La valigia del signor Budischowsky
di Isabella Bossi Fedrigotti
Editore: Rizzoli
Collana: La Scala
Anno: 2003
Pagine: 129
Costo: 12.00 Euro
Ero al supermercato ed ho visto la copertina de "La valigia del signor Budischowsky". Mi sono ricordato che nella Mailing List della redazione di Progetto Babele si era parlato dell'autrice di questo libro, Isabella Bossi Fedrigotti, e allora mi sono messo a sfogliarlo infischiandomene del cartello che diceva "Si prega di non sfogliare libri e riviste".
Lì, tra carrelli pieni di merce e annunci pubblicitari gridati dagli altoparlanti, ho aperto "La valigia del signor Budischowsky" e sono rimasto vittima della più efficace operazione di marketing che un libro possa attuare: catturare il lettore con le sue prime pagine. L'ho comprato. E' uno di quei libri piccoletti, con la copertina rigida ed una sovracopertina. Quest'ultima è bianca con un disegno di Matteo Pericoli. Piccolo com'è, questo libricino lo rigiri facilmente tra le mani e, al tatto, dà una sensazione piacevole. La mia insanabile pigrizia mi fa amare questi libri piccoli e con il testo scritto con sole ventiquattro righe per pagina. Quando, come in questo caso, me ne capita uno fra le mani, lo guardo e soppesandolo penso che potrei leggerlo rapidamente, tutto d'un fiato. Il rischio però è che, come più di una volta mi è successo, dietro queste "confezioni" deliziose si nascondano dei vuoti pneumatici o delle amare delusioni, tanto da far sì che l'aspetto esteriore sia la cosa migliore del libro. Ma, state tranquilli, non è stato il caso de "La valigia del signor Budischowsky"; questo è un bel libro.
Alla fine della lettura, mi è venuto da pensare come, in qualche modo, questo libricino simboleggiasse proprio la valigia di cui ci narra. Difatti la Budischowsky, una grossa valigia di pelle chiamata familiarmente col solo nome del suo fabbricante, il baffuto signor Budischowsky boemo di Brno, oramai non è più preposta a contenere gli abiti dei quattro ragazzini che essa accompagnava nelle vacanze al mare ed in montagna. Oggi è in soffitta messa da parte, in disuso, ma, come questo piccolo libro, contiene ancora tutti i ricordi dei luoghi, delle persone e delle esperienze che, durante quelle vacanze, hanno scandito l'infanzia e l'adolescenza di quattro fratelli.
Isabella Bossi Fedrigotti rovista in questa capiente e sformata valigia servendosi di una prosa delicata ed elegante. Tra gli abitini, i giochi, e le scarpe, a volte stipati con grande perizia, altre volte gettati alla rinfusa, la Bossi Fedrigotti estrae una piccola raccolta di racconti; cinque brevi storie, nelle quali la Budischowsky, macchiata e invecchiata dall'uso, svolge, per un'ultima volta, il suo ruolo e ci accompagna in un viaggio nel tempo. Con cinque brevi tappe, la Budischowsky ci conduce attraverso i ricordi dei luoghi e delle persone che hanno costellato l'infanzia dei protagonisti, due sorelle e due fratelli, e ci trasmette i sapori, gli odori e le sensazioni provati dai quattro bambini che in essa riponevano le loro cose alla partenza per le vacanze.
Dall'interno di questa pesante valigia escono, limpidamente delineati dalla voce narrante della maggiore delle due sorelle, personaggi quali la piccola tata che, accompagnatrice delle vacanze al mare, sapeva tenere a bada i quattro bambini conciliando fermezza e dolcezza e soprattutto facendo quadrare i conti con i pochi soldi che i genitori di questi gli passavano; l'antipatica signorina Frida che, nelle settimane passate in montagna, era il catalizzatore di tutti i giochi e gli scherzi dei quattro monelli; il "piccolo Lenin", un bambino di nome Mattia che, compagno di giochi durante una delle vacanze in campagna, era sembrato troppo "per benino" ai quattro fratelli per poter veramente diventare un loro amico; infine, la suora baffuta e spietata che, nel collegio femminile frequentato dalle due sorelline, imponeva l'ordine ed esercitava il controllo agendo con severità assoluta in un luogo dove la trasgressione era, di per sé, quasi impossibile.
Aprendo "La valigia del signor Budischowky", anche chi legge, grazie alla fluida ed efficace narrazione della Bossi Fedrigotti, riesce a sentire gli odori delle estati calde passate in campagna, di quei lunghissimi pomeriggi di Luglio in cui da bambini si ciondolava aspettando il passare della calura e delle ore. Rovistando, si possono riassaporare quelle merende fatte nel fresco delle cucine di marmo, dove, nella penombra delle persiane semichiuse, la fame di bambini rendeva il pane con la marmellata, una merenda di una bontà incomparabile. Frugando ancora, si possono ritrovare i ricordi delle estati passate alla ricerca di nuovi giochi e di nuovi amici, in un tempo in cui la televisione era un elettrodomestico da usare con parsimonia.
Ma, dentro questa vecchia e macchiata valigia, non si ritrovano solo i ricordi buoni. Essa contiene tutta la fanciullezza dei quattro bambini e quindi, a cercare bene, assieme alle sfumature di rosa essa ci rivela i toni di grigio di quell'infanzia tra fratelli. Piccole e grandi cose che hanno segnato ugualmente la loro memoria: dall'imbarazzante confronto con gli altri bambini meglio vestiti e che, al mare, facevano gruppo lasciando i quattro fratelli al di fuori dei loro giochi, alla noia delle vacanze in montagna imposte dai genitori e durante le quali i giorni sembravano non passare mai, immobili come in una fotografia; dai sovradimensionati sensi di colpa per una qualche marachella, al peso dell'assenza, non solo fisica, dei genitori; dalle frustranti punizioni subite in collegio alle frequenti liti coniugali tra due genitori troppo diversi.
E proprio in una di queste liti la Budischowky, oltre che testimone era stata anche protagonista. Promossa al ruolo di arma di dissuasione, in un momento di crisi matrimoniale, essa era comparsa all'ingresso di casa piena degli abiti del capofamiglia e vi era rimasta per mesi come monito dell'incombente rischio di una separazione.
Come la protagonista di questo libricino accarezzando la pelle dura e macchiata della valigia rivive i suoi ricordi, (che forse sono, in parte, anche quelli dell'autrice) così il lettore, sfogliando "La valigia del signor Budischowky", riesce a cogliere perfettamente le sensazioni e gli stati d'animo dei bambini protagonisti. Nel caso in cui l'età di chi legge si avvicini a quella dell'autrice, com'è nel mio caso, l'energia di queste sensazioni si intensifica nutrendosi dei ricordi propri di chi legge. Si genera così un'emozione più grande, una sorta di malinconia, un placido senso di nostalgia che a me ha riportato, d'incanto, certe immagini della mia infanzia che ora trovo, nonostante tutto, incontestabilmente belle.
L'incipit:
"Finita la scuola noi bambini dovevamo partire subito, a precipizio, per il mare, probabilmente per non perdere i buoni prezzi della bassa stagione. I genitori naturalmente restavano a casa. Nostro padre aveva da lavorare e la mamma non era interessata ai bagni ed alla spiaggia: forse lo trovava troppo faticoso e caldo, forse allora non s'usava ancora. Partivamo con la nostra tata che, uno dopo l'altro, intorno ai dodici anni, avremmo superato in statura. Era piccola ma energica, capace di far viaggiare in treno quattro bambini vicini d'età, più varie borse per sé e una grande valigia comune per noi fratelli."
Una citazione dal testo:
"Fu durante una di queste merende parallele che comprendemmo, in un lampo, non solo quella sua particolare espressione di vago disprezzo, che ci riservava, ma tutto il suo atteggiamento: doveva essere un comunista, esattamente come lo erano certi personaggi definiti tali da nostro padre, un avvocato per esempio, che ci aveva portato via, per sposarla, una amatissima cameriera, un cartolaio, dal quale ci era proibito rifornirci, i cui figli non erano battezzati, e un poco anche il viceparroco che in chiesa predicava sempre contro chi non regalava tutto ai poveri. La parola cadde tra noi come una bestemmia, pesante e sinistra. Perché sapevamo che i comunisti rappresentavano il vero pericolo, la grande minaccia sempre in agguato: altro che i fantasmi, i ladri o gli animali feroci che, di notte, talvolta turbavano il nostro sonno."
Claudio Palmieri, Marzo 2003
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Pagina scritta il 25 Marzo 2003 e aggiornata il 7 Aprile 2003