5 ANNI DI GUERRA (1941-1945)

Ricordi di Michele Notte


Partenza per il fronte

Nel febbraio 1945 ricevemmo l'ordine di partire per il fronte, che allora era a sud di Bologna. La nostra colonna era arrivata a qualche kilometro da Termoli, in vista al mare, quando comincio' a nevicare.....coi fiocchi. Ben presto ci dovemmo fermare perche' la neve non permetteva piu' di avanzare. Il vento era fortissimo.
Mi trovavo nella cabina di un grosso autocarro Ford, ma quella non era ottima protezione dagli elementi, perche' la neve entrava rabbiosa da un forellino nella parete della porta!. Ben presto la neve raggiunse meta' del finestrino, quando la tempesta passo' .Gia' pensavamo di dover uscire dalla finestra e trasferirci, l'autista ed io, nel cassone dietro, dove erano alloggiati parecchi soldati.
Rimanemmo bloccati tre giorni. Nel frattempo il mio autista della jeep personale si era ammalato, cosicche' quando il sole caldo ridusse la neve a una ventina di centimetri d'altezza, la colonna potette riprendere il cammino, ma io dovetti guidare la jeep da solo. Non che mi dispiacesse, ma mi tocco' prendere un corso di guida accelerato (circa 5 minuti) per imparare a manovrare la frizione e le marce! Per fortuna la colonna avanzava molto lentamente, per cui potetti imparare a controllare la guida senza difficolta'.
Arrivammo verso Bologna, dove si combatteva ancora. Mentre eravamo in colonna attendendo di entrare in quella citta', due caccia tedeschi ci mitragliarono e bombardarono con bombe di piccolo calibro, pur essendo inseguiti da caccia americani (quelli con la doppia fusoliera). Ai due lati della strada c'erano cartelli che avvertivano che i campi erano minati. Cosi' il problema era dove rifugiarsi.
Prendemmo tutti istintivamente la piu' pericolosa decisione possibile: ci rifugiammo sotto le auto, col pericolo di essere bruciati vivi se una macchina fosse stata colpita nel serbatoio e la benzina si fosse rovesciata. Ma la fortuna aiuta gli audaci e.... gli scemi (noi dimostrammo di appartenere alla seconda categoria, purtroppo) e cosi' ci salvammo.
Io mi salvai di giusta misura, perche' il secondo mezzo davanti a me prese fuoco. Per fortuna il mezzo dietro di questo, e davanti a me, era una ruspa, che venne messa subito in azione per spingere nel campo il mezzo in fiamme. Non scoppio' nessuna mina.
Cosi' essendo del genio, seguivamo passo passo le truppe combattenti, fino a Ravenna. Li' ricevetti in consegna dai Canadesi il magazzino delle scorte.
Il primo articolo elencato era: "2000 concertinas". Andai a consultare il dizionario, che traduceva "concertina" come "strumento musicale, tipo fisarmonica"! Non credevo ai miei occhi, fino a che mi mostrarono tali strumenti. Si trattava di reticolati a matassa, che si afferravano ad un'estremita' e si estendevano formando come uno scheletro di tubo del diametro di 1 metro circa (sara' stata una yard, o 90 cm). Se avessi avuto il sogno di creare un'orchestra unica al mondo, svani' come una bolla di sapone iridiscente.
In piu' mi passarono in consegna molto altro materiale, tra cui pompe, esplosivo, pale ecc. Io mi accingevo, con apprensione, a contare il tutto, quando i Canadesi si misero a ridere e mi fecero capire a segni che nessuno contava la merce. Tutto veniva accettato a fiducia!
I Canadesi mi insegnarono anche a costruire un'ingegnosa stufa a ...segatura, ed un'altra facendo bruciare la nafta senza bruciatore. Si trattava di mescolare la nafta con un po' d'acqua, facendo cadere la miscela su una piastra metallica dove si suddivideva in goccioline. Esse avevano abbastanza superficie per poter reagire con l'ossigeno ed accendersi. Venendo da un paese molto freddo, essi erano specialisti in quelle cose.
Un giorno ricevetti l'ordine di sgomberare una villetta dall'esplosivo ivi depositato (sara' stata una tonnellata circa) per poterci istallare un comando. Ognuno di noi (da me ufficiale ai soldati tutti), si carico' le braccia di scatolette di tritolo e mine anticarro quanto piu' possibile, per evitare troppi viaggi. Allora feci l'azione piu' stupida e pericolosa di tutta la mia vita. Cercando di caricarmi le braccia di una scatola in piu', essa cadde sopra le capsule detonanti. Esse erano protette ognuna da un tubetto di cartone, che pero' sarebbe stata protezione insufficiente contro un colpo del genere. Senonche' la solita fortuna volle che i tubetti fossero quasi tutti fuorusciti per la massima parte, e la scatola li colpi' e schiaccio' dove non c'era esplosivo. Altrimenti quella volta anche le nostre anime si sarebbero volatilizzate, data l'alta quantita' di esplosivo ancora rimasto nella stanza!
A Ravenna ogni mattina si trovava qualche cadavere impiccato nella pineta, ancora in pigiama. Si trattava di quei gerarchi fascisti che erano stati denunciati per direttissima al tribunale militare alleato, ma rilasciati perche' non c'era tempo di investigare tutti i casi. Cosi' la gente si faceva "giustizia" da se'. Triste cosa! E quanti gerarchi!
La cosa che piu' rimpiango di quel periodo e' di non essere andato a visitare San Vitale ed i suoi mosaici, ma proprio non ne ebbi il tempo.
La prossima tappa fu una permanenza ad Adria. Una volta sul mare a cui aveva dato nome, ora era parecchio lontana dal mare, di vari chilometri.
Li' ci insediammo in una villa signorile. C'erano ancora grandi quadri appesi alle pareti, con pesanti cornici dorate. Non credo fossero di autori noti. La padrona mi mando' a chiedere dal maggiordomo un grande favore: qualche arancia per il nipotino che non le vedeva da un anno o due. Noi eravamo stanchi di mangiare sempre arancie, e nient'altro che arance, come frutta. Cosi' non fu certo un sacrificio mandargliene una dozzina. Cio' mi frutto' un invito a cena, dove fu servito un lauto pranzo, molto ben cucinato!
I soldati volevano ballare, e pure le ragazze del posto. Il problema era che solo un buon'uomo aveva una fisarmonica ed egli conosceva solo il "Valzer della Povera Gente". Ma chi se ne importava. Essi volevanmo solo ballare abbracciati! e cosi' ogni giorno mi tocco' sentire quel valzer dozzine di volte, incessantemente!
Ad Adria non avevamo molto da fare. Decisi di adoperare quelle pompe che ci eravamo portato appresso per tanti mesi senza che nessuno le avesse mai chiesto. Premetto che i Tedeschi nel ritirarsi avevano rotto l'argine dell'Adige allagando cosi' la zona. La falla era stata subito chiusa e l'acqua si era ritirata ormai nei canali di scolo dei campi in molte zone. Ogni tanto quei canali avevano una specie di chiusa per il pescaggio di pompe che estraevano l'acqua, in tempi normali, scaricandola nell'Adige. Misi le mie pompe in uno di quei pozzetti e pescammo un centinaio di pesci, che si erano ben pasciuti dell'abbondante cibo dai campi inondati. Fu un festino sia per noi soldati che per i pochi civili della zona.
Avevo affittato una camera presso una famiglia, il cui capo famiglia era via, non ricordo se militare o al lavoro altrove. La padrona di casa la sera mi faceva trovare una grande tinozza d'acqua calda per il bagno, di fronte al camino acceso, senza che gliel'avessi chiesto. Erano persone molto pulite.
Un giorno camminavo con gli stivaloni di gomma in un campo inondato, scivolai e quasi presi un tuffo. Mi salvai da cio' mettendo una mano a terra. Sentii allora degli oggetti strani. Ne tirai su un po': erano gamberetti grandi due o tre centimetri! Ce n'erano a milioni, ottimi per farli a frittata.
Continuammo nella nostra marcia verso Venezia. I Tedeschi ancora lanciavano una dozzina o due di proiettili ogni giorno, quasi sempre verso le dieci del mattino, piu' per sfida che per altro. Una compagnia di Highlanders, Scozzesi col gonnellino, proprio a quell'ora faceva la parata, andando avanti e indietro nel cortile di uno zuccherificio mezzo distrutto. Rimasi sorpreso a vedere che non interrompevano mai le esercitazioni; non curandosi delle cannonate. Cio' mi riporto' alla mente quello che un compaesano mi aveva raccontato, dell'attacco inglese ad El Alamein in Libia, quando gli Scozzesi avanzavano dritti in piedi, come se il nemico (allora eravamo noi) non sparasse loro contro furiosamente. Quell'atteggiamento incuteva ai nostri soldati piu' paura dei carri armati.
Nel Veneto la popolazione accolse trionfante le truppe italiane. Una vecchia disse, mentre passavamo: "Benedetti fioi". Mi faceva impressione sentir dire:"Arrivano gli Italiani", come se fossimo in un paese straniero.
Leggete: La guerra e' finita!. Deo Gratias.