatore nei giorni in cui, soli di fronte alla sofferenza, dovranno prendere consapevolezza che il loro figlio non c'è più».
Manuela Clerici
CADORAGO- La tragica morte di Gianluca Borella ha suscitato profondo sconcerto nell'ambiente di lavoro del giovane imprenditore, socio della ConeXus srl unitamente all'amico di una vita Aldo Benzoni e a Pierluigi Anzani, titolare della Anzani Trading Group di Erba.
«Era un ragazzo pieno di vita, molto capace e preparato professionalmente - testimonia Anzani, che con lui operava nel settore tecnologia nell'area avanzata di Internet -. Avevamo pranzato insieme poco prima della sua partenza». L’ultimo ricordo di un sodalizio professionale avviato nel settembre dello scorso anno, con la costituzione della ConeXus. A seguire la nascita e poi lo sviluppo della neo società è stato il commercialista erbese *Augusto Brenna* che, alla luce del dramma consumatosi in Sardegna, rabbrividisce andando col pensiero al giorno della tragica morte del giovane ingegnere. «Nel primo pomeriggio di ieri - commenta - gli avevo inviato una e-mail per l'aggiornamento della società al mese di settembre, dopo esserci incontrati di persona prima delle ferie. Verso sera, quando ho appreso la terribile notizia, ha capito perché quella e-mail è rimasta senza risposta. E' una gravissima perdita. Era una persona attiva, con voglia di fare, grandi capacità e interessanti progetti in corso anche in settori innovativi. Era un grande esperto in Internet, con la passione per le moto». «Ricordo di averlo spesso visto arrivare al mio studio in sella alla sua Harley Davidson e con quel tipico abbigliamento da bikers. Avendo anch'io un certo interesse per le moto, capitava che conversassimo di motori e della sua moto in particolare con cui raccontava di aver fatto diversi viaggi».
Manuela Clerici
ROVELLASCA - La notizia dell'incidente costato la vita a Gianluca Borella ha lasciato senza parole le famiglie dei sei fratelli rovellaschesi del padre dello sfortunato free-climber, che risiedono tutti in paese.
I congiunti si sono recati a Cadorago per confortare i genitori e la sorella maggiore Monica.
«Abbiamo appreso dell'incidente mortale dopo alcune ore che il fatto era accaduto - dice Rosalba Borella, moglie del consigliere comunale Emilio Borella, uno dei cugini di Gianluca - poi ho saputo che il padre è subito partito per la Sardegna».
Quando aveva diciotto anni Gianluca aveva anche giocato nelle Juniores del Rovellasca ed aveva anche avuto modo di farsi notare per la sua bravura, ricordano i dirigenti.
La notizia della tragica fatalità ha lasciato senza parole i molti rovellaschesi che avevano avuto modo di conoscere ed incontrarlo: Gianluca aveva infatti amici e conoscenti in paese, diversi dei quali si sono recati ieri sera al rosario funebre che si è tenuto a Cadorago.
G. L. S.
CADORAGO - «Gianluca è cresciuto qui, con noi». I coscritti del 1969 ricordano così un ragazzo per bene, misurato. «Metteva tutto se stesso in ogni cosa che faceva, non lasciava nulla al caso. È davvero strano pensarlo vittima di una distrazione...». Guglielmo Catel non nasconde lo stupore per l'accaduto. «Frequentava la mia stessa scuola media, qui, a Cadorago. Amava la matematica, era molto intelligente. Aveva sempre un sacco di impegni, eppure studiava con grande serietà».
Anche Carmine Mussari non ha dimenticato l'infanzia passata con Gianluca. «Ci si trovava tutti i pomeriggi all'oratorio, dopo la scuola. Giocare a pallone era la nostra passione. Lui era bravissimo. Molti di noi pensavano che avesse i numeri per giocare ad alti livelli. Ma Gianluca ci scherzava su, non era il tipo da montarsi la testa».
«Con Gianluca ho condiviso momenti di lavoro e di amicizia, la sua scomparsa lascia un grande vuoto». Parla Matteo Ganino, che con Gianluca Borella aveva partecipato ad un progetto per Rai educational. «Dobbiamo farci forza e pensare che Gianluca è morto facendo una cosa che adorava. E' vissuto col sorriso sulle labbra, sono convinto che vorrebbe essere ricordato così. Aveva in mente diversi progetti, sarebbe bello poterli realizzare per lui».