La vita
Giacomo
Leopardi nacque a Recanati nelle Marche, il 29 giugno 1798 dal conte Monaldo
e da Adelaide dei marchesi Antici. Il padre, ligio al governo pontificio, era
uomo di una certa cultura, anche se di stampo antiquato, che la cattiva amministrazione
dei beni familiari aveva ridotto in condizioni di bisogno. Al risanamento del
patrimonio di famiglia provvide la madre di Giacomo, donna energica e capace.
L'infanzia e l'adolescenza del Leopardi
trascorse in questo ambiente, tra gli studi condotti sotto la guida di precettori
privati e i giochi con i fratelli maggiori. Tra il 1808 e il 1815 si dedicò
allo "studio matto e disperatissimo" che gli consentì di raggiungere
una notevole erudizione ma contribuì a fiaccargli il fisico, già gracile di
natura.
Nel 1817 Leopardi iniziò la
corrispondenza con Pietro Giordani al quale si legò con fraterna amicizia e
partecipò il suo stato d'animo sofferente. Quando nel 1819 il fallimento della
fuga da Recanati e dalla casa paterna, sventato dallo zio, fece cadere il poeta
in una profonda crisi depressiva, non valse neanche il viaggio a Roma, dove
soggiornò alcuni mesi, ad allontanare lo stordimento apatico. Nel 1825 si recò
a Milano per dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone, chiamato
dall'editore Stella.
L'amicizia con il Giordani lo portò durante il 1827 a
soggiornare a Firenze dove frequentò il gruppo dell'Antologia partecipando alle
riunioni del "Gabinetto Viesseux". Dal 1833 fino alla morte, avvenuta
il 14 giugno 1837, visse nella città di Napoli, ospite del giovane esule
napoletano Antonio Ranieri.
L'inizio dell'attività letteraria
di Leopardi risale agli anni 1815-1816, quando si attua la sua conversione
estetica, ossia quel passaggio da un uso strumentale e filologico dei testi a un
approfondimento delle opere sotto un profilo estetico. È il periodo delle
traduzioni dei classici e della prima attività di verseggiatore con l'elegia Il
primo amore, dedicata alla cugina della quale si era invaghito. Il poeta
narra il nascere del sentimento amoroso e analizza le sensazioni del proprio
animo nel giorno della partenza dell'amata.
Negli stessi anni, abbandonato il
pensiero cattolico per aderire a quello illuministico, Leopardi maturò un
duplice atteggiamento che lo spingeva al gusto per l'erudizione e all'approccio
con la filosofia della Natura. Da quelle riflessioni scaturì un pessimismo
esistenziale presente già nelle prime opere. Se la Storia dell'astronomia
(1813) mostra una fede entusiasta nei lumi della ragione, il Saggio sopra gli
errori popolari degli antichi rivela, accanto alla condanna di teorie
assurde, di superstizioni e di credenze del passato, il fascino che le vecchie
favole esercitano sul pensiero leopardiano.
Nel Discorso di un italiano
intorno alla poesia romantica (1818) Leopardi rifiuta il principio di
imitazione classicista e preannuncia gli esiti di una conversione letteraria,
politica, filosofica e religiosa.
Le canzoni
Al 1818 risale la composizione della
canzone All'Italia, ispirata da un sentimento della patria che tuttavia
sembra essere più il pretesto per uno sfogo personale che l'espressione di una
passione politica.
Nelle successive canzoni Sopra il
monumento di Dante (1818), Ad Angelo Mai (1819), A un vincitore
nel pallone, Nelle nozze della sorella Paolina (1821) Leopardi si
sofferma sul contrasto tra la grandezza del passato e il deplorevole presente
adducendo di volta in volta motivazioni differenti: il motivo
politico-patriottico nella seconda canzone, quello culturale nella terza,
l'esaltazione della gloria nella quarta. In particolar modo in Ad Angelo Mai
compaiono alcuni dei temi-miti principali della poesia leopardiana: il contrasto
tra Natura e ragione, passato e presente, sentimento e passione, tutto e nulla.
Tra il 1818 e il 1823 l'attività poetica ferve grazie agli esperimenti
letterari che portano alla redazione abbozzata degli Inni cristiani, di
due drammi teatrali, di un romanzo autobiografico.
Nel 1819 Leopardi compone l'Infinito,
lirica che apre la serie degli Idilli. Nella definizione del poeta la
parola idillio significa un componimento poetico di carattere molto intimo, una
sorta di riflessione e confessione personale in versi, quasi fosse un diario.
Gli Idilli sono distinti in due gruppi: "Piccoli" e
"Grandi". Pare però più convincente la distinzione in
"Primi" e "Secondi Idilli" che tiene conto solo della data
di composizione.
Al primo gruppo appartengono cinque
poesie scritte tra il 1819 e il 1821: l'Infinito, La sera del dì di
festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria. In esse
il poeta canta i miti a lui più cari abbandonandosi a uno sfogo lirico attuato
con l'impiego di versi endecasillabi modificati nella struttura ritmica, metrica
e sintattica. Lo spazio e il paesaggio della poesia leopardiana è sempre
familiare. Di fronte a questo spazio noto sta lo spazio cosmico, l'infinito, nel
quale il poeta si perde. Il passaggio da una realtà concreta all'assoluto,
un'esperienza che si avverte nell'Infinito, ritrae lo sbigottimento
dell'avventura spirituale di Leopardi di fronte all'immensità.
La stessa rievocazione sentimentale
ritorna in Alla luna, e soprattutto, ne La sera del dì di festa,
dove l'immagine della donna stanca per i divertimenti della giornata festiva
evoca la giovinezza e il sentimento d'amore, entrambi negati al poeta, escluso
dalle gioie della vita e vittima di un destino infelice.
Al secondo gruppo appartengono i
componimenti scritti tra il 1828 e il 1830: A Silvia, Le ricordanze,
La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto
notturno di un pastore errante dell'Asia. L'attenuarsi di certi accenti
tragici e delle accese passioni esistenziali si riflettono in queste liriche. In
A Silvia il poeta canta il tema della rimembranza, l'aspirazione a
un'impossibile felicità, la desolazione per la giovinezza perduta e per la
realtà che annulla ogni speranza. Anche Le ricordanze muovono dalla
stessa esigenza di ricerca del tempo perduto e consacrano negli endecasillabi
sciolti in cui sono composte la poetica leopardiana del ricordo.
I temi cari al poeta e il mito della
giovinezza si trasfigurano attraverso la memoria in simboli e immagini liriche. La
quiete dopo la tempesta sostituisce alla rievocazione del passato la
descrizione di un sentire presente e l'abbandono alla vita, avvertito come una
realtà positiva rispetto al passato affannoso. Il sabato del villaggio
è il canto dell'attesa e della speranza, destinata a essere delusa. Ne Il
passero solitario c'è il rifiuto di cogliere l'attimo fuggevole di pienezza
di vita per lasciarlo intatto e incontaminato nella sua purezza.
Poesia filosofica e sentimentale
La stagione recanatese dei grandi
idilli si chiude con il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia,
composto tra l'ottobre 1829 e l'aprile 1830. Leopardi non interviene
direttamente con il proprio io, come negli altri idilli, ma indossa vesti non
sue. Alle prospettive paesaggistiche di Recanati si sostituisce una natura
arida, priva di confini precisi.
Il pessimismo del poeta raggiunge
dimensioni cosmiche di fronte alla considerazione che il tempo umano, paragonato
al tempo infinito e all'eternità dell'universo, è fragile e caduco.
Questa filosofia negativa
dell'esistenza fu il risultato degli studi filosofici effettuati dal Leopardi
nel quinquennio tra il 1823 e il 1828. La sua indagine, nonostante gli sforzi di
sistematizzare le proprie idee nello Zibaldone, non mirava alla
costruzione di un sistema scientifico ma di un pensiero che avesse forti accenti
moralisti ed esistenziali.
L'indagine sui problemi
dell'esistenza umana e le domande assillanti che il suo animo travagliato si
poneva vengono risolte nella costruzione di miti che aiutano il poeta a superare
le difficoltà della vita: la felicità, la speranza, l'amore, la giovinezza, la
natura. Nell'affannosa ricerca della felicità, destinata a non esser raggiunta,
Leopardi individua il triste destino dell'uomo, sottomesso alla noia, al dolore,
alla fredda ragione che raramente concedono una tregua all'animo umano
consentendogli di assaporare per breve tempo la gioia.
Tutte quelle riflessioni si trovano
nello Zibaldone, una sorta di diario che il poeta incominciò a scrivere
fin dall'estate del 1817. Le ultime annotazioni risalgono al 1832. Oltre a
semplici schede di carattere linguistico e filologico ci sono molte pagine a
carattere strettamente personale. Molto interessanti risultano gli spunti sulle
illusioni, sull'infinito, sulla rimembranza che, come si è visto, rappresentano
i capitoli fondamentali del suo pensiero e della sua produzione lirica.
Nel 1824 Leopardi si dedicò alla
composizione di venti delle Operette morali, scrivendo le rimanenti
quattro nel 1832. I componimenti si presentano con una notevole varietà di
strutture che vanno dal racconto continuo al dialogo fra due o più personaggi,
alla mescolanza tra queste forme fino ad assumere l'aspetto di un breve romanzo
o di un'opera teatrale. All'interno si sviluppano immagini e figure diverse:
personaggi del mito e della storia, allegorici e quotidiani, viaggi, colloqui,
paesaggi. Anche la materia del racconto appare ricca e varia: da quella delle
origini del mondo e dell'umanità e della loro fine, a quella dei costumi
d'America, d'Asia e d'Europa, con l'antropofagia, il rogo, il suicidio.
La poesia delle Operette non
risiede in questa varietà di strutture bensì nella piena partecipazione del
poeta di fronte alla realtà dolorosa del destino dell'uomo e del mondo.
Già nel primo componimento, Storia
del genere umano, sorta di introduzione a tutta l'opera, il motivo
unificatore è rappresentato dal tema della felicità, attorno al quale ruotano
i rimanenti miti: l'illusione, l'amore, il rischio.
I viaggi di esplorazione nelle Americhe
Il desiderio di spazio infinito e di
tempo eterno quali condizioni della felicità si ritrovano anche nel Dialogo
di Cristoforo Colombo e Pietro Gutierrez attraverso il racconto della
navigazione nell'oceano sconosciuto. Un altro tema ricorrente nelle Operette
è quello della morte, sul quale si incentra il Cantico del gallo silvestre.
La morte diviene l'approdo a cui tende la vita dell'universo intero. Al tema
cosmico della morte si intreccia anche quello dell'universale infelicità.
Questa negazione della felicità
diviene così il principio al quale si ispira la vena poetica delle altre
operette: il Dialogo della Natura e un'Anima e soprattutto il Dialogo
della Natura e di un Islandese che rappresenta un'accusa contro la Natura
responsabile prima della miseria degli uomini e dei loro mali più radicati. In
questa sede Leopardi parla della felicità in termini nuovi. Essa non gli appare
più come il frutto di una privazione ma la conseguenza di quella ed effetto di
veri e propri mali. La natura appare come una tenebrosa divinità che non può
concedere la felicità all'uomo.
La vanità della speranza e il
dominio del dolore nel mondo ispirano così la poesia degli ultimi dialoghi: Dialogo
di un venditore d'almanacchi e di un passeggero e Dialogo di Tristano e
di un Amico.
L'ultima fase della lirica
leopardiana è caratterizzata dalla ricerca di un contatto con la vita e il
mondo. Il poeta supera la stessa poetica della "ricordanza" che aveva
svolto nei "Secondi Idilli". Nelle liriche d'amore (Il pensiero
dominante, Amore e morte, A se stesso, Aspasia) che
costituiscono il cosiddetto ciclo di Aspasia, composte tra il 1831 e il 1835
sotto la spinta della passione per Fanny Targioni Tozzetti, appare chiara questa
svolta. Il tema dell'amore si accompagna alle considerazioni sulla morte, unico
dono del fato, approdo ultimo del doloroso destino umano.
Sulla scia di questo pensiero
negativo si collocano anche i Paralipomeni della Batracomiomachia, feroce
satira degli atteggiamenti degli austriaci, dei pontifici e dei liberali durante
i moti di Napoli del 1820-1821. Lo stesso pessimismo caratterizza i 111 Pensieri,
ove si ritrova la sensazione di un tedio infinito.
Si giunge così agli ultimi testi
lirici della poesia leopardiana: La ginestra (1835) e Il tramonto
della luna (1836-1837). Nel paesaggio epico del Vesuvio che fa da sfondo
alla Ginestra, si riafferma la certezza dell'insignificanza del genere
umano e della condizione dell'uomo nei confronti di una natura matrigna. Ma la
lirica offre un messaggio di speranza che nasce da una nuova fede umanitaria del
poeta nella solidarietà, nella dignità umana.