1) PREMESSA
Le notizie diffuse su un problema essenziale
come quello del rifornimento idrico in generale e specificamente
su quello idropotabile si riferiscono sempre più spesso
alla crisi incombente che lo porterà in primo piano per
la sua gravità. Si invocano provvedimenti i più
disparati come il risparmio del prezioso elemento, rifare le reti
acquedottistiche al fine di ridurre le enormi perdite occulte
che vi si riscontrano ma, ad avviso di chi scrive, si omette di
spiegare con sufficiente chiarezza come la gran parte degli acquedotti
italiani siano, nella realtà, affetti da mali che si vuole
ignorare e che pertanto diventano impossibili da curare ed infine
come molti di essi siano, con piena coscienza dei responsabili,
concepiti con sistemi antiquati fonte di gravi inconvenienti.
Sono queste anomalie che formano l'oggetto della presente nota.
Alcune di esse sono meglio documentate negli articoli specifici
del sito http://altratecnica.3000.it
, ma fornirne qui un elenco che le raggruppa tutte assieme è
comunque utile per disegnare un quadro sintetico ma realistico
della situazione attuale.
2) DIFETTI SOSTANZIALI MOLTO DIFFUSI
La prima deficienza degli acquedotti
italiani da menzionare è la endemica scarsità di
apparecchiature di misura e controllo che li affligge in maniera
inammissibile nonostante che, a tale riguardo, esistano precise
disposizioni di legge. Moltissimi acquedotti sono privi dei più
elementari mezzi di controllo delle portate e pressioni in gioco
e, quando anche presenti, tali mezzi sono per lo più affetti
da irregolarità dovute alla mancata manutenzione. Non è
infatti raro imbattersi in strumenti che, funzionando da decenni
senza essere mai stati assoggettati alle indispensabili operazioni
di controllo e taratura, forniscono false informazione sui dati
di esercizio reale così come esistono enti gestori che,
per effettuare le determinazioni e le denuncie di legge, utilizzano
dati estremamente aleatori come ad esempio la portata teorica
di una pompa o quella, ancora più aleatoria, di un pozzo
che da anni non vengono più sottoposti a verifiche di portata.
Anche i contatori delle utenze private dopo una decina di anni
dalla loro installazione non possono garantire dei buoni risultati
e denunciano una inerzia iniziale che porta a trascurare tutti
i piccoli prelievi. In conclusione sussiste molta incertezza sull'entità
dei volumi d'acqua che il gestore consegna agli utenti nel periodo
di fatturazione, ed in quelle immesse in rete sia totali periodo
per periodo sia istantaneamente minuto per minuto: ne derivano
inevitabili errori in tutte le determinazioni tecniche ed economiche
di gestione degli impianti ed altresì nei dati diffusi
dai giornali o in quelli posti in discussione da tecnici ed autorità.
Da questo disastrato stato di fatto deriva un danno ancora più
grave e cioè la mancata determinazione, da parte di molti
servizi acquedottistici, delle perdite d'acqua reali del sistema
e quindi una gestione alla cieca degli impianti oppure, soluzione
ancora più grave, un esercizio basato su dati fasulli che
possono portare alla assunzione di decisioni importanti ma di
nessun risultato pratico quando non siano addirittura dannose.
Passando ad un elemento importante come quello del controllo della
pressione, non ci si rende conto quanto sia utile tenerla sotto
controllo non solo nel punto iniziale della rete di distribuzione,
come si usa fare nella migliore delle ipotesi, ma anche in tutti
gli altri punti caratteristici della rete e delle condotte di
adduzione! Opportuno quì ribadire il principio ben noto
che attribuisce agli eccessi di pressione molti dei mali degli
acquedotti, primi tra tutti le enormi perdite occulte accusate
dalla gran parte degli acquedotti italiani.
Altre misure importanti sono quelle di controllo della qualità
dell'acqua che non è sufficiente vengano effettuate solo
in uscita dagli impianti di produzione ma invece devono essere
diffuse in rete in modo da consentire il controllo di qualità
continuativo in tutti i punti caratteristici del territorio servito
.
La presenza delle apparecchiature sinteticamente descritte riporta
la discussione su un altro tema importante e cioè sugli
impianti di telecontrollo e telecomando centralizzati che ne costituiscono
un utilissimo complemento. Molti acquedotti ne sono assolutamente
privi, altri hanno impianti rudimentali che eseguono solo qualcuna
delle funzioni che vi sono predisposte. Il fatto più eclatante
è la assoluta mancanza, nella quasi totalità degli
acquedotti, dell'uso vero delle apparecchiature in oggetto. Non
si è capito che l'avvento dei moderni sistemi con possibilità
di ricevere in tempo reale i dati reali di funzionamento dell'intero
servizio idrico a partire dalle fonti per arrivare, passando per
tutte le apparecchiature intermedie, fino all'ultimo utente, ed
al tempo stesso di prendere in automatico le decisioni più
appropriate, consente di concepire reti acquedottistiche diverse
da quelle tradizionali. Nulla di tutto questo: si sono automatizzate
le stesse operazioni che un tempo erano compiute manualmente ma
lo schema di funzionamento degli impianti è lo stesso di
50 anni fa con volontaria rinuncia degli enormi benefici di cui
si è detto e che la moderna tecnologia offre.
Un'altro gravissimo inconveniente che interessa tutta l'area italiana
è la mancanza di una tutela vera dall'inquinamento delle
falde che si sarebbe per tempo dovuta attuare intervenendo efficacemente,
come prescrive la legge, in tutte le aree di protezione. Ne è
derivata la necessità di sostanziali modifiche nelle varie
captazioni con abbandono di falde ottime ed abbondanti per privilegiarne
altre più sicure dal punto di vista sanitario ma di qualità
e portata nettamente inferiori. Tipico esempio nel veneto la falda
artesiana di una cinquantina di metri di profondità. Forniva
enormi portate di ottima acqua fresca e la si è dovuta
abbandonare sostituendola con prelievi a 300 e più metri
di profondità di acqua peggiore e non altrettanto costante
come portata.
3) LE ANOMALIE SPECIFICHE
La breve e senz'altro incompleta panoramica
dei difetti più comuni degli acquedotti italiani inizia
dalle fonti e particolarmente dai pozzi artesiani. In questo campo
si sono commesse irregolarità di ogni tipo. Quelle più
rilevanti sono la quasi totale mancanza di dati reali delle falde
sia prima della costruzione sia successivamente durante il suo
sfruttamento. Le conseguenze sono incredibili: pozzi che prelevano
portate superiori alla disponibilità della falda con conseguenze
gravi che in certi casi sono arrivate ai cedimenti del suolo.
Pozzi che, per aumentare la portata emunta, pescano contemporaneamente
da più falde aventi caratteristiche diversificate sia come
qualità dell'acqua sia in fatto di pressione: a causa del
collegamento diretto ha luogo il travaso dell'acqua dall'una all'altra
falda con danni gravissimi. In altri casi si attua una continua
opera di potenziamento ottenuta con tutti i mezzi possibili e
cioè con aumento del pompaggio o del numero dei pozzi in
funzione, potenziamento reso necessario dal continuo peggioramento
della falda e dalla necessità di mantenere la portata in
concessione. Si entra in un inarrestabile circolo chiuso che porta
inevitabilmente alla crisi.
Una volta captata l'acqua è, di norma, immessa nei serbatoi
di compensazione delle portate aventi cioè la funzione
di accumulare l'acqua in esubero rispetto al fabbisogno per renderla
disponibile durante i consumi di punta. Anche questa azione è
generalmente scorretta. La stragrande maggioranza dei serbatoi
sono regolati in funzione del livello di massimo invaso, raggiunto
il quale la produzione viene sospesa o diminuita per essere ripresa
quando il livello decresce. Si tratta di una regolazione trogloditica
vista con favore dai gestori i quali ritengono che i serbatoi
sempre pieni rappresentino una grande sicurezza di esercizio.
Non si è invece capito che un funzionamento del genere,
adottato nella stragrande maggioranza dei casi, annulla i benefici
della funzione propria degli invasi per la gran parte delle giornate
annue in quanto il serbatoio si svuota, collaborando efficacemente
a migliorare il servizio, soltanto nei giorni di forti consumi,
mentre in tutti gli altri casi, che sono la maggioranza, il serbatoio
è sempre pieno e le fonti sono costrette a modulare la
portata seguendo pedissequamente le richieste istantanee dell'utenza
il che è come dire produzioni nulle la notte e massime
nelle ore di punta. Al contrario una razionale utilizzazione delle
capacità di invaso dei serbatoi consentirebbe di capovolgere
tale stato di fatto mediando la produzione o, addirittura maggiorando
la produzione notturna rispetto quella giornaliera con vantaggi
per lo sfruttamento delle fonti e per il minor costo dell'energia
elettrica notturna quando necessaria per l'emungimento.
Volendo parlare del trasporto dell'acqua dalle fonti al serbatoio
di accumulo, che molto spesso è ubicato molto lontano,
bisogna distinguere tre sistemi : a gravità quando le fonti
si trovano a quote superiori della rete di distribuzione, a sollevamento
meccanico nel caso contrario e misto gravità-sollevamento
quando il dislivello è modesto ed è necessaria l'integrazione
saltuaria delle pompe.
Le anomalie più notevoli si riscontrano nelle metodologie
di pompaggio. Il problema da risolvere è dato dal fatto
che la portata da sollevare non è costante ma varia in
funzione delle richieste dell'utenza. In tali casi il sistema
più diffuso di modulazione è quello già citato
basato sull'azione del galleggiante presente nel serbatoio di
arrivo che ferma la pompa a serbatoio pieno e la rimette in moto
quando il livello comincia a calare. Un altro sistema più
sofisticato di recente adottato è l'uso di pompe a velocità
variabile che sono in grado di modulare la portata in funzione
del livello del serbatoio di arrivo: la portata è massima
a serbatoio vuoto per diminuire ai livelli alti dell'invaso. Ambedue
i sistemi sarebbero da bandire perché, come già
detto, riducono enormemente la funzionalità del serbatoio
per seguire direttamente con la produzione la portata richiesta
dall'utenza. Un funzionamento ottimale sarebbe invece quello,
raccomandato dalla letteratura tecnica ma mai messo in pratica,
che solleva 24 ore su 24 una portata costante e pari alla media
giornaliera. Sono evidenti i vantaggi: sfruttamento continuo a
portata più bassa e quindi ottimale delle fonti e minima
perdita di carico delle condotte e quindi economia energetica
di pompaggio.
Un metodo ancora migliore, a giudizio di chi scrive, sarebbe quello
che, tutte le volte che le condizioni del momento lo consentono,
pompasse di più alla notte che al giorno il che è
attuabile con una diversa regolazione del serbatoio come ad esempio
quella a livelli imposti ora per ora.
I difetti citati si accentuano nel terzo sistema di adduzione
cioè in quello misto gravità/sollevamento meccanico.
In questo caso si fa intervenire la pompa tutte le volte che la
sola adduzione a gravità non ce la fa a coprire il fabbisogno
e cioè quando ha luogo il calo del livello del serbatoio
al di sotto di un determinato punto di guardia. Con i normali
comandi a galleggiante che, come detto limitano la funzionalità
del serbatoio tendendo sempre a mantenerlo pieno, si constata
come anche nei giorni di bassi consumi per i quali sarebbe più
che sufficiente la portata addotta a gravità, ha luogo
ugualmente l'intervento giornaliero delle pompe in quanto esse
tendono, come già spiegato, a mantenere il serbatoio pieno,
mentre durante la notte l'acqua in arrivo a gravità è
costretta a sfiorare.
Passiamo ora a discutere dell'elemento base degli acquedotti nel
quale si riscontrano le anomalie più eclatanti: la rete
di distribuzione. Si può affermare senza tema di smentita
che in tutte le nostre case di abitazione, se servite direttamente
dall'acquedotto senza interposizione di apparecchiature di regolazione
individuale, si registra un fenomeno assurdo: di notte quando
l'uso dell'acqua è limitatissimo si ha una pressione inutilmente
elevata e di giorno, soprattutto nel momento di maggior bisogno,
la pressione di consegna cala. Questo fenomeno, dovuto alla diffusissima
ed errata consuetudine di porre in testa alla rete il serbatoio
di carico, è causa di gravi mali, primo tra tutti un vertiginoso
aumento notturno delle perdite occulte. Esempio classico di una
concezione sbagliata delle reti di distribuzione è la presenza
dei serbatoi pensili che dominano il panorama delle pianure italiane:
opere costose, brutte, ingombranti, di scarsa utilità pratica
e fonte, spesso, delle citate anomalie di esercizio. Molti di
essi sono fuori servizio da anni, altri devono essere abbattuti.

I provvedimenti, nella realtà
poco adottati, consistono prima di tutto nel funzionamento a pressione
variabile della rete con asservimento alle pressioni rilevate
in tempo reale nei punti strategici ed in secondo luogo nella
regolazione della pressione della rete con valvole di modulazione
anch'esse asservite alla pressione effettiva. Si tratta di metodi
di sicuro successo ma poco citati dalle letteratura tecnica e
poco usati dai gestori.
Un'ultima anomalia: l'improprio impiego delle pompe a velocità
variabile. La caratteristica precipua di dette macchine è
quella di poter variare sia la portata sia la pressione di pompaggio
in funzione delle necessità contingenti. Esse quindi si
prestano ottimamente nel caso sia necessario che ad un aumento
della portata sollevata corrisponda anche un aumento della pressione
di pompaggio. Caso tipico quello dell'alimentazione di una condotta
molto lunga la quale ad ogni aumento di portata richiede anche
una maggior pressione. Ma non sempre è così. Ad
esempio nel caso di sollevamento dell'acqua da un serbatoio ad
un altro posto immediatamente sopra, si ha una prevalenza di sollevamento
pressoché costante anche al variare della portata ed in
questo caso adottare le pompe a velocità variabile, come
spesso si usa fare per la facilità di modulazione della
portata innalzata, è un errore! Molto meglio, in questi
casi caratterizzati da prevalenza costante, usare pompe tradizionali
a giri fissi meno costose e di migliore rendimento.
4) CONCLUSIONI
Si è fatta una breve disamina di alcuni dei gravi difetti di costituzione e di gestione presenti negli acquedotti italiani e dovuti ad un tempo alla tecnica troppo tradizionalista dei progettisti e dei gestori, ed inoltre alle false indicazioni della letteratura tecnica e ad una istruzione anch'essa sorpassata impartita ai tecnici ed agli ingegneri durante i loro studi. Nella breve nota, alla descrizione delle anomalie macroscpiche, fa seguito un accenno di alcuni rimedi. Maggiori dettagli e dimostrazioni possono essere letti nel sito http://altratecnica.3000.it