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L'Allievo

Art Pupil - 1h 40'



Può il male trasmettersi per semplice contatto? Può pervadere l'animo di un innocente con la sola vicinanza di un suo emissario? A sentire Stephen King, autore del racconto omonimo da cui il film è tratto, non sembrerebbe esserci nulla di più facile, specie quando ad essere in ballo è proprio il male assoluto, qui rappresentato dal fantasma, peraltro vivo e vegeto, del nazismo. Attuale, inquietante, dalla forte tensione emotiva, la storia raccontata ne "L'Allievo" non poteva non attirare l'attenzione di produttori e registi, ed eccola quindi ripresa e portata sullo schermo da uno dei giovani talenti del nuovo cinema statunitense, quel Bryan Singer rivelatosi nel 1995 con lo straordinario I Soliti Sospetti, vincitore, tra l'altro, di due premi Oscar.

Tutto ha inizio in una tranquilla cittadina dove uno studente sedicenne vive la più normale delle vite, dividendo il suo tempo fra la scuola, gli amici, la famiglia, lo sport e le ragazze. Le cose cominciano però a cambiare quando gli studi di Todd Bowden (Brad Renfro, il giovanissimo protagonista de Il Cliente) toccano il periodo dell'olocausto: il nazismo, le sue vittime, i carnefici, la ricerca di ulteriori materiali e documentazioni sembra diventare per lui un'ossessione, alimentata dal casuale incontro con un vecchio in cui riconosce Kurt Dussander (Ian McKellen, attore shakespeariano noto in particolar modo per il suo Riccardo III cinematografico), ufficiale del III Reich ricercato per i suoi crimini di guerra. Si instaura così un rapporto atipico, quasi morboso, in cui il gioco, se di gioco è lecito parlare, sarà condotto dal ragazzo, sempre più distante dal mondo che gli apparteneva, sempre più schiavo di una voglia di conoscere che lo porta ad assaporare il potere nei confronti dei suoi simili, con l'altro obbligato con il ricatto a rivisitare e, perchè no, riassaporare quanto con estrema difficoltà aveva cercato di rimuovere.

Bissare il successo di un film come I Soliti Sospetti non era di certo cosa facile e proprio per questo il nuovo lavoro di Bryan Singer era atteso da tutti con estrema curiosità. Bene, diciamo allora subito che L'Allievo è sicuramente un buon film, ma che purtroppo non regge minimamente il confronto con il precedente. Bryan Singer si conferma un ottimo regista sia nella direzione degli attori che nelle scelte stilistiche (le atmosfere oscure, i primissimi piani dei suoi personaggi...), ed ancor più nella capacità di manovrare la tensione facendola crescere e scemare a seconda delle esigenze narrative, ma qualcosa ne L'Allievo non funziona, e quel qualcosa discende a nostro parere da un adattamento del racconto di Stephen King non propriamente brillante ad opera di Brandon Boyce, sceneggiatore alla sua prima esperienza e compagno di studi di Singer, così come John Ottman, autore delle musiche e del montaggio. Se infatti l'incontro/scontro fra i due protagonisti principali è seguito con accuratezza e dovizia di particolari quando l'azione si svolge fra le quattro mura del "rifugio" di Dussander, non tutto procede nel migliore dei modi quando ci si sposta dietro le quinte, laddove rapporti e personaggi vengono spesso solo accennati e male approfonditi. L'interesse nei loro confronti è minimo e lo è dichiaratamente, tanto da confinare genitori, amici, insegnanti e malcapitati vari in ruoli di puro contorno, e con loro attori quali Bruce Davison, David Schwimmer e Elias Koteas. L'analisi psicologica dei tormenti e godimenti del giovane Todd è anch'essa talvolta superficiale se non furbesca - tutto ha inizio del resto con la parola ebrei eliminata dalla lavagna con un colpo di cancellino -, ma, lo ripetiamo, l'interpretazione di Renfro e, in primo luogo, di McKellen (che nell'edizione italiana ha purtroppo perso l'accento tedesco dell'originale), lo sviluppo dell'intreccio e la regia di Singer valgono da soli l'intero film.

© 1998 reVision, Carlo Cimmino



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