La Scapigliatura e Carducci
Nuove forme letterarie del
secondo Ottocento
In campo letterario si prospettarono tre soluzioni: la prima
recuperava certe istanze della moderna cultura europea con quanto di
irrazionalistico e sperimentale poteva in essa circolare (la Scapigliatura); la
seconda mirava alla restaurazione delle forme dell'umanesimo tradizionale (il
Classicismo); la terza investiva i contenuti sociali e si apriva all'esperienza
del reale (il Verismo).
Nella Milano degli anni Sessanta fu
attivo un gruppo di giovani scrittori, legati da un vincolo di amicizia, da
abitudini di vita anticonformista e ribelle (sregolatezza, alcool, gusto dello
scandalo) che proponevano confusi programmi rivoluzionari e anarchici su alcuni
giornali progressisti milanesi quali il "Gazzettino", la "Cronaca
grigia", lo "Scapigliato" e soprattutto il "Figaro".
Questi artisti milanesi e piemontesi
lavorano nel ventennio tra il 1860 e il 1880 e con la loro presenza
contestatrice tagliano i ponti con il passato e reagiscono alle strutture e ai
costumi sociali dell'Italia unitaria.
La fine del potere temporale dei Papi
Alla protesta gli scapigliati
(termine usato da Cletto Arrighi nel suo romanzo La scapigliatura e il 6
febbraio. Un dramma in famiglia, pubblicato nel 1862) univano la ricerca e
la denuncia delle dolorose verità del vivere sociale e umano nel mondo moderno,
manifestando la rabbia per un destino di solitudine e di degradazione.
Già ne "L'Almanacco del
Pungolo", uscito nel 1858, Cletto Arrighi (anagramma di Carlo Righetti)
aveva anticipato i motivi del programma letterario degli scapigliati sia nelle
sue tematiche sia nelle sue scelte stilistiche.
La negazione del cattolicesimo, dei
valori sociali e nazionali, la crisi del romanzo storico e l'aspirazione alla
libertà di pensiero spingono questi scrittori a confrontarsi con gli artisti
europei come Baudelaire, Hoffmann, Poe.
Il portavoce delle istanze del
movimento non è più Manzoni, come si era verificato nel primo Ottocento, ma
Giuseppe Rovani (1818-1874), autore del romanzo Cento anni che riproduce
il dramma di vita vissuto e condiviso da questi letterati. L'opera avviava alla
sperimentazione massiccia e costante della nuova poetica scapigliata.
Tuttavia la difficoltà di formulare
i nuovi princìpi si nota in Rovani stesso, consapevole di come non dovesse
essere costruito il romanzo nuovo (né storico, né intimo, né di costume, né
contemporaneo) ma incapace di allestire un modello definito. Due erano i
principi fondamentali applicati dal caposcuola: l'oggettivazione del personaggio
(con il rifiuto dell'autobiografismo e dell'immedesimazione) e la distanza
temporale rispetto agli avvenimenti narrati per evitare il coinvolgimento
dell'autore.
A Cento anni seguono La
Libia d'oro, scritto nel 1868, che narra di amori e di congiure sullo sfondo
politico della Santa Alleanza, e La giovinezza di Giulio Cesare, che
mostra l'interesse per l'indagine psicologica e i gesti passionali.
Tarchetti e i fratelli Boito
Al modello di Rovani si rifanno
Iginio Ugo Tarchetti (1841-1869), Giovanni Faldella (Madonna di fuoco e Madonna
di Neve, Sant'Isidoro) Alberto Cantoni, Luigi Gualdo. Tarchetti
scrisse il romanzo Una nobile follia, edito nel 1867, nel quale
condannava il servizio militare obbligatorio e auspicava l'abolizione degli
eserciti permanenti. Nel romanzo incompiuto, Fosca, il tema più
appariscente è la descrizione di un caso di isteria che colpisce un giovane,
succube dell'attrazione per una donna brutta e deforme.
Tra i narratori scapigliati un posto
particolare occupano i fratelli Boito, Arrigo autore de L'alfiere nero
(che descrive la partita mortale tra un bianco e un nero) e Camillo (1836-1914,
docente di architettura all'Accademia di Brera) che scrisse le Storielle vane
(1876), Senso (1883), Gite di un artista (1884).
Lo sperimentalismo espressivo e
linguistico caratterizzò la narrativa di Carlo Dossi (pseudonimo di Alberto
Pisani, 1849-1910). Nei romanzi L'altrieri, Vita di Alberto Pisani,
La desinenza in A, Dossi mostra un gusto per il grottesco e il bizzarro.
L'abilità tecnica e la capacità di descrivere ogni mutamento dei sensi e del
sentimento si coniugano all'impiego di termini stranieri, dialettismi, parole
auliche o desuete, forme tecniche e gergali, con particolare attenzione ai
valori fonici e agli effetti grafici e fonetici.
Emilio Praga e Arrigo Boito
Nelle produzione in versi ispirate
ai modelli dei "poeti maledetti" francesi, si distinse Emilio Praga
(figlio di un industriale, docente di italiano, morto consunto dall'alcool nel
1815), autore del romanzo le Memorie del presbiterio, dai ritmi e dalle
rappresentazioni coloristico-sensitive, scritto sulla base delle esperienze
poetiche delle giovanili Tavolozza e Penombre, opere nelle quali
esprime il suo sentimento nostalgico della vita familiare e il desiderio di
viaggi in nuovi paesi. Nelle postume Trasparenze prevalgono i toni di
rimpianto e di nostalgia rispetto al gusto per le sorprese e le impressioni
violente.
La ricerca di facili effetti, il
gusto per l'orrido, l'incubo e le scene sepolcrali giocate sulla
contrapposizione tra terrestre e celeste, tra materiale e ideale, tra demoniaco
e angelico caratterizzano anche la poesia di Arrigo Boito (Il libro dei versi).
Gli accenti più alti si raggiungono nei melodrammi (Nerone, Otello)
e nelle fiabe (Re Orso, strano racconto simbolico di un re terrorizzato
dall'idea di essere corroso dai vermi una volta morto).
Temi nostalgici e scapigliati si
ritrovano nei versi del piemontese Giovanni Camerana, promotore di scambi fra la
cultura piemontese e la Scapigliatura lombarda.
La corrente classicista: Giosuè Carducci
Giosuè
Carducci
Il maggior esponente della corrente
classicista fu Giosuè Carducci, nato a Val di Castello in Versilia il 27 luglio
1835. Tra il 1849 e il 1856 studiò presso gli scolopi a Firenze, poi presso la
Scuola Normale di Pisa. Nel 1860 iniziò l'attività accademica a Bologna dove
insegnò letteratura italiana fino al 1904. I primi anni del soggiorno bolognese
furono dedicati alla ricerca erudita e filologica sui testi dei classici. Tra il
1871 e il 1890 il desiderio di avere contatti umani più frequenti lo spinse a
collaborare alla redazione di riviste militanti e a conoscere più
approfonditamente la letteratura straniera. Nel 1898 fu nominato senatore del
Regno e nel 1906 ricevette il Nobel per la letteratura. Morì a Bologna il 18
febbraio 1907.
La personalità di Carducci è
legata alla concezione del poeta "vate" che corrisponde all'idea di
un'arte intesa nel senso classico della parola. Carducci, infatti, rivalutando
il gusto per la bella forma e per la retorica, condannava la sciatteria
linguistica dei manzoniani e le forme metriche e stilistiche ormai stanche dei
romantici decadenti. La prima raccolta di poesie, Juvenilia (1850-1860),
offre un campionario dei suoi autori preferiti (Parini, Alfieri, Foscolo,
Leopardi) e delle tematiche a lui care: il paesaggio toscano, la morte, Roma
antica e il Risorgimento. Già in queste prime prove il poeta si elegge
polemicamente "scudiero dei classici".
Il poeta "vate"
Lo stesso atteggiamento
contraddistingue la successiva raccolta dei Levia gravia (1861-1871), che
rivela un orientamento verso la poesia sociale. Rifiutando il messaggio
cristiano, Carducci esprime una fede incondizionata nel progresso, sulla scia di
autori francesi contemporanei (Hugo, Proudhon). È il periodo in cui lo
scrittore aderisce al movimento della Scapigliatura riproducendone temi e modi.
L'impeto oratorio e discorsivo
caratterizza la raccolta Giambi ed Epodi (1867-1879), 32 componimenti dai
toni accesi e taglienti con i quali il poeta si scaglia contro gli epigoni della
letteratura romantica e contro l'Italia liberale, che, dopo l'unificazione,
considerava politicamente gretta e immobile.
Rime nuove, Odi barbare e Rime e Ritmi
Tra il 1861 e il 1887 Carducci
compone le Rime nuove, che segnano la ripresa della poesia neoclassica
caratterizzata da movimenti poetici più liberi e meno legati alla cronaca. La
storia diviene materia di canto e si alterna ai motivi dell'amore, degli affetti
domestici, del paesaggio maremmano (Il bove, Virgilio, Traversando
la maremma toscana, Davanti a San Guido, Pianto antico).
Napoleone Bonaparte imperatore
L'ultima parte delle Rime nuove
è occupata dalle rievocazioni storiche che ripropongono sogni di eroismo e di
gloria, ideali sani di vita attiva contro il presente degenerato (Il comune
rustico, Sui campi di Marengo). Gli ideali della rivoluzione
francese, conosciuta attraverso gli storici Michelet, Blanc, Thiers,
costituiscono la materia della serie di 12 sonetti intitolata Ça ira. La
rievocazione neoclassica, il senso della storia e le memorie storiche
raggiungono un'espressione più matura nelle Odi barbare.
La raccolta, che comprende
cinquantasei liriche composte tra il 1873 e il 1889, riprende le forme metriche
e i ritmi classici, asclepiadei. Carducci recupera gli antichi miti della poesia
greca, i valori della bellezza e dell'armonia contro il mondo contemporaneo.
Tra le liriche si ricordano quelle a
sfondo storico-politico (Alle fonti del Clitumno, Dinnanzi alle terme
di Caracalla); quelle risorgimentali (A Giuseppe Garibaldi, Scogli
di Quarto); quelle dominate dal duplice tema vita-morte, amore-morte (Su
l'Adda, Nevicata, Alla stazione in una mattina d'autunno).
L'ultima raccolta ha per titolo Rime
e Ritmi ed è costituita da 29 liriche scritte tra il 1887 e il 1898, nelle
quali prevalgono i temi intimisti e la voce del poeta che anela al riposo in
seno alla natura (Elegia del Monte Spluga, Mezzogiorno alpino, Presso
una Certosa).
La produzione universitaria
Agli anni dell'insegnamento
universitario si devono i cinque discorsi Dello svolgimento della letteratura
nazionale; le monografie storico-culturali La gioventù di Ludovico
Ariosto e la poesia latina in Ferrara, Sull'Aminta di Torquato Tasso,
i saggi sul Parini minore e il Parini maggiore, gli studi sulla
lirica del Settecento e il commento a Petrarca. Oltre ai discorsi celebrativi e
ufficiali, solenni e retorici come Per la morte di Giuseppe Garibaldi e Le
risorse di San Miniato, va ricordato l'Epistolario, vasta
rievocazione di memorie, paesaggi, vicende d'amore, come la passione per Lidia,
scritto in uno stile intriso di modi eruditi e toni familiari.
"Le
cucitrici di camicie rosse" di Borrani