La Famiglia


1Impressioni davanti al dipinto di Giuseppe Toma La famiglia, 1987, olio su tela, cm 80 x 60 Vidi per la prima volta le opere del pittore Giuseppe Toma un pomeriggio di giugno del 1999 a Venezia. Stavo procedendo a piedi verso la stazione ferroviaria, dopo aver visitato un'edizione particolarmente caotica e povera di contenuti della Biennale d'Arte, quando entrai casualmente nella Galleria San Vidal, presso il Ponte dell'Accademia. Lì fui intensamente attratto dalla surreale atmosfera e dalla ricchezza di poesia di un corpus di suoi dipinti. L'artista, presente alla mostra, spiegava con passionalità ai visitatori interessati l'origine dei suoi lavori e soprattutto il loro significato. Il quadro che colpì maggiormente la mia sensibilità si intitolava La famiglia. A distanza di otto anni, vorrei con questo breve scritto esprimere liberamente alcune personali considerazioni su quell'opera. Il dipinto si presenta inizialmente all'osservatore come un'immagine ben eseguita di un'insolita corte costituita da uno spazio scoperto circondato da tre strani edifici. Guardando con attenzione l'increspata superficie verde distesa sul terreno, ci si accorge ben presto che essa non rappresenta un praticello, bensì una tovaglia sulla quale è collocato un mezzo guscio di noce. Analizzando la tecnica con cui essa è realizzata, emerge l'interesse e l'ammirazione di Giuseppe Toma nei confronti dell'opera di Paul Cézanne, in modo particolare delle sue nature morte, nelle quali compare spesso un drappo ondulato al quale la tovaglia sembra richiamarsi. Se ora osserviamo le tre finestre dell'edificio a sinistra, esse ci suggeriscono una bocca abbellita con del rossetto e due occhi socchiusi posti uno sopra l'altro, di un volto inclinato verso destra; il tetto della casa richiama una capigliatura ed i due archi centrali un seno. Si può quindi dedurre che tale abitazione ha un carattere antropomorfico, tendenzialmente femminile. Anche l'edificio centrale, il più grande dei tre, delinea una persona, questa volta di sesso maschile, il cui viso è piegato verso sinistra, quasi alla ricerca di un contatto con la testa della donna. Il suo lungo braccio sinistro avvolge, quasi a proteggerlo, il terzo piccolo casolare che compare sulla destra, il quale mostra i tratti delicati del volto di un bambino che porta una mano alla bocca. Ora il mistero è risolto: quella che ci appare in un primo momento è una curiosa corte, ma successivamente scopriamo che le tre case non sono altro che una madre, un padre ed un figlioletto, quindi una famiglia, riuniti insieme attorno ad una tavola. Se nella semplificazione delle superfici, dei volumi e delle prospettive delle abitazioni Giuseppe Toma sembra ispirarsi ad Ottone Rosai, nel frequente utilizzo della struttura architettonica del portico, nelle tonalità digradanti del cielo e nella creazione di atmosfere metafisiche egli sembra invece guardare, forse inconsciamente, a Giorgio De Chirico. La sigla grafico-pittorica di Toma, tuttavia, per l'ilozoismo e l'antropomorfismo che caratterizzano le sue costruzioni, si rivela assolutamente precisa, inconfondibile ed originale. Un altro elemento che arricchisce ed impreziosisce questo dipinto è il messaggio che esso trasmette: in un'epoca in cui molte opere d'arte comunicano solo nichilismo, superficialità e vuoto interiore, ecco finalmente un quadro che esprime un valore, quello della famiglia, vista come luogo di serenità, dialogo, sicurezza e protezione nei confronti di un mondo esterno contraddistinto dall'imbarbarimento dei costumi e dalla decadenza delle norme morali (si vedano a tale proposito gli oli La violenza ci turba, Solitudine di vecchia, L'indifferenza, Kosovo-Violenza bellica, 1991-2001). È una famiglia moderna, non patriarcale, il cui fulcro non è l'uomo (non lasciamoci trarre in inganno dal fatto di vederlo rappresentato al centro della tela), bensì la donna: è infatti quest'ultima che la luce proveniente da destra va ad illuminare intensamente; ed è ancora la donna che stende quotidianamente quella tovaglia (che sembra aver origine e materializzarsi a partire dalla sua ascella sinistra), addossando su di sé il compito di impostare il ménage familiare (La luce viene dalle donne, recita il titolo di un'altra riuscita opera di Toma). In altri quadri, egli riesce poi a trasmettere, in modo spesso geniale, l'importanza di altri valori fondamentali per la società, quali l'amore, la solidarietà, la vita sana, la fede, la pace, l'amicizia, il rispetto, il dialogo, la giustizia ed il lavoro, favorendo in chi li osserva la riflessione, l'analisi interiore e lo spirito di rinnovamento morale. La grandezza di Giuseppe Toma sta allora nel suo saper coniugare ad una straordinaria abilità grafica e pittorica una ricchezza di concetti che lo rende unico nel panorama artistico contemporaneo italiano. Marco Carlotto, giugno 2007 75 giugno 2007

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