"Resoconto dell'assemblea per il Partito Operaio, tenuta a Sesto San Giovanni ( Milano ) il 4 aprile 2009, redatto da Rainer Thomann, un militante della Svizzera Tedesca che ha partecipato alla riunione, come componente di una delegazione formata da un operaio della Volkswagen e da altri due compagni di Berlino. Gli operai promotori dell'assemblea ringraziano Rainer e riconoscono questo scritto, come un fedele e preciso resoconto dei lavori della riunione di Milano e si impegnano a farlo circolare in tutte le fabbriche".

Gli operai e la loro organizzazione politica

Pochi giorni dopo che a Londra si sono incontrati i 20 paesi più potenti del mondo per discutere una via d'uscita dalla grande crisi economica, a Milano si sono radunati operai più di 20 fabbriche diverse per parlare come affrontare la crisi. Il contrasto non poteva essere più grande: da una parte quelli che hanno alla loro disposizione tutto e tutti, eppure non trovano più soluzioni reali, dall'altra invece quelli che in questa società non contano nulla e non sono nemmeno ascoltati, ma hanno le idee chiare: è fallito e va rovesciato questo sistema di produzione e di sfruttamento degli operai.

"La vostra crisi non la paghiamo noi!" - la frase si è sentita un po' ovunque negli ultimi mesi, ma a Milano in questa "assemblea per il partito operaio" ha un tono ben diverso. Uno dei promotori lo dice chiaro e tondo: "I padroni ci hanno sempre sfruttati. Perché adesso dobbiamo aiutarli per uscire da questa crisi? E dopo lasciarci sfruttare ancora meglio? No! Invece dobbiamo cogliere l'occasione che i padroni sono in difficoltà per liberarci di loro una volta per sempre!" Poiché altrimenti, e questo lo afferma più di uno, per uscire dalla crisi i padroni non hanno altra strada che, tramite una nuova guerra, la distruzione dei mezzi di produzione e di tutto quello che è stato prodotto e non si riesce più a vendere, mettendo operai contro operai, gli operai di un paese contro quelli di un altro, per finire con mandarli a farsi ammazzare per una causa che non è la loro, come è già successo due volte nel secolo scorso.

È per questo pericolo che l'appello di organizzarsi in partito è stato intitolato "non c'è tempo da perdere". Chi temeva che in questa "assemblea per il partito operaio" si trattasse di dichiarazioni programmatiche ed ideologiche, ed alla fine di una costituzione formale di un nuovo, ennesimo partitino, ha potuto capire già dai primi interventi che l'intenzione è ben diversa: è stato dichiarato più volte durante la giornata che il partito operaio nasce ed esiste dove nascono le resistenze operaie contro i padroni. Di fatti, nella maggior parte degli interventi gli operai raccontavano della situazione nella loro fabbrica: dalla FIAT SATA di Melfi, alla Jabil Cassina de' Pecchi (Mi), la Cabind nella Valle di Susa, la FIAT New Holland di Modena e parecchie altre - fino persino alla Volkswagen di Salzgitter in Germania.

"Dobbiamo costituirci in classe internazionale, siamo una classe internazionale". Scrivere questa frase è una cosa, metterla in pratica un'altra: magari è solo un primo accenno, come un atto simbolico, l'operaio tedesco della Volkswagen che stringe la mano all'operaio italiano della FIAT SATA di Melfi. Mentre da una parte tante fabbriche automobilistiche licenziano o mandano in cassa integrazione migliaia di operai, dall'altra, con i soldi dello Stato per la svendita delle macchine, attualmente si fanno anche i turni di sabato, sia alla Volkswagen, sia alla FIAT di Melfi. "Sappiamo bene però già da adesso che questo boom è solo momentaneo, e dopo sarà peggio di prima", ribadisce l'operaio della Volkswagen. Lavorare di più per essere disoccupati più presto, questa stessa esperienza hanno già fatto gli operai della Continental in Francia: all'annuncio di chiusura della loro fabbrica però hanno reagito, hanno fatto il processo ai loro manager, condannandoli alla pena di morte per alto tradimento e impiccandoli immediatamente, per adesso, soltanto simbolicamente con due fantocci. Non è per caso che la sera, uscendo dall'assemblea, un operaio ha detto: "La prossima volta che facciamo un'assemblea, vogliamo avere con noi anche gli operai francesi."

Chiunque ormai, quando sente parlare di "partito", pensa alla democrazia borghese, al governo, al parlamento, alle elezioni con le promesse mai mantenute, alla corruzione e agli scandali. Si presenterà alle elezioni un giorno anche questo partito operaio? "Sì, sì, andremo anche noi al parlamento", risponde sorridendo uno dei promotori, "ma una volta sola". Sarà, al momento opportuno, per annunciare a tutti questi signori deputati che il loro tempo è scaduto.

Un partito operaio, formato un anno fa da una diecina di operai, un partito informale, quasi inesistente, come può cambiare la realtà? Certo, dopo tutte le delusioni degli ultimi anni e decenni, i lavoratori nella stragrande maggioranza, oggi come oggi, piuttosto stanno zitti e non danno retta a una piccolissima minoranza di operai ribelli. Eppure, questa organizzazione politica degli operai, per quanto pare insignificante, nell'arco di un anno ha dato la prova ai fatti che non si limita ai volantini e alle dichiarazioni, portando avanti una lotta esemplare, una lotta che sembrava sorta dal nulla e che tanti, specialmente i vertici sindacali, non credevano più che fosse possibile: è alla INNSE di Milano, dove 50 operai stanno lottando da più di 10 mesi con una determinazione incredibile per difendere il lavoro e la loro fabbrica.

Poiché, quello che sta succedendo alla INNSE, in apparenza è un atto disperato di 50 operai particolarmente ribelli e agguerriti, in realtà invece è una lotta nella quale si manifesta il partito operaio come lo intendono questi operai radunati a Milano, cioè un concetto di lotta senza quartiere tra operai e padroni che corrisponde a quello che una volta è stata definita "la guerriglia tra capitale e lavoro" fino all' "abolizione del sistema del lavoro salariato e del potere del capitale stesso" da quell'uomo con la barba grossa, quell'uomo che ha chiamato "proletari" gli schiavi moderni che vivono soltanto fino a quando trovano lavoro, e trovano lavoro soltanto fino a quando il loro lavoro aumenta il capitale, quell' uomo che ha anche scritto, già più di 150 anni fa, che i proletari non hanno da perdere altro che le loro catene, e hanno un mondo da guadagnare. - rth