1) PREMESSA
L'alimentazione idrica dei territori
pianeggianti risulta razionalmente risolta tramite le reti di
distribuzione magliate in uso con risultati soddisfacenti nella
gran generalità dei casi. Non é così per
le aree montane, collinari o comunque altimetricamente variegate
che presentano problemi cui non si é ancora trovato adeguata
soluzione tanto é vero che si é sovente costretti
a far funzionare la rete di distribuzione con pressioni eccessivamente
elevate ma necessarie per vincere i dislivelli altimetrici del
territorio salvo poi riportarle entro valori compatibili con l'uso
tramite le valvole di riduzione di cui sono muniti gli allacciamenti
privati d'utenza delle aree depresse.
Ne é derivata una notevole semplificazione costruttiva
degli impianti idrici generalmente costituiti da reti unificate
anche in presenza d'aree abitate poste a grandi dislivelli altimetrici
l'una dall'altra cui fanno riscontro inconvenienti di vario genere,
primo fra tutti quello che costituisce una vera piaga dei moderni
acquedotti e cioè la perdita occulta d'importanti volumi
d'acqua.
Scopo del presente lavoro é la descrizione di tali inconvenienti
e la formulazione d'alcune ipotesi di una rete di distribuzione
atta al funzionamento ottimale qualunque sia l'andamento altimetrico
del suolo del territorio alimentato.
Poiché i problemi da risolvere sono, come detto, quelli
dei territori aventi notevoli dislivelli altimetrici, é
su di loro che viene incentrata gran parte della trattazione.
Si vedrà nella parte finale dell'articolo come le opere
proposte siano atte all'alimentazione idrica anche dei territori
pianeggianti.
2) DIFETTI DELLA RETE UNIFICATA
Il funzionamento ad alta pressione é
facilitato quando le fonti di un acquedotto si trovano a quote
così elevate da consentire l'alimentazione a gravità
dell'intera rete di distribuzione di tipo unificato per tutta
l'estesa del territorio da servire. Sussistono anche in questo
caso gravi problemi quali la necessità di impiegare tubazioni
ed apparecchi in grado di sopportare l'anomala pressione, l'usura
cui sono necessariamente sottoposti gli impianti, la possibilità
tutt'altro che remota dei guasti che una pressione così
alta e soprattutto le relative sovrappressioni per colpi d'ariete
provocano. Ma sono le rilevanti perdite occulte che sempre si
verificano in reti di questo tipo a giocare un ruolo fondamentale
ed altamente dannoso. Occorre rilevare come la loro presenza rappresenti
la condizione "sine qua non" per questi tipi di reti
in quanto sono le perdite stesse, e la notevole portata che comportano
in condotta, ad impedire che, in presenza di consumi nulli o molto
bassi dell'utenza, la rete si metta in idrostatica e quindi sottoponga
le zone poste alle quote inferiori a pressioni inaccettabili.
In pratica la percentuale di perdita d'acqua delle reti di cui
si discute raggiunge e supera il 50% dei volumi immessi rappresentando
un onere assolutamente ingiustificato, soprattutto in considerazione
della scarsità d'acqua che incombe sulla moderna società.
Ma é nelle reti a sollevamento meccanico che si registra
la situazione paradossale di un servizio che, oltre agli inconvenienti
citati, accusa anche un notevole dispendio energetico dovuto al
pompaggio all'alta pressione d'esercizio di cui si discute, pressione
che, come già detto, deve successivamente essere in buona
parte dissipata!
Sono quelli indicati i motivi che spingono ad una continua ricerca
di risoluzioni nuove basate su un razionale uso dei notevoli mezzi
che la tecnologia acquedottistica mette a disposizione. Tra tutte,
quella che viene qui illustrata rappresenta un modo per affrontare
il problema con metodologie mai sperimentate ma che vengono proposte
per iniziarne la discussione ed affrontarne la critica con la
speranza di giungere ad una possibile soluzione reale.
3) LA RETE PROPOSTA
La rete idrica atta a risolvere i problemi
indicati deve possedere i seguenti requisiti principali che, a
quanto risulta a chi scrive, non sono mai stati raggiunti a causa
delle obiettive difficoltà che sussistono:
a) Una linea piezometrica che, in qualsivoglia territorio sia
pianeggiante sia collinare o montano, rimanga parallela al suolo
in tutte le condizioni di funzionamento e quindi anche durante
i periodi di basso consumo dell'utenza soprattutto notturni;
b) Una pressione di funzionamento sul suolo regolabile in funzione
dei consumi e quindi più elevata durante le ore di maggior
consumo.
Viene esaminata una rete di tipo unificato analoga a quelle citate
e comunemente adottate ma dalle quali si distingue nettamente
per la presenza di fasce stabilizzatrici poste a quota opportuna
ed in linea di massima ogni 50 metri di dislivello. Ogni fascia,
avente lo scopo di controllo e regolazione della pressione di
rete, é costituita essenzialmente da un serbatoio idropneumatico
ad alimentazione propria e da una condotta trasversale di grosso
diametro e che si sviluppa all'incirca lungo un'unica curva di
livello del terreno e quindi intersecando tutte le condotte longitudinali
di rete che, con diametri nettamente inferiori, scendono seguendo,
all'incirca, le linee di massima pendenza del suolo. Le caratteristiche
del serbatoio idropneumatico, in dettaglio visibili nell'articolo
omonimo presente su http://altratecnica.3000.it
sono date, sinteticamente, dalla particolare costituzione
della sua vasca che, essendo interamente a tenuta ermetica, é
in grado di contenere, oltre ad un gran volume d'acqua, anche,
nella sua parte superiore, un notevole cuscino d'aria che gli
permette di funzionare a pressione variabile in funzione di quella
dell'acqua immessavi dalla condotta d'adduzione e di costituire,
al tempo stesso, una riserva d'acqua in pressione pronta ad entrare
automaticamente in rete per coprire eventuali picchi di consumo
dell'utenza. Sono queste peculiari caratteristiche del serbatoio
idropneumatico e la presenza della citata condotta trasversale
che, opportunamente regolati dall'impianto di telecomando e telecontrollo,
permettono di giungere, come sarà spiegato, agli auspicati
risultati.
Sia ad esempio da alimentare, con sollevamento meccanico dell'acqua,
un territorio come quello illustrato nella figura 1 e caratterizzato
da un dislivello di 130 metri e produzione dell'acqua a quota
zero.
La rete di distribuzione che viene proposta é costituita
da due distinti tipi di condotte: di piccolo diametro quelle longitudinali
ad andamento che seguono la linea di massima pendenza e di grande
diametro quelle trasversali poste tassativamente lungo le varie
curve di livello per costituire la chiusura delle maglie e, in
alcuni casi, le citate fasce di stabilizzazione della pressione.
Una siffatta disposizione delle condotte garantirà, unitamente
a particolari modalità d'alimentazione idrica, un sufficiente
parallelismo tra linee piezometriche e profilo del suolo anche
per condizioni di funzionamento molto diversificate.
Le tre fasce stabilizzatrici ed i relativi serbatoi idropneumatici
sono, nell'esempio, posti rispettivamente a quota 30, 80 e 130
metri e ognuno di loro é in grado di rifornire la rete
con una pressione che può andare, in normale esercizio,
da un minimo di 15 ad un massimo di 60 metri circa rispetto al
suolo dove é ubicato il serbatoio stesso, ma che, in caso
d'emergenza, può variare a piacere. Sarà la centrale
di sollevamento, tramite i gruppi di pompe e le relative condotte
d'adduzione di cui é dotata, uno per ciascun serbatoio
idropneumatico e regolati dall'impianto di telecomando e telecontrollo,
a fissare la pressione che di ora in ora ogni serbatoio deve mantenere
essendo il loro funzionamento asservito alle pressioni reali della
rete.
In alcuni casi i serbatoi inferiori risulteranno sempre alimentati
dalla rete che li sovrasta la quale ricorre a detto artificio
per regolare la sua pressione sempre esuberante rispetto al fabbisogno.
Da quest'ultimi serbatoi, i quali, per quanto spiegato, possono
anche essere privi di condotta adduttrice, pescheranno alcune
pompe sussidiarie di sollevamento regolate in modo da far lavorare
in maniera opportuna il serbatoio d'aspirazione stesso.
A questo punto é importante rilevare come sia la pressione
della fascia stabilizzatrice a fissare l'andamento della superficie
piezometrica, variando di conseguenza la portata in uscita o,
al limite, anche in entrata nel serbatoio idropneumatico.
Allo scopo la rete sarà munita di strumenti per la misura
e la trasmissione in tempo reale alla centrale di sollevamento
di tutti i dati di funzionamento ed in particolare delle pressioni
nei punti caratteristici della rete, le portate e pressioni in
uscita o in entrata nei serbatoi idropneumatici e dalla centrale
di sollevamento, i livelli dell'acqua all'interno di tutti i serbatoi.
Per dare possibilità di adeguare la rete alle condizioni
reali di funzionamento alcune delle condotte longitudinali in
pendenza saranno di diametro superiore a quello di dimensionamento
teorico e saranno munite di valvola servocomandata che sarà
mantenuta normalmente chiusa o strozzata a seconda delle necessità
reali.
La rete descritta sarà dimensionata in modo da soddisfare,
sotto la supervisione dell'impianto centrale di telecontrollo
e telecomando, le seguenti condizioni:
-Durante i periodi di richiesta minima nottturna, il serbatoio
superiore dovrà immettere in rete la quasi totalità
dell'acqua necessaria nel mentre il suo flusso percorrendo l'intera
estesa delle condotte longitudinali che, come già precisato,
sono di piccolo diametro, assumerà una superficie piezometrica
parallela al suolo e ad un'altezza minima da esso data la bassa
pressione in cui sono mantenuti i serbatoi. L'andamento di detta
superficie piezometrica sarà garantito dalle tre fasce
chiamate appunto stabilizzatrici le quali, mantenute appositamente
a bassa pressione, interverranno fornendo o ricevendo acqua dalla
rete a seconda che questa tenda ad assumere rispettivamente livelli
inferiori o superiori di quelli desiderati. Il tutto sulla base
delle pressioni reali misurate nei punti caratteristici dell'intera
rete e trasmessi in tempo reale al centro.
- Quando si arriva all'orario in cui cominnciano ad aumentare i
consumi dell'utenza, l'impianto deve riportare le pressioni in
rete alle quote prefissate per tale orario e detto risultato viene
ottenuto aumentando via via le pressioni ai vari serbatoi idropneumatici
e curando che, di ora in ora, siano assicurate ai nodi di rete
le quote prefissate indipendentemente dalla portata richiesta
dall'utenza. Anche in questo caso l'andamento della superficie
piezometrica sarà assicurato dalle fasce stabilizzatrici
alla cui pressione si adegueranno le condotte collegate variando,
di conseguenza, la portata che esse prelevano o immettono nei
vari serbatoi.
Nell'ora di massimo consumo i serbatoi tenderanno a portarsi verso
le pressioni più alte allo scopo di adeguare le pressioni
rilevate in rete ai valori loro prefissati per tale orario e ciò
indipendentemente dalla portata realmente richiesta nella giornata
in esame.
In definitiva il funzionamento della rete é basato sul
mantenimento di una superficie piezometrica sempre sufficientemente
parallela al suolo, bassa nelle ore di minor consumo e che aumenta
man mano fino ad assumere il suo valore più elevato nell'ora
di punta per poi ridiscendere ai valori minimi durante la sera.
Se le opere sono correttamente dimensionate, di notte la portata
consumata dall'utenza proviene, in massima parte, dal serbatoio
superiore ed accusa perdite di carico perfettamente congruenti
con l'andamento altimetrico del suolo. Essendo questa una condizione
puramente teorica difficilmente attuabile nella realtà,
saranno le fasce stabilizzatrici ad intervenire con modeste correzioni
nel mentre, qualora tali interventi risultassero eccessivi, sarebbe
sempre possibile adeguare la rete operando sulle valvole di regolazione
di cui sono, allo scopo, munite alcune delle condotte longitudinali.
Un elemento da tenere sotto controllo é il volume d'acqua
che ogni serbatoio rifornisce giornalmente alla rete in quanto,
trattandosi d'acqua soggetta a sollevamento meccanico, i costi
energetici sono tanto più elevati quanto é maggiore
la quota dei serbatoio di arrivo e di conseguenza la prevalenza
manometrica delle pompe. Dovrà quindi essere favorita,
tramite una attenta progettazione della rete ed un accurato esercizio
degli impianti, l'utilizzazione dei serbatoi posti alle quote
inferiori e ridotto al minimo l'intervento di quelli più
elevati tenuto presente che quest'ultimi, in tutti i periodi di
bassi consumi, immettono nella rete la quasi totalità dell'acqua
necessaria ma che, trattandosi appunto di consumi ridotti, i relativi
volumi d'acqua sono comunque modesti. Sarà soprattutto
durante le ore di maggiore richiesta idrica che, compatibilmente
con la pressione di rete tenuta costantemente sotto controllo,
occorre far funzionare i serbatoi inferiori alla massima pressione
e ridurre quella del serbatoio più alto, il tutto reso
possibile dalla grande elasticità del sistema e dalla pronta
risposta di ogni serbatoio, in fatto di portata emessa, alla variazione
della sua pressione di funzionamento. Da rilevare come l'immissione
dell'acqua della rete in uno dei serbatoi più bassi effettuata
allo scopo di riportare la pressione di rete stessa ai valori
prefissati, non comporta la dissipazione del carico idraulico
posseduto in quel momento. Al contrario il volume in entrata mantiene
la pressione e resta pronto a tornare in rete direttamente oppure
tramite le pompe sussidiarie già citate essendo questa
una delle caratteristiche precipue dei serbatoi idropneumatici.
E' evidente la profonda diversità con i normali serbatoi
di accumulo per i quali ogni immissione d'acqua dalla rete significa
portarla immediatamente a contatto con l'atmosfera e quindi perdere
tutto il carico idraulico posseduto. Un'altra caratteristica favorevole
del sistema é data dalla compensazione oraria di portata
che viene in continuo operata dai serbatoi idropneumatici con
conseguente eliminazione delle punte massime di prelievo. La portata
da sollevare potrà quindi corrispondere, come valore massimo,
alla portata media oraria evitando così di usare la condotta
di adduzione con le maggiori perdite di carico che le punte di
consumo provocherebbero.
4) LA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO
Il cuore di tutto il sistema idrico che
viene qui proposto é dato, per le modalità del tutto
particolari di esercizio, dalla centrale di sollevamento.
Essa comprenderà, oltre alle apparecchiature di riserva
che dovranno assicurare come minimo un'alimentazione di base in
caso di guasto delle apparecchiature principali, altrettanti gruppi
di sollevamento ed adduzione quanti sono i serbatoi idropneumatici
presenti in rete. Ogni gruppo sarà composto principalmente
da una pompa a velocità variabile atta a sollevare con
buoni rendimenti elettromeccanici l'intera gamma di portate richieste
e da una condotta per l'adduzione di tali portate nel serbatoio
di competenza. Le pompe a velocità variabile, come meglio
spiegato nell'omonimo articolo visibile nel sito internet http://altratecnica.3000.it,
sono delle normali pompe centrifughe che, essendo abbinate ad
un dispositivo elettrico di regolazione della loro velocità
di rotazione chiamato inverter, possono cambiare automaticamente
ed in continuazione portata e pressione dell'acqua sollevata sulla
base agli ordini ricevuti dall'impianto centralizzato di comando
e controllo.
I serbatoi più bassi, essendo sempre riforniti dalla rete,
in alcuni casi, sono privi d'adduzione propria e sono invece muniti
di pompe sussidiarie del tutto analoghe alle altre, destinate
però a svolgere lo stesso ruolo di regolazione del livello
con modalità completamente diverse cioè non tramite
immissione d'acqua ma tramite prelievo dal serbatoio idropneumatico
di loro competenza. In pratica queste pompe, anch'esse con asservimento
alle pressioni dei nodi, aspirano dai serbatoi inferiori ed immettono
la portata in quelli superiori regolando di conseguenza la pressione
dell'acqua nel serbatoio di presa.
Molto importante l'impianto di telecomando e telecontrollo che
sovrintende al funzionamento di tutte le apparecchiature della
centrale e di quelle della rete. Il programma di gestione dovrà
consentire innanzi tutto che vengano memorizzati i dati di pressione
dell'acqua in condotta che di ora in ora si desidera venga mantenuta
nei punti caratteristici della rete, dati che si deve poter variare
ed aggiornare in ogni momento sulla base dei risultati reali d'esercizio.
L'impianto, ricevute in tempo reale le pressioni effettive di
rete, provvederà a modificare la velocità di rotazione
fino a riportarle al valore prefissato per ognuno dei punti tenuti
sotto controllo. Tale risultato dovrà essere ottenuto facendo
intervenire per primi i serbatoi più bassi, e solo quando
essi si dimostrano insufficienti, via via quelli posti a quota
più elevata. Se necessario l'impianto ordinerà la
regolazione delle valvole poste su alcune condotte longitudinali
allo scopo di ridurre l'intervento del serbatoio superiore soprattutto
di notte.
5) ESEMPIO DI RETE INTEGRATA
Le modalità di funzionamento della
rete di distribuzione acquedottistica che si vuole qui proporre,
sono rese meglio comprensibili con un esempio. Per semplicità
viene esaminata una rete composta da una condotta singola posta
a servizio di un territorio in pendenza. Il suo funzionamento
idraulico é simile a quello di una rete magliata destinata
a servire la stessa area per cui identiche risultano le conclusioni
che se ne possono trarre. La condotta si svolge lungo la linea
di massima pendenza del terreno ed é munita di tre serbatoi
idropneumatici posti ad un dislivello di circa 50 metri l'uno
dall'altro.
Nel profilo allegato
di figura 2 sono riportati i prelievi e i dati di funzionamento
per la portata media giornaliera, per quella massima dell'ora
di punta ed infine per quella minima notturna. Si vede come, con
la regolazione supposta nell'esempio, siano soddisfatte le due
condizioni poste come base dell'intera idea progettuale e cioè
una piezometrica sufficientemente parallela al terreno ed una
pressione sul suolo regolata in funzione dei consumi e quindi
rispettivamente alta, media e bassa per le portate massima, media
e minima.
Questi i dati salienti di alimentazione dei tre serbatoi. In quello
alto (S3) nelle 24 ore viene addotta, tramite propria condotta
adduttrice in derivazione dalla centrale di sollevamento, una
portata variabile da 28 l/sec a 64 l/sec con una pressione di
pompaggio che va da un minimo di 169 m circa ad un massimo di
231. In quello medio (S2) una portata da 17 a 84 l/sec con una
pressione da 113 a 189 m e quindi notevolmente inferiore di quella
precedentemente indicata per S3. Nel serbatoio inferiore (S1)
per la portata massima dell'utenza si ha un'adduzione di 31 l/sec.
ad una pressione di 103 m. circa, per la portata media l'acqua
in arrivo da monte (1 l/sec.) è quasi nulla a fronte di
quella in uscita dal nodo(13 l/sec) per cui l'adduzione ammonta
a 12 l/sec. circa mentre per i consumi minimi il serbatoio riceve
dalla rete una portata di soli 9 l/sec. (13 - 4) ad una pressione
di 61 m. atta a dissipare il carico in eccesso e riportarla quindi
entro i valori prestabiliti. Sarà quindi munito di proprio
impianto di risollevamento, non indicato nel profilo di fig. 2,
che immette quest'ultima portata nel serbatoio medio (S2) con
pompaggio asservito alla pressione di rete.
Si rileva come, generalmente, l'impiego delle pompe risulti congruo
con una buona economia energetica di sollevamento in quanto i
volumi d'acqua addotta sono equamente distribuiti tra i due serbatoi
superiori con leggera prevalenza di quello più basso (S2),
nel mentre é modesto il volume che, di notte, la rete immette
nel serbatoio inferiore (S1) e che, pertanto, deve essere risollevato.
Sussiste un ulteriore fattore che gioca a favore del risparmio
energetico dato dall'assenza di picchi di portata dell'acqua da
sollevare e quindi delle maggiori perdite di carico, dovuto alla
azione di compensazione oraria normalmente svolta dai serbatoi
idropneumatici grazie alla quale la portata massima pompata é
la Q media oraria.
Interessante rilevare l'importanza del ruolo svolto dal serbatoio
S2 nella regolazione della pressione di funzionamento il quale,
a tale scopo, varia continuamente la portata immessa in rete.
Nell'ora di punta degli 84 l/sec in arrivo dalla centrale, 20
l/sec escono localmente dal nodo, 16 l/sec entrano in rete verso
monte e 48 l/sec verso valle. Con consumi medi vi vengono addotti
62 l/sec dei quali 42 l/sec sono diretti verso valle e 7 l/sec
verso monte, mentre la notte, con consumi minimi dell'utenza,
riceve virtualmente da monte 12 l/sec per mandarne a valle 25:
la portata realmente derivata dalla centrale é, quindi,
di 17 l/sec dei quali 4 rappresentano il consumo del nodo.
Poichè le difficoltà maggiori di un circuito come
quello dell'esempio sono quelle relative ale portate minori, si
è spinta la ricerca fino al limite estremo non attuabile
nella realtà cioè al caso, puramente ipotetico,
di richiesta nulla dell'utenza riportando nel profilo di fig.
2 i relativi dati di funzionamento e l'andamento della linea piezometrica.
Anche in tale ipotesi la piezometrica mantiene un buon parallelismo
con i suolo. Ne risulta una portata di 18 l/sec contro i 9 l/sec
reali con portate minime notturne, portata che, partendo dal serbatoio
superiore, percorre la condotta per l'intera sua lunghezza con
dissipazione di tutto il carico posseduto, viene immessa nel serbatoio
inferiore per essere poi risollevata nuovamente in alto. Il ciclo
si ripete per tutto il tempo in cui la portata prelevata dall'utenza
è pari a zero.
Quella che appare evidente nell'esempio é la grande elasticità
del sistema che consente molteplici varianti d'esercizio e pertanto,
senza bisogno di costruire nuove opere, di adeguare il servizio
idrico alle più disparate necessità contingenti
come sarebbero pressioni di esercizio in tutto o in parte diverse
da quelle indicate in profilo. Qualora lo si volesse, si potrebbe
anche mantenere in rete una pressione di consegna dell'acqua costante
giorno e notte.
E' da rilevare inoltre come le scelte operate nell'esempio non
siano affatto univoche ma che sussistano varianti atte ad adeguare
veramente la rete alle caratteristiche del territorio. Basti pensare
alla quota altimetrica di progetto dei serbatoi idropneumatici
da cui possono derivare sostanziali differenze costitutive e di
esercizio della rete. Nell'esempio i serbatoi sono stati posti
ad un dislivello di circa 50 metri l'uno dall'altro. In sede di
progettazione esecutiva sono invece da esaminare attentamente
tutti gli elementi che influiscono sulle quote potendo scegliere
anche un dislivello notevolmente maggiore (ad esempio 100 metri)
da uno all'altro come pure uno inferiore come ad esempio 20 soli
metri. Nel primo caso si otterrebbero una struttura acquedottistica
più semplice e minori spese di costruzione ma un onere
di esercizio più elevato dato dalla maggior prevalenza
delle pompe e da una maggiore dissipazione di carico idraulico.
Nell'altro caso si avrebbero risultati opposti dati dalla grande
facilità e possibilità di regolazione che il modesto
intervallo altimetrico allora esistente da un serbatoio all'altro
e la grande escursione di pompaggio propria delle pompe a velocità
variabile consentirebbero di attuare, il tutto a prezzo di un
più elevato costo delle opere.
E' interessante anche esaminare quale sarebbe il funzionamento
di una rete di tipo tradizionale che sostituisse, nell'esempio,
la rete integrata descritta. Trattandosi di rete unificata l'intera
portata dovrebbe essere sollevata alla massima pressione, valutabile
in circa 230 metri, non solo di giorno ma anche nei periodi notturni
di scarso consumo idrico. Per tutta la durata di questi ultimi
l'intera rete tenderebbe a lavorare in idrostatica cioè
con una pressione di circa 180 metri e quindi assolutamente inadeguata
per le zone basse. Inutile far rilevare come questa sia una condizione
puramente teorica in quanto nella realtà sono le perdite
occulte che, aumentando tassativamente e vertiginosamente, assicurano
una pressione notturna inferiore.
Ciò spiega l'insorgere nella rete tradizionale di tipo
unificato dei difetti già elencati e soprattutto le rilevanti
perdite occulte che tali reti inevitabilmente accusano.
6) APPLICABILITA' DEL SISTEMA
Si é visto come la rete integrata
descritta nei capitoli precedenti sia atta alla distribuzione
dell'acqua in territori ad elevata pendenza del suolo. Si vuole
ora far rilevare come le sue doti di grande flessibilità
costruttiva e di esercizio le consentano di ottenere lusinghieri
risultati qualunque sia l'andamento del terreno da servire.
Esaminiamo il caso, tutt'altro che raro, di una città composta
da un'ampia zona pianeggiante a bassa quota dalla quale emergono
aree collinari abbastanza elevate. In tale situazione una rete
di tipo tradizionale con una superficie piezometrica che segua
le bizze del terreno é assolutamente impensabile tanto
é vero che vi si rinuncia a priori e si ricorre frequentemente
ad una rete unificata funzionante con la pressione necessaria
per superare il culmine delle aree collinari nonostante vi trovino
origine tutti gli inconvenienti elencati nell'apposito capitolo.
Anche ad una situazione così critica si può porre
rimedio con una rete integrata che sia munita di serbatoi idropneumatici
ubicati uno su ogni sommità collinare ed uno o più
serbatoi dello stesso tipo posti a tutela dell'area pianeggiante.
Come risulta dalla planimetria schematica
della figura N. 3 allegata, le condotte longitudinali di rete
di piccolo diametro si dirameranno dal serbatoio di sommità
a raggiera e seguendo le linee di massima pendenza di ogni collina
mentre saranno previste in orizzontale le fasce di stabilizzazione
della pressione nelle aree più basse composte, come già
spiegato, da condotte di grande diametro per la chiusura delle
varie maglie. Anche in questo caso troveranno conferma le ottime
caratteristiche della rete integrata che consentiranno, pur in
presenza di un territorio così difficile, di realizzare
una vera e propria modellazione della superficie piezometrica
perfettamente congruente con il suolo di cui segue la complessa
configurazione plano-altimetrica.
Molto interessante risulta l'adozione della rete integrata nei
grandi e grandissimi agglomerati urbani con notevoli dislivelli
altimetrici ma lieve pendenza del suolo e quindi con grande estesa
delle aree da servire. In tale evenienza, distribuendo i serbatoi
idropneumatici e le annesse fasce di stabilizzazione uniformemente
in tutta l'area e ad un dislivello molto limitato uno dall'altro,
pari ad esempio a soli 20 metri, é possibile operare con
continuità una regolazione fine della superficie piezometrica
della rete con ottimi risultati di gestione.
Se, come ripetutamente dimostrato, la rete integrata risulta particolarmente
adatta alla alimentazione idrica dei territori altimetricamente
variegati, essa si dimostra valida, con una sola riserva, anche
in caso di territori pianeggianti. La grande elasticità
di esercizio che deriva dall'abbinamento tra serbatoi idropneumatici
e pompe a velocità variabile utilizzati secondo le modalità
quì riportate, unitamente ad una oculata ubicazione dei
serbatoi stessi nel baricentro delle zone abitate dove sono concentrati
i maggiori consumi idrici o comunque nelle zone dove si vuole
tener sotto controllo la pressione di esercizio, ubicazione in
questo caso resa possibile dalla planarità delle aree da
servire, conferiscono alla rete integrata dei territori pianeggianti
notevoli vantaggi che si aggiungono a quelli elencati per le aree
collinari e che sono dati soprattutto dalle ancora più
avanzate possibilità di regolazione del pompaggio che dette
reti consentono. Resta da sciogliere la riserva rappresentata
dalle perdite di carico accusate dalle condotte adduttrici che
alimentano i serbatoi idropneumatici il cui ammontare può
risultare eccessivo e far propendere, nelle aree pianeggianti
di cui si discute, per soluzioni tradizionali basate sulla adduzione
dell'acqua tramite la stessa rete magliata e quindi con eliminazione
delle adduttrici stesse.
In definitiva si può affermare che la rete integrata che
forma l'oggetto della presente nota si presta all'alimentazione
idrica di qualsivoglia territorio essendo sufficiente un'attenta
ubicazione dei serbatoi idropneumatici e delle fasce di stabilizzazione
per ottenere ottimi risultati sia per quanto riguarda le spese
energetiche di pompaggio in quanto é possibile graduare
in continuità la prevalenza delle pompe, sia per il contenimento
delle perdite occulte reso possibile dalla riduzione notturna
della pressione di rete, sia per le minori spese di manutenzione
della rete che può lavorare sempre a pressioni contenute
ed infine nella corretta pressione di consegna dell'acqua all'utenza
essendo sempre possibile graduarla in funzione dei risultati che
si vuole ottenere. Le sue caratteristiche di esercizio la rendono
particolarmente adatta a risolvere i gravi problemi che nascono
quando il territorio da servire è altimetricamente variegato.
7) INTEGRAZIONE DELLE RETI ESISTENTI
Nei capitoli precedenti si è illustrata una metodologia
innovativa per la costruzione "ex novo" di acquedotti
in territori comunque disposti e particolarmente per quelli ad
andamento altimetrico variegato.
Nella reale situazione del rifornimento idrico delle nazioni evolute,
si rileva come sia molto raro dovervi costruire nuovi acquedotti
mentre sussiste un sentito bisogno di sistemare un gran numero
di quelli esistenti che, per le ragioni più disparate,
accusano i gravi difetti di esercizio di cui si é ripetutamente
discusso. Il caso più frequente é quello di servizi
idrici, soprattutto se relativi a territori vasti e difficili
da alimentare, che sono derivati da una serie d'interventi succedutisi
disordinatamente attraverso gli anni per seguire l'evolversi della
richiesta idrica. Alcune volte, é stata la scarsa disponibilità
economica in fase di realizzazione a provocare le gravi anomalie
di costituzione degli impianti.
In tutti questi casi l'adozione della metodologia quì propugnata
consente di razionalizzarne le esistenti reti di distribuzione
senza modificare la loro costituzione di base. Si tratterà
semplicemente di aggiungere al loro interno i serbatoi idropneumatici
con le relative fasce di stabilizzazione ubicati in posizione
opportuna e di modificare il sistema di sollevamento ed adduzione
dell'acqua tramite installazione di pompe a velocità variabile,
annesse condotte adduttrici ed impianto di telecomando e telecontrollo,
il tutto in ottemperanza alle indicazioni fornite ai capitoli
precedenti.
Si fa notare come le fasce stabilizzatrici della pressione da
inserire in rete e che dovrebbero svilupparsi, come precedentemente
indicato, in orizzontale, possano anche seguire un andamento altimetrico
qualsiasi purché ognuna di esse ritorni in quota in corrispondenza
di tutte le sue intersezioni e collegamenti con le condotte longitudinali,
essendo la condizione sufficiente perché esse conservino
la loro funzionalità di base. Questa possibilità
facilita la esecuzione delle fasce stabilizzatrici tutte le volte
che, sopratutto nelle aree già servite d'acquedotto come
quelle di cui si parla, la situazione dei luoghi imponga tracciati
che divergono rispetto alle curve di livello prestabilite salvo
poi risalire o discendere in vicinanza e parallelamente alle condotte
esistenti fino a realizzarne il collegamento esattamente in quota.
Qualora le condotte longitudinali di rete esistente che corrono
lungo le linee di massima pendenza del suolo risultassero sovrabbondanti,
dovrebbero esservi inserite delle valvole tarabili di riduzione
per arrivare, nei casi estremi, alla loro chiusura totale.
Dall'insieme di opere descritte si otterranno risultati notevoli
prima tra tutti la completa modellazione della superficie piezometrica
di funzionamento che ovvierà al difetto principale e cioè
alla inadeguata pressione di consegna dell'acqua.
In definitiva gli interventi di sistemazione di acquedotti esistenti
che gli aumentati costi di gestione e le difficoltà di
reperimento d'acqua rendono sempre più pressanti e diffusi,
costituiscono un vasto settore di applicazione delle metodologie
quì propugnate.
Da rilevare come l'inserimento delle nuove opere in un abitato
sia facilitato dal fatto che esse non contemplano manufatti fuori
terra ma solo condotte di adduzione e serbatoi idropneumatici
la cui ubicazione ideale è nel sottosuolo e quindi senza
problemi di impatto ambientale. Ben diversa e, ad avviso di chi
scrive tecnicamente errata, la soluzione molto spesso adottata
per ottenere gli stessi risultati mediante edificazione di serbatoi
pensili. La loro presenza nelle città, oltre all'ingombro
di opere alte una trentina di metri, comporta, dal punto di vista
idraulico, risultati di esercizio completamente diversi da quelli
auspicabili e cioè una piezometrica fissa per qualsivoglia
richiesta idrica dell'utenza il che significa contravvenire ad
un regola fondamentale di corretto esercizio. Essa provoca inoltre,
per i consumi minimi, lo sfioro di rilevanti volumi della sempre
più preziosa acqua resi necessari per riportare la piezometrica
al valore prefissato.
8) CONCLUSIONI
Le difficoltà ed i poco confortanti
risultati di esercizio, primo tra tutti la persistenza di perdite
occulte elevatissime, fanno annoverare gli acquedotti a servizio
delle aree montane, collinari o comunque ad andamento altimetrico
molto vario, tra i più difficili da realizzare e gestire.
Nell'articolo, dopo un'accurata disamina dei difetti presenti
nei sistemi acquedottistici in tali casi comunemente adottati,
si descrive una rete di distribuzione di nuova concezione, basata
essenzialmente sull'abbinamento tra pompe a velocità variabile
e serbatoi idropneumatici ed opportunamente definita "integrata"
in quanto si adatta perfettamente al territorio servito. Nell'articolo
si dimostra come essa sia atta ad effettuare una corretta ed economica
alimentazione idrica di territori aventi una qualsivoglia configurazione
altimetrica ma particolarmente di quelli caratterizzati, appunto,
da notevoli dislivelli del suolo. Sono illustrate, con l'ausilio
di schemi e profili piezometrici, le caratteristiche costruttive
e di esercizio delle opere mettendo in risalto i vantaggi ottenibili
e resi ancora più evidenti dal raffronto tra rete integrata
e reti tradizionali.
Viene messo in evidenza come la nuova metodologia possa trovare
un utilissimo impiego anche nella razionalizzazione di reti di
distribuzione esistenti e funzionanti, soprattutto in aree altimetricamente
variegate, in modo anomalo.
La dimostrazione, presente alla fine dell'articolo, che le opere
proposte sono atte a svolgere un ruolo fondamentale anche per
l'alimentazione di territori pianeggianti, non può che
far crescere l'interesse per gli innovativi schemi idrici proposti
anche se meramente immaginari e quì indicati al solo scopo
di promuovere la ricerca di soluzioni valide di problemi così
importanti e a tutt'oggi mai risolti come sono quelli evidenziati.
Bibliografia
- M. Meneghin - Il serbatoio idropneumatico - L'ACQUA n. 2/2003
- M. Meneghin - L'utilizzazione delle elettropompe a velocità variabile negli acquedotti - L'ACQUA n. 6/2004
- M.Meneghin - Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d'acqua potabile a sollevamento meccanico - L'ACQUA n. 4/1999
- M. Burin - Le réservoir hydropneumatique de Chantilly - Tecnique e Sciences Municipales - Mars 1969
- J.Cheron - Resérvoir pression de grande capacité - T.S.M. L'Eau octobre 1988
aggiornato novembre 2005