Questo comunicato vuole denunciare, all’indomani del gravissimo incidente
di Crevalcore nel quale hanno perso la vita 5 colleghi e parecchi viaggiatori,
che il processo di privatizzazione e di progressiva e sempre più incontrollata
dismissione di interi settori della ex azienda pubblica per eccellenza, le ex
Ferrovie dello Stato, è in pieno svolgimento.
Dopo la divisionalizzazione della struttura in svariate società (Trenitalia,
Rfi, Grandi Stazioni…), dopo i servizi dati in appalto, dopo i cospicui tagli
di personale, dopo il peggioramento delle condizioni di lavoro nei settori
legati al cosiddetto core business (per usare un linguaggio che ai nostri
dirigenti piace tanto), personale di bordo e di macchina, ecco
l’esternalizzazione vera e propria.
· Si comincia dalle
biglietterie, ormai difficili da trovare se non nelle stazioni principali, e il
tentativo sempre più diffuso di cedere il servizio esclusivamente alle agenzie
di viaggio.
· Poi si prosegue con i
dirigenti movimento (gli ex capi stazione), sempre meno persone che si ritrovano
di fronte a computer sempre più grandi (il nuovo progetto di automazione delle
linee prevede un unico centro di controllo telecomandato atto a presidiare un
tratto che va da Sestri Levante a Roma!!! E le stazioni sono ormai dei deserti).
Q
· Quindi si procede a
riorganizzare il settore dell’assistenza a terra, con una costante
de-professionalizzazione del personale, costretto a svolgere servizi al limite
del mobbing.
· Gli uffici informazioni
costretti a lavorare quasi affidandosi al caso, senza corsi di aggiornamento
professionale da anni e impossibilitati a garantire un servizio decente ai
viaggiatori (mancate coincidenze, ecc.).
· La situazione in cui
vivono poi gli addetti del personale viaggiante e del personale di macchina è
sotto gli occhi di tutti, orari di lavoro disumani, con la giornata lavorativa
tornata a 10 ore e lavoratori costretti a dibattersi con materiali sempre più
obsoleti e precari.
· E’ di questi giorni
poi la notizia che il servizio di informazioni telefoniche (il tanto
pubblicizzato 892021), numero nazionale a pagamento al quale rispondevano vari
dipendenti fs presso centri dislocati in quasi tutte le principali città
italiane (servizio originariamente gratuito e ora a pagamento, oltre 50
centesimi al minuto!), è ora stato affidato ad una società esterna.
Le telefonate hanno subìto un calo consistente da alcuni mesi a questa parte
fino a che il numero degli addetti è stato progressivamente ridotto. Tutto ciò
non è dipeso unicamente dall’utilizzo di strumenti tecnologici quali internet
o il risponditore automatico, come alcuni dirigenti vorrebbero far credere, ma
il flusso di telefonate (in realtà consistente) viene deviato su un call center
privato, con sede a Roma, zona San Lorenzo, presso il quale lavorano dipendenti
non fs.
Con quale stipendio, con quale contratto e a quali condizioni è da appurare.
Si creano posti di lavoro precari e si perdono posti di lavoro a tempo
indeterminato.
Certo è che Trenitalia, con disponibilità di strutture (locali conformi),
computer adattati specificamente per lo svolgimento di questo servizio,
personale ferroviario formato e professionalizzato decide di affidare tale
servizio all’esterno, senza che sia resa nota la destinazione degli strumenti
di lavoro e soprattutto del personale.
Questa azienda continua a spostare flussi di denaro pubblici verso strutture
private, peggiorando i servizi per gli utenti (spesso le informazioni fornite
dal risponditore automatico non sono esatte o poco corrispondenti alle
richieste) e dichiarando di avere personale in esubero quando le mansioni da
ricoprire vengono affidate a lavoratori in affitto, o part-time, o a tempo
determinato.
Tutto ciò avviene in nome di un ridimensionamento che oltre al contenimento
quasi ossessivo dei costi mira in realtà ad eliminare un’intera categoria di
lavoratori, i ferrovieri.
Ciò che rimarrà, se questo processo andrà avanti, sarà solo un’immagine
senza sostanza, rotaie senza treni, treni senza viaggiatori, viaggiatori senza
ferrovia.
Rete Ferrovierinlotta
Genova, 11 gennaio 2005