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Assorto tra i i miei confudi pensieri stavo guardando il fiume scorrere,ogni tanto scorgevo alcuni piccoli pesci passare fra i flutti,il sole illuminava le loro argente squame,tutt'un tratto mi riaffiorarono in mente alcuni pensieri,che da tempo mi scoinvolgevano il sogno,arrivando confusi e sfocati a perturbarmi la mente.... -°§°- Nacqui a nord tra i fitti
boschi della Terra di Mezzo,là ove cresceva lo splendente Reame
Boscoso.Rimembro ancor la mia felice famiglia vivere in luogo misterioso pieno
di felicità e richezza,che di giorno in giorno andava avanti seguendo ciò che
diceva il propio cuore.Ricordo ancor mio padre"Eldorn del Reame
Boscoso",un imponente elfo alto 2.10 cm con occhi di un blu penetrante.Mio
padre di tanto in tanto si recava alla famosissima cittàdella di Lot che si
ergeva sui Monti delle Nebbie,per motivi burocratici.Mia madre,ll'elfa Galadriel,era
un'elfa stupenda con lunhi capelli neri e occhi verdi.Ricordo quando mio padre
tornava dal lungo viaggio,amava perdere delle ore per raccontarci mirabilianti
storie da lui sentite...ed io e mio fratello minore Tiddus rimanevamo fermi con
un piccolo sorriso sulle labbra ascoltando le parole pronunciate da nostro
padre.All'età di 107 anni,mio padre volle insegnarmi a tirare con l'arco,ogni
giorno che non doveva passarlo per andare a Lot,amava portarmi nei boschi presso
Gran Burrone per cacciare alcuni cervi per la cena e per alleanrmi ancor più
sull'utilizzo dell'arco;ben presto divenni il miglior tiratore di tutto il Reame
Boscoso,mio padre era molto fiero di me e cotninuava a farmi allenare,ogni
centro da me fatto le sue labbra si allargavano sempre più fino a creare un
grandissimo sorriso.Un bel dì mio padre dovette andare alla cittadella di
urgenza,un messaggio la sera primagli era arrivato tramite un possente falco,che
si posò sul davanzale della nostra finestra e bussò tre volte sul vetro con
l'adunco becco,mio padre andò a vedere aprì la finestra e fece entrare il
rapace donandogli un po' di acqua e qualche biscotto,prese poi la lettere,la aprì
alla fioca luce di una candela la lesse a bassa voce,la sua espressione cambiò
notevolmente,dal solito sorriso felice un sopracciglio si inarcò e gli iridi
blu si fermarono sulle parole vergate nella lettera,la piccole busta aveva un
timbro rosso che brillava alla luce della candela.Il giorno dopo mio padre partì
per quel lungo viaggio che lo aspettava,la mattina ci salutò con un bacio sulla
fronte e scomparse nella nebbia mattutina come un angelo;la fitta foresta era
illuminata qua e là da qualche piccolo raggio di sole addentratosi in
essa.Passarono molti anni e mio padre non si fece più vivo,mia madre era di
giorno in giorno sempre più preoccupata,io e mio fratello Tiddus pensavamo si
trattasse solamente di un assenza temporanea per motivi a noi sconosciuti,ma così
non fu. Un bel dì devidemmo di recarci sul luogo per vedere cosa
era accaduto,mi misi l'arco in spalla preparai un po' di frecce e le riposi
nella faretra,presi una delle lunghe di mio padre e la infilai nel fodero
sistematomi sulla cinta,presi un lungo mentello nero e me lo posai sulle
spalle,mentre facevo ciò vidi mio fratello sistemarsi la leggere corazza,da lui
sempre portata,per poi riporre anche lui la lunga nel fodero affibiato alla
cintura. Appena pronti lasciammo la nostra casa e ci addentrammo
nella fitta boscaglia.Dopo cinque giorni riuscimmo a uscire dal bosco e ci
trovammo dinnanzi ai Monti delle Nebbie ove in cime vi si ergava la famosa cittàdella
di Lot,con un ultimo sforzo intraprendemmo la lunga e faticosa scalata del
monte;arrivammo in cima la sera tardi e non riuscendo a vedere niente,dato che
il cielo era ricoperto da nere nubi,decidemmo di fermarci lì per la
notte,preparammo un piccolo fuoco ove vi cucimmo la selvaggine catturata nei
dintorni.Appena giunse il dì ontinuammo la scalata,arrivati su una piccola
vedemmo il luogo ove prima si ergeva la cittàdella,ma ciò che vidi non fu
richezza felicità vidi solamente disrtuzione e morte.Mi inginocchiai dinnanzi a
codesto spettacolo,portandomi le mani agli occhi per asciugare le piccole
lacriem che galleggiavano dentro l'iride.Mio fratello mi mise la ma no sulla
spalla cercando di calmarmi lo guardai e vidi i suoi azzurri iridi scrutare quel
paesaggio distrutto da forze maligne.Ci fecimo coraggio l'un l'altro e iniziammo
la ricerca di qualche superstite.GLi dissi di tenersi pronto a qualunque
evenienza e così fece,portando la mano sinistra sull'elsa della lunga pronto a
combattere.Ad un certo punto,mentre continuavamo disperatamente a cercare
qualcuno,giunse alle nostre orecchie come un esplosione un rumore di legnetti
calpestati;ci scambiammo uno sguardo furtivo e estrassi la spada;notai mio
fratello spostarsi velocemente alla mia sinistra nascondendosi tra un mucchio di
mecerie con la spada sguainata pronto a attaccare.Con la spada in mano mi
spostai anch'io dietro un muro.Dopo qualche istante di tensione sentii i passi
sempre più vicini al nostro temporaneo nascondiglio;stringemmo forte l'elsa
delle nostre rispettive spade,non sapendo a cosa e a chi andavamo
incontro.Sentii il fiato affannoso della creatura vicino a noi a quel putno
decisi di uscire allo scoperto e così fece anche mio fratello,puntammo le due
spade sul collo del ser con una voce roca pronunciai:"Quel'è il vostro
intento ser?".Dopo molte ore di spiegazione capi che si trovava lì per il
nostro stesso scopo,cercare qualche sopravvisuto.Ad un tratto sentimmo la terra
vibrare,con un gesto automatico accostai l'orecchio al terreno.Con tono deciso e
autoritario,data la mia epserienza nei boschi,dissi:"Gli orchi si stanno
avvicindano,saranno una quarantina e si dirigono veros di noi,sarà meglio
dirigersi verso la foresta là troveremo maggior rifugio".Iniziammo una
corsa sfrenata giù per il monte,arrivammo alla foresta dopo pochi minuti,giunti
dentro la foresta decidemmo di appostarci sugli alberi protni per un repentino
combattimento,preparai l'arco pronto per
coprire le spalle a mio fratello e al Ser appena conosciuto in caso di attacco.Vidi l'orda di orchi
avvicinarsi sempre più a noi,a quel punto anche mio fratello Tiddus preparò
l'arco.Gli orchi passarono tra gli alberi vicino a ove noi eravamo nascosti.Vidi
due orchi trasportare sulle loro spalle una persona,poco dopo quando si furono
allontanati capimmo che si trattava di un elfo:<Nostro padre>.Purtroppo
l'orda di orchi si perse nella boscaglia,allora decidemmo a nostro rincuore di
lasciar stare dato che non sapevamo ove si erano diretti,Ci ponemmo un
obbiettivo da raggiugnere il primo possibile:"Ritrovare nostro
padre".Ci accampammo per trascorrere la lunga notte.Il mattino dopo
decidemmo di ritornare alla cittàdella per cercare qualche aiuto.Durante il
cammino il ser ci rivelò il suo nome."Marcor".Intrapresimo una lunga
conversazione che ci servì molto a scaricare la tensione accumulata fino a quel
dì.Tutti e tre ci incamminammo alla cittàdella continuando la felice
conversazione.Marcor ci informò che la cittàdella che si ergeva prima sui
Monti delle Nebbie era stata disrtutta delle forze di Honorius e dopo anni era
stata ricostruita ai piedi dei monti.Appena arrivati in cima proseguimmo verso
Nord-Est.Io mio fratello e l'elfo Marcor continuammo a parlare fino a
sera.Mentre eravamo nel bosco de lupi ove il tramonto illuminava come quella
piccola candela nella mia dimora il manto erboso,Marcor iniziò a parlarci di un
luogo stupendo chiamato Tol Eressea ci disse che sitrattava luogo a un oretta
dalla Rocca dei Venti ove perfino i nostri cuori affranti dalla perdita del
padre e le nostre menti confuse avrebbero trovato pace e felicità.Passarono un
po' di mesi e finalmente mi decisi di andare a visitare codesto luogo dettomi
dall'elfo.Appena vi giunsi rimasi per un attimo scioccato dalla bellezza del
luogo,vi era un piccolo laghetto ove gli esili rami di un salice piangente vi
bagnaano le propie foglile,vi erano una grande quantità di fiori e
piante,nell'aria pungente del mattino si poteva sentire distintamente un leggero
profumo di fiori appena sbocciati alle prima luci del giorno;infondo alla radura
riuscii a scorgere il sole che faceva capolino tra i calmi flutti del limpido
mare. Da quel dì in cui arrivai a Lot una parte di me divenne un tuttuno con esso,mentre in un angolo remoto del mio corpo e della mia mente vi è ancora il ricordo del felice e limpido regno del Reame Boscoso.Io e mio fratello continuammo a allenarci nell'arte del combattere nel mentre preparavamo un piano per ritrovare nostro padre.Continuavamo a farci forza l'un l'altro e per andare avanti ripensavamo a una frase sempre pronunciata da mio padre:"Non arrenderti mai,lottare è alla base di ogni vittoria!"..... -°§°- e tra
qualche piccola lacrima,i miei pensieri fluivano come il fiume che osservavo
scorrere fino a sera. |