L’AFFRESCO DI BERNARDO DI STEFANO ROSSELLI (1502)
NELLA CAPPELLA DELLA COMPAGNIA DI SAN SEBASTIANO A SVEGLIA
--- Cronaca di un restauro ---
Risposi alla prima telefonata la tarda sera del 12 marzo 1998. Bruno mi sollecitava una visita alla Chiesa di San Martino a Sveglia entro la quale, più precisamente nella cappella della Compagnia di San Sebastiano, aveva “scoperto” un affresco raffigurante il martirio del santo. Ovviamente il dipinto era lì da secoli ma era la prima volta che Bruno vi si imbatteva e per lui fu un nuovo stimolo di ricerca. Riteneva l’opera originale e la sua curiosità vedeva in essa un altro tassello da aggiungere alla sua personale storia della valle.
Il mattino successivo eravamo sul posto; ci aspettava Osvaldo Del Mela che, in seguito, avrebbe avuto un ruolo importante in tutte le fasi del nostro percorso.
L’opera, originariamente una finta pala d’altare dipinta a fresco sul muro, era ospitata nella cappella che si trovava in uno stato di parziale abbandono; basti pensare che a quel tempo quasi metà della sua superficie era occupata dai ragazzi del gruppo scout locale che la utilizzava come sede provvisoria.
L’affresco,visto da occhi profani, appariva semplice ma di buona fattura, non sembrava eccessivamente degradato se si escludeva una patina di nero fumo che lo ricopriva per intero e alcune intense abrasioni sui volti dei tre arcieri/balestrieri in atto di colpire il santo; purtroppo la loro immagine aveva perso completamente la definizione pittorica. Avremmo scoperto in seguito che i danneggiamenti erano stati procurati da qualche fedele in vena di ritorsioni su coloro che stavano per assassinare Sebastiano.
Le prime informazioni assunte sul posto, ma anche quelle successive ricercate presso la Curia, ci lasciarono interdetti: non esisteva apparentemente nessuna documentazione storico-artistica sul dipinto. Ciò confermava che l’opera era rimasta esclusa dalla memoria iconografica della valle.
Decidemmo di documentare fotograficamente il dipinto per mostrarlo in sedi appropriate a qualcuno che ci permettesse di risalire a un’attribuzione e/o a una datazione.
I primi tentativi furono deludenti, anche per lo scarso interesse che suscitavano le nostre richieste. Così non avvenne quando interpellammo una storica dell’arte, la dr.ssa Paola Cassinelli Lazzeri, che si mostrò subito decisamente interessata da quel piccolo affresco in quella modesta chiesa di campagna.
Il 29 marzo accompagnammo Paola a San Sebastiano a Sveglia per avere una sua opinione sul nostro “capolavoro”. Trattandosi di un artista “minore” l’immediata attribuzione era praticamente impossibile ma avemmo le prime confortanti notizie: il dipinto era sicuramente originale, databile tra fine XIII e inizio XIV secolo, probabilmente eseguito da un artista locale. Per fornirci indicazioni più precise Paola Cassinelli si impegnò a effettuare una ricerca archivistica mirata.
Qualche tempo dopo rintracciò un prezioso libretto che svelava senza ombra di dubbi i “segreti” del Martirio. Si trattava di un lavoro della Dr.ssa Anna Padoa Rizzo (Bernardo di Stefano Rosselli. Un nuovo affresco e un ricordo sanmitese. Bollettino n. 64 dell’Accademia degli Euteti di San Miniato del dicembre 1997) nel quale la studiosa, imbattendosi nel Libro di Bottega dell’autore dell’opera, fu in grado di definire esattamente il giorno di conclusione dei lavori: 29 ottobre 1502.
Nella pubblicazione la Padoa Rizzo scrive che Bernardo di Stefano Rosselli era un modesto ma attivissimo maestro “dipintore” della Firenze laurenziana e post-laurenziana con una multiforme produzione di decorazioni di vario genere, tavolette devozionali domestiche, sculture in gesso dorato e affreschi, il tutto destinato a una estesa e varia committenza che andava dal modesto lavoratore alle famiglie nobili, ai più importanti istituiti civili e religiosi, tra cui principalmente le confraternite.
Nel 1640 i locali della confraternita furono restaurati e l’affresco fu arricchito dell’attuale incorniciatura con il sovrastante stemma.
Al termine di questa proficua ricerca tutti noi sentimmo la necessità di dare al dipinto di Bernardo Rosselli una maggiore, meritata, visibilità e individuammo come priorità la ricerca delle strade che potessero condurre al restauro dell’opera … ma i tempi non erano maturi.

Risposi alla seconda telefonata la tarda sera del 9 aprile 2002. Erano passati tre anni dall’ultimo deludente incontro che niente faceva sperare per un prossimo intervento di restauro. Erano successe tante cose. Bruno non c’era più. Dall’altra parte della linea ascoltai la voce di Paola Cassinelli che mi proponeva di rimettere in moto la nostra piccola macchina organizzativa perché erano sopraggiunte buone nuove.
Ci ritrovammo di nuovo il successivo 16 aprile a San Sebastiano; oltre a Paola, Osvaldo e don Gianni Terreno, parroco di Caldine, era presente anche il prof. Guido Botticelli appositamente convocato per realizzare il progetto di restauro dell’affresco.
Parallelamente alle nostre iniziative si erano mosse nel frattempo anche quasi tutte le associazioni volontaristiche della valle (ARCI, ANSPI e Pubblica Assistenza di Caldine, ARCI di Pian di Mugnone) le quali, con una strategia più lungimirante della nostra, si inventarono il mezzo per procurare i denari necessari al restauro. L’autofinanziamento sarebbe derivato dai proventi della vendita degli scritti di Bruno raccolti in un volumetto stampato ad hoc (Un uomo nella valle. Scritti e ricerche di Bruno Costa sulla valle del Mugnone, Tipografia ABC, Sesto F.no, giugno 2002), e così fu.
Nel settembre 2002, sotto la direzione lavori della Soprintendenza, Guido, con la collaborazione di un’altra amica restauratrice, la viareggina Stefania Franceschini, iniziò l’intervento la cui documentazione è riportata in calce. Ricordo con piacere di aver incontrato sui ponteggi un'altra vecchia conoscenza: Yoshifumi Maekawa; anche il Giappone contribuiva al recupero dell'opera di Bernardo. Due mesi dopo il Martirio di San Sebastiano risplendeva dell’antica luce.
Il 1 febbraio 2003, alla presenza delle autorità locali ciivili e religiose e di qualche fedele, il restauro veniva presentato al pubblico.
Purtroppo nell’ambito di quella semplice e festosa cerimonia, assieme a tante voci, qualcuna fuori luogo, ne mancò una che ricordasse il nome di colui che era stato capace di coinvolgere, anche indirettamente, così tante eterogenee forze in un altro dei suoi progetti di valorizzazione della valle.

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RELAZIONE FINALE DELL’INTERVENTO DI RESTAURO DELL’AFFRESCO
RAFFIGURANTE IL MARTIRIO DI SAN SEBASTIANO
settembre – dicembre 2002

DIRETTORE LAVORI: Ilaria Cisari (per la Soprintendenza)
RESTAURATORE: Guido Botticelli
COLLABORATORE: Stefania Franceschini
DOCUMENTAZIONE GRAFICA: Stefania Franceschini
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA: Guido Botticelli e Stefania Franceschini

Soggetto:MARTIRIO DI S. SEBASTIANO
Autore: BERNARDO DI STEFANO ROSSELLI
Tecnica pittorica: PITTURA IN AFFRESCO
Epoca: 1502
Dimensioni: 181X173 cm


L’affresco rappresenta il Martirio di S. Sebastiano il quale, posto al centro della composizione, è issato sopra un tronco d’albero con le mani legate dietro lo stesso. In alto, ai lati del santo sono due angeli: quello di sinistra è in atto di porre una corona sulla testa di san Sebastiano, l’altro gli offre la palma del martirio. Ai piedi del Santo ci sono due arcieri per lato, mentre a destra altri due personaggi assistono alla scena. Sullo sfondo un paesaggio con una città immaginaria.
Il dipinto è racchiuso da una cornice in pietra serena non pertinente all’assetto originario dell’opera, ma aggiunta nel XVII secolo.
Prima dell’intervento l’opera nell’insieme si presentava in un discreto stato di conservazione, se si escludono i volti degli arcieri, danneggiati in passato da atti vandalici e ricostituiti in maniera grossolana in epoca recente, e le abbondanti ridipinture che alteravano la corretta lettura dell’opera.
In passato, inoltre, il dipinto era stato oggetto di infiltrazioni di umidità dall’alto che avevano provocato la decoesione con conseguente polverulenza del film pittorico dei pigmenti relativi al manto dell’angelo di sinistra e l’alterazione cromatica di quello di destra.
Il danno più evidente era lo stato frammentario del dipinto con perdite d’intonaco pittorico tutt’intorno all’affresco, danno arrecato nel momento dell’inserimento della cornice in pietra avvenuta nel 1600. Originariamente il dipinto era delimitato da una cornice pittorica di cui rimane solo un piccolo frammento nella parte alta del dipinto e che prima del restauro era stato nascosto da una grossolana ridipintura in azzurro.
L’affresco era stato per molto tempo nascosto da un dipinto su tela inserito all’interno della cornice in pietra; solo nella metà del secolo scorso, durante i lavori di ristrutturazione dell’Oratorio, in seguito alla rimozione della tela, venne alla luce il dipinto cinquecentesco che da allora fu lasciato a vista.

INTERVENTO DI RESTAURO


La prima operazione è consistita in una pulitura preliminare dell’opera, condotta con acqua deionizzata e finalizzata alla rimozione dei materiali incoerenti quali la polvere e i fumi. Successivamente, è stata eseguita una pulitura più approfondita con impacchi di carbonato di ammonio supportato da polpa di cellulosa per eliminare le ridipinture grossolane e un fissativo che in passato era stato steso su tutta la superficie e che, ormai alterato inscuriva i colori originali e ne comprometteva la conservazione.
Sulla superficie era presente inoltre una notevole quantità di schizzi di cera di candele, che sono stati asportati con l’ausilio del vapore acqueo.
In fase di rimozione del fissativo le vecchie stuccature che sormontavano sull’intonaco originale sono state eliminate e, in seguito, sostituite con una nuova malta a base di calce e sabbia.
Dopo la pulitura è stato eseguito il consolidamento dell’intonaco pittorico per diffusione ad impacco di Idrossido di Bario supportato da polpa di cellulosa, operazione questa che oltre ad essere consolidante ha anche un’azione antisolfante.
Il ritocco pittorico, eseguito con colori (terre ed ossidi) stemperati in caseinato di ammonio, si è limitato alle abrasioni e alle piccole perdite di colore, mentre è stato deciso di lasciare a neutro sia le grandi lacune perimetrali che le perdite di intonaco relative alle teste degli arcieri non più ricostruibili a causa della mancanza di elementi grafici e pittorici di supporto.
La cornice in pietra in origine era dipinta di bianco ad imitazione dello stucco. In fase di restauro, dopo la pulitura si è deciso insieme alla Direzione dei Lavori di ricostituire una tinta grigia tipo pietra serena. Per quanto riguarda la mensa dell’altare, gli stucchi sono stati puliti e reintegrati matericamente nelle parti mancanti.
Nel corso del lavoro abbiamo potuto osservare alcune particolarità che ci hanno indotto ad ipotizzare che la rottura perimetrale dell’affresco non sia dovuta all’inserimento della cornice in pietra serena, ma sia piuttosto il risultato di un antico stacco a massello dell’opera in seguito al suo trasferimento da una parete all’altra dell’oratorio.
Questa convinzione è avvalorata dal fatto che la struttura muraria circostante il nostro dipinto risulta di epoca posteriore a quella dell’intonaco su cui è stato eseguito l’affresco. Inoltre si è potuto appurare che la disposizione dei mattoni di tamponamento posti agli angoli della cornice dietro il dipinto è tale che i suddetti mattoni non possono essere stati inseriti dal davanti. In pratica, da quanto osservato, possiamo affermare che la cornice è stata appoggiata intorno al frammento dell’affresco rinforzando il muro da tergo con una muratura a mattoni e ricollegando l’intonaco in pietra originale con quello della parete circostante.
Questa ipotesi può essere avvalorata anche da documenti ritrovati dalla Dott.sa Anna Padoa Rizzo e pubblicati nell’articolo Bernardo di Stefano Rosselli (Un nuovo affresco e un ricordo sanminitese) estratto dal bollettino n. 64 dell’«Accademia degli Euteleti di San Miniato» del dicembre del 1997. Nel suo articolo a pag. 28 si legge: “Si tratta, in origine, di una finta pala di altare, dipinta sul muro, e divisa in due livelli: in alto era rappresentata la Pietà e nella parte sottostante, quella maggiore, il Martirio di San Sebastiano il tutto racchiuso in una illusionistica incorniciatura “all’antica”, cioè riquadrata, con pilastri ai lat,i basamento, e trabeazione sormontata probabilmente da una lunetta, dove doveva trovarsi figurata la Pietà. Riportiamo il breve brano del Libro di Bernardo dove alla data 1502 si legge: La chompania di Sa’ Bastiano ch’ene apichato cho’ Sa’ Martino di sopra mugnanelo presso a Santa Maria Maddalena de’ dare a dì 2 di novembre ll.ventuno le quale sono di una tavola d’altare ch’i one dipinta loro i’ muro chon una Pietà di sopra e uno sa’ Sebastiano cho’ 2 agnoli e 5 che lo fe[ris] cono e cholone da lato e fregio e chornichone e predella e altri adornamenti, finila a dì 29 d’otobre a mia colori e a mia ispese a mia chalcina, trarrò inanzi a lire 21”.
Osservando la parete su cui è collocato il nostro dipinto è chiaramente visibile che fra l’affresco e il soffitto non c’è spazio sufficiente per collocare la Pietà e le altre pitture di cui si parla nel documento. Possiamo quindi supporre che l’attuale parete d’altare, non fosse quella originaria dell’oratorio. È possibile che l’edificio in origine fosse posizionato diversamente, perpendicolarmente alla chiesa e non longitudinalmente come adesso. La parete che divide la chiesa dall’oratorio, infatti, è sufficientemente alta per ospitare l’affresco nella sua interezza e poteva quindi costituire l’antica parete d’altare. Inoltre, sotto l’attuale zona presbiteriale dell’oratorio si trova una sorta di cripta disposta perpendicolarmente alla chiesa che può corrispondere allo spazio ipotetico compreso dal primitivo oratorio. A questo proposito abbiamo visto che il pavimento dell’oratorio risulta per il primo tratto, quello presbiteriale, completamente asciutto, cioè non risente dell’umidità dal sottosuolo grazie alla presenza della cripta sottostante, mentre la rimanente parte fino all’ingresso dell’edificio è molto più umida essendo collocata direttamente su terra. Questo ci induce ad ipotizzare che il primitivo oratorio doveva essere disposto perpendicolarmente al corpo della chiesa e di dimensioni ridotte rispetto all’attuale, corrispondenti a quella della cripta sottostante. In seguito alla ristrutturazione dell’edificio, l’aula sarebbe stata allungata e disposta parallela a quella della chiesa costruendo la pavimentazione direttamente sul terreno e spostando l’altare nella nuova abside.

Guido Botticelli