Il mio 8 settembre
Il mio 8 settembre

Il compilatore di queste memorie ai 'bei tempi', come egli stesso ha scritto


Correva l'anno 1943: il tempo migliore della mia vita... Nonostante la guerra in atto, tempo dell'entusiasmo e delle grandi aspirazioni… Con una quindicina di allievi ufficiali che, primi, avevamo raggiunto il brevetto d'aeroplano, col Saiman 202 e ultimata la prima fase dell'addestramento acrobatico, col Ro.41, presso la Scuola di Pilotaggio di Reggio Emilia e di Parma dal maggio a fine agosto 1943, il 3 settembre venni trasferito all'aeroporto di Falconara Marittima per il 2° periodo. Il tempo era ancora estivo e sulla spiaggia adriatica non mancavano le belle figliole: fu così che la sera del 5, con altri colleghi, rientrai in campo a tarda sera.... e "Tre giorni di CPR" sentenziò l'ufficiale di picchetto. Ed in cella ci colse, la sera dell'8, l'annuncio del gen. Badoglio che gettò la base nella più grande confusione... "L'armistizio!... l'armistizio!... La guerra è finita!" si sentiva gridare dalla truppa... "Andiamo a casa!... Andiamo a casa!" urlavano i più sprovveduti... Anche gli avieri di guardia avevano abbandonato il servizio e noi ci recammo, con gli ufficiali, alla Palazzina del Comando, ansiosi di ricevere direttive, ma poiché dagli Alti Comandi non giungeva più segno alcuno, ci ritirammo in camerata... Nel silenzio della notte, insonne e piena d'incubi, si levò, sussurrato, il canto del Nabucco: "Oh mia Patria sì bella e perduta ... " La mattina del 9, una colonna motorizzata tedesca si fermò, chiese ed ottenne dal comandante un rifornimento di carburante e, quando ripartì verso nord, molti avieri salirono sui mezzi, convinti di avvicinarsi a casa. Giunse, poi, la notizia che il Re e Badoglio, abbandonata Roma, s'erano rifugiati a Brindisi, presso il Comando Angloamericano.... Poco dopo, atterrò un nostro caccia ed il pilota disse d'aver scorto navi da guerra "alleate" al largo di Ancona e colonne corazzate tedesche, che risalivano dal sud verso settentrione... Tentativo di sbarco imminente e conseguente scontro con i tedeschi ? E noi intrappolati tra due fuochi? La truppa s'era ormai tutta 'squagliata' svuotando addirittura il magazzino d'ogni bendiddio, paracadute compresi... Né il povero comandante poté, né seppe darci direttiva alcuna. Mi prese, ad un tratto, un'idea e, con l'amico Salvadori, ci avvicinammo all' hangar, dove stazionavano i nostri aerei scuola. "Quel Saiman 202 - ci disse un sergente motorista - è stato revisionato pochi giorni fa ed ha il serbatoio pieno". Io e Mario ci demmo una sguardo d'intesa... un salto, e fui sul velivolo... contatto... Mario, con una spinta all'elica, avviò il motore e salì al mio fianco, anch'egli senza paracadute... manetta... e, via, di traverso, sul campo, rischiando d'infilarci nell' hangar, che stava sul lato opposto, spalancandoci la sua bocca enorme... le ruote dell'aereo, sembrava, non volessero più staccarsi dall'erba. Tirai disperatamente a me la cloche, motore al massimo, e, con in corpo il terrore dell'orribile, imminente schianto, chiusi gli occhi... Quando li riaprii, l'immenso azzurro stava dinanzi a noi... vi ci tuffammo, entusiasti, come rinati.... Sotto, la costa e il mare... dietro di noi Falconara, col suo aeroporto, che s'allontanava, confondendosi con l'orizzonte, che si espandeva sempre più man mano che il Saiman saliva di quota... Sorvolammo la costa adriatica... Senigallia, Pesaro, Riccione... sulla sinistra, la rocca di San Marino, Rimini... Virai verso ovest... Savignano, Faenza, Imola.. ed ecco laggiù, la grande Bologna... poi, Modena, mia città natale, e la ricca campagna di Reggio, costellata di vigneti, tra i quali si scorgevano le fattorie dei miei parenti paterni e materni. Ecco, laggiù, l'aeroporto lasciato una settimana prima, le 'Reggiane", dove lavorava mio padre e da cui uscivano i RE.2000, 2001, 2002 e, buoni ultimi, i potenti RE.2005. Poco distante, oltre la ferrovia, intravidi casa mia. Avrei voluto atterrare. ma, tutt'intorno al campo, erano già piazzati mezzi corazzati tedeschi, nostri "alleati" fino a ieri l'altro. Come ci avrebbero accolti? Da traditori! Preferii puntare verso nord, sull'aperta campagna, ma dove trovare uno spazio per l' atterraggio? Filari di viti un po' dovunque... era inutile ogni ricerca. Ecco Correggio... ecco la villetta di zio Prospero e zia Maria, dov'erano sfollati i cinque fratellini minori. Li intravidi nel cortile, che guardavano in su... una picchiata, nell'intento di salutarli...un attimo di disattenzione... e rischiammo di schiantarci contro un pioppo svettante, a lato della villetta. Risalimmo in quota e, grati alla buona sorte, puntammo verso il Po... Eccolo! Ecco Viadana, Casalmaggiore... "Fra poco siamo sopra Cella Dati - disse Salvadori - e lì potremo atterrare. Ci sono dei vasti prati, intorno a casa mia!" E su un vasto prato s'atterrò, facendo imbardare il Saiman, a fine corsa, per non schiantarci contro il filare di gelsi che lo delimitava. Fu un accorrere di gente d'ogni età, che ci accolse come fossimo extraterrestri... Ma durò poco: una camionetta tedesca sopraggiunse, sulla provinciale adiacente.... Fu un fuggi fuggi generale... i due piloti compresi. Tre militari, armati di tutto punto, s'avvicinarono al Saiman, ne vuotarono il serbatoio e ripartirono. Due mattine dopo, a bordo d'una "due ruote" che mi fu prestata, rientrai in famiglia, a Reggio Emilia... Poi, ritorno in servizio, presso la II ZAT a Padova, dove fui per qualche tempo aiutante del leggendario Col. Botto "Gamba di Ferro" e dove scampai al terribile bombardamento del dicembre '43... poi Venaria Reale, Tradate, Albavilla e, finalmente, Cascina Costa col cap. Adriano Mantelli ed il ten. Rovesti, che m'era stato istruttore, due anni prima, al corso di pilotaggio per alianti. Infine, la terribile odissea del 25 aprile, con la scampata fucilazione, che toccò invece al comandante di Malpensa, Adriano Visconti.

50 anni dopo ovvero "la realtà romanzesca"
Avevo 22 anni, quando, reduce sconfitto, potei tornare in famiglia, che nel frattempo, per sfuggire ad ogni vendetta, s'era trasferita nel bresciano, a Lumezzane, dove fui docente per oltre tre decenni. Orbene: udite, udite! Cinquant'anni dopo, un mattino, uscendo di casa, mi sento salutare:
"Buon giorno, signor Davoli!"
"Buon giorno! Non ho il piacere di conoscerla!"
"Lei, nel settembre del 1943, ha atterrato in un prato, vicino a casa mia, a Cella Dati di Cremona".
Io mi tacqui, sgranando gli occhi, incredulo. "Sì. E mio papà le prestò la bicicletta, perché potesse tornare a casa, a Reggio Emilia". Mi pareva tutta una favola! Dopo cinquant'anni! "Per fortuna che mio padre, persona, oltre che onesta, assai precisa, benché costretto ad usare un' apposita bicicletta, con un solo pedale, avendo una gamba invalida per una ferita da scheggia di cannone nella guerra 1915-'18, percorse tutto il tragitto Reggio Emilia-Cella Dati (70 km circa) reggendo l'altro biciclo con la mano destra per riportarlo al legittimo proprietario! Diversamente, lei potrebbe, qui ora, richiedermi il rimborso spese". E il tutto finì in una simpatica risata e ne nacque un'amicizia che dura tuttora.



L'articolo, tratto da Aeronautica è stato fornito dallo stesso autore, Orio Davoli, insieme alla prima foto.

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