La “stele” del Lara

 

 

Vi propongo un testo a confronto, rispettivamente in Italiano e in Lara affinchè vi possiate “allenare” con la lingua durante o dopo l’apprendimento della grammatica, soprattutto per meglio comprendere la costruzione delle frasi che ha certamente bisogno di qualche esercizio.

Noterete subito quanto sia più stretta la colonna del testo Lara rispetto all’italiano poiché l’estrema brevità dei termini e la maggiore sintesi che la lingua permette riducono notevolmente lo spazio necessario alla sua trascrizione.

Scorrendo i due siti dedicati alla lingua e alla civiltà fantastica ad essa correlata conoscerete e sarete in grado di comprendere l’evoluzione che ha subìto e le aspirazioni di carattere culturale che vorrei realizzare e che sono possibili solamente con il contributo di soci che desiderino partecipare. Il progetto è ampio e riguarda tutti i settori della cultura in genere, dalla filosofia alla storia all’arte.

Di seguito viene riportata l’introduzione al manoscritto del Lara Classico, che potete trovare anche nel sito relativo, e che in questo caso serve da esercizio con la traduzione in Lara a fianco.

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In una tiepida notte d’estate del 1991 mi trovavo in un villaggio di pescatori in Grecia.

Affascinato dal luogo mi misi a girare per il paese mentre tutti dormivano, finché trovai sulla mia strada un vecchietto seduto davanti all’uscio della sua casa, con la pipa accesa. Provai a butter là qualche parola di greco moderno che ricordavo di aver letto sul mio mini-vocabolario turistico. L’anziano pescatore rise e in un inglese certamente migliore del mio greco mi invitò a trattenermi un poco con lui e mi offrì del tabacco.

Fu una notte indimenticabile e l’incredibile scoperta che feci mi ha portato a scrivere questo piccolo libretto.

Kostantinos (è il nome del vecchio pescatore) mi fece entrare in casa dove viveva solo. Salimmo in una specie di soffitta e mi mostrò una cassetta in cui custodiva delle pergamene che dall’aspetto dovevano essere molto vecchie, persino antiche. Riferendosi poi al modo in cui ci eravamo presentati mi fece un lungo discorso sulla stupidità e sulla assurda complicatezza delle migliaia di lingue che esistono al mondo. Fummo entrambi d’accordo sul fatto che esse facevano parte della storia dell’umanità e che i popoli sono diversi fra di loro. Personalmente aggiunsi che c’erano stati fin troppi tentativi di creare lingue artificiali internazionali e che tutti erano falliti.

A quel punto il pescatore dal volto coperto di rughe mi diede in mano quelle pergamene ed annuì prendendo una boccata dalla pipa.

Quei fogli erano pieni di disegni con strane mappe, scene di vita di un popolo sconosciuto e i ritratti di tre uomini. C’era poi un testo fittissimo di parole scritte con un alfabeto sconosciuto.

Il vecchio sorrise alla mia meraviglia e mi spiegò di cosa si trattava.

Su quelle carte, che appartennero agli avi di Kostantinos e furono tramandate di padre in figlio, era riportato un vero e proprio “corso” di lingua di circa 2400 anni fa, forse usato come grammatica scolastica. Esso rappresenta l’unica testimonianza che ci resta di un antichissimo popolo cresciuto in un punto imprecisabile del Mediterraneo orientale, su qualche isola apparentemente scomparsa in breve tempo nelle profondità del mare. Doveva contare non più di 50.000 individui all’epoca di Filippo II di Macedonia e sembra che persino il loro ricordo sprofondò assieme all’isola. La cosa incredibile è che quel popolo restò sempre isolato dal resto del mondo, ma raggiunse una sorprendente qualità di vita e contava tra i suoi componenti numerosi elementi dotati di grande intelligenza e spiccata ingegnosità. Le antiche pergamene raccontano che alla base di questo fenomeno stava un modo di ragionare e comunicare maturato grazie alla lingua che si usava nei villaggi. Una lingua che non esisteva in nessun altro luogo del mondo, perché era stata inventata !

I tre ritratti, continuò a dirmi il pescatore, raffiguravano i creatori della lingua: nonno, padre e figlio, i quali, rispettivamente, la inventarono, la svilupparono e la perfezionarono riuscendo a farla adottare al loro popolo. Pur così piccolo esso, infatti, in origine parlava un intreccio di dialetti di più lingue.

Il testo era stato scritto in tre epoche successive e riunito dall’ultimo dei tre artefici, il “figlio”.

Il vecchietto era riuscito nella straordinaria impresa di tradurlo per intero perché, mi diceva, le lingue nel mondo sono troppe, piene di parole impronunciabili, regole, eccezioni, che non permettono una libera, serena e corrispondente espressione dei pensieri. Questa lingua invece, con una grammatica semplicissima, poche regole e quasi nessuna eccezione, lo aveva affascinato e travolto, ma soprattutto, come era nell’intento dei tre artefici che la definivano come “teg’aledi pru” (trad. “la lingua proveniente dalla natura”), gli permetteva di esercitare la mente e la memoria, come fosse matematica, logica pura. E in effetti per la sua età, devo dire, il greco non sembrava proprio che perdesse colpi!

Mi regalò la sua traduzione inglese con una fedele riproduzione dei disegni e mi disse di provare a conoscere il LARA, poiché è questo il nome della lingua e del suo antico popolo (acronimo che deriva da lâ e râ = “acqua” e “fuoco”).

La imparai e compresi il significato di questa lingua e della filosofia che si sviluppò insieme ad essa: il cosiddetto Praùmi, di cui si parlerà ampiamente. Il LARA non vuol essere una potenziale lingua internazionale, anzi tutt’altro se consideriamo quanto fosse importante secondo il pensiero di quell’antico popolo che essa conservasse le caratteristiche di purezza e di strumento di comunicazione personale fra i soli indigeni. E’ una lingua per coloro che amano la semplicità, la naturalezza, l’essenza delle cose e vogliono sviluppare la propria mente, ma che sono anche appassionati el mistero, a ciò che è segreto, nascosto e va scoperto.

E’ con orgoglio quindi e con eterno ringraziamento el vecchio pescatore greco che presento la mia traduzione in italiano del “corso” di lingua LARA scritto di pugno dai suoi tre inventori, con alcuni paragrafi riguardanti storia e cultura del loro popolo e, in appendice,  alcuni dei testi più importanti.

An o enke flepa sepi, kigi du Itali i du Lari gai ma’ “kiste” su tega pai’n ixi potokan veka, oldi vu gimi nete talla nu vyedas ki ski dake ani drua.

A vuye zai maki mui nui huta nu Lari flepa gu Itali, tega su labe banai miva nu blas i muyi mippa ki vuyi munye smâ daki vu ye frea.

Su file ji Web-upas guvi vu tega i meri hapa sintun suné a luter i ganer nete briba e yunton i hušas nu meti nula o gir ige i masi pli su kimpa nu kentas ka gome sime. Dika svai i hens’emi metan dyali sta, yu lumba tu kepa tu veba.

Du hela lukapo pulla nu Lyolin Lara kirfla, a ma’nin’ei du myani Web-upa, i sai ade gu drua su Lara bifr’api.

 

 

 

 

 

 

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Du hufli hafan mala nu 1991 o ga ninen du kurla nu huldas du Greka.

Su šalavon y’upa o anden bole lu kura ema su plane, tis ga ninen lu yu fela grumili katun fu gin mega gema, su sayi nuga. O enen ke ani bla du syopi Greki o taytel trun ku yo dalni kempala. Grumi hulda yelen i du ski gimi Breti gu yo Greki rufen no ga tiše loi suné i numen on fruna.

Mityesasi mala i mitosi hama o pen kapen no fre s’ili fulala.

Kostantinos (grumin huld’aka) ebapen no du mega e samel pli. Oy oyen ku okan taba in e kanyen on sdega dukì nifel pergas ki ski bai grumi yu mida, bis gruvi. Ixi su bleye gâ gu oy ga timen e pen vri qara hensi mikopa i beli hurka nu pikis tegas ki du rava. Jidi suni ey sta penan kepa i foras mani hugà. Udi o moyen mun ei bani enas vu kaje fami mipri tegas in emi ataten.

Igi hulda su papa svali su fedas ven on du kira ti pergas i giwen su hupe yu nuga.

Ti blatas tui su frevas su meki zelas, saman meryas nu miluti fora i din peas pafas. Ixi flepa bagremi su blas frun su miluti alfava.

Grumi yalen yu yo naka i kunen on ki flegul.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ku ti faras, ki stomen tu grudis nu Kostantinos i svyekon u mapas tu ipas, lukapol drimi tegan “loha” mini su 2400 milas melun, mimi kadun gu mitri potoka. E dyume bli skesa ki ons lone nu bagruvi fora somun du mistâsi ina nu fagi Talari, ku ani plega mehi mimyun du mivi pa du talan duna. Mimi e pigel mi mui gu 50.000 paras du pa nu Makedonyan Filipa II i vame bis yen tayta dunen sui plega. Mitosi ti fora bari lonen plei u ravan lona, ni yaten nami saman yama i pigel hu gi suntekas piddi putas ka del mami eka i vuyi sduka. Gruvi pergas blake doka sin melya gâ nu ekye i vyele sommun vru tega kadun du kurlas. Tega ki mi du miti ravan upa, vidi kopon!

Di pafas, hulda luden on ke, meel tegan kajidas: grupa, mapa in ipa, ka kigi kopen, gromen i snaben su gane klagape yu gi fora.

Eki enai es’ili e byali blel šosi trugas nu mani tegas.

Flepa fron lu di heli pas i suten yu mepi nu di kajidas, “ipa”.

Grumili ganen mizzi marka bifre ne dai vidi, kel on, ravan tegas bani, tui su migyenasi blas, pottas, nimidas, ki mi labe himi, mob’i semmi kyuka nu tias. Adi si tega su baefi potoka, loi pottas i foi mi nimidas, šalaven i wammen ne, ni oldi, gu du guba nu di kajidas k’aykel gu “teg’aledi pru(bifr. tega ki ale yu pra”), label en drue hipa i dada, gu pidupa, byi tipa.

I sinsi su ye milas, ako ke, Greki vamel deni mi loi kalyi!

Tyen on gi Breti bifra su yoti lukapa nu frevas i ken on ene lute LARA, sa tegan aka i nu gi gruvi fora (talla ki ale yu “lâ” i “râ”).

O veken ne i neten sin tega geka i lumban ki ga gromen sui: esni Praùmi, nukì svai blor. LARA mi ge ga fami tega, teti daymi ai plevo maki vizi vyu tia nu ti gruvi fora e age hesas byan i rokan nu udi vyela hu pli upakas. Tega vu kas lub’efa, prapa, myuma nu bas i ge grome gi hipa, ni ei traun tu foha, tu ki om’in ako hame.

Imi su vawva i malli vuba vu grumi Greki hulda o time yo bifra du Itali “lohan” nu LARA tega frun u kira nu ye di kajidas, su ani sta hensi kepa i meta nu yen fora i, du luvya, ani mu vizi flepas.

 

 

 

 

 

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