A.B.A.E.

Associazione Biologica Agricoltori elbani

Portoferraio – LI


 

 

L'agricoltura biologica non nasce oggi, ma è quella dei nostri avi.

E' l'unica forma di agricoltura controllata da leggi europee, nazionali e regionali.

Non si basa su autocertificazioni e autodichiarazioni bensì su un preciso e articolato sistema di controllo, uniforme per tutti i paesi dell'UE e affidato agli Organismi preposti.

Chi vuol fare agricoltura biologica deve innanzitutto scegliere l'organismo a cui affidare controllo e certificazione, dopo di che inviare la Notifica in Regione.

La scelta dell'Organismo è di fatto personale non vincolata da interessi, lobbies o gruppi poiché l'azienda deve prima di tutto valutare i servizi offerti e i costi in base alle reali esigenze aziendali.

Chi vuole fare agricoltura biologica deve avere o aver prima maturato un cambiamento interiore, scegliere di amare la natura e non il profitto economico o un marchio.

Deve essere quindi una scelta quasi "spirituale" di quello che si vuole fare della propria vita, per l'ambiente intero e per gli altri, cioè produrre alimenti sani.

Essere AGRICOLTORI BIOLOGICI significa essere di utilità sociale non solo per la comunità in cui operiamo, ma per l'ambiente in cui viviamo.

Piccole realtà come le aziende agricole elbane biologiche sono di fatto un notevole contributo alla tutela ambientale dell'Elba.

 

COME SI FA A DIVENTARE AGRICOLTORI BIOLOGICI

Una volta prescelto l'Organismo, questi procede ad una prima ispezione in azienda avvalendosi di agronomi e tecnici specializzati in materia.

Prende in esame tutta l'azienda, i suoi appezzamenti, controlla i documenti catastali (al fine di verificare la corrispondenza e vietare le coltivazioni "senza suolo" o altre situazioni poco chiare) nonché tutte le strutture aziendali.

Se l'azienda ad un primo sopralluogo e dopo il parere insindacabile espresso dalla Commissione risulta possedere i requisiti per il rispetto della normativa, viene annessa al sistema di controllo.

L'azienda percorre un periodo necessario e obbligatorio per "disintossicarsi" : da un minimo di 2 anni a un massimo di 3 o anche più per le coltivazioni perenni diverse dai prati.

Trascorso tale periodo i prodotti potranno essere commercializzati come "prodotti provenienti da agricoltura biologica".

L'organismo compierà annualmente ispezioni e controlli di routine ma anche a sorpresa prelevando campioni di prodotto o di terreno per accertare la qualità del prodotto biologico.

 

 

CHI SI PUO' FREGIARE DEL TITOLO DI AGRICOLTORE BIOLOGICO?

Unicamente chi ha ottenuto l'iscrizione all'albo regionale degli agricoltori biologici e ove l'azienda risulti controllata e certificata da uno dei 9 Organismi riconosciuti dal Miraaf (Ministero per le politiche agricole).

Chiunque si spacci per agricoltore biologico e non lo è o vende prodotti che non sono biologici perché non certificati e controllati rischia sanzioni amministrative e penali.

 

 

 

DIFFIDATE DELLE IMITAZIONI !!!!

 

La dizione esatta è "prodotto proveniente da agricoltura biologica" quindi "pomodoro da agricoltura biologica" e via dicendo anche se erroneamente e per semplificare diciamo "pomodoro biologico".

Non è quindi il "pomodoro" ad essere biologico bensì il mezzo e il procedimento necessario per poterlo ottenere.

Diffidare di altre terminologie come "ecologico", "naturale" o "nostrano": non sempre indicano prodotti biologici in quanto i prodotti biologici sono solo quelli che hanno la certificazione chiaramente espressa sull’etichetta!

E poi : "BIOPIZZA" "BIOCEREALE" "FRUTTABIO" "OASI ECOLOGICA" talvolta sono solo semplici nomi commerciali dati per convincere ad acquistare ciò che non è.

Quindi quando fate la spesa verificate che sulla confezione vi sia:

  1. la dizione obbligatoria di "….da agricoltura biologica";
  2. la sigla IT seguito dal codice dell'organismo prescelto (es: IT AIB; IT SS; IT BAC; IT IMC…), il codice dell'azienda (es: B 123); il numero di autorizzazione dei prodotti T (trasformati) F (freschi) Il risultato finale sarà IT BAC B123 T 00004
  3. la dicitura obbligatoria "organismo di controllo autorizzato con DM Miraaf N° …del… in applicazione del Reg. CEE 2092/91"

 

BIODIVERSITA' E BIOLOGICO

La raccolta di vegetali commestibili che crescono nelle aree naturali, nelle foreste, nelle aree agricole, salvo quanto già detto su controllo e certificazione di queste aree da parte di un Organismo è considerata produzione biologica sempre che:

  1. queste aree non abbiano subito trattamenti con prodotti diversi da quelli indicati nell'allegato II del Reg. CEE 2092/91 per un periodo di 3 anni precedenti la raccolta
  2. la raccolta non comprometta, sempre secondo il Regolamento comunitario, l'equilibrio dell'habitat naturale e la conservazione delle specie vegetali nella zona di raccolta. La L.R 56/00 prevede tuttavia che i divieti di estirpazione, danneggiamenti e raccolta di specie protette non operino per le "normali" (e quindi abituali) operazioni culturali dei terreni agricoli. In quest'ultimo caso tutto è rimandato al buon senso dell'agricoltore che può attuare procedure per non compromettere specie a rischio.

L'agricoltura biologica è quindi in perfetta simbiosi con la biodiversità l'una non può né deve escludere l'altra, tant'è che è quasi d'obbligo creare siepi, canneti per consentire a uccelli, insetti, farfalle di potervi nidificare.

La biodiversità non è solo ambientale ma anche agricola tutelata da apposite leggi regionali!

Coltivare specie arboree a rischio di estinzione (es. susina coscia di monaca, susina melaia, fico verdino, fico bruciotto, fico dotato, susino "ova di castrica", susina coscia di frate, melograno dente di cavallo, molograno centenaria e tantissime altre) o allevare animali di specie a rischio consentirà di conservare il germoplasma e tutelare razze che altrimenti andrebbero perdute.

L'A.B.A.E tra i suoi scopi prevede che i propri soci si adoperino per proteggere le specie autoctone locali da frutta o di ortaggi continuando e privilegiando la coltivazione "in situ" cioè in azienda.

Più difficile risulta l'allevamento di : ovini Massesi, capra garfagnina, pecora zaresca, mucca pisana, mucca pontremolese, mucca chianina, vacca maremmana, cinta senese, miccio amiatino.

Le razze da conservare e da preservare sarebbero moltissime forse non più impiegabili per i lavori di campagna dove sono facilmente sostituite dai macchinari, ma più per escursioni o vigilanza ambientale e come attrattiva turistica (parchi e riserve naturali); oltre ai cavalli potrebbero essere per esempio utilizzati i muli che per quanto siano incroci tra un asina e un cavallo sono pressochè "scomparsi" dalle nostre campagne.

 

 

 


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