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Se non si fossero sbrigati si sarebbero ritrovati l'ira di Dio addosso. Un cielo tumultuoso rumoreggiava sopra le loro teste e la signora doveva affrettarsi ad aprire, a rispondere allo scampanellio insistente se non voleva che i suoi mobili venissero rovinati dalla tempesta. Avrebbe grandinato, pensò l'uomo del trasloco, con l'indice incollato sull'unico campanello senza nome. Avrebbe grandinato, e tutto il peggio sarebbe accaduto alle cose e agli uomini.
E' pur vero - disse rivolgendosi al collega - che in marzo non si è mai visto chicchi più grossi di una biglia. Se fosse stato estate, ah, allora sì, magari dopo una di quelle settimane in cui sembra che giorno dopo giorno l'aria che resta da respirare sia sempre meno, come se qualcuno lassù avesse tolto il tappo e lei se ne filtrasse fuori poco a poco. Dopo una settimana come quelle può capitare di veder cadere dall'alto grani come meloni.
"Sarà" rispose il collega più giovane e meno informato "ma qui non risponde nessuno". L'altro lo guarda senza considerazione: "Riprovo".
Il campanello non trillava in quella casa, trascinava il din sul don come due vecchi che camminino appoggiandosi l'uno contro l'altro con l'unica speranza che a cadere per primo sia il compagno, cosicché, rovinandogli sopra, non ci si rompa l'osso del collo.
Era un campanello svogliato quello della casa. Lasciò che le pareti si rimpallassero la responsabilità di porgerle all'udito il suono e lasciò che la sua mente si disperdesse nei rivoli delle supposizioni solo per allontanare ancora un poco da sé il momento in cui avrebbe dovuto sciogliersi da quel stare rannicchiata in cui aveva dormito l'intera notte, sul pavimento, la schiena accostata al termosifone. Già sentiva una punta di freddo insinuarsi tra le pieghe del giaccone a risvegliare alla coscienza del corpo assopito, il dolorante rattrappimento che, nel sonno, era riuscita a dimenticare.
"Sì?"
"Signora, il trasloco"
"Scendo"
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