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di Chiara
Ciranda
Non disabili, ma intossicati da sostanze che
il loro corpo non riesce a espellere. Mentre la medicina
tradizionale continua a trattare i bambini autistici con farmaci e
sedute di psicoterapia - con risultati che non smentiscono il
carattere cronico della sindrome - c'è un'altra medicina che
studia, analizza, cura e in molti casi porta alla guarigione
migliaia di piccoli pazienti. Un vero e proprio movimento,
costituito da genitori, medici e ricercatori – come ha
documentato un servizio
andato in onda il 24 aprile su ‘Report’ (il programma di Rai
tre condotto da Milena Gabanelli) - che da anni portano avanti una
battaglia più che personale. Chiedono di essere ascoltati,
sostenuti, accompagnati dalle istituzioni lungo una strada che
oggi - cartelle cliniche alla mano - promette una via d'uscita,
l'approccio biomedico.
Messo a punto negli Stati Uniti da Bernard
Rimland, psicologo oltre che papà di un bambino autistico (erano
gli anni '60 quando nel suo libro Autismo infantile ipotizzò che
la malattia potesse essere imputabile a cause diverse da quelle
prettamente genetiche) questo approccio parte dal presupposto che
l'autismo sia la manifestazione, l'evidenza ultima di disfunzioni
del sistema nervoso, immunitario o digestivo che si presentano in
individui particolarmente suscettibili a fattori di carattere
fisiologico o ambientale: "deficienze nutrizionali, ad
esempio - spiega Franco Verzella, responsabile per l'Italia del
progetto 'Defeat autism now' (‘Dan!’) lanciato nel ’95
dall’Autism research institute -, ma anche disfunzioni
intestinali, infezioni virali, intolleranze alimentari e
intossicazioni da metalli pesanti, come ad esempio il mercurio o
l'alluminio. Problematiche - aggiunge Verzella - che evidentemente
devono essere affrontate da un punto di vista medico, dopo
un'attenta analisi delle caratteristiche biochimiche del bambino,
e non esclusivamente con psicofarmaci, antiepilettici e
trattamenti psicomotori come fa la scienza medica ufficiale".
Un trattamento, dunque, che mira a studiare
l'individualità biochimica del paziente e a ricostruirla nella
sua integrità. "E' come se l'inquinamento ambientale stesse
determinando una sorta di selezione biologica", spiega ancora
il medico. "Questi bambini nascono con degli scompensi che
possono essere trattati uno per uno, sulla base di opportuni test,
per fortificare il sistema immunitario e ripristinare i
metabolismi alterati". Tra gli imputati anche il mercurio:
tutt'oggi presente come conservante in molti dei vaccini che si
somministrano nei primissimi anni di vita e persino
nell’amalgama dentale (quella miscela di metalli che viene
comunemente usata per le otturazioni), in caso di insufficiente
capacità di detossificazione resta 'intrappolato'
nell'organismo dei piccoli "che restano come drogati",
semplifica Verzella. "Questo dovrebbe essere ciò che la
gente chiama 'sintomi autistici' ", gli fa eco, sul sito ‘www.genitoricontroautismo.org’,
Bernard Rimland in persona. Sintomi che, in realtà, potrebbero
essere meglio definiti 'di avvelenamento da mercurio'.
Che l'esposizione ai metalli pesanti possa essere
positivamente correlata con i disturbi dello spettro
autistico non lo esclude neanche la medicina ufficiale. "Per
il resto - spiega il dottor Francesco Montecchi, responsabile
dell'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale
pediatrico Bambino Gesù di Roma - non possiamo riconoscere e
avallare una metodologia terapeutica che fino a oggi non gode di
alcun riscontro scientifico né di evidenza clinica. L’autismo
– aggiunge il medico – non deriva da un’unica
patologia, ma da una miriade di patologie con cause diverse. Non a
caso, si parla più correttamente di ‘disturbi dello spettro
autistico' che, come tali, richiedono un ventaglio di trattamenti:
da quello comportamentale a quello riabilitativo a quello più
prettamente farmacologico. Ciò che più mi preoccupa – continua Montecchi
– è l’eventualità che i genitori che scelgono di seguire
questo nuovo tipo di cure possano incautamente sottovalutare
l’importanza degli interventi più tradizionali e perdere così
di vista i validi supporti terapeutici di cui attualmente la
medicina dispone. Per quanto mi riguarda, seguo con molto
interesse questi studi, anche se ritengo che un funzionamento
alterato difficilmente possa essere recuperato del tutto, al punto
tale da ‘cancellare’ la disabilità. Ai genitori che
raccontano che loro figlio è guarito – conclude il medico -
direi che sono felice. Al tempo stesso, però, chiederei di
fornirmi tutti i riscontri scientifici e le evidenze cliniche del
caso”.
Termini medici - perché ormai è diventata
una specialista anche lei - e una grinta carica di affetto che
rende tutto più semplice e straordinariamente chiaro. Così O.T.
- zia di un bambino vicinissimo alla guarigione nonché
responsabile del sito ‘www.genitoricontroautismo.org’
(punto di riferimento per il movimento ‘Dan!’ insieme al sito
‘www.iodellasalute.it’)
- racconta a Superabile il viaggio alla volta degli Stati Uniti,
le cure, l’incontro, un anno fa, con il dottor Verzella e gli
straordinari progressi del nipotino. "L'autismo gli è stato
diagnosticato a tre anni dai medici dell'ospedale
neuropsichiatrico di Pisa. Oggi ne ha sette, frequenta la seconda
elementare e tra compagni di scuola è praticamente
indistinguibile. Gioca, parla, fa i compiti, cresce come i suoi
coetanei. Era ammalato nel fisico - ribadisce la donna - non
disabile o psicotico: le sue analisi rivelavano alcune anormalità
biochimiche, tra cui una grossa carenza di zinco e di vitamina B6,
che stiamo trattando con integratori specifici. I risultati sono
straordinari: sarebbe ora che si prendesse atto di queste cure,
anche sostenendo le famiglie, che si trovano a dover spendere tra
i 10 ai 40 mila euro l’anno, con dei rimborsi".
Fa appena un accenno, O.T. - mentre chiede di
restare anonima per il bene del nipotino (nessuno in paese conosce
la diagnosi iniziale) - all'indifferenza delle istituzioni
riguardo a questo nuovo metodo di cura. "Noi siamo troppo
impegnati a seguire i nostri bambini e a trovare in fretta la
strada migliore per garantire loro un futuro sereno. Ogni giorno
può essere prezioso, e poi, chi sa dirmi come dovremmo muoverci
per farci sentire? Il sito che curo quotidianamente - prosegue la
donna - è oggi un punto di riferimento per circa 1.200 famiglie.
Ci scambiamo informazioni, materiale utile, condividiamo i
progressi fatti dai bambini. Con dedizione, pazienza e tanto
ottimismo".
Intanto qualche altro medico italiano ha
iniziato a mostrare interesse nei confronti di questa nuova
terapia ma, ufficialmente, nessun centro di ricerca. In America,
invece, secondo quanto documentato da 'Report', sono cinque le
università che stanno portando avanti degli studi e centinaia i
bambini già in cura – gratuitamente fino ai 3 anni - grazie
alla tenacia di medici indipendenti, ricercatori e genitori.
"Quanto all'Italia - conclude il dottor Verzella - ho potuto
contare su una grande adesione da parte dei genitori o di medici
particolarmente sensibili per via di un familiare autistico. E'
capitato che neuropsichiatri di strutture pubbliche mi abbiano
sottoposto i loro pazienti, e questo è significativo, ma nulla di
più. Finora nessuna risposta, intendo dire, da parte del ministro
per le Pari opportunità, dei ministeri dell'Istruzione e della
Salute – conclude il medico - cui, naturalmente, abbiamo
sottoposto le ricerche e il protocollo ‘Dan!’, i risultati
raggiunti e ogni documentazione utile".
(9 maggio 2005)
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