APPENDICE
II Testamento
del sacerdote Domenico Antonio Pievesauli del 4 settembre 1704 (ASL 40/17
contenuto nell’atto del 4 settembre 1713) Io
sottoscritto D.Domenico Antonio Pievesauli figlio legitimo e naturale
delli quuondam Gio: Battista Pievesauli e d. Caterina d’Acugna olim coniiugi
di Gallipoli, per la grattia di Dio Sacerdote di questa Cattedrale di
Gallipoli considerando maturamente la brevità di questa vita temporale,
e l’incertezza dell’hora della mia morte, e temendo mi habbia à succedere
ex fragilitate humane in tempo, hesso non possa disponere delle mie robbe
et heredità con quella riflessione che si richiede,mentre in quell’hora
più che mai deve il christiano tener distaccato il pensiere dalle cose
del mondo,et unirsi con Dio, ho per ciò stimato necessario al presente
che sto con sano senso,et ratio mentem regit, di disponere adesso di modo,che
seguita la mia morte,quando il signore piacerà non abbia sortire lite
o disturbo alcuno intorno alla mia heredità; intanto ho deliberato di
fare il presente mio ultimo e solenne testamento in scriptis,in virtù
del quale rivocando prima ogn’altro testamento tanto solenne et inscriptis,
quanto nuncupatim, codicillo donattione pausa mortis, o altra si fusse
ultima disposizione da me o di mio consenso fatta sotto qualsiasi espressione
di parole etiam cum clausula derogatoria derogatorie, et signanter espressamente
rivoco, annullo, e casso lo testamento in scriptis, chiuso e siggillato
condito di mano di Notar Pietro Paolo Senapo di Gallipoli sotto le nove
di maggio dell’anno mille seicento novantasei seu alio veriori vie, una
con tutte le disposizioni, e legati anche prius contenuti in quello; dichiarando
con quest atto quelle in tutto inrite, nulle invative, e di gnuno valore
e sussistenza solo voglio che questo sia il mio ultimo testamento e volontà;
quale voglio, ordino e comando che vagli jure testamenti solemnis et in scriptis sive
nuncupativi, vel jure codicillorum, donationis causa mortis, seu donationis
et legatiorum ad pias causas, e che sortisca in quel migliore modo che
de jure potesse valere; ancorchè non avesse forma di testamento; e voglio
che qualsisia persona che mi succedesse così in virtù del presente testamento
come ab intestato, sia tenuta et obbligata adempire, eseguire et osservare
quanto nel presente testamento si contiene giusta la sua serie, continenza
e tenore; senza detrahere ne defalcare cosa alcuna dal presente testamento,
e legati i contenuti in esso ne per raggione di quarta falcidia ne per
raggione di trebellianica, ne per il debito sussidio dei beni, ne per
qualsisia altro titulo, e causa permessa dalle leggi; che così è la miavolontà. Prima
di disponere delle mie robbe e beni toccanti al corpo, acciò riesca la
disposizione tutta a gloria del signore, con la di cui gratia confido
finire questa vita temporale et acquistare l’Eterna, invocando il suo
Divino Aggiuto, raccomandando lo Spirito mio nelle mani pietosissime di
S.D.N., sperando haver ad’ottenere per il merito del pretiosissimo Sangue
sparso da Nostro Signore Giesù Christo ed intercessione dell’Immaculata
e sempre Vergine Maria N.ra Signora
ed avvocata, e per li meriti di tutti i santi, e precise del Glorioso
Patriarca Domenico e S.Antonio miei Protettori, S.Michele Arcangelo, e
dell’Angelo mio custode il perdono delle mie colpe. Volendo,
che eseguita la mia morte al mio corpo si dia l’ ecclesiastica sepoltura
in sepulcro meorum Maiorum entro la chiesa di S.Francesco D’Assisi di
questa città, nella cappella dell’Assunta B.V. della famiglia di me testatore
con quelle pompe funerari da me ut infra declarande. E
perchè il capo e principio del testamento è l’ institutione dell’ herede,
senza la quale il testamento si dice nullo et invalido de jure; perciò
io predetto testatore D. Domenico Antonio Pievesauli instituisco, ordino
e faccio mio herede universale e particolare la Signora D. Antonia hoggi
Teresa Pievesauli mia sorella utrinque congionta sua vita durante tantum
sopra tutti miei beni, mobbili, stabbili, sesemoventi, crediti, censi,
pecunia numerata in qualsiasi somma e quantità si trovarà nell’hora di
mia morte, ogli nomi de debitori, che precise ne conservo in casa un libro
in quarto foglio coverto di carta corigna e tre altri cioè due in quarto
foglio e l’altro in ottavo com coverta turchina, et altri scartafacci,polizze,
obliganze, et altre scripture, nelle quali appaiono tutti li miei crediti,
ori, argenti lavorati, suppellettili,
icone e reggimenti di casa; juri attioni, e ragioni, heredità e
scadenze, e successioni a me devolute e devolvende; e sopra tutto e quanto
a me spetta, e puo spettare dell’heredità del quondam Gio:Battista Pievesauli
mio padre, della quondam d.Caterina d’Acugna mia madre, del quondam Bartolomeo
Pievesauli Seniore mio Avo paterno, della quondam Laura Foggetta mia Ava
paterna, e di altri zii e zie et di altri predecessori miei defonti, de
quali sono stato, e sono coherede col quondam Bartolomeo mio fratello
utrinque congionto, e sopra tutto a quanto mi spetta e puo spettare della
portione hereditaria del d.o quondam Bartolomeo Pievesauli mio F.llo utrinque
congionto per li frutti perceputisi da d.o quondam Bartolomeo mio fratello
delle de(tte) communi robbe hereditarie per tutto il tempo che sono stati
in commune, e sopra li beni comprati da d.o Bartolomeo mio fratello sempre
communitari; com’anche sopra tutti l’altri crediti particolari che tengo
contro del sud.o quondam Bartolomeo mio fratello, e contro del S.Gio:Battista
Pievesauli figlio et herede di quello et mio nipote ut infra declarandi;
nelli quali beni sincome in tutta la mia heredità voglio che succeda d,a
Signora d..Antonia hoggi Teresa mia sorella, nell’infrascritti legati, e con gli infrascritti
fedi patti condittioni, vincoli, sustituttioni e fidei commissi inviolabilmente
da osservarsi nel modo che siegue ad unquem etiam in minimis; et non aliter,
nec alio modo . Et
voglio che la sudetta signora d. Antonia hoggi Teresa Pievesauli mia sorella
et herede ut supra instituita debba essere semplice usufruttuaria sua
vita durante tantum di tutta la mia heredità con li pesi ut infra dichiarandi,
quali voglio che ad unquem et inviolabiliter sosservino et adempischino
etiam in minimis; e però d.a sigmnora d. Antonia hoggi Teresa mia herede
in niun modo, e sotto qualunque causa titulo e
colore possa ne debba donare, cambiare, vendere et alienare o distrahere
li miei beni, attioni, e raggioni hereditarie; ma ogni alienattione, donatione,
permuta, vendita, e distrattione, che dalla sudetta mia herede si facesse,
voglio che s’intenda, sia e debba essere nulla, invalida, e come se mai
fusse stata fatta da d.a mia herede; atteso che voglio, ordino e comando
che tutti li miei beni, attioni, e raggioni restino sottoposti ad’un strettissimo,
perpetuo, et reale fideicommisso per le cause infrascritte; ità che nè
meno d.a mia herede possa alienare e cambiare etiam pro ecstrema necessitate,
nec pro evidenti utilitate della mia heredità; che così è mia volontà. E
perchè l’intentione mia è stata et è di erigere, et fundare un Monastero
dentro questa città di Gallipoli o nel feudo e territorio d. città della
Religione de R.R.Padri Agostiniani scalzi se fussero capaci di successione;
e non volendono detti R.R: Padri scalsi di S. Agostino o non potendono
havere Monastero in questa città o suo feudo, o non essendono capaci di
successione, la mia intenzione è stata et è di fundare et di eriggere
un Monastero de R.R. Padri Teatini dentro questa città o suo feudo se
fussero capaci di successione; e quante volte detti R.R: Padri Teatini
non volessero o non potessero havere Monastero in detta città o suo feudo
o non fussero capaci di successione, la mia intenzione è stata et è che
si erigesse e fundasse un Monastero dentro detta città o suo feudo di
una Religione che non vi sia in detta città di Gallipoli e che meglio
parerà e piacerà a Mons.Ill..mo Vescovo di Gallipoli purchè sia capace
di successione; che però io sud.o d. Domenico Antonio Pievesauli testatore
ex tunc protunc seguita la morte di d.a Signora d. Antonia hoggi Teresa
Pievesauli mia sorella et herede instituisco e sustituisco mio herede
universale e particolare lo sudetto venerabile Monastero eriggendo et
fundando come sopra o della Religione dei RR. Agostiniani scalsi o per
difetto di questi che non vorranno o non saranno capaci di successione,
della Religione de RR. P.dri Teatini; e se questi non vorranno o non potranno
o non saranno capaci di successione, di quella Religione, che non vi sia
in Gallipoli, e che meglio parerà e piacerà al sud. Ill.mo Vescovo di
Gallipoli purchè sia capace di successione, sopra tutti e qualsivogliano
miei beni, mobbili. stabbili, ori, argenti, nomi di debbitori, eredità,
censi, recolligenze, denari contanti, suppellettili, sesemoventi, Reggimenti
di casa, juri, attioni, e raggioni, et ogn’altra cosa come sopra a me
spettante, e pertinente, heredità, e scadenze, successioni devolute e
devovende, parti, portioni e pretentioni a me stesso testatore spettanti
e pertinenti come sopra d.to, e sopra ogni altra cosa, jure, attione niuna
esclusa ezcepto l’infrascritti negati con l’infrascritti pesi; volendo
che detto monastero ut supra erigendo abbia da osservare ed eseguire tutto
quanto nel presente testamento si contiene. Et acciocchè la volontà mia
si mandi ad effetto comando che l’erettione di detto monastero si debba
fare e ne debbano avere il pensiero e peso li signori don Biasio Antonio
Sansonetto, clerico FRancesco Antonio Brigante, ei il signor Nicolò Giuseppe
Micetto di Gallipoli miei stimatissimi e ciascuno di loro debbano fabbricare
il detto monastero, comprare il suolo vesti suppellettili argenti ori
et ogn’altra cosa che vi è necessaria; e quello compito ottenere tutti
l’assensi necessari e successivamente consegnare a detto monastero tutti
li beni di mia eredità, che così è la mia volontà. Et voglio che il sito
di detto monastero eriggendo con la sua chiesa debba fabbricarsi in loco
e grandezza secondo il volere de’ padri di quella religione, e per tal
effetto detti padri debbano esserne intesi prima di comprarsi il luoco
per venire ad assistervi se vorranno nella costuttione di detto monastero
e detta sua chiesa; et acciocchè li detti Sansonetto, Brigante e clerico
Micetto possano essere rimunerati delle loro fatighe et assistenze, voglio
che tutti e tre debbano godere di provvisione il diece per cento ogno
anno sopra tutte le rendite et intrateche perverranno dalla mia eredità.
Nè lascio di dire alli suddetti tre, che il mio desiderioe gusto sarebbe
che detto monastero s’erigesse e fondasse nella chiesa di S.Maria delle
Gratie di Daliano sita nel feudo di Gallipoli; et perciò li prego a fare
tutte le diligenze possibili per ottenere la grattia di detta chiesa;
ma quando non si potesse ottinere la suddetta possissione faccino detto
monastero a disposizione di detta religione purchè si fabbrichi dentro
Gallipoli o nel feudo di detta città. Et
in caso che detta mia erede si trovarà morta prima di me, in tal caso
io da oggi direttamente instituisco mio erede universale e particolare
lo suddetto monastero ut supra erigendo. Et
in caso che li padri agostiniani scalsi saranno incapaci di successione
in tal caso voglio che si fondi monastero de padri Teatini, quale istituisco
istituisco e faccio mio erede universale
e particolare. E se la suddetta religione teatina similmente sarà incapace
di successione, in tal caso voglio che si fondi un monastero di religione
che non vi sia in Gallipoli, e che meglio parerà e piacerà a mons. illustrissimo
vescovo, purchè sia capace di successione. Item
voglio che secuuta la mia morte ciascuno delli miei eredi ut supra chiamati,
debba procurare d’esiggere tutti li miei crediti affinchè si possano applicare,
come voglio s’applichino, in compra de beni stabili e di annui censi in
augumento della mia eredità. Nel quale monastero voglio ordino e comando
s’abbino e debbano tenere in perpetuum l’imprese della mia famiglia Pievesauli
sopra la porta maggiore della sua chiesa, sopra li mie magazzene, e case
site in questa città et in ogni altro luogo possibile et in ogni altro
fabrico di case che spettano a me e nel quadro maggiore della sua chiesa
abbino e debbano farci dipingere efficie in ginocchione et orante col
titulo di fundatore, e nell’altre tre cappelle, quadri e panni d’altare
della mia fameglia abbino e debbano farci pittare le mie imprese, che
tale è la mia volontà. Item
io suddetto testatore in suffragio così dell’anima mia come della quondam
Caterina D’Acugna mia madre, voglio e ordino che dal giorno di mia morte
avanti s’abbino e debbano celebrare messe quattro per ogni settimana in
perpetuum, cioè una la domenica nell’altare di mia fameglia sotto il titolo
dell’Assunta, et una in die feriali ad libitum nella cappella di mia fameglia
sotto le mie case entro questa città sotto il titulo dell’iImmaculata
Concettione e SS. Bartolomeo e Orontio una messa per l’anima di detta
mia madre celebranda in ogni domenica nell’altare della cappella di mia
famiglia sotto il titulo della Beta Vergine, Nostro Signore, S,Giuseppe,
San Diego e Santa Catarina martire entro la chiesa dei Padri dell’Osservanza
sito fuori la terra di Racale; e l’altra messa ogni settimana per l’anima
di detta signora Antonia oggi Teresa Pievesauli mia sorella celebranda
non nell’istesso giorno della mia nell’altare della suddetta cappella
di mia fameglia sotto le mie case: e pagare la carità di quelle alla ragione
di grana diece la messa; et voglio che detta mia eredità passi per haeredes
col peso et obbligo perpetuo della celebratione delle suddette messe quattro.[omissis] Item
voglio ordino e comando che li suddetti miei eredi ogni anno in perpetuum
m’habbino e debbano far celebrare un anniversario con una messa cantata
con li ministri; quale voglio mi faccino celebrare dai Padri Riformati
di S.Francesco d’Assisi, nell’altare della suddetta mia cappella entro
la chiesa del suddetto loro monastero, dove mi sepelisco con pagare carlini
sette di carità incluso il suono delle campane, e continuare così ogni
anno in perpetuum, che così è la mia volonta.[omissis] Item
voglio che seguita la mia morte li suddetti miei eredi debbano per una
volta tantuum in suffragio di mia anima far celebrare fra il termine d’un
mese messe numero mille, cioè numero cinquecento dal capitolo e clero
e le restanti dalli Padri Riformati, dalli Padri Domenicani e dalli Padri
Paulini di detta città; con pagare la carità delle suddette messe ai un
carlino per ogni messa[omissis] Item
voglio che al mio cadavere s’habbia da dare l’ecclesiastica sepoltura
entro la chiesa de Padri Riforemati di questa città, e nel tumolo della
mia cappella dove si sono seppelliti li miei maggiori, con l’abito del
glorioso e serafico Padre S. Francesco d’Assisi, et voglio che si faccino
le mie esequie con le pompe funerali cioè con l’intervento del capitolo
e clero econ tutte le religioni e confraternità, con catafalco e musica,
e posto detto mio cadavere nel bauglio foderato assieme con la bara di
friso negro ed ogni altro che si ricerca di quella condittione che si
sono seppelliti li miei antecessori,èomissis[omissis] E
perchè detta mia sorella et erede come
donna non può attendere al coltivo delli stabili ad affittare li magazzeni
di riponer oglio et alla percettione de frutti delli medesimi et alle
liti, che perciò prego detti Sansonetto, Brigante e clerico Micetto che
li medesimi in solidum abbino la cura anche vita durante detta nia sorella,
di coltivare li stabili affittare li magazzeni suddetti e di percipere
et esiggere l’annue intrate e frutti et affi, et annui censi di tutta
la mia eredità; e per detta cura lascio a tutti e tre medesimi il diece
per cento dell’annue rendite di mia eredità da ripartirselo pro rata fra
tutti tre; e li supplico a non fare di meno d’eseguire quanto l’imcarico.
Item dichiaro come con mio proprio denaro m’o comprato due schiave turche
quali poi le ho fatte fare cristiane, una nomine Caterina Teresa quale
è giovine, e l’altra nomine Rosa quale è di più età; quali due schiave
ordino che restino con la signora mia sorella nel quarto delle mie case,
con tenere sempre polizzate le dette mie case con tutti li suppellettili;
e seguita poi la morte di detta mia sorella, voglio che dette due mie
schiave restino libere[passim] E
seguendo poi la morte di quelle seppellirle nel convento de Padri riformati
di questa città, non nella sepoltura de miei maggiori ma in un’altra sepoltura[passim] Item
voglio, ordino e comando che li suddetti miei eredi, abbino e debbano
in perpetuum da mantenere il jus patronato delle tre cappelle di mia famiglia
de Pievesauli in questo modo cioè: la cappella sita sotto le mie case
dentro questa città sotto il titulo dell’Immaculata Concettione, di San
Bartolomeo e S.Orontio; l’altre poi due cappelle cioè una dentro la chiesa
del venerabile convento di S.Francesco d’Assisi de padri riformati di
detta città sotto il titolo dell’Assunta di Maria Vergine e l’altra dentro
la chiesa del convento de Padri minori osservanti fuori la terra di Racale,
s’habbino da mantenere li suddetti miei eredi con l’ordine detto di sopra,
spettando l’altra metà all’eredi del quondam Bartolomeo Pievesauli mio
fratello per esserno dette due cappelle di nostra communi familia , e
però spetta tanto a miei eredi quanto a quelli del suddetto mio fratello
il mantenerle[omissis] Item
io predetto testatore a chiarezza e certezza assieme delli miei eredi,
et a ciò dopo la mia morte si sappiano li beni paterni del quondam Gio.
Battista Pievesauli mio padre quale se ne morì sotto il dì 26 ottobre
dell’anno 1659, et anche le pretensioni che tengo contro del quondam clerico
Bartolomeo Pievesauli mio fratello come possessore di detti beni paterni,
materni, averni, zierni, e delli altri miei predecessori, come di sopra,
tanto stabili quanto mobili semoventi, quali sempre insino visse mio padre
li possedè come legittimo padrone, delli quali beni n’aspettano a me due
giuste ed intiere terze portioni, cioè una a me come figlio legittimo
e naturale, et una come donatario di tutti beni della suddetta siognora
Teresa Pievesauli mia sorella, come appare per donattione rogata per mano
di notar Carlo Megha sotto le 26 maggio dell’anno 1694, Et acciò si sappiano
detti beni ho perciò voluto dichiarare nel mio presente ultimo e solenne
testamento, e decrivere detti beni, acciò dalli suddetti miei eredi se
ne sappi funditus il titulo, quali beni sono li seguenti, videlicet In
primis un palazzo nel largo del castelloquale fu anticamente comprato
dal quondam Bartolomeo Pievesauli seniore mio avo paterno; dopo di che
essendo detto mio avo passato a miglio vita e rimasti viventi detto quondam
Gio, Battista suo figlio e mio padre, et il quondam clerico Gio. Francesco
Pievesauli anche suo figlio ambidue eredi di detto quondam Bartolomeo
loro padre, venne poi a morte il detto Gio. Francesco il quale istituì
suo erede il suddetto Gio. Battista Pievesauli suo fratello e mio padre,
sopra tutti suoi beni, come appare dal suo testamento per il quondam notaro
Gio. Sgura di gallipoli sotto le undici novembre 1649; onde detto quondam
Gio, Bttista Pievesauli mio padre acquistò tutta l’eredità paterna, e
tra l’altri beni lo suddetto paro di case; nel quale poi mio padre andò
migliorando con nuove fabbriche e nuovi membri per le parti superiori
et inferiori, con loggie, correduro con li cacciati di ferro, saletta
a lamia scala al giardino, mezzani et altro; e per la parte inferiore
con magazzeni con posture di riponere ogli; del quale palazzo io testatore
dopo la morte di mio padre n’ho posseduto un appartamento seu quartu nella
parte di dentro, consistente in quattro camere, due de quali lamiate a
spico, fatte da detto quondam mio padre per mastro Giuseppe Bischetimi
di Gallipoli, con tre bassi lamiati per l’istesso mastro; et anche io
predetto testatore in detto quarto ho fatto altri lavori e fattili fare
per mastro Gio. Antonio Alemanno e figlio, com’appare il tutto per nota
distinta nel mio squarcio che conservo in mia casa in quarto foglio con
coperta turchina; al quale quarto mio attiene e va inclusa la comodità
del giardino, loggia e scala di pietra per la quale si scende in detto
giardino[omissis] Sicchè
detto palazzo nella forma che oggi si trova sistente, eccetto li miglioramenti
come sopra fatti tutto è stato fatto migliorato ingrandito abbellito et
adornato dal quondam Gio. Battista Pievesauli mio padre; dichiarando che
del suddette migliorattioni ne tengo l’attestati giurati. E
più un magazzeno per riponero ogli sotto lo detto paro di case nella parte
della marina nominato il pagliarulo di capacità di stara settemila in
circa, quale è stato da me accomodato nelle posture da mastro Francesco
Antonio De Vittorio et anche acchiancato di fuori e spesovi ducati 76
in circa; e la possessione di detto magazzeno l’ebbi dal dì 11 novembre
1672. E
più due altri magazzeni di riponere ogli, uno nominato il grande con quattro
pile oltre le sette cisterne, di capacità in tutto stara dodecemila in
circa sito nella parte della marina; e l’altro nominato lo scalone nella
parte di dentro con due pile oltre le cisterne di capacità in tutto di
stara diecemila incirca; siti i detti due magazzeni sotto del
suddetto palazzo. E più detto quondam detto Gio. Battista Pievesauli
mio padre comprò in diverse volte dal quondam Jaco Mauro le case consistenti
in tre camere e due sale con loggia, uno solaro con diversi bassi, com’appare
per istrumento di notar Sgura in anno 1647, 48 e 49; e delle suddette
case parte ne furono concesse a V. Gio. Ximenes sua vita durante com’appare
da pubblico istrumento del primo settembre dell’anno 1679; sicchè seguita
la morte di detto don Gio. n’aspettano alla mia eredità le portioni come
sopra dichiarando che dette case furono sempre affittate e locate dal
quondam Bartolomeo mio fratello che ne percepì l’affitti. E più lo suddetto
quondam Gio, Battista Pievesauli mio padre comprò da Stradiotti e Zacheo
un trappeto di macinar olive con un lamione sopra detto trappeto per ducati
200 in anno 1646. E
più il suddetto quondam mio padre in anno 1642 comprò dalla magnifica
università della città di Gallipoli un fondo chiamato le beccarie vecchie
et anno 1643 comprò dal Castiglione un altro fondo contiguo al suddetto
com’appare per due instrumenti rogati per notar Sgura; nelli quali fondi
ci fece un magazzeno inferiore lamiato con posture e tre pile di capacità
in tutto di stara diecemila in circa, con li membri superiori a cannizzo
sito entro questa città di Gallipoli in loco detto lo largo del Castello,
com’appare dall’attestati giurati sotto le sette gennaro dell’anno 1703;[passim] E
più ducati duemilaottanta di capitale censo al nove per cento sopra l’Università
di Gallipoli posseduti dal suddetto Bartolomeo Pievesauli mio fratello,
com’appare per mandati con le sue ricevute e dal libro de creditori instrumentarii
di detta città; e precise dall’anno 1685 in sino all’anno 1690 per anni
sei d’affitto di tonnara rimborsatosi detto quondam Bartolomeo ducati
seicentoventiquattro. e più il suddetto quondam mio padre comprò due giornate
di terra con una casa lamiata con curti e tagliate site nel feudo di detta
città di Gallipoli in loco detto le scalelle seu Snt’Elia, possedute sempre
da detto mio fratello. E più un giardino di alberi comuni sito in loco
detto S.Leonardo chiamato volgarmente Li Sauli comprato da mio avo in
anno 1616; dopo la quale compra si migliorò lo suddetto giardino di fabbriche
loggie stalla colonnate, e d’alberi diversi e precise di spalliere d’agrumi
e divisolo in strade e fattoci parieti di fabbrico con scala all’ingegna
d’acqua per el quali migliorattioni detto giardino è di sommo valore che
non fu la prima compra; avendo anche comprato una quota parte del giardino
del quondam Pietro senapo contigua con detto giardino, et a quella unita
in anno 1647; E più tre possessioni di olive sito in detto
feudo di Gallipoli, una de quali nominata S.Giovanni de macinature sessanta
in circa, una nominata Santo Salvatore seu lo Rubiao de macinature 30
in circa e l’altra nominata la Calamata di macinature 30 in circa. e più
una massaria sita nel suddetto feudo di gallipoli nominata Vetito seu
Cacalupi consistente in casa e curti, terre seminatorie macchiose oliveto;
comprata da detto mio padre a 28 maggio dell’anno 1649. E più una massaria
sito nel feudo della fontana di Taviano, consistente in una casa lamiata,
capanne a lamia, curti,giardino e vigne con pila, terre seminatorie e
macchiose la quale s’è posseduta dopo la morte di detto quaondam mio fratello
Bartolomeo da Gio. Battista suo figlio, la quale la diede in dote alla
signora donna Irene Pievesauli sua sorella a 13 del mese di dicembre dell’anno
1703. E più ducati milleseicento di capitale censo alla ragione del 9
per cento sopra l’università della terra di Taviano,; quali sempre sono
stati posseduti dal suddetto quondam mio fratello, et esattosene l’annualità.
E più sopra la suddetta università di Taviano altri ducati 2900 di capitale
alla ragione del nove per cento, li medesimi pervenuti ex aereditate della
quondam Zerbina Pievesauli mia zia che morì a nove marzo 1675. E più per
il testamento del quondam barone Fuggetta, padre di Laura Fuggetta mia
ava paterna per la suppressione del venerabile convento de Buonfratelli
sito dentro la terra di Taviano il suddetto quondam mio padre figlio di
detta Laura figlia et erede di detto barone Fuggetta successe nelli ducati
2000 di censi e robbe di detto suppresso convento per la consecuutione
dei quali il detto mio padre nell’anno 1656 ne principiò lite nella vescovale
di Nardò, da dove poi passò in Roma, et ivi continuatasi; detta lite nell’anno
1659 s’ebbe il decreto favorevole[omissis] E più tumulate cinque di terre
site nel feudo di Racale in loco detto li paduli. E più un giardino di
alberi comuni diversi sito in detto feudo di Racale in loco detto S.Stefano.
E più una possessione d’olive site in detto feudo di Racale nominata Li
genocchioni alla Madonna delli Fiumi di macinature 20 in circa. E più
ducati 200 di capitale censo alla ragione del 9 per cento sopra l’Università
della suddetta terra di Racale. E più tre para di case dentro la suddetta
terra di Racale possedute sempre da detto quondam mio fratello a die mortis
patris. E più un altro paro di case dentro la suddetta terra vendute da
detto mio fratello al caporale Antonio Parata di Racale per ducati quaranta,
per li quali ne paga la raggione del 9 per cento come appare da pubbliche
cautele. E più cinque curti fuori dalla terra di Racale e proprie contiqui
alla cappella della Madonna delle Gratie. E più ducati 840 di capitale
censo al 9 per cento sopra li beni burgensatici della terra di Racale
e proprie sopra una massaria nominata volgarmente il Merco del barone
di Racale; per lo quale credito così di capitale come di terze decorse
Gio. Battista Pievesauli mio nipote n’ebbe insolutum et pro soluto dal
duca di Alliste Felice Basurto odierno barone di Racale una massaria sita
nel feudo di Racale nomita Antonio Cio, consistente in territori alborati,
macchiosi e seminatorii con torre e stanze d’animali e curtièomissis]
e più due possessioni d’olive site nel feudo d’Alliste, una nominata la
cocuruzzo e l’altra la cornula de macinature ottanta in circa a fronde
tutte e due quali sono di dote di legato del quondam Gio. Francesco Pievesauli
mio zio. E
più una massaria consistente in case terre seminatorie e macchiose con
tre o quattro possessioni d’olive de macinature 86 in fronda in circa
con loro terreno, sita nel feudo d’Uggento in loco detto li casciani seu
mammalie d’Ugento. E più ducati 1200 di capitale censo al 9 per cento
sopra l’università di Melpignano quali sono dotali della quondam Catarina
d’Acugna mia madre come appare dalli capitoli matrimoniali di quella rogati
per il quondam notar Sgura in anno 1639. E più il detto quondam mio padre
dovea conseguire da don Gregorio e notaro Giuseppe Parata di felline ducati
centocinque di capitale censo alla ragione del 9 per cento. E più un paro
di case volgarmente detto lo Procaccio site dentro questa città di Gallpoli
in loco detto le cocciolare comprate da mio padre in anno 1647. Et voglio
che essendoci altri beni de quali non m’avesse ricordato o trovandosi
altri non posti così in virtù di scrittur pubbliche come private o per
rivelattioni mediante la scomunica ut infra ordinanda, tutti s’abbiano
da intendere e annotati e descritti nel mio presente testamento in beneficio
delòla mia eredità che così è la mia volontà. Item
dichiaro io predetto testatore ch’essendo vero quel che si sussurra di
una o più donattioni fatte dal quondam Gio. Bttista Pievesauli mio padre
e donna Caterina d’Acugna mia madre al quondam Bartolomeo Pievesauli loro
figlio e fratello di me testatore di tutti o di maggiorparte di lor beni
(il che non credo e per molte diligenze non ho trovato tale istrumento
di donattione), voglio che in futurum ritrovandosi esser vero i miei eredi
le faccino dichiarare tutte nulle, fittitie, e di nessun valore e sussistenza[omissi] Item
dichiaro et voglio similmente che ritrovandosi altre donattioni fatte
da miei avi in favore d’alcuno loro figlio o nipote tempore clericatus,
perchè il fine di dette donattioni è stato sempre per rinfrancare le decime
e pagamenti universali e per esimere i beni dalla giurisditione secolare
e per altre cause e fini loro, oltre che si rendono inofficiose e perciò
come fittitie et inofficiose o altro, sono di mio pregiuditio e danno;
ordino anche e voglio che li miei eredi con l’ordine detto di sopra le
faccino dichiarare nulle et invalide. Item dichiaro come benchè mi ritrovo
donatario del suddetto quaondam mio fratello vita durante cum delli crediti
instrumentarii tenemo noi dei Pievesauli come figli et eredi del quondam
nostro Padre sopra questa università di Gallipoli nella somma di ducati
1830 incirca, conforme appare dalla donattione stipulata per notar Megha
nell’anno 1670, nulla di meno la mia intentione fu et è stata sempre e
solamente accettare come accetto detta donatione per la sola parte e portione
che spettava a detto quondam Bartolomeo mio fratello sopra detti crediti,
et non aliter nec alio modo, [omissis] Item io predetto testatore a certezza
dei miei eredi dichiaro tenere le sottoscritte pretenzione per le sottoscritte
cause contra del quondam mio fratello e di Gio. Battista suo figlio et
erede; per le quali pretenzioni n’aspettano alla mia eredità le due portioni
una cum fructibus. In primis per stara 400 d’oglio dovea conseguire il
suddetto quondam mio padre dal quondam Diego Sansonetto di Gallipoli e
per detto mio fratello Bartolomeo esatte o transatte. E più ducati 500
ebbe di guadagno nella pesca della tonnara teneva in affitto il suddetto
mio padre nell’ultimo anno fu amministrata dal detto quondam mio fratello;
e più le portioni delli ducati 200 prezzo d’ordegni di tonnara comprati
da detto mio padre e da detto mio fratello venduti al quondam capitan
Carlo Rocci per ducati 200 successore immediato a detto affitto. E
più ducati 95 prezzo di tre camere comprò il detto quondam mio padre col
patto de retrovendendo dalli quondam Antonio Camaldari e Cornelia Rodogaleta
coniugi. E più ducati cento dati dal detto quondam mio padre a Giuseppe
Tarantino alis ciula in anno 1657 o 58 per riscattarsi dai turchi; in
conto dei quali per ducati settanta lo detto quondam mio fratello Bartolomeo
n’ebbe poi da Elisabetta Della Pergola
moglie di detto Tarantino una possessione d’olive de macinature
8 incirca col suo terreno sita nel feudo di questa città di Gallipoli
in loco detto Rodogallo giusta li suoi confini; e gli altri ducati trenta
mio fratello li ricevette de contanti, come appare da pubblico istrumento
rogato per il quondam notaro Francesco Raschione a 20 marzo 1664; li protocolli
del quale si conservano da notar Pietro Paolo Senapo di Gallipoli e a
me nì’aspettano le portioni una cum fructibus come sopra. E più ducati
cento di capitale censo al 9 per cento conseguendo per detto quondam mio
padre da Agnesa D’Aria e Castro in virtù di strumento rogato in anno 1648.
E
più dopo la morte di detto quondam mio padre restorno molte tavole di
largio e d’abeto venetiano, de quali n’ebbe il detto mio fratello Bartolomeo
il prezo, avendone vendute tavole quaranta di largio e cinquanta d’abeto a mons. Bufalo olim vescovo di Gallipoli per
mezzo di mastro Gio. Alemanno di Gallipoli, et anche al regio dohanero
Nicolò Raimondo, com’appare per dichiarattione per detto mastro Gio. Antonio
Alemanno per mano di notar Carlo Megha di detta città a 20 maggio 1701
et m’aspettano le portioni come sopra. E
più m’aspettano le portioni una cum fructibus et interesse come sopra
di tutti li beni dotali così stabili, mobili i giocali della quondam donna
Catarina d’Acugna mia madre com’appare dai suoi capitoli matrimoniali,
che tutti se li pigliò il detto quondam
mio fratello Bartolomeo. E
più dichiaro io predetto testatore come nel mese di luglio 1666 ebbi il
possesso del pio legato fatto dal quondam Gio. Francesco Pievesauli mio
zio nel suo testamento per notar Sgura nell’anno 1649 col peso di messe
quattro la settimana a ragione di grana di 18 l’una; per dote del quale
legato furono assegnate due possessioni d’olive site nel feudo d’Alliste
cioè una nominata la cornula e l’altra la cocuruzza; et io come legatario
feci celebrare le messe e ne pagai con mio proprio denaro la carità, e
dopo fattomi sacerdote sempre sono state celebrate e le sto celebrando;
nel suddetto anno poi 1686 ebbi il dominio di dette due possessioni d’olive[omissis]
E più dichiaro io predetto testatore come sotto le 17 settembre 1672 ebbi
il possesso del beneficio sotto il titolo dell’Immacolata Concetione e
SS. Bartolomeo et Orontio fundato dal suddetto quondam mio fratello con
la dote di docati 190 e peso di messe numero 95 l’anno a grana 18 l’una
per l’anima di mio padre; e dal
giorno del possesso sin’oggi ho fatto celebrare e celebrato dette messe
numero 95 l’anno senza aver esatte intrate di detta dote di detto beneficio; la quale dote con le sue annualità
decorse e decorrende si deve da detto quondam mio fratello e suoi eredi
in parte, e parte si deve da alcune persone d’Ugento come appare dall’instrumento
della fundatione di detto beneficio e dalle bolle suddette; com’anche
da detto quondam mio fratello e suoi erede mi si deve pagare la cera per
servitio della suddetta cappella sita sotto le mie case sotto il titulo
del suddetto beneficio da detto anno 1672 in avanti per la celebrattione
delle messe celebrate in detta cappella avendola comprata io di mio proprio
denaro. E più devo conseguire dal detto quondam mio fratello ducati 104
per prezzo di numero dodeci bacche grosse et quattro piccole; vendute
l’une e l’altre da detto mio fratello alle galere del Granduca di Toscana;
quali bacche erano mie proprie. E più aspettanoa me predetto testatore
et alla mia eredità le porzioni di tutti li beni mobili e guarnimenti
di casa che lasciò il detto quondam mio padre così di sedie di riposo,
quadri, scrigni, banche, baugli, casse, biancarie, sprovieri, cortine,
travacche, rami et ogni altro di mobili suppellettili e regimenti, quali
tutti si sono detenuti eposseduti da detto mio fratello sin dalla morte
di mio padre, e si possedono da Gio. Battista figlio di detto mio fratello,
essendo stato io necessitato per uso proprio comprarmeli di mio proprio
denaro. E più io predetto testatore dichiaro come a tempo s’accasò mio
fratello Bartolomeo, che fu a tredici giugno 1666, si pigliò tutti l’ori,
argenti lavorati e vestiti quali teneva mia madre, quali n’aspettano a
me et alla mia eredità le portioni come sopra e sono videlicet: in primis
una catena d’oro di peso once trenta in circa; una cannacca d’oro di rubini
di valore ducati sessanta; una catena di cristalli grossi; una catena
di petto e maniglie di granatoni grossi d’oro; due filetti d’oro; una
gioia d’oro con perle; una gioia di cristallo a pizzetti incastrata d’oro;
una crocetta di cristallo; quattrofila di perle e granate con passanti
d’oro per maniglie; una gioia grande d’oro con la figura e perle; una
gioia d’argento a lavoro finagrana con la figura in mezzo di Santa Catarina;
una fede d’oro con smeraldo in mezzo e rubini a torno; un’anello d’oro
con diciannove tocchine; tre file di perle; un Santo Donato d’argento
indorato, uno bacile con suo bocale d’argento; due sottocoppe d’argento;
una salera, una zuccherera et una peperera d’argento intagliate et indorate;
dodeci cocchiarini e dodeci forcine d’argento; due cocchiaroni d’argento;
uno pepaloro antico d’argento indorato; uno sicchetto d’argento lavorato;
due candelieri d’argento e più un vestito di mia madre di lana torchina
a specchio con nove guarnittioni d’argento; un altro vestito di felba
negro guarnito con bottoni cinquecento di argento a martello; due cultrine
piccole di figlioli cioè una con rosoni d’oro a fondo pavonazzo e l’altra
di raso verde raccamata con fiori, rose et uccelli di seta. E
più una travacca tutta indorata donatami dalla quondam Zerbina mia zia,
una spadino con la sua impugnatura d’argento con una testa di leone donatomi
dal quondam Paolo di Castiglia mio cognato; et un paro di ferri d’argento
massiccio per la correa venutimi da Napoli anche pigliatisi da detto quondam
mio fratello. Item
dichiaro come devo conseguire da detto mio fratello le sottoscritte quantità
di denari per le cause videlicet. In primis a dieci dicembre 1684 per
spese fatte per acconciare le stalle nel giardino detto li Sauli e più
a quattro gennaio 1685 lo prezzo delli tumola quattordici di grano dati
da me alli tonnaroti tenendo il medesimo mio fratello l’affitto della
tonnara. E più a dì quattro gennaro 1685 ducati cento pagati da me per
conto di mio fratello ad Arrigo Gho Chillingort e Tomaso Burdett inglesi
per lo prezzo di 100 libani grossi venduli da quelli per uso della tonnara.
E più mi deve la metà delle spese da me fatte nelle suddette nostre cappelle
che stevano cadenti, e non conveniva alla nostra casata farle perdere;
oltre che se non s’accomodavano potevamo esser privati del jus patronato;
e perciò ci feci di miei propri denari l’accomodationi decenti e necessarie
cioè nella cappella dell’Assunta ci feci accomodare il quadro per mastro
Giuseppe de Franchis pittore eci
feci fare a mastro Andrea Ruoda una cornice di gigiola negra, gradini
e stipi con profili di stagno con la copertura di tela con suo ferro;
con aver pittato nostro Signore morto che sta in statua sotto l’altare
di detta cappella, et afttoci una gratiglia di ferro filato; e con aver
fatto pittare di dentro e fuori li misteri della passione da Leonardo
Carrozza; e nella cappella del convento fuori la terra di Racale ci feci
fare il quadro da detto maestro Giuseppe de Franchis con l’effigie di
Nostro Signore, della Madonna di San Giuseppe e di San Diego, conforme
era l’antico che non serviva più; con aver anche fatto fabbricare l’altare
tutto di nuovo e finalmente misi in ordine detta cappella; e nella suddetta
cappella sotto le nostre case di Gallipoli ci feci il quadro nuovo pittato
dal suddetto mastro de Franchis, con la cornice fatta da mastro Gio: Alemanno;
e ci feci anco fare la campana da mastro Francesco Rosco; e tutte le suddetto
rifettioni et accomodationi le ho fatte io predetto testatore con miei
propri dinari. E
più devo conseguire da detto quondam mio fratello ducati 36 spesi da me
per lui a primo novembre 1682 a tempo che dimorava in Lecce. Delli quali
miei crediti n’appare dichiarattione giurata fatta da d. Irene, d. Agata
e d. Giulia Pievesauli figlie di detto quondam Bartolomeo mio fratello;
soggiungendo come le suddette mie nipoti sono monache professe nel monastero
di Santa Chiara di Gallipoli. E
più a 27 marzo 1688 carlini trenta pigliatisi da detto mio fratello da
Domenico Antonio Maggis con mio viglietto e più per spese fatte in Lecce
per la carceratione del Cafaro di lecce debitore di mio fratello per lo
partito della tonnara. E più devo conseguire dal suddetto mio nipote ducati
20 incirca spesi da me per carità di tante messe fatte celebrare per l’anima
di suo padre. Item io predetto testatore dichiaro a certezza delli miei
eredi come sotto le 16 settembre 1694 fu fatta da me la retrocessione
della donatione fattami da detto mio nipote, rogata per mano di notar
Senapo di Gallipoli a 26 novembre 1693. Item dichiaro come avendo da conseguire
una somma di denaro dal quondam Carlo Brancaccio principe di Ruffano dal
suo agente Martio Cava mi furono cedute e consegnate in conto alcune polize
contro debitori di detto principe. Item io predetto testatore a certezza
delli miei eredi ho voluto descrivere et annotare nel presente mio testamento
tutti li beni mobili, utensili reggimenti ornamenti quadri ori argenti
lavorati libri et altre robe da me fatti comprare; quali possedo in mia
casa; che tutto ciò dopo mia morte non si dilapidasse ma s’habbino a conservare
giusta la mia volontà et intentione come di sopra ho disposto, e sono
li seguenti videlicet: In primis un quadro con l’immagine dell’Immaculata
Concettione del Catalano con cornice negra e cartocci indorati; un quadro
con figura della Madonna miniata con vetro avanti e più il mio ritratto
sin’al busto; un quadro d’una palmo e quarto con l’immagine della Madonna
e Bambino con cornice di giggiula nera e profili di stagno; quattro quadri
di palmi sette uno con S. Domenico, la Madonna, Santa Catarina e Santa
Madalena con due angeli e mio ritratto sotto; l’altri tre S.Antonio Abate,
San Vito e S,Elia; e più tre quadri di palmi tre l’uno con l’immagine
di S.Francesco d’Assisi, in uno S.Anna, e nell’altro Cristo morto, la
Madonna, S.Madalena, S.Goseppe d’Arimatea et un’altra figura, due quadri
uno con Santa Cecilia e nell’altro s.Tommaso d’Aquino con cornici negre
di gigiola; un quadro piccolo con l’immagine della Madonna del Canneto;
un quadrto con testa di morte d’un palmo con cornice di gigiola negra;
un baldacchino in tela pittato a tamasco di color verde; e più una croce
col Crocefisso in pittura spirante con testa di morte a basso; e più una
croce di gigiola con Crocefisso in pittura; un’altra croce di gigiola
megra con crocefisso pittato morto e testa di morte a basso e monte calvario
sotto e più quattro figurine in cera una de quali con Bambino col Mondo
in mano, due Santi Giovanni et una Giuditta con la testa d’Oloferne tutti
quattro con loro vetri. E più uno scrigno di gigiola negra; due specchi
con loro cornici lavorate alla venettiana; una manta paesana; una bracera
di rame venettiana lavorata con il suo piede a colonnette ottangolo di
legname di noce. E più uno specchio piccolo ovato con pitture da dietro
di ucelli; due baugli ovati e coperti di vacchetta di fiandra chiodati
con loro piedi. E più due casse di noce di palmi sei l’una con loro piedi
lavorati; Una travacca di ferro di palmi otto imbrunita in oro con colonne
ritorte e sua spalliera con colonnate ritorte e rosette con quattro aquilette
di legno indorate sopra le quattro colonne maggiori a positura volante
e con quattro sue tavole napolitane per lettera; un cortinaggio di color
verde; tre portieri guarniti con loro frangi di seta e zagarelle verdi;
due matarazzi pieni tutti di lana gentile e due mante fine bianche napolitane;
un sigillo d’acciaio; quali ribbe nell’anno 1684 commessi in Napoli a
Nicolò Pastena a chi ne rimborsai il prezzo e ne tengo in casa la nota
e le sue ricevute dentro del scrigno. E più una manta di lana paesana;
una banca di gigiola negra di palmi cinque; uno boffettino d’abeto venettiano;
due boffette d’abeto venettiano; dodeci segge di paglia napoletane; uno
scanno d’abeto di palmi sette per la chiesa; una piramidetta di legno
indorata con angelo d’ottone sopra indorato; un’altra piramidetta di legno
indorata con schioavotto negro sopra indorato; cinque canne d’india con
loro maniche; un cortinaggio bianco di bambace; quattro coscini di pelle
bronita con mie insegne seu armi indorate in mezzo: sedici para di lensuoli
di panno sottile; una coperta di bambace lavorata a rosa marina con frange
a torno; dodeci mappe seu tovaglie di tavola; 24 mandaloni a lavoro di
dado grande di filo di lino sottile; quaranta camise in circa d’uomo di
panno sottile; venti para in circa di calzonetti di panbno sottile inclusovi
uno paro di tela verdadiera con pizzili; venti para in circa di scarpini;
due altre coverte di bambace con in mezzo le mie insegne seu armi con
frangi d’intorno. E più li sottoscritti argenti: un bacile d’arbento;
due candelieri d’argento; un sicchetto d’argento a punta di diamante comprati
da me con mio proprio denaro dalla vedova Cherubina Pievesauli mia sorella.
e più l’infrascritti altri argenti com
prati da me: una salera d’argento. Una tabacchera tonda d’argento lavorata
d’intaglio milanese una tabacchera tonda lliscia. Una imagine d’argento
della Madonna del Carmine; tre para di fibbie d’argento di diversi lavori
per scarpe; un nett aorecchie d’argento; una forbicetta con la fodera
d’argento massiccio e più altri argento comprati in Napoli di mio ordine
e dinaro da Giuseppe Antonio Cava com’appare dalli libri maggiori del
negotio di Marzio Cava; e più l’infrascritti altri argenti comprati in
Gallipoli e sono cioè: due sottocoppe d’argento due cocchiare e due forcine
d’argento; e più un diamante incastrato con oro all’uso moderno comprato
in Napoli nell’anno 1698.[continua l’elenco degli argenti] E più diverse
faienze cosi della Tera come delle Grottaglie e di Genova, consistentino
in quantità di piatti grandi mezzani e piccoli in bocce, bocali, bacili
et altre galanterie. E più li seguenti libri ut supra comprati da me predetto
testatore e con mio proprio dinaro[segue l’elenco di circa duecento opere
tra cui l’edizione leccese dei Panegirici sacri di B. Selvaggi, quella
napoletana di Paolo Regio, Vite e miracoli di S.Francesco di Paola. E’
registrata anche la Vita del servo di Dio Alessandro Sauli] Dichiarando
io suddetto testatore come voglio che li suddetti libri in tempo di mia
morte non si debbano vendere, ma si debbano conservare acciò dopo finito
il monastero ut supra eriggendo si consegnino tutti alli Padri del medesimo
per restare sempre et in perpetuum nello studio di detto monastero per
uso de Padri pro tempore che stanziaranno in quello; che così è la mia
volontà. Item dichiaro aver comprato da Catarino di Salve e Giuseppe Schivano
una casa terragna cannizzata sita dentro Gallipoli in loco detto le cocciolare.
E più dichiaro dovere conseguire dalli signori Veneranda Musurù e fratelli
Rocci, madre e figli di Gallipoli, un annuo censo d’annui ducati 75 col
loro capitale di ducati 1500 alla ragione del 5 per cento. [omissis] Item
voglio che tutte le voci seu jus patronatus di tutti li beneficii e legati
pii spettanti ame predetto testatore sia delli suddetti miei eredi in
perpetuum. Item voglio che li suddetti miei eredi debbano dare ogn’anno
alle signore suore Antona di San Vincenzo e Chiara Maria di San Vincenzo
mie nipoti ex fratre carlini 25 l’anno. Item alle suddette Catarina Teresa
e Rosa mie schiave oltre li legati disposti come sopra a loro beneficio
di più gli lascio tutti quelli mobili denari contanti ori argenti lavori
et ogni altra cosa che si avessero fatto et acquistato sotto la mia servitù
e di mia sorella, che così è la mia volontà.[omissis] Et
finalmente prego e supplico i RR. padri del monastero eriggendo che mi
faccino grattia di ascrivere nella loro figliolanza la suddetta signora
d. Antonia seu donna Teresa Pievesauli mia sorella et erede, ele suddette
due mie schiave per far godere alle medesime la partecippattione di tutte
l’opere meritorie che si faranno in tutta la loro religgione com’anche
tutte l’indulgenze plenarie e giubilei concessi e cobedendi dalla benignità
de Sommi Pontefici; e che in tutte le loro opere meritorie e sattisfattorie
si ricordino specialmente di me predetto testatore con pregare Dio benedetto
per lo perdono della pena dei miei peccati e farmi godere la gloria del
Paradiso amen. E
questa dichiaro essere la mia ultima volontà e mio ultimo solenne et in
scriptis testamento quale voglio che vagli iuribus, modis et formas superius
expressis e per ogni altra miglior via modo e forma che dalle leggi mi
viene permesso; onde a sua validità benchè fatto scrivere da aliena mano
l’ho firmato e sottoscritto di mia poropria mano non solo qui sotto ma
in ogni carta di esso. oggi in Gallipoli le 8 del mese di settembre dell’anno
1704. Io d. Domenico Antonio Pievesauli manu propria ho disposto come
sopra. |