La caduta di un B17 vicino all'aeroporto di Ghedi

Testimonianza di Costante Belletti di Salò, ex pilota di caccia:

17 agosto 1943: prestavo servizio all'Aeroporto di Ghedi e, avendo svolto un incarico notturno, mi accingevo a godermi una giornata di riposo. Riposo stabilito dal regolamento e che iniziai a letto verso le ore 8 circa per svegliarmi alle 15. Ben riposato mi alzai senza meravigliarmi più di tanto nel constatare che nella camera, che dividevo con una mezza dozzina di commilitoni, non c'era anima viva. Una rinfrescata sotto la fontanella e fuori nei vialetti della base aerea. Con mia grande sorpresa non un aviere in giro, non un rumore che dimostrasse la vita che pulsa in ogni aeroporto, non un velivolo. Mi recai nel più vicino capannone dove, di solito, il rumore è una costante caratteristica poiché in esso lavorano molti specialisti addetti alla manutenzione degli aerei. Anche qui silenzio di tomba e deserto di uomini. Che siano scappati tutti? E per quale motivo? Mi prese una tale ansia difficilmente spiegabile a parole. Mi sentivo in uno stato di agitazione fra sogno e realtà, istupidito e privo di qualsiasi reazione. Ancor oggi rivivo come in un film giallo la situazione. A scuotermi, a togliermi da quello stato d'inerzia, ecco giungere da lontano un rombo di aereo. Dirigo gli occhi nella parte di cielo da dove proviene il rumore. Altro colpo di scena che completa il mio stato di agitazione sfiorando il terrore: quello non è un nostro velivolo e nemmeno dell'alleato tedesco è nientemeno che una fortezza volante... Se qualche "eroico" pensatore può credere che in quel momento di tremenda solitudine mi sentissi fiero della situazione e mi augurassi di realizzare i virili propositi di leopardiana memoria: "... L'armi, qua l'armi: io solo combatterò, procomberò sol io" si sbaglierebbe di grosso. Altro che sentinella alata a difesa della patria in armi; mi sentivo meschino e mortalmente inerte: un piccolo Davide privo di fionda di fronte a un armatissimo Golia. Il quadrimotore americano avanza lentamente mentre, innavvertitamente, il mio cervello osserva che i motori girano regolarmente, ma non a pieno regime di crociera, che l'aereo è troppo alto per atterrare e altrettanto troppo basso per effettuare un bombardamento in piena regola. La mia tensione si attenua un pochino quando la fortezza volante sorvola la parte nord del campo e, dopo un minuto circa, si schianta e si incendia sulle colline nelle vicinanze di Brescia. Lo schianto avvenne esattamente alle ore 15.58 (l'orario l'ho avuto dal noto storico Lodovico Galli). Finalmente vedo due colleghi: Ugo Conforti di Reggio Emilia e Dante Brini di Bologna (entrambi viventi) che, visto il mio pallore causato da tanta fifa, con malcelata spavalderia, si affrettano a ragguagliarmi su quanto è avvenuto. È Brini che parla: "Tutto il personale dell'Aeroporto è riunito nel piazzale del corpo di guardia in attesa del furgone che dovrebbe portare l'intero equipaggio della fortezza volante. L'equipaggio, dopo aver ingaggiato un duello aereo con la caccia tedesca, constatato che il velivolo ha subìto gravi danni e non è più in grado di continuare a volare per molto tempo, si è lanciato col paracadute nei pressi di Montichiari". "Decollai" immediatamente verso il corpo di guardia e vi giunsi proprio quando il Comando prendeva in consegna l'intero equipaggio. Scambiai poche ma rassicuranti parole con i s. tenenti, freschi di nomina e appena giunti dall'Accademia di Caserta Piero Piccio e Amleto Mazzotti (entrambi generali in pensione). Che sollievo trovarmi tra tanti commilitoni! Altri particolari li appresi, in aula di studio, dal nostro diretto comandante l'allora cap. pil. pluridecorato Renzo Rovetta. Un membro dell'equipaggio risultava leggermente ferito e venne subito visitato e curato dall'allora ten. pil. Luigi Messini (recentemente scomparso) il quale, la mattina svolgeva regolare attività di volo e nel pomeriggio, essendo laureato in medicina, esercitava attività sanitaria sia in campo che nel vicino comune di Castenedolo. Ci sono persone molto superstiziose che considerano il numero 17 portatore di disgrazie, a me non ha portato disgrazia alcuna si è solo limitato a procurarmi una "fifa" tremenda che mi ricordo anche dopo 58 anni!!

Equipaggio #14 Aereo #42-3232 "FLAK HAPPY" MACR #676

Ten. RONALD W. HOLLENBECK

Pilota

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Ten. JOHN L. WILLIAMS

Copilota

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Ten. 2^ Cl. HAROLD L. WEINTRAUB

Navig.

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Ten. 2^ Cl. ZEAK M. BUCKNER, JR

Puntat.

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt 1^ Cl. RUSH S. MINTZ

Motorista

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt 2^ Cl. ILLIAM A. ROUSE

mitragliere

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt. 1^Cl. EMILE A. REIMHERR

marconista

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt. 2^ Cl. JOHN Q. PACIOTTI

mitragliere

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt. 2^ Cl. GLEN H. KEIRSEY

mitragliere

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

Sgt. 2^ Cl. THOMAS E. FLOUNDERS

mitragliere

POW

17-AUG-43

REGENSBURG

PRECIPITATO VICINO A GHEDI, ITALIA, L'INTERO EQUIPAGGIO E' RIUSCITO A LANCIARSI ED E' STATO PRESO PRIGIONIERO DA TRUPPE ITALIANE E TEDESCHE.

Durante la missione verso Regensburg (Ratisbona), questo equipaggio volava come gregario di sinistra a Norm Scott e "Bucky" Cleven che comandavano la squadriglia più in basso. Bennie Demarco volava a destra ed ha dato questa versione dei fatti: "Il B 17 #232 fu colpito nel vano bombe e scaricò le sue bombe quindici minuti prima del bersaglio. Le bombe caddero in un'area boscosa. Rimase in formazione finché non volammo in cerchio sopra Verona, per riunire alcuni aerei rimasti indietro, dove proseguì da solo sulla sua rotta. Il 4° motore smise di funzionare quando l'aereo lasciò la formazione. Sembrava che un membro dell'equipaggio fosse stato ferito e fosse assistito all'interno del naso dell'aereo. Si pensa che quell'aereo possa essere atterrato in Sardegna."

Glen Keirsey fu fatto prigioniero ma alla fine riuscì a ritornare in Inghilterra. Il 22 giugno 1944 in un rapporto al Servizio di Informazione Militare del teatro di operazioni europeo Glen rilasciò la seguente dichiarazione:
Il 17 agosto 1943, circa alle ore 1300 vicino a Ghedi, Italia, e ad approssimativamente 3000 piedi (1000 mt) di quota mi lanciai. L'aereo aveva il 3° e 4° motore danneggiati, quest'ultimo continuava a girare. L'intero equipaggio si lanciò senza problemi e l'aereo si schiantò contro una montagna. Tutti sottufficiali scapparono dal Campo 54 ma Reimherr, Mintz, Paciotti e Flounders furono presto ricatturati. Rouse non fu ripreso fino al 27 febbraio 1944.
Una lettera di Bill Rouse datata 1979 riporta il seguente:

Il 17 agosto 1943 (REGENSBURG), volavamo come apripista. Riuscimmo a raggiungere l'obiettivo, con un motore fuori uso. Cercammo di arrivare in Nord Africa. Non potevamo tenere la formazione. Da soli, tentammo di raggiungere la Svizzera. Fummo costretti a lanciarci poiché non potevamo raggiungerla. Ci lanciammo non appena scesi a 3500 piedi (1100 mt) sopra Milano. Tutti i membri dell'equipaggio furono in grado di abbandonare l'aereo. Fummo catturati da truppe italiane e tedesche. Io fui trasferito al campo di prigionia n°54 e poi scappai. Fui ricatturato sei mesi più tardi e portato in Germania. Infine scappai nell'aprile del 1945 e raggiunsi l'Inghilterra. Rimasi nell'aviazione per più di 30 anni e mi ritirai alla base di Eglin, in Florida.


Da sinistra a destra: Hollenbeck, Williams, Weintraub, Buckner

Da sinistra a destra: in piedi Flounders, Paciotti, Rouse; accovacciati: Mintz, Reimherr, Keirsey

foto scattata da militari italiani dopo lo schianto [ottenuta da Lodovico Galli-Brescia]

altra foto del relitto del B17 [anche questa da Lodovico Galli]

Desidero ringraziare Costante Belletti e Lodovico Galli per avermi ceduto il materiale per costruire la pagina e il webmaster del sito "100th BG.com" per le foto dell'equipaggio e le informazioni correlate.

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