Come sono diventato stupido
di Martin Page
Garzanti Libri
2002
Pagine: 122
"Sono persuaso che l'intelligenza sia una virtù condivisa dalla popolazione, senza distinzione sociale: c'e' la stessa percentuale di persone intelligenti fra i professori di storia e i pescatori bretoni, fra gli scrittori e le dattilografe …
[…]
Tuttavia, potenzialmente, a contatto con una molteplicità di stimoli e lasciando che la mente frequenti un'atmosfera arricchente, l'intelligenza trova un terreno favorevole al proprio sviluppo, proprio allo stesso modo di una malattia. Perché l'intelligenza è una malattia."
Così con la conclusione che l'intelligenza sia una malattia, concetto espresso in un manifesto contro l'intelligenza da Antoine, protagonista di questo
romanzo d'esordio, Martin Page ci spiega perché il suo protagonista voglia diventare stupido.
Antoine è infatti stufo di essere dotato di un'intelligenza che lo porta sempre a riflettere su tutto, ad essere lucidamente conscio di ogni gesto e decisione della sua vita, ad avere un atteggiamento critico che analizza logicamente qualsiasi evento accada nella società e nella sua quotidianità.
E' una vita d'inferno, in cui l'intelligenza genera coscienza e questa crea, nel mondo in cui viviamo, frustrazione e ribellione. Allora essere intelligenti significa anche mettersi in minoranza, fuori dall'orda di persone che fanno le cose solo per il gusto di farle, o che le fanno solo perché la società le spinge ad agire in tal modo. L'intelligenza è sì il vaccino contro la massificazione, ma ha come effetto collaterale l'estraniazione da un mondo fatto di luci sfavillanti, auto costose e stili di vita che hanno per modello quello offerto dai rotocalchi patinati e dai facili guadagni della new-economy.
Antoine allora, per mettere fine a quest'emarginazione, vuole definitivamente sfuggire alla condanna di essere intelligente. Inizialmente prova a farlo annullando la sua
coscienza ipercritica: in un primo tentativo prova a diventare un alcolista e poi, in un secondo accarezza l'idea
piu' radicale di annullare completamente il proprio essere con il suicidio.
Fortunatamente per lui, questi primi approcci traumatici falliscono miseramente ed in maniera buffa,
e solo una terza via, supportata dal guadagno facile e da un'adeguata terapia farmacologica a base di Heurozac (farmaco dal nome volutamente somigliante al Prozac), fornisce ad Antoine la soluzione giusta per arrivare con successo al suo ambizioso obiettivo:
"Per coloro che sono perfettamente integrati nella società esiste una sola stagione, un'estate perpetua, che abbronza la loro mente a un sole che non tramonta sul loro sonno: hanno sogni in cui non fa mai notte. Antoine aveva vissuto venticinque anni di autunno piovoso: d'ora in poi, fosse inverno, primavera, autunno, per la sua coscienza non ci sarebbe stato altro che il regno indistinto dell'estate."
Il romanzo di Page è scritto con intelligenza e vivacità. Nelle sue pagine si scovano frequenti trovate divertenti che hanno uno
humor che è a metà strada tra quello di Woody Allen e quello di Daniel Pennac (battute come "ipocondria astiosa" o personaggi come l'amico che parla in versi, tanto per capirci). E' un libro che si muove attorno ad un'idea folle e che si trascina quindi attraverso una serie di vicende altrettanto folli ed incredibili. Scelte assurde con evoluzioni e conclusioni inattese, colpi di fortuna, folgorazioni e colpi di scena che costruiscono un racconto spassoso.
Come dicevo Page non si risparmia nelle battute di spirito da quelle intelligenti e ben congeniate come: "La maggior parte delle persone diventano alcoliste senza metodo, bevono whisky, vodka in enorme quantità, si ammalano, e ricominciano a bere. Se vuoi il mio parere, Antoine, sono dei cretini. Dei cretini e dei dilettanti! Si può benissimo diventare alcolisti in modo più intelligente, con una sapiente utilizzazione delle dosi e della gradazione alcolica." ad altre più dirette ed esplosive come: "D'altronde vedeva assai bene come il suoi atteggiamento intransigente si avvicinasse alla mortificazione cristiana. Questo lo imbarazzava perché era ateo,
[…]") per cui la lettura del romanzo scorre veloce e leggera.
Con questa storia Page da' uno sguardo sarcastico alla nostra società che sempre di più si basa sull'apparire e nella quale si viene spinti sempre più a mettere il cervello in condizione di "pause" lasciando però ben aperti i canali di ricezione attraverso i quali, senza più alcun filtro, i lustrini ammiccanti e le paiette luccicanti dei falsi nuovi valori possano permearci e ingannarci. Quindi il libro e' un'accusa forte contro un modo di vivere basato sull'apparenza e sul denaro. Un mondo in cui l'immagine del vincente è quella che conta, dove e' importante avere una macchina lussuosa parcheggiata sotto casa e vestire come pochi altri possono farlo anche se questo implica cattivo gusto. Una cultura "dell'apparire" figlia di una new economy priva di principi e di scrupoli che promette ai suoi seguaci una calda e perenne estate.
Il libro di Page si legge con piacere, senza fatica. Esso denota una spiccata intelligenza narrativa dell'autore e una sua buona cultura letteraria. Ci si trovano forse dei
dejà vu (come dicevo Allen e Pennac) e un uso a profusione delle citazioni che, forse, è al limite dell'ammissibile (da Renoir a Spinoza, da Machiavelli a
Nietzsche).
A mio parere, la storia sarebbe potuta terminare al penultimo capitolo. Nel capitolo finale,
mi sembra che Page dia l'idea di applicare la tecnica del "deus ex machina" per far apparire un personaggio dal nulla a cui affidare solo il compito di concludere
la narrazione con un lieto fine.
Volendo esprimere un giudizio generale su questo romanzo, direi che esso è
stato sopravvalutato dalla critica (o forse eccessivamente "pompato"
dall'operazione commerciale che lo ha lanciato sul nostro panorama editoriale
sventolando le sue traduzioni in 14 paesi). "Come sono diventato
stupido" è un
romanzo di facile consumo, adatto ad una lettura usa e getta e che, in verità,
non ci rivela alcun caso letterario.
Nota tecnica:
Martin Page, in questo suo libro, varca una delle frontiere tra scrittore e lettore chiedendo una deroga al
patto narrativo. Giocando a carte scoperte, egli nel primo capitolo, attraverso le parole del protagonista-narratore, rivela al lettore che il libro sarà a lieto fine. Infatti, Antoine nello scrivere il manifesto per la sua scelta di diventare stupido, rivela la sua convinzione che "il protagonista se la caverà, che addirittura uscirà arricchito da tante peripezie". Page, con l'artificio della scrittura del manifesto, esplicita un accordo tacito che si crea per ogni lettura tra chi scrive e chi legge (nel bene o nel male sai che ti racconterò una storia in cui il protagonista vuol diventare stupido, ma attraverso un po' di peripezie, non solo non diverrà tale, ma capirà qualcosa in più della vita) e implicitamente chiede al lettore di accettare ugualmente il
patto narrativo e forzare la sua interruzione dell'incredulità per leggere e godere della storia come se non avesse coscienza di tale rivelazione.
L'incipit:
Ad Antoine era sempre sembrato di avere l'età dei cani. Quando aveva sette anni, si sentiva logorato come uno di quarantanove; a undici, aveva il disincanto di un vecchio di settantasette. Ora, a venticinque anni, sperando in una vita un po' più dolce, Antoine decise di coprire il proprio cervello con il sudario della stupidità. Troppo spesso aveva osservato che l'intelligenza è parola che designa sciocchezze ben costruite e sapientemente enunciate, ed è talmente traviata che sovente è più vantaggioso essere stupidi che intellettuali doc. L'intelligenza rende infelici, solitari, poveri, mentre mascherarla permette un'immortalità' da rotocalco e l'ammirazione di quelli che credono in ciò che leggono.
Una citazione:
"Acquistò dei begli abiti che faranno di certo ridere le future generazioni, ma che, per il momento, diffondevano la sua superiorità sul popolo comune che non ha i mezzi di mostrare tanto cattivo gusto con tanta naturale ostentazione."
Claudio Palmieri, Novembre 2002
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