Il bimestrale dell'ASA - Associazione Solidarietà AIDS Milano
IN PRIMO PIANO
Guardiamoci negli occhi
Intervista di Ornella Maddè e Alessandra Malnati al dottor Sandro Vergani, ricercatore presso la Fondazione San Raffaele e responsabile dell'Ambulatorio di malattie oculari HIV correlate presso il Centro San Luigi.
Quando sottoporsi alla prima visita oculistica?Esiste un dato tecnico: il numero dei T4, e il mio consiglio è di sottoporsi alla prima visita quando tale valore scende sotto le 200 unità. Se in seguito non vi sono disturbi soggettivi noi suggeriamo un controllo ogni tre mesi.
Nel periodo di sieropositività non esiste un'indicazione precisa, nel senso che se vi sono disturbi soggettivi ci si reca dall'oculista (un disturbo abbastanza frequente in questa fase è la secchezza degli occhi, una sensazione di prurito o di fastidio agli occhi come se all'interno vi fosse della sabbia). Altrimenti, in questa fase, le malattie oculari sono estremamente rare, per cui occorre un motivo particolare per recarsi dall'oculista.
La prima visita è fondamentale per poter valutare le condizioni della retina, il tessuto più colpito dei pazienti. Al Congresso di Vancouver è stato di grande interesse il meeting sui problemi oculari evidenziati nel corso dell'infezione da HIV, dal quale è emerso che le infezioni variano moltissimo tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo. Chi appartiene ai primi nota che la retinite da citomegalovirus rappresenta la lesione più frequente. Si tratta di un'infezione virale della retina quasi sconosciuta fino al 1980 e pochissimi erano i casi descritti prima dell'avvento dell'HIV. Oggi colpisce clinicamente circa un terzo dei pazienti malati di AIDS, ossia un paziente su tre sviluppa lesioni alla retina.
Come si manifestano tali lesioni?Possono essere del tutto asintomatiche. Se la lesione non colpisce il cuore della retina non si riscontra alcun segno all'inizio, oppure i segni risultano molto sfumati: il paziente può vedere leggermente annebbiato, o subire una decurtazione del campo visivo. Ciò significa che quando guardo davanti a me c'è un puntino, una zona del mio campo che rimane buia. Posso dire, per esempio, che "vedo in basso a sinistra o in alto a destra una zona non chiara", ma solitamente si tratta di difetti quasi impercettibili e quindi il motivo per cui un paziente con un numero basso di T4 deve sottoporsi a visita oculistica è che nella maggioranza dei casi tali lesioni sono asintomatiche: il paziente sta bene, vede bene, la misurazione della vista registra anche 10 decimi eppure potrebbe aver già subito una lesione da citomegalovirus. Dunque: una prima visita sotto i 200 T4 e poi una visita ogni tre mesi.
Viremia e antigenia possono rivelare la presenza del citomegalovirus?La viremia e l'antigenemia per il citomegalovirus sono esami di laboratorio relativamente utili perché vi sono pazienti con tali valori alti pur non avendo lesioni oculari; altri invece hanno subito lesioni oculari pur con viremia e antigenemia bassa. Non è pertanto un esame in grado di rivelare quello che sta avvenendo nell'occhio.
Nel caso venisse riscontrata una lesione della retina, come procede lo specialista?Quando l'oculista pronuncia una diagnosi di lesione oculare, insieme all'infettivologo deve decidere il da farsi in tempi brevi. Occorre valutare se attuare una terapia generale, locale o associata. In linea di massima, oggi il consiglio è di intraprendere le due terapie associate, pur in presenza di dati discordanti. Quel che è certo è che quando la lesione si manifesta in un occhio essa si presenterà anche nell'altro se non viene trattata in tempo. Ed è altrettanto certo che se le lesioni oculari non vengono curate l'evoluzione a tutt'oggi risulta infausta. Se invece esse vengono aggredite con una terapia specifica i risultati sono piuttosto buoni. Quello che è cambiato negli ultimi cinque anni è che i pazienti ciechi sono ormai pochissimi, per cui è una malattia che se trattata non porta a cecità. I casi di ipovedenti, cioè di persone che vedono poco, diminuiscono in modo esponenziale. Possiamo pertanto affermare in tutta tranquillità che oggi i risultati sono incoraggianti.
Quali sono i farmaci e relativi limiti?Disponiamo di due farmaci: il Ganciclovir e il Foscarnet, e utilizziamo preferenzialmente il Ganciclovir in quanto risulta meno tossico a livello sistemico e funziona meglio a livello locale.
D'accordo con l'infettivologo si valuta lo stato generale del paziente, la funzionalità del midollo, l'assenza di problemi legati ad altre terapie assunte dal paziente, e la funzionalità renale (il Foscarnet è infatti un farmaco tossico a livello renale). In base al profilo del paziente si decide quale terapia somministrare a livello generale.
A livello locale preferiamo utilizzare la terapia con il Ganciclovir, sebbene sia possibile iniettare nell'occhio il Foscarnet pur con risultati ancora limitati e non del tutto soddisfacenti. La questione della terapia locale va discussa con il paziente in quanto l'idea di iniettare un farmaco all'interno dell'occhio spaventa tutti. In realtà, l'iniezione è qualcosa di meno drammatico di quel che si possa pensare; il fatto stesso di conoscere altre persone che vi si sono sottoposte può essere utile ad affrontare la terapia con una certa tranquillità.
Questa si basa su un'iniezione di Ganciclovir da 200 a 400 mcg., due volte alla settimana per la fase di attacco (che dura due settimane) e poi una volta alla settimana fino a quando non si registrano segni di arresto della lesione o di guarigione (vale a dire la cicatrizzazione del tessuto). Per quanto la zona colpita non torni più come prima, la lesione risulta tuttavia arrestata.
Come in molte malattie virali il grosso problema è che vi possono essere riattivazioni nel tempo; pertanto, una volta diagnosticata una retinite da citomegalovirus, il paziente deve rimanere sotto stretto controllo medico anche qualora il trattamento abbia dato risultati positivi arrestando la lesione. Starà poi all'oculista consigliare un controllo periodico che, non esistendo più regole codificate, può variare da persona a persona.
Quali sono le novità emerse al Congresso modiale di Vancouver?Fondamentalmente le novità sono due. La prima riguarda gli impianti a lento rilascio del farmaco all'interno dell'occhio. Si punta infatti alla qualità di vita e, per una lesione retinica associata a lesioni sistemiche (in quanto il citomegalovirus provoca una serie di altre localizzazioni), l'obiettivo è duplice. Primo, reperire una terapia sistemica per somministrazione orale, in modo tale che il paziente possa assumere compresse per bocca e non debba sottoporsi tutti i giorni a flebo o catetere, con tutti i rischi connessi. Secondo, per quel che riguarda la terapia locale, l'obiettivo è la ricerca o di un farmaco a lunga emittività (per cui la somministrazione risulta molto diluita nel tempo) oppure di dispositivi a lento rilascio: con un intervento chirurgico si inserisce all'interno dell'occhio un dispositivo che rilascia molto lentamente il farmaco, con una durata media di sei mesi.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo tipo di terapia?Il vantaggio è che attraverso il lento rilascio il paziente per sei mesi non deve iniettare nulla all'interno dell'occhio. Gli svantaggi sono due: uno economico (negli Stati Uniti il dispositivo ha un costo che si aggira sui 4-5.000 dollari); occorrerà dunque individuare chi si farà carico di acquistarlo. L'altro svantaggio è che esso richiede una procedura clinica maggiore, vale a dire un'anestesia locale. Il fatto di dover impiantare questo dispositivo impone dunque un utilizzo di sale operatorie per la chirurgia maggiore, considerando di dover impiantare il dispositivo in tempi abbastanza ravvicinati in entrambi gli occhi dato che l'impianto agisce solo su un occhio alla volta; infine, poiché la vita media dei nostri pazienti si va allungando, è necessario procedere a un nuovo intervento ogni sei mesi, senza tuttavia rimuovere l'impianto precedente (che non viene toccato), e inserire un nuovo piccolo dispositivo in un'altra posizione dell'occhio. I risultati attuali, per quanto preliminari, forniscono già indicazioni precise, e pare che tali dispositivi funzionino, pur entro i limiti a cui accennavo poc'anzi: la necessità di ricorrere alla chirurgia maggiore, il costo elevato dell'impianto e il fatto che trattandosi di una terapia locale occorra in seguito una terapia generale.
L'altra novità è invece rappresentata dal Cidofovir, un antivirale con caratteristiche assolutamente vincenti, soprattutto per quel che riguarda la lunga durata dell'effetto del farmaco. Ciò significa, per esempio, che invece di iniettare all'interno dell'occhio il farmaco una o due volte alla settimana, è possibile conseguire ottimi risultati con un'iniezione ogni 4-6 settimane, sottoponendo pertanto il paziente a una terapia locale molto diluita nel tempo. Si è visto anche che dal punto di vista generale si ottengono buoni risultati somministrando una flebo alla settimana.
Questo farmaco, molto promettente per la qualità di vita del paziente, presenta tuttavia grossi limiti in quanto tossico a livello renale e oculare. Per la tossicità renale si è visto che associando il Topeneciv il rene ne risente in modo meno pesante rispetto a una somministrazione col solo Cidofovir. A livello locale, ossia dell'occhio, possono riscontrarsi gravi situazioni di ipotomia: il bulbo oculare, infatti, normalmente sottoposto a una certa pressione da parte dei liquidi contenuti al suo interno, registrerebbe, per ragioni ancora sconosciute, un calo di tale tensione, con gravi rischi per l'occhio stesso.
Bisognerà dunque attendere una soluzione a questi problemi. Se gli obiettivi divenissero raggiungibili in tempi brevi è evidente che questo farmaco risulterebbe assolutamente vincente per la qualità di vita dei pazienti rispetto a alle terapie oggi utilizzate. In ogni caso, se le cose dovessero funzionare, si parla di un farmaco disponibile a breve, tra sei mesi-un anno.
Quanto alle terapie locali c'è ancora grande confusione in Italia, e questa è in parte una nostra responsabilità: gli oculisti che si occupano di malattie infettive, in particolare di malattie HIV correlate, sono ancora pochi e, a mio avviso, questi oculisti (noi compresi) non si confrontano ancora a sufficienza con i colleghi di altri Paesi. Per cui vi sono notizie che circolano da clinica a clinica senza la dovuta sorveglianza. Per esempio, si sente dire che la terapia locale non funziona. Un'affermazione del genere oggi è un nonsenso. Nel settembre dell'anno scorso il professore americano Holland, probabilmente il maggiore esperto mondiale, ha fatto il punto della situazione sull' "American Journal of Ophthalmology" descrivendo il futuro della terapia locale nei pazienti affetti da retinite da citomegalovirus.
Certamente vi è un futuro importante per la terapia locale. E' difficile dire se sarà sempre con iniezione, coi dispositivi a lento rilascio, o grazie a nuovi farmaci, in quanto esistono diverse prospettive. Ma affermare, oggi, che la terapia locale è un errore, sarebbe un'assoluta follia.
In Italia, purtroppo, i centri dove si somministrano queste terapie sono pochi. Per tutta una serie di motivi il nostro centro (il San Luigi, n.d.r.) è quello che ha realizzato più terapie in assoluto (intorno alle 1500 dal '91 ad oggi). Ci conforta l'aver visto i nostri pazienti passare dalla situazione drammatica di qualche anno fa a una situazione più che accettabile. Considerando poi che la vita media si è allungata, è fondamentale che essa sia caratterizzata da una qualità di vita più che accettabile.
Per eventuali informazioni è possibile telefonare presso il Centro S.Luigi di Milano allo 02-26.43.76.79 domandando del dottor Sandro Vergani o del dottor Melchiorre Candino, borsista Istituto Superiore di Sanità. © 1996 - EssePiù
![]()
Home Page di EssePiù
![]()
Home Page ASA© 1996-1997 - Pagina a cura dell'ASA