CONTRO IL PIANO MARCHIONNE
CONTRO IL REPARTO CONFINO DI
NOLA
Da mesi i lavoratori dell’Alfa di Pomigliano sono costretti a disastrose condizioni di salario e precarietà per i feroci cicli di cassa integrazione derivati dal cosiddetto ‘piano Marchionne’, all’epoca firmato e plaudito dai sindacati confederali e forze politico-istituzionali e mediatiche. Questo ‘piano’ è stato varato con la contestuale deportazione al reparto-confino di Nola di 320 lavoratori ammalati ed attivisti sindacali di cui ben 137 iscritti allo Slai Cobas. Scopo evidente: annientare lo Slai Cobas ed impedire ogni espressione di dissenso alla concertazione tra Fiat e confederali che, con anni di accordi, hanno dimezzato i diritti dei lavoratori e stanno chiudendo la fabbrica, proprio come già chiusero la SEVEL sempre a Pomigliano”.
Oggi lavoriamo una
settimana al mese (quando va bene) con la prospettiva del ridimensionamento
produttivo ed occupazionale dato dall’accordo con la Chrysler: una “pietra
tombale” sull’Alfa Romeo di Pomigliano nonché preludio a pesanti
ristrutturazioni antioperaie in tutto il gruppo Fiat. Non solo le Alfa Romeo per
il mercato USA saranno prodotte in America (e non più a Pomigliano come
spergiurato nel 2003 da Fiat-Fim-Fiom-Uilm-Fismic-Ugl, politici e stampa
compiacente) ma anche le vetture Fiat in generale, le cui produzioni sono già
state in parte spostate in Turchia, Serbia, Polonia, India ecc. mentre, con il
solito ricatto (“o mi danno nuovi finanziamenti pubblici o licenzio”)
Marchionne, insieme ai confederali, si prepara a confezionare l’ennesimo
piano-farsa di rilancio industriale per lucrare nuovi finanziamenti pubblici: e
i suoi ‘amici’ già stendono la mano…
Sono gli stessi sindacati
che già nel 2003 firmarono l’accordo sul precedente ‘piano industriale’ che
prevedeva, per Pomigliano, …”investimenti per 2.500 milioni di euro - nel
quinquennio 2003/2007 - finalizzati a ricerca, sviluppo, innovazione ed
ingegnerizzazione dei nuovi prodotti col rinnovo della gamma dei modelli Alfa
Romeo, la produzione delle vetture dei segmenti “C” e “D” del marchio nonché il
ritorno della commercializazione negli USA dei modelli prodotti a Pomigliano”.
Adesso gli stessi responsabili sindacali che nel 2003 firmarono il cosiddetto
“accordo quinquennale di rilancio dell’Alfa” SOFFRONO DI AMNESIA! Ma come
aspettarsi qualcosa di buono da chi ha sempre brillato in complicità aziendale
nell’annientamento dei diritti dei lavoratori e della democrazia sindacale
consentendo oggettivamente l’affossamento produttivo ed occupazionale
?
Quanto accade oggi all’Alfa
sud è lo specchio dell’attuale, ‘sinistra’, situazione politico-sindacale
che (preceduta dal ‘pacchetto Treu’ e le controriforme del diritto sindacale)
tira la volata al recente accordo quadro sulla contrattazione che prospetta
ulteriori tagli salariali rispetto all’inflazione, reintroduce le gabbie
salariali abrogate nel ’70 dallo Statuto dei Lavoratori, stabilisce che saranno
padroni e sindacati confederali a dettare le nuove regole-capestro sulla
rappresentanza sindacale, la cancellazione del diritto di sciopero a partire dai
trasporti: praticamente il ritorno al monopolio del sindacalismo corporativo di
infausta memoria già spazzato via dalla storia dalla lotta operaia.
L’Alfa di Pomigliano non deve diventare una nuova “Alitalia”. Ma perché ciò non avvenga è necessario (a fronte del consumato suicidio dell’intera ‘sinistra’ sia di governo che di ‘opposizione’) predisporsi alla non facile ricostruzione, riorganizzazione e rilancio di una credibile prospettiva di classe sindacale e politica.
Se non ora… quando
!?
Slai Cobas Fiat Alfa Romeo e terziarizzate - Pomigliano d’Arco, 27/2/2009 - www.slaicobas.it