Il culto liturgico del Sacro Cuore di Gesù dal Concilio di Efeso all'Enciclica “Annum Sanctum”

di Elio Pindinelli

Fino al sec.V nessuno mal aveva messo in discussione l’Unitio hipostatica delle nature divina ed umana in Cristo così come era stata insegnata implicitamente ed anche esplicitamente dai primi Padri. Teodoro di Mopsueta fu il primo ad insorgere contro la tradizione asserendo che il Verbo abitava nell’umanità di Gesù come in un tempio. Ciascuna natura quindi secondo Teodoro conservava la propria personalità. Ma fu Nestorio suo discepolo a propagare questo errore dal soglio patriarcale di Costantinopoli affermando che Iddio, per mezzo dello spirito Santo aveva formato nel seno dl Maria un uomo perfet­to in cui era disceso il figlio di Dio per redimere 11 genere umano. Il corpo di Cristo veniva quindi considerato da Nestorio e dai suoi seguaci quale strumento della redenzione e riguardava l’uomo nato da Maria non Dio ma semplice uomo, nel quale Dio abitava, e In conseguenza Dio non aveva patito e non era morto per noi ma solo l’uomo in cui Egli abitava, e là Vergine Maria non poteva così essere chiamata la Madre di Dio. Si negava da Nestorio in sostanza una doppia natura in Cristo realmente distinta l’una dall’altra, la divina e l’umana. Il Concilio di Efeso del 431 dichiarò Immediatamente la falsità di tale dottrina e condannò Nestorio deponendolo: ‘Se alcuno ricusa di adorare con una sola e medesima adorazione il Verbo divino e la carne ondè rivestito, secondo la santa tradizione ricevuta fin dal principio dalla S. Chiesa di Dio, sia scomunicato.” Il culto al cuore di Gesù solennemente sancito dalla Chiesa non è altro che l’esplicazione del culto di latria dovuto all’umanità di Cristo e per questo il cuore, organo nobilissimo dl quell’umanità, è simbolo convenzionale e naturale al tempo stesso dell’amore divino ed è ipostaticamente congiunto al Verbo divino ed è a rigore il cuore dl un Dio. Esso appartiene alla integrità personale di Gesù Cristo, quindi l’adorazione che devesi a Gesù è una sola, perché una sola è la persona, che è divina, in cui sussistono le due nature. Leone XIII aveva affermato dall’alto del suo magistero: “Va rico­nosciuto nel S. Cuore un simbolo e evidente immagine della carità infinita di Gesù Cristo e ogni atto di onore, di ossequio, dl pietà rivol­to a quel cuore divino è diretto alla persona stessa di Cristo(25.5.1899)’. In questo insegnamento costante della Chiesa si fondano quindi le ragioni profonde del culto al Cuore di Cristo che non vanno con­fuse colle rivelazioni di Santa Margherita Alacoque che ne fu invece la propagatrice più fervida ed instancabile. In conseguenza va sra­dicata la residua credenza secondo cui il culto al Cuore di Gesù sia cosa nuova. I Padri del primi secoli vedevano la nascita mistica della Chiesa nell’acqua e nel sangue che uscirono dal costato di Gesù squarciato dalla lancia di Longino: Haec lancea latus lpsum aperiendo, sacra­tisslmas Januas nobis regni coelestis aperuit.. Furono i secoli del basso medio evo a concretizzare invece sotto l’immagine del cuore l’amore divino. Attorno al X secolo infatti risa­le un riferimento a Giovanni che nell’ultima cena poggia il capo sul cuore di Cristo ed inserito in una ripetizione dell’Agnus Dei. San Pier Damiani in un sermone sull’eccellenza del Vangelo su questo punto porta riferimenti più espliciti mentre si precisano nel XII secolo attraverso le ardenti predicazioni di San Bernardo, che fa numerose allusioni al cuore di Gesù sede e simbolo dell’amore divi­no verso gli uomiùi, rifugio dei peccatori aperto attraverso la piaga sanguinante del costato. Le prime forme liturgiche composte in onore del Sacro Cuore sono da molti autori attribuite a torto a questo Santo non accorgen­dosi che erano derivate letteralmente dai suoi sermoni mediati attraverso le opere di scrittori mistici soprattutto dl lingua tedesca. L’inno più antico conosciuto appartiene al XIII secolo, attribuito dal P. Clemente Blume al beato Hermann Joseph morto arcivescovo di Cologne nel 1241, e consistente in una sorta di “salutatio” alle membra di Cristo coperte di piaghe per noi: Ad Pectus Ad Cor Salve salus mea. Deus Summl Regis Cor aveto Jesu dulcis, amor meus Te saluto corde laeto Salve, Pectus venerandum, Te complecti me delectat Cum tremore contingendum Et hoc meum cor affectat Amoris domicilium Ut ad te loqurc animes. Naturalmente molti accosteranno facilmente quest’inno alla pre­ghiera di Santa Gertrude: “Salve Cuore sacratissimo di Gesù, sor­gente viva e vivificante della vita eterna, tesoro della grazia divina, fornace ardente del santo amore - O mio Dio salvatore, riempii) mio cuore dell’ardente amore di cui è infiammato Il vostro, e fate che sia così unito ad esso In modo che la vostra volontà sia la mia e che la mia sia eternamente conforme alla vostra!. Questo come tanti altri simili inni, studiati e in gran parte pub­blicati, ebbero un grande successo nei Paesi di origine e formarono la base di una sentita devozione alle piaghe dl Cristo non solo pres­so i cattolici ma benanche presso i luterani. Anche conosciuto, e pubblicato il 1545, è il primo Ufficio, desti­nato ad un uso privato naturalmente, composto in onore del Sacro Cuore di Gesù e attribuito al gesuita Jean Baptiste Anyes. I gesuiti furono I più forti propagatori del culto particolare del Cuore dl Gesù, si sa, e furono i primi a portarlo in America dove sorse, nel 1585, a Cuarapary di Brasile la prima Chiesa in assoluto dedicata al Cuore Sacratissimo. Questa particolare devozione aveva avuto naturalmente un gran­de slancio dalle rivelazioni di S. Gertrude e di S. Matilde. Le visioni in particolare di S. Gertrude insegnavano in che modo onorare il cuore divino simbolo d’amore. Di pari passo si diffondeva la rappresentazione simbolica del cuore, presente esclusivamente nella sua forma tangibile, perforato da tre chiodi, a volte caricato dal monogramma IHS e per lo più rag­giante e contornato di fiamme. Questa immagine un altro mistico renano, Lansperge, consiglia­va espone nei luoghi più frequentati per essere di sovente spronati ad onorare il Signore. A quel tempo si rappresentavano le 5 piaghe entro cui si poneva il cuore raggiato e trafitto circondato da mani e piedi piagati. Differente invece la rappresentazione profana che del Dio d’amo­re se ne faceva, che è incredibilmente vicina a quella attuale vene­rata dalla Chiesa con il Cristo che addita sul petto il proprio divino cuore. In un manoscritto francese del XIV sec., conservato attualmente presso la Biblioteca Nazionale di Parigi e dovuto a Gouillaume de Machaut canonico dl Reims, al foglio 186 figura 1’ ‘immagine del vero amore”, che è l’eroe del poema, raffigurato nelle sembianze di un giovane nonio ritto su dl un piedistallo, con la barba rada e vestIto di una veste rossa e di un mantello bIeu che col dito della mano destra mostra il suo cuore attraverso il costato squarciato. E’ esattamente la maniera contemporanea di raffigurare il Cuore di Gesù. E da osservare a tal riguardo che la Chiesa aveva chiara­mente orientato I fedeli e le gerarchie verso questo ideale raffigurati­vo tant’è che la Sacra Congregazione dei Riti aveva decretato il 14.9.1877 la concessione di particolari indulgenze per quelle Chiese che esponessero la statua del Cristo col cuore nel costato aperto. Agli Inizi del XVII secolo Infine il cuore divino è raffigurato da solo od In mezzo agli strumenti della passione ovvero unito a quello dl Maria. il più ardente missionario di questa pia pratica e rappresentazio­ne fu Giovanni Eudes. missionario francese morto nel 1680 dopo aver fondato le Congregazioni dl Gesù e Maria e della Madonna della Carità, canonizzato nel 1925. 5. Giovanni fu certamente il primo esplicito apostolo di questa devozione e Leone XIII lo definisce “autore del culto religioso dei SS. Cuori di Gesù e Maria!” e Pio X “Padre, dottore e apostolo” di questo culto. La sua principale opera “Il Regno di Dio” pubblicato la prima volta il 1637. fu il primo passo del suo apostolato che subito si este­se e moltiplicò i proseliti devoti soprattutto al Cuore dl Gesu. Ma il decisivo impulso a questo culto fu dato Indubbiamente dalle rivelazioni avute tra il 1673 ed il 1689 da S. Margherita Maria Alaeoque. Per esse la devozione al Sacro Cuore si attestò su 3 prin­cipali emblemi simbolici: una larga piaga, le fiamme e diversi strumenti della passione, specialmente una croce e una corona di spine. Le fiamme, diceva S. Margherita, sono l’abbondanza dei tesori dl cui è sorgente il cuore, gli strumenti rappresentano l’amore di Cristo per gli uomini, origine delle sofferenze patite e la corona in particolare le punture che gli provocano i nostri peccati, la piaga simboleggia invece il cuore aperto dalla lancia ed è il nostro rifugio. La prima immagine simbolica fu disegnata da Margherita Maria nei luglio del 1685, replicata in una miniatura di uno sconosciuto artista l’anno successivo, raffigurante il cuore avvolto nelle fiamme e con una corona di spine con quattro teste di cherubini agli angoli. Una copia, al fine di reallzzarne la stampa, in taglio dolce come scriveva Margherita alla madre Saumaise, fu da lei realizzata in quello stesso anno (cfr. riproduzione a p. 52) e cosi di seguito descritta: “E’ dipinta in miniatura sopra una foglia velina, in forma circolare con diametro di cm. 13. Nel centro sta il S. Cuore, circondato di getti di fìamme, e trafitto da 3 chiodi attorno ai quali si avventa­no altre fiamme. Il cuore ha sopra una croce e una larga ferita, tagliata orizzontalmente, manda gocce di sangue e di acqua che si mescolano e formano nel lato sinistro una nube sanguigna. In mezzo alla piaga spalancata, leggesi la parola caritas scritta a lettere d’oro. Attorno al cuore c’è una corona dl nodi intrecciati, circondata essa pure da un’altra corona di spine finissima e a larghe anello. Quà e là per le due corone trovansi intrecciati dei cuori l’interna ne ha quindici l’esterna otto soli. I cuori intrecciati nella corona di spine che cir­conda l’amabile cuore rappresentano quelli che lo amano e lo seguo­no nei suoi dolori: i cuori intrecciati nei legami d’amore son quelli che l’amano di un ornor di godimento (lettera alla M. De Saumaise, n.39, 1685)”. La stampa fu realizzata a Parigi solo un anno dopo e distribuita come strenna nel 1688. Ne aveva realizzato il disegno, sull’esemplare inviato da Margherita a Semur, suor Joly del Convento della Visitazione di Digione. Il culto, ormai impostato su 3 elementi essenziali e che in segui­to lo distingueranno (amore, riparazione, zelo), fu sostenuto e pro­pagandato soprattutto dal gesuita Claudio de La Colombiére ma energicamente contrastato ed apertamente combattuto dai gianse­nisti che, sulla scia delle 5 proposizioni, condannate il 1653 da Innocenzo X, e contenute nell’Augustinus di Giansenio, affermava­no essere un errore semipelagiano il dire che Cristo è morto ed ha versato il suo sangue per tutti gli uomini. I Padri gesuiti e soprattutto P. Croiset, direttore spirituale dl Margherita Maria Alacoque, furono i formidabili sostenitori del culto rivelato alla suora di Paray-le Monial e ne diffusero le pratiche attraverso un’opera a stampa più volte riedlta data alla luce il 1691 la prima volta a Lione col titolo di “Devotion au Sacré-Coeur de Notre Selgneur Jesus Christ”. Si andavano così diffondendo anche le prime litanie al Sacro Cuore che suor Joly aveva pubblicato a Digione il 1689 e quelle composte dalla madre de Saudeilles stam­pate in un libricino a Moulins, come anche quelle composte e pub­blicate nel 1691 dal P. Croiset. Moltissime di queste litanie furono inserite tra le 33 approvate ufficialmente il 27.6.1898 dalla S.C.R. ed estese a tutta la Chiesa con decreto di Papa Leone XIII il 2.4.1899. Il culto liturgico era stato intanto approvato nel 1689 la prima volta nella diocesi di Langres in Francia e quindi a Lione e Digione dopo che il Papa, richiesto di approvare una festa universale, aveva invitato i Vescovi a cominciare ad approvarla nelle proprie diocesi. Nonostante le opposizioni giansenistiche e le cautele pontificie il culto liturgico si fece rapidamente strada. Innocenzo XII nel 1693 concedeva l’indulgenza plenaria nel gior­no della festa del Sacro Cuore, stabilita secondo le rivelazioni di 5. Margherita Alacoque nel venerdì successivo all’ottava del Corpus Domini, se celebrata nelle chiese della Visitazione. Postulante ancora il 1727 di una festa universale fu un altro gesuita P. De Gaillefet che forte della protezione dl Augusto re di Polonia e di Filippo V di Spagna aveva presentato alla S.C. dei Riti anche un volume sul Sacro Cuore da lui edito. Ma la prima approvazione della festa, messa e ufficio proprio con rito doppio maggiore fu strappata a Roma solo con decreto del 26.11.1765 a favore della Polonia e dell’arciconfraternita del Sacro Cuore, mentre in Francia lo stesso anno l’assemblea generale dei clero stabiliva di estendere la festa a tutte le diocesi dei regno e un altro ufficio distinto da quello approvato il 1765 veniva concesso a favore del Portogallo il 1.1.1778 ed il 14 febbraio successivo In Italia a favore della diocesi di Frascati. Anche in Italia i giansenisti dispiegavano la loro azione soprat­tutto ad opera del Vescovo di Pistoia e Prato, Scipione de’ Ricci, il quale, convocato Il 1786 un Concilio diocesano, fece approvare alcune risoluzioni tra le quali, sulla presunzione si volesse adorare nel 5. Cuore l’umanità o porzione di essa separatamente dalla divinità. quella di sottoscrizione alla sua lettera pastorale del 3.6.1781 che dichiarava la “devozione al Cuore carneo di Gesù nova affatto, e inaudito... ludibrio e giuoco degli increduli filosofanti e di rigetto cate­gorico “di questa ed altre simili devozioni come nuove ed erronee, o almeno come pericolose”, e la seconda con la quale di chiedeva “che si rimuovano affatto dalle Chiese tutte le Immagini che...presentano falsi domini, come sarebbero quelle del Cuor corneo di Gesù”. L’attacco era stato feroce. propiziato e protetto dai granduca di Toscana Leopoldo Il, ma in conseguenza non poteva non provocare il pronunciamento definitivo della Chiesa che appariva inevitabile, Se ne fece carico Pio VI con la bolla auctorem fldei pubblicata il 28.8.1794, condannando “quelle molte proposizioni dottrine, sen­tenze, tratte dagli atti e decreti del sinodo Piacentino. e statuendo che “chiunque congiuntamente o separatamente. insegnerd. dfen­derà pubbticherd quelle o alcune di quelle, o anche ne tratterà dispu­tando in pubblico o in privato, se pure non fosse impugnandole. sog­giaccia sul fatto stesso, senza altra dichiarazione, alle censure eccle­siastiche ed altre pene stabilite dal Diritto contro chi commette somi­glianti cose”. Gli effetti prodotti dalla rivoluzione francese sul cattolicesimo ridurrà di fatto ai silenzio la setta giansenistica determinando un generalizzato diffondersi anche in Italia della devozione al Sacro Cuore di Gesù. Pio IX finalmente il 23.8.1856, a seguito della corale richiesta presentatagli dai Vescovi francesi riuniti a Parigi, estendeva urbi et orbi la festa a tutta la Chiesa e Leone XIII la annalzava al grado di solennità di prima classe per consacrare Infine l’11.6.1899 al S. Cuore l’intero genere umano (enciclica annum sacrum) dopo aver ad esso consacrato la Chiesa nel 1875.