Cronaca dal Mondo

ARIA DI CONTINENTE

di Renato Mansi

“Apro la finestra del balcone e l’America non c’è e sentirne la mancanza è il mio modo di continuare a viverla”.

Maruja.Torres

L’Uruguay venne chiamato, sino all’epoca della sua nascita quale Stato Indipendente (25 agosto 1825), Banda Oriental perché situato sulla sponda sinistra dell’estuario del Plata, in una zona temperata a sud-est dell’America Meridionale: un continente di antiche storie, grandi tradizioni e mitiche migrazioni.
Proprio qui l’emigrazione italiana fu massiccia, come del resto in Argentina e in Brasile, anche se agli inizi dell’Ottocento di natura prevalentemente politica. Lasciarono il nostro paese liberali, patrioti e rivoluzionari che a Montevideo si riunivano in circoli o congreghe di spirito filo-massonico, per diffondere il pensiero di Mazzini.
Il più grande di questi esuli fu Giuseppe Garibaldi che fece dell’Uruguay la sua seconda patria ricordandolo sempre con amore e nostalgia nei suoi scritti e nelle conversazioni con gli amici.
L’Uruguay è stato da sempre uno dei paesi americani prediletti dagli Italiani.
Nel 1910 si calcolava che vi fossero 100.000 immigrati, la più alta percentuale del contributo etnico straniero al paese, di cui il 40% vivevano nella capitale.
La loro influenza è stata determinante, specialmente nel campo dell’edilizia, dell’agricoltura, della medicina e dell’arte. Di minore importanza è stata la loro influenza nella storia politica, se si eccettuano l’epoca garibaldina ed il movimento sindacalista di fine secolo che fu essenzialmente anarchico-socialista-romantico, quest’ultimo introdotto da quegl’esuli che, avendo ripudiato il regime monarchico in Italia sognavano la formazione di una società ideale.
Ma anche dall’Uruguay si è avuta un’emigrazione verso l’Italia, un’emigrazione a carattere passaggero composta da intellettuali e da artisti che preferirono questo paese per i loro studi di perfezionamento.
L’elenco sarebbe interminabile e perciò ci limiteremo a ricordare in particolare uno scrittore, legato e appassionato amante della Sicilia dove vi morì nel 1917 a Palermo: Josè Enrique Rodò .
Intellettuale vigoroso ebbe una decisiva influenza sulla formazione culturale della gioventù latinoamericana del Novecento attraverso i suoi scritti e le sue conferenze, eternando il concetto del desiderio di un miglioramento individuale e collettivo attraverso il culto della bellezza e la ricerca della verità.
Così racconta il saggista uruguaiano Gustavo Gallinal, uno dei più autorevoli critici dell’opera di Rodò, l’arrivo dello scrittore in Sicilia durante il suo viaggio in Italia:
“…La Sicilia sta alla Grecia come il portico alla “cella” nel tempio antico. Tuttavia credo che la Sicilia e l’Italia fossero vicine al cuore di Rodò più della stessa Grecia, perché la sua terra di sogno si trovava in questo punto di confluenza delle due grandi correnti spirituali cui la nostra civiltà deve la sua fertilità inesauribile:
la classica e la cristiana.”
Sperando di continuare a parlare di viaggi nel lontano e libero Uruguay, staremo a vedere se l’imposizione dell’ALCA(Area di Libero Commercio delle Americhe),voluta da Bush padre per trasformare l’America Latina in un continente al servizio dell’economia statunitense, ci farà ancora sognare così come fecero in ordine cronologico Artigas e Battle, permettendo finalmente ai giovani di non emigrare e ai bambini di nascere poveri.