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Una lettera dai "sovversivi" del teorema "Fiordalisi" alla vigilia della terza udienza del processo

CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE

"La rivoluzione non è un diritto" (citazione riportata nella memoria del pubblico ministero Domenico Fiordalisi)

"Cospirazione politica col fine di costituire un'associazione sovversiva di almeno 20.000 persone. attentato all'ordine economico dello stato. istigazione alla disobbedienza delle leggi dello stato." sono le accuse per cui ci processeranno (ormai è certo) presso il tribunale di Cosenza. Il 23 gennaio, come si dice, il processo entra finalmente "nel vivo". In realtà non c'è ragione per cui il tribunale di Cosenza debba processarci per avvenimenti che hanno avuto luogo altrove, ma tutto sommato è meglio così, che in un processo politico la separatezza del potere si riproduca nell'arbitrio dei suoi dispositivi. A Cosenza ci processeranno per criminalizzare ed esorcizzare l'insorgenza sociale che a Napoli e Genova nel 2001 li ha spaventati, ci processeranno perché il falso in bilancio, gli abusi edilizi, gli affari coi mafiosi, tutto quello che serve per arricchirsi può essere condonato, ma se una generazione si mette in movimento spinta dall'insopprimibile esigenza di contrastare la guerra e la miseria globale, allora questo non può essere "condonato". Perciò una parte del movimento dei movimenti oggi è nei tribunali, a rappresentare quella moltitudine irrapresentabile. Siamo stati scelti secondo gli insondabili criteri elettivi di zelanti pubblici ministeri come Domenico Fiordalisi. Come risulta dalle carte processuali siamo stati scelti addirittura in maniera "preventiva", quando, prima che accadessero i fatti, si cercava già di costruire i colpevoli. Andiamo alla sbarra per gratificare il lavoro di apparati come i ros del generale Ganzer, ormai specializzati nella persecuzione politica (oltre che nel traffico di cocaina.). Il teorema Fiordalisi incardina un'ipotesi che descrive il movimento contro la globalizzazione autoritaria e la guerra permanente come un'enorme e verticistica macchinazione criminale, speculare probabilmente all'immaginario culturale dei nostri accusatori. Il tentativo e' di adattare ai nuovi movimenti l'armamentario repressivo delle leggi d'emergenza e del codice fascista. Questo teorema del resto è indispensabile per ribaltare le responsabilità storiche e politiche sulla gravissima repressione che si è scatenata contro i movimenti stessi, coi pestaggi di massa, le sevizie nelle caserme Raniero e Bolzaneto, l'assalto alla scuola Diaz, l'uso di gas tossici e di armi da fuoco fino all'assassinio del nostro fratello Carlo Giuliani. Il processo di Cosenza si lega perciò indissolubilmente ai processi che presso il tribunale di Genova e di Napoli cercano i colpevoli tra i manifestanti di quei controvertici, confondendo volutamente la violenza delle "forze dell'ordine" con la resistenza diffusa che essa ha provocato. Se è così siamo tutti inquisiti, perché in decine di migliaia, in quelle manifestazioni, abbiamo cercato di resistere alle cariche selvagge, ai blindati lanciati a folle velocità, ai proiettili e alle manganellate. Perché anche noi avremmo afferrato la prima cosa che ci è capitata per le mani, pur di impedire a quel carabiniere rimasto sconosciuto, di puntare la pistola e sparare contro un nostro fratello, come ebbe il coraggio di fare Carlo. Siamo tutti sovversivi perché tutti abbiamo contestato il primato del profitto sull'umanità e continuiamo a farlo nella materialità dei conflitti sociali che attraversano i nostri territori. Se mettiamo in sequenza le scene di Praga, di Napoli, di Goteborg e di Genova vediamo un processo che in forme bipartisan e sovranazionali cerca di sterilizzare con la violenza degli stati la radicalità di una contestazione arrivata ormai anche nelle metropoli dell'occidente. Chi programma ed esegue le mattanze di Jenin o di Falluja ovviamente non tollera intralci. Nei giorni del vertici internazionali abbiamo quindi visto all'opera quello "stato d'eccezione", quella sospensione dei diritti civili che quotidianamente si riproduce nelle mille Guantanamo di cui è disseminato il pianeta. Chi vede nelle giornate di Genova un parto esclusivo della destra neocons di Silvio Berlusconi si attesta probabilmente su uno schema consolatorio che nei prossimi anni riserverà altre spiacevoli "sorprese". In questi anni, nelle forme reticolari e autonome che gli sono proprie, il virus di Genova si è diffuso da Melfi ad Acerra, da Scanzano a Termini Imerese, "istigando a disobbedire alle leggi dello stato" quando queste devastano e affamano i nostri territori, "attentando all'ordine economico" del neoliberismo selvaggio, riproducendosi in libere associazioni di "almeno 20.000 persone". Troppo lavoro dottor Fiordalisi! Inutile perciò cercare di dividerci in "sovversivi buoni" e "sovversivi cattivi". In un contesto in cui la paranoia securitaria si traduce ormai in oltre 7000 procedimenti giudiziari contro la generazione di attivisti che in questo paese ha ripreso voce e parola, la posta in palio è l'agibilità stessa del conflitto sociale: lo dimostra la campagna di demonizzazione sulle iniziative del precariato sociale del 6 novembre scorso. Una morsa soffocante per un movimento chiamato oggi a interrogarsi su cosa significhi costruire la resistenza sociale al modello di guerra permanente. A chi ci è solidale diciamo perciò che non si può eludere questo nodo, che il processo di Cosenza non è un evento eccezionale, ma un'eccezionale conferma della blindatura autoritaria cui è sottoposta la società. La solidarietà deve tradursi in mobilitazione contro la criminalizzazione dei movimenti e la carcerizzazione del sociale, vincendo la tentazione comune alla destra e a tanta parte del centrosinistra di usare il carcere come discarica sociale e i tribunali come luoghi dove risolvere lo scontro politico. Ai nostri accusatori diciamo che questo processo non ci terra' in ostaggio. Continueremo a batterci contro l'inumanità della guerra, la vergogna dei cpt, la precarietà economica ed esistenziale in cui vorrebbero perimetrarci la vita. Lo faremo al fianco delle centinaia di migliaia di persone che dal primo momento si sono mobilitate quando gli arresti di Cosenza aggredirono clamorosamente il movimento e che numerosissime sono tornate in piazza proprio a Cosenza il 27 novembre, quando pure i riflettori si erano spenti ma non, evidentemente, la nuova consapevolezza della gente. Voi, intanto, continuate pure a lavorare per noi. 

Cosenza, 22 febbraio 05

I "sovversivi" di Cosenza

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