Posseduto 

di Claudio Palmieri

 

In una serata qualsiasi, di un giorno qualsiasi in un luogo qualsiasi di una "ridente localita' turistica tra le Alpi", il nostro eroe era preso da una delicata attivita' di rimozione di alcuni residui di origine orientale dalla propria attrezzatura.

Accortissimo nei gesti, maneggiava con attenzione e rapidita' gli strumenti a sua disposizione.Era evidente come quella non fosse la prima volta per lui: i movimenti sicuri, precisi, privi di ogni esitazione mostravano determinazione e professionalita'. Ogni strumento era al proprio posto, pronto ad essere usato solo nell'istante in cui era assolutamente necessario. Nessun inutile dispendio di energie, nessun movimento incoerente, solo una precisione studiata e metodica. Tutto veniva fatto in silenzio per non alterare il livello di concentrazione, in un'atmosfera asettica, cosi' come l'acciaio della superficie di lavoro.

Ogni elemento, dopo essere stato insaponato con la spugnetta veniva accuratamente risciacquato e posto nello scolapiatti in perfetto allineamento con la rastrelliera. Massima cura veniva posta nel non appoggiare le posate, rese rilucenti, sul piano di lavoro. Esse dovevano essere riposte a parte, per evitare ogni contatto con altre superfici che non fossero giudicate "igienicamente perfette".

La "cerimonia" stava per giungere al termine quando alcuni strani segnali furono captati dal nostro protagonista. Essi erano lievi, ma insistenti. Inizialmente li senti' lontani, come un rumoreggiare di nubi all'orizzonte. La sua mente, concentrata nel compito attuale, ne era appena cosciente e vi dava un'importanza marginale.

Con il passare del tempo essi cominciarono a divenire piu' insistenti: cercavano indubbiamente di rivelare la loro presenza. A questo punto la sua mente matematica fu costretta a dividersi nei compiti e comincio' ad elaborare in parallelo le informazioni portate da questi segnali: provenienza, natura, intensita'...

Il processo di analisi cosi' iniziato non poteva piu' essere interrotto, anzi, esso cominciava a sottrarre risorse al compito che fino a poco prima era stato quello principale. I gesti prima rapidi e precisi divenivano ora piu' rallentati ed esitanti; gocce d'acqua e bolle di schiuma sfuggivano al controllo prima intransigente. I momenti di latenza erano aumentati esponenzialmente. Era chiaro come fosse in atto una diminuzione, e forse una perdita, del controllo. La sua mente prima totalmente dedicata era ora instabile, incerta, indecisa su quale evento dovesse avere la priorita'. Questo provocava ulteriore incertezza, il numero di errori ed esitazioni nei gesti cominciava ad aumentare fino al punto da portare il tutto ad una stagnazione. Niente piu' si muoveva, le mani, rivestite dei guanti protettivi, erano oramai ferme, appoggiate sulla superficie di metallo; la testa era china in avanti nell'intento evidente di identificare e controllare cio'che stava accadendo. Oramai ne era certo, era qualcosa dentro di se', qualcosa stava progredendo nel suo corpo, in basso ...

Il processo era turbolento ed apparentemente inarrestabile. Il fenomeno di intensita' crescente non sembrava rispondere ai tentativi di controllo anche quando reiterati con crescente autorita'. Lentamente cresceva la coscienza che questo qualcosa stesse prendendo il sopravvento su di lui, lo stava possedendo.

La fermezza e la strenua resistenza non sarebbero durate ancora a lungo. Doveva rapidamente escogitare una strategia alternativa, prendere una rapida decisione sul da farsi.

In un attimo si libero' dei guanti protettivi, lascio' andare la delicata attivita' che fino a pochi momenti prima catturava tutta la sua concentrazione e con passi svelti e decisi lascio' la stanza dov'era per portarsi in un luogo che, in un rapido e lucido ragionamento, gli era sembrato il piu' adatto per affrontare la situazione.

Una volta dentro, chiuse la porta alle sue spalle e con un gesto rapido, che tradiva un certa impazienza, blocco' la serratura con un giro di chiave. Da quel momento in poi i suoi gesti si susseguirono rapidissimi, non c'era oramai piu' tempo da perdere: il coperchio del contenitore fu aperto, le chiusure dei suoi abiti furono frettolosamente allentate fino a liberare la parte inferiore del suo corpo ed immediato arrivo' il contatto con la fredda superficie smaltata. Giunto a questo punto si rese conto di essere oramai al tracollo: era vittima di un processo di liquefazione, a causa del quale, fragorosamente, si stava sciogliendo.

Niente e nessuno avrebbero potuto essergli di ausilio, la sua unica speranza era che finisse, il suo unico pensiero era: maledetta cucina cinese!

FINE


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Claudio Palmieri (M.C.B.) Copyright 2002-2007.


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