IL 1700

1709-1726
Un libro coperto in carta pecora bianca con splanghe gialle, intitolato "giornale (E)", curato da Francesco di Stefano di Francesco Rosselli, è il primo documento del fondo Rosselli Del Turco dell'Archivio di Stato di Firenze riferito alla proprietà di Montereggi. In esso apprendiamo come in questo periodo la tenuta principale della famiglia era quella di Filettole a Barberino.
Per quanto riguarda Montereggi sono registrati i poderi della Villa, lavorato da Pietro Maestrini e quello della Scopa, lavorato da Stefano Bartolini. Uomo di fiducia dei Rosselli e amministratore: Andrea del Corso.
Si tratta quindi di un complesso agricolo molto modesto, uno dei tanti nella valle.
All'inizio del '700, l'unica tenuta di grande rilievo nella valle del Mugnone era quella dell'ospedale di Santa Maria Nuova all'Olmo.
Tra gli oltre 20 poderi che la componevano c'èrano anche il Sorbano e Capanne nel popolo di Sant'Andrea a Sveglia.
Di rilievo, anche la fattoria delle monache di Candeli nel popolo di S. Maria a Buiano, composta di 8 poderi.
Come vedremo, proprio la crisi di queste gestioni di religiosi e terzi ordini laici in seguito alla soppressione leopoldina, faciliteranno la definitiva espansione della fattoria dei Rosselli Del Turco.
Al di là di queste occasioni storiche, per loro favorevoli fin dall'inizio del loro insediamento a Montereggi, i Rosselli perseguirono una continua politica espansiva ogni volta che se ne presentava l'occasione.
Dai vicini frati di S. Marco, residenti al convento della Maddalena, acquistarono nel 1713 la fornace ancora visibile sul confine del podere della Scopa, vicino al fosso e il mulino detto del Bernazzino alla Querciola.
Dal 1720, il mulino viene affittato a Francesco Salcioni con livello di lire 80 ogni 4 anni; il mugnaio successivo sarà dopo pochi anni Pietro Baldini.
Un'acquisizione importante la mise a segno Gerolamo Rosselli, zio di Francesco, acquistando all'incanto nel 1711 il podere detto dell'Acquaio o della Fornace di Montereggi dal conte Giacomo Migliorucci, confinante alla chiesa di S. Ilario, e comprendente una fornace da calce oltre che ricche sorgenti. È forse il miglior podere della piana di Montereggi.
Pochi anni dopo (1762) i nipoti di Gerolamo, Francesco e Vincenzo, comprarono il podere di Fontebonci a confine sul lato sud della loro proprietà e sopra il convento della Maddalena.

Alla morte di Francesco, anno 1768 (lo zio Gerolamo è già deceduto nel 1751), la tenuta di Montereggi viene unita nell'eredità di Vincenzo Rosselli Del Turco fino all'anno della sua morte, avvenuta nel 1804.
Durante i 36 anni della gestione di Vincenzo, avvengono le più sostanziose acquisizioni patrimoniali della famiglia in ogni tempo:
anno 1768: tenuta del Palagio in Mugello-Rabatta (Vicchio) composta di circa 10 poderi;
anno 1799: tenuta di Settimo (Livorno) costo lire 15.000;
anno 1801: tenuta le Selve dell'Antella nei popoli di San Piero a Ema e San Bartolomeo a Ripoli, composta di villa e 4 poderi. Venduta da Antonio Adimari a Vincenzo Rosselli Del Turco al prezzo di lire 40.794. Per la relativa vicinanza con Montereggi, la fattoria dell'Antella sarà gestita dallo stesso agente di fiducia dei Rosselli Del Turco; tra le due fattorie ci saranno molte attività in comune: macinatura dei cereali, lavori di fornace, ecc.. Frequenti sono i passaggi registrati delle merci sull'Arno, fuori della porta di S. Niccolò, per mezzo della nave, pagando un pedaggio di 6 scudi annui, metà la fattoria e metà i mezzadri.

Il 1° catasto lorenese del 1776

Nelle registrazioni catastali fiorentine i Rosselli Del Turco sono indicati come cittadini del quartiere di Santo Spirito, gonfalone Ferza, e residenti nel loro palazzo di via S.S. Apostoli con altre loro case e botteghe circostanti.
Oltre ai poderi già descritti che è inutile ripetere, un altro fratello di Vincenzo, Giovanni, risulta proprietario di una casa padronale e due poderi nel popolo della Badia Fiesolana, in luogo detto Le Fontanelle, confinante a nord con la chiesa di S. Maurizio, a est con via di Maiano, a ovest con villa Minerbetti e a sud con via delle Fontanelle. Anche questi due poderi, uniti insieme, confluiranno nella gestione di Montereggi fino agli ultimi decenni dell'Ottocento.

La fattoria di Montereggi

I primi documenti contabili della fattoria sono rappresentati da un giornale comprendente gli anni 1754 -1763 e un libro di fustagno verde degli anni 1768-1804, entrambi di Vincenzo di Gianni Antonio di Chiarissimo Rosselli Del Turco.
Da essi vediamo che durante la seconda metà del '700 la fattoria era composta di tre poderi: quello della Villa, di Scopa e di Fontebonci; essendo i poderi delle Fontanelle a San Domenico e il podere dell'Acquaio a Montereggi gestiti separatamente.
Agente incaricato della fattoria è Francesco Grassi. Antonio Del Corso è mezzadro al podere della villa di Cepperello; Giuseppe Maestrini è mezzadro al podere Scopa; Francesco Tosi è fittuario al Mulino della Querciola; Matteo Pieri è pigionale del Bernazzino.

Entrate dei beni di campagna di Montereggi: anno 1762

Entrate senza specificazioni di ricavo di capponi, galline, uova, lana, cacio, frutti. Vendita di due cataste di quercia e di 1297 fastella al fornaciaio Giovanni Pesciulli per la fornace della Badia Fiesolana.

RACCOLTI E RICAVI DI OGNI PODERE:

GRASCE
grano,segale,miglio,panico
vecce,fagioli,ceci
avena,saggina
VILLA o CEPPARELLO

Lire 197

SCOPA

Lire 197

FONTEBONCI

Lire 63


Castagne, farina di marroni, cataste, pali, fastella, sono prodotti nel podere di Fontebonci per un totale di lire 6.


barili di vino
barili di olio
fichi secchi
foglie di gelso
piccioni di col.
VILLA o CEPPARELLO
34
41
1,2
1,5
1,2
SCOPA
25
18
1,3
1,5
1,2
FONTEBONCI

1,2




Entrate dei mulini della Querciola: Lire 18



Osservazioni sulla produzione:

L'anno produttivo esaminato (1762) corrisponde all'acquisizione del podere di Fontebonci.
Dallo schema si nota una sua produzione molto inferiore agli altri due poderi per quanto riguarda le terre lavorate. Al contrario rappresenta la totalità per quanto riguarda i prodotti boschivi.
Tra i cereali coltivati, oggi panico e miglio ci fanno pensare a becchime per uccelli! Non era un lusso possibile nel 700, se non per pochissimi eletti.
Il valore del grano era del 70% superiore al costo delle altre granaglie ma doveva essere rispettata la rotazione nei terreni da coltivare; le granaglie servivano a questo scopo o per coltivare terreni eccessivamente umidi e poveri, proibitivi per il grano.
Dopo due anni coltivati a cereali, doveva seguirne uno coltivato a legumi per facilitare la concimazione del terreno. Quindi il ciclo naturale della rotazione coltivativa di un campo prevedeva la semina ideale del frumento ogni tre anni. Frequenti, si ripetevano anni di carestia: nella circostanza, per la panificazione venivano impiegate farine di miglio, panico, segale, non escludendo vecce e saggina. Nel caso si miscelava l'80% di farina di grano a un 20% di farine miste. I più poveri, e spesso gli stessi mezzadri, usavano comunemente questo tipo di panificazione volta al risparmio.
Nel raccolto dell'anno 1762, sopra citato, sono elencati lana e cacio senza indicare quantità e ricavo.
Sappiamo che i poderi di Scopa e Fontebonci avevano negli ovili circa 20 pecore ciascuno.
Su incarico della fattoria, Papia Poli era il pastore addetto alla transumanza degli ovini nelle "terre dell'Alpi" cioè le pendici più alte della valle tenute incolte.
Il numero totale delle pecore di questo periodo non è noto; nella prima metà dell'Ottocento, la fattoria disporrà di oltre 1500 capi e la transumanza si estenderà fino al Mugello.

La fabbrica della Maddalena

II corpo centrale dell’edificio è della seconda metà del 700 ed è nato per accogliere una bottega di fabbro-carradore e la stalla del barrocciaio di fattoria (nel 1762 Giovanni Tarchi). La prima costruzione rispetta un certo stile architettonico, poi in seguito fu aggiunto, sul versante rivolto al torrente Mugnone, un caseggiato popolare per l'accoglienza di campaioli, bifolchi e artigiani di fattoria.
Vediamo un'esempio abitativo della fabbrica al ponte della Maddalena dell'anno 1842 quando la fattoria di Montereggi ha raggiunto la dimensione di 20 poderi:
- Luigi Fossi: fabbro-carradore e pigionale di 3 stanze al 2° piano;
- Vincenzo Villani: artigiano tappezziere e pigionale con 2 stanze al 1° piano;
- Francesco Tarchi: barrocciaio e pigionale con stalla e 2 stanze al piano terreno e 3 stanze al 2° piano.
- Domenico Torti: artigiano calzolaio e pigionale con bottega e 3 stanze al 2° piano;
- Luigi Fantini: pigionale di 2 stanze all'ultimo piano;
- Antonio Ottanelli: artigiano scalpellino e pigionale di 3 stanze, una a terreno e due al 2° piano;
- Luca Becheroni: guardia di fattoria e pigionale di 2 stanze all'ultimo piano;
- Gaetano Macherelli: artigiano sarto con bottega alla Maddalena;
- Luigi Vannini: pigionale di 2 stanze;
- Luigi Bonciani: pigionale di 2 stanze al 1° piano;
- Luigi Santoni: pigionale di 3 stanze al 2° piano;
- Luigi Frosecchi: pigionale di 2 stanze a terreno.
Complessivamente: 5 botteghe di attività artigianale e 35 stanze abitate da 12 pigionali dipendenti della fattoria.

Rappresentanza religiosa e unità patrimoniale dei Rosselli Del Turco nel diciottesimo secolo

Già dal '600 alcuni componenti, anche maschili, dei Rosselli si erano dedicati al culto religioso; continueranno a farlo nei due secoli successivi anche i Rosselli Del Turco. >
È così fuori da ogni dubbio la tradizione religiosa della famiglia.
Il problema patrimoniale tuttavia va al di là della vocazione. Abbiamo già visto come Romolo Rosselli nel 1587 perde la proprietà di Santa Lucia a Trespiano in seguito alla spesa per monacare delle sorelle.
Dagli appunti di Vincenzo dell'anno 1768 troviamo tra le spese quelle per la monacatura di due sorelle: Margherita, divenuta suor Teresa nel convento di S. Miniato detto del Ceppo e della reverenda madre donna Maria Vittoria, monaca al convento di S. Ambrogio dipendente dal Regio Ospedale degli Innocenti. Per ogni sorella Vincenzo paga ai rispettivi conventi 200 lire di moneta fiorentina (7 lire per ogni scudo) vita natural durante; una cifra veramente considerevole.
Trattandosi di una famiglia agiata in cui era sottintesa l'esigenza dell'ereditarietà patrimoniale, per l'accettazione delle aspiranti suore i conventi divenivano non poco esigenti.
In alternativa alla vocazione religiosa, per le componenti femminili della famiglia ci furono nel tempo matrimoni che erano anche alleanze patrimoniali con casati di grande dignità come i conti Guidi, i Frescobaldi, i Carducci ecc.
Da segnalare, l'opera svolta da mons. Vincenzo Rosselli Del Turco fondatore e direttore spirituale (1873) del convento della Concezione delle suore Stimmatine di via dei Massoni. I Rosselli Del Turco donarono al convento anche il podere adiacente, riservandosi per la loro famiglia la sola cappella adibita alle sepolture.