Le
“gabbie salariali” della Lega sono contro i
lavoratori
Il “dibattito
ferragostano” sulla reintroduzione - proposta dalla Lega - delle cosiddette
“gabbie salariali” è un dibattito per alcuni versi surreale; eppure, anche le
sciocchezze estive “calderole” possono essere prese come spunto per svolgere una
serie di riflessioni importanti.
Come è noto,
l’abolizione delle gabbie salariali è stata un conquista che il movimento dei
lavoratori ha realizzato nell’arco di molti anni. Le “gabbie salariali” erano
uno dei tanti elementi di “sperequazione” (cioè di diversificazione tra
lavoratori) che il fascismo aveva lasciato in eredità alla fine della seconda
guerra mondiale. Le differenze salariali erano basate non solo sulla residenza (al Nord si percepiva un salario
maggiore, a parità di lavoro, rispetto al Sud e c'erano differenze anche tra una
zona e l'altra dello stesso Nord), ma erano basate anche sulle differenze di
età (i giovani erano pagati meno
degli “anziani”), sulla differenza di genere (le donne erano pagate meno degli
uomini). Quella dell’uguaglianza salariale (“a pari lavoro, pari salario”) non
fu solo una conquista di equità, ma anche la risposta alla volontà del padronato
di usare i differenziali salariali come strumento di ricatto verso i lavoratori.
Certo, fu una conquista mai realizzata
integralmente, ma rimasta spesso solo sulla carta.
La reintroduzione
delle gabbie salariali viene oggi riproposta dalla Lega, ma non è una novità. Il
secondo governo Berlusconi ci aveva già provato con i decreti 848 e 848bis nel
2001, senza peraltro riuscirci. Non solo, come segnalavamo già qualche mese fa,
l'accordo del 22 gennaio 2009 sul modello di contrattazione collettiva nazionale
(cosiddetta “riforma del CCNL”) prevedeva, attraverso il meccanismo della
“deroga” la possibilità di diversificare su base territoriale addirittura
l'intero contratto nazionale e
non solo la sua parte salariale1. Questo spiega, tra le
altre cose, la freddezza – se non
addirittura la contrarietà - di Confindustria verso la proposta della Lega.
Avendo già a disposizione gli strumenti per realizzare nella sostanza ciò che propone
Se usciamo dalla
logica strettamente contrattuale/legislativa e scendiamo nel più vasto “mondo
reale” osserviamo che con il dilagare dei contratti “atipici” (prendiamo ad
esempio i co.co.pro.) in cui non esistono livelli retributivi di riferimento, ma
tutto è lasciato alla “libera contrattazione delle parti” ovvero alla
possibilità dei padroni di prendere per il collo i lavoratori, la
diversificazione territoriale del salario è già in atto. Vigendo la “legge
bronzea” del mercato le zone a minore opportunità lavorativa offrono
retribuzioni medie più basse di quelle dove le opportunità sono maggiori. Su
scala internazionale la cosa è visibilissima quando confrontiamo, solo per fare
un esempio, le retribuzioni dei lavoratori europei e quelle dei lavoratori
africani o asiatici. Si vede ancora bene la differenza tra i salari italiani e
quelli rumeni. Ma, indipendentemente da quello che dice
Dicevamo all'inizio che il dibattito
sulla reintroduzione delle “gabbie salariali” è surreale perché dietro ad una
proposta che potrebbe apparire a prima vista nell'interesse dei lavoratori del
Nord e persino “formalmente equanime” (a
parità di lavoro, parità di condizioni di vita, laddove la sola
“parità del salario” si rivelerebbe uno svantaggio per chi risiede nelle zone
che hanno un costo della vita medio più alto3) si cela invece una proposta che
colpirebbe non solo i lavoratori del Sud, ma anche quelli del Nord, favorendo
solo il
padronato.
Come riconosce anche Luciano
Gallino4, la riduzione del salario al Sud
avrebbe come effetto, ovviamente, quello di far accorrere un gran numero di
“terroni” al Nord (così come l'afflusso crescente di immigrati non è che
l'effetto del progressivo impoverimento dei loro paesi d'origine).
PRIMOMAGGIO
Foglio per il collegamento tra
lavoratori, precari e
disoccupati
WEB: http://xoomer.virgilio.it/pmweb
EMAIL: primomaggio@info@virgilio.it, TEL:
339.4505810
I numeri arretrati del foglio e
i comunicati sono pubblicati sul sito Internet.
1
PRIMOMAGGIO, Noi la crisi non la paghiamo*. * Firmato:
Marcegaglia, Berlusconi, Bonanni, Angeletti, Polverini..., Analisi dell'accordo
quadro per la "riforma" degli assetti contrattuali sottoscritto il 22 gennaio
2009 da CISL, UIL, UGL, Confindustria e Governo ovvero come prendere a calci nel
culo i lavoratori distruggendo definitivamente il Contratto Nazionale di
Lavoro, marzo 2009: “In
particolare, deroghe di carattere territoriale, aprono la strada alla
reintroduzione delle “gabbie salariali” abolite nel 1969 e che il Governo
Berlusconi aveva già provato a reintrodurre nel 2001, peraltro senza particolare
successo, attraverso i DDL 848 e 848bis. Non c’è bisogno di dire che la
diversificazione salariale su base territoriale (in sostanza la diminuzione del salario per le regioni meridionali e
in genere depresse) aprirà la strada ad un approfondimento della
“guerra tra poveri” interna che si sommerà a quella contro gli
immigrati”.
2
Roma, 5 ago. -
(Adnkronos) - “Al Nord il reddito medio ponderato da lavoro dipendente è
superiore di circa il 30,3% rispetto a quello del Sud”. E' la Cgia di Mestre a
commentare così la richiesta di differenziazione salariale arrivata dalla Lega.
“Le gabbie salariali già esistono”, sintetizza il segretario Giuseppe Bortolussi
dimostrando, calcoli alla mano, come la differenza sia già una realtà.
Confrontano il reddito da lavoro
dipendente (inteso come imponibile Irpef medio cioè al netto dei contributi
previdenziali) di ogni singola regione riferito al 2007 emerge, infatti, “in
maniera molto evidente” la differenza tra i redditi: in Lombardia, ad esempio,
il reddito medio nel 2007 era pari a 22.800 euro, nel Lazio 21.790 , in Piemonte
20.710 in Emilia Romagna 20.190, in Liguria 19.820 , e in Veneto 19.490 euro. Al
Sud, invece, la situazione reddituale risulta essere più contenuta: a fronte dei
17.010 euro della Campania, si registrano i 16.480 euro della Sardegna, i 16.190
euro della Sicilia e i 15.040 della Puglia. Chiude la classifica la Calabria con
14.180 euro. E per confermare che il trend non è di questi ultimi anni la Cgia
ha preso in esame anche i dati riferiti al 1998: “dalla lettura di questi dati
si ha la conferma che le differenze territoriali erano molto forti anche
allora”, conclude. [La CGIA è l'Associazione
Artigiani e Piccole Imprese].
3
E noi sappiamo - o quanto meno così
ci narra la Banca d'Italia - che nel Meridione ci sono costi più bassi
(soprattutto, ad esempio, per le case). Cfr Questioni di economia e finanza, n.
49, Le differenze nel livello dei prezzi al
consumo tra Nord e Sud, Luigi Cannari, Giovanni Iuzzolino, luglio
2009.
4
Cfr. Intervista di Repubblica TV a
Luciano Gallino del 10 agosto
2009.