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Le
idee di Nedved, le giocate di Del Piero, i miracoli di Buffon... Ma
anche la furia di Davids, l'esperienza Ferrara, i sacrifici di
Trezeguet e Di Vaio.
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TORINO, 10 maggio 2003 - Non è un mistero,
è lo scudetto di Nedved. Non si offenderà nessuno. E' lui l'anima di
questa Juventus, inventa per gli altri e per sè. Ma da soli non non si va
molto lontano, è lui stesso a dirlo, e la vera forza di questa squadra è
il gruppo. Vediamo perché.
BUFFON: Non a caso è il numero uno azzurro. Forte, fortissimo, dentro e
fuori dai pali. Ne salta solo una, per influenza, quella con il Como,
nella 23esima giornata. Ne salva almeno quattro: i pareggi (2-2) con Roma
e Parma, la vittoria (2-1) sul Brescia nel ritorno con almeno due
interventi importanti su Toni. E' già un idolo della curva, ma con il
rigore parato a Ferrante nel derby d'andata, e non era facile, si
conquista un posto d'onore a vita nel cuore dei bianconeri. Quello su
Fiore, alla 31esima, vuol dire scudetto. Merita un bel 10. Peccato che non
possa far media anche la simpatia.
CHIMENTI: Scalzare Buffon è praticamente impossibile, l'importante però
è farsi trovare pronto quando serve. "Zucchina" Chimenti (così
lo chiamava Totti negli anni della Roma) lo sa. Lo aiuta l'epidemia
ante-Manchester: così prova il brivido della Champions, e quello della A
con la Juve. Contro il Como è ordinaria amministrazione, e se la sbriga
bene, non ha colpe sul gol (comunque inutile) di Pecchia.
BIRINDELLI: Mastica tanta panchina, e tutte le volte che entra è una
continua staffetta, destra-sinistra. Si sacrifica tanto, la Juve vince
anche per questo. Trapattoni apprezza e lo chiama in nazionale.
FERRARA: Inossidabile. Gli anni passano, ma non per lui. Autorità,
carisma ed esperienza. Un'altra stagione piena (23 presenze) e importante
(quest'anno gli manca solo il gol). Se la difesa bianconera è ancora la
prima d'Italia, molti dei meriti sono suoi. Scatta e anticipa come un
ragazzino, meglio di molti ragazzini. Titolare fisso a 36 anni, mica uno
scherzo. Un mostro di successi: settimo scudetto bianconero, a un passo
dal recordman italiano Furino. E quando non c'è, si balla. La Juve deve
seriamente trovare un degno sostituto.
FRESI: La superba stagione a Bologna, con 25 partite e otto gol, è solo
un ricordo. Si vede pochissimo, poi sparisce. Dicono sia stato fatale il
rifiuto, a gennaio, del trasferimento al Torino.
IULIANO: Dopo le soddisfazioni della passata stagione, la sofferenza. Lo
tormentano guai muscolari, da cui non riesce ad uscire completamente. Ma
le poche volte che c'è, fa il suo, con diligenza. E in casa, con il
Bologna, toglie le castagne dal fuoco con l'incornata dell'1-1.
MONTERO: Gioca più della passata stagione,
nonostante l'intervento al menisco a Natale (in Uruguay). Non funziona
alla perfezione il teorema quando c'è Montero, non si prende gol. Ma
continua avalere che dove c'è Montero non si passa. Gli aspiranti
difensori dovrebbero prendere lezioni da lui. E' persino diventato
buono... (nessuna espulsione).
MORETTI: Fa il vice Pessotto all'inizio della stagione, colleziona otto
presenze e non dispiace. Ma deve farsi le ossa, e a gennaio Moggi, che
custodisce il cartellino nel cassetto, lo gira in prestito al Modena.
PESSOTTO: Stagione tribolata. L'avvio è triste e noioso, in palestra a
fare riabilitazione e in tribuna a guardare i compagni. Si porta dietro la
lesione al legamento del crociato anteriore del ginocchio sinistro che gli
è costato il Mondiale e buona parte della stagione. Uscirne è difficile.
In più il posto è occupato da un rigenerato e riciclato Zambrotta. Ma
quando torna titolare, alla 20esima giornata, contro l'Empoli, è come se
non fosse mai mancato. La volta successiva, a Como, è suo il cross che
manda in gol Camoranesi, e non è l'unico.
THURAM: Ha fatto marcia indietro, ed ha vinto. Dopo le bizze della passata
stagione, ha annunciato all'inizio di questa: "Faccio il terzino
destro e sono contento". Si è convinto, ha giocato tanto, spinto
tantissimo e segnato anche un gol. Così il campione del mondo è rinato e
può cucirsi addosso il secondo scudetto consecutivo, questo molto più
suo del primo.
TUDOR: L'inizio prometteva bene: alla terza giornata (la seconda giocata
per il rinvio della prima) è suo l'assist per il raddoppio di Del Piero.
La domenica successiva con un colpo di testa dà il via alla rimonta sul
Parma. Poi, il gigante croato, il tuttofare preferito di Lippi, si ritrova
in infermeria, un incubo, per il secondo anno di fila. Prima la caviglia,
poi il quadricipite: un tormento e un gran peccato, perché uno duttile
come lui, in forma, è davvero micidiale.
ZENONI: Atteso, non pervenuto. Doveva essere la stagione della conferma,
dopo le 24 presenze con un gol della passata stagione. Non è stato così.
Soprattutto perché si è dovuto accontentare di poche manciate di minuti.
BAIOCCO: Il Baiocco strepitoso del Perugia, non riesce ad inserirsi nel
gioco della Juve, fa il vice-Davids in un paio di occasioni, ci mette
impegno, ma senza troppo successo. E a gennaio viene girato al Piacenza.
CAMORANESI: E' il colpo dell'estate. Arriva perché a Verona ha fatto
benissimo, e perché la fascia destra di Zambrotta è scoperta. Diventa
sua in un baleno, corre, salta l'uomo, crossa, segna (4 gol). Il primo e
l'ultimo i più importanti, tutti e due dalla panchina: l'1-0 a Perugia e
il 2-2 a Bologna. Ma quello del 3-0 all'Inter non si dimentica. La
nazionale del Trap è meritata, ora manca solo che la Juve lo riscatti.
CONTE: L'eterno capitano e ragazzino patisce un polpaccio capriccioso. E'
più ai box che in campo, ma quando c'è è il solito, generoso e
instancabile regista. Un gol, in apertura, alla Reggina, per sperare in un
anno, il prossimo e probabilmente l'ultimo, migliore. Come sa fare e come
merita.
DAVIDS: Brontola, sputa, ma in campo è insostituibile. Ha fatto bene
Moggi a non cedere alle pressioni della Roma. Uno come lui, a centrocampo,
fa davvero la differenza. Non c'è avversario che non lo tema, quasi
nessuno riesce a portargli via la palla. Corre come un dannato e tira da
fuori : un gol al Torino è un po' poco, ma il resto è davvero tanto. Se
solo sorridesse un po' di più...
NEDVED: Ci ha messo un po', la passata stagione, ad ambientarsi, al delle
Alpi. Ma quando Lippi gli ha trovato il posto giusto, dietro le punte con
la facoltà di fare quello che vuole, Pavel è tornato quello
dell'Olimpico. Quest'anno si è persino superato. Forma strepitosa,
carattere da vendere e grande tecnica. Uno che non si tira mai indietro,
che pretende di giocare anche quando dovrebbe starsene in infermeria, che
fa gli straordinari nella palestra privata, a casa. Uno che abbassa la
testa e corre, che non conosce l'egoismo, che si inventa sempre qualcosa,
ma sa anche fare un passo indietro, a sinistra, quando serve. Uno di poche
parole e tanti fatti, come piace alla Juve. Ha segnato 9 gol,
pesantissimi, e molti ma molti di più ne ha fatti segnare. E' l'anima di
questa squadra, un campione a 360°. Fondamentale: le poche volte che non
c'è stato (per la contusione toracica rimediata in uno scontro con
Materazzi) la Juve ha faticato e tanto.
TACCHINARDI: Titolare fisso, e non solo per le condizioni precarie di
Tudor e Conte. Superata la pubalgia di fine estate, Tacchinardi ha
ritrovato la forma migliore (quella che lo aveva abbandonato nel finale
della passata stagione facendogli perdere il Mondiale). Si è ripreso il
centrocampo e non l'ha mollato più, con grinta, orgoglio e carattere.
Nove stagioni di Juve ti aiutano a crescere. Lavoro sporco, tanto. Due gol
e un lancio perfetto per il gol bellissimo, del raddoppio e della vittoria
di Del Piero, tre giornate fa, con il Brescia. Ha fatto bene Lippi a
tenerselo stretto.
ZAMBROTTA: La novità. E la prova che la duttilità professata e cercata
da Lippi può pagare davvero tanto. Quando lo strappo agli adduttori di
Italia-Corea al Mondiale diventa un brutto ricordo, la fascia destra è di
Camoranesi. In compenso è fuori Pessotto. Lippi parla a lungo con
Zambrotta, e alla fine lo convince e tira fuori un buon terzino sinistro.
Lui storce un po' il naso, fatica, ma alla fine ringrazierà: così può
tornare utile anche in Nazionale. Sacrificio, umiltà, voglia di
rimettersi in gioco e poi tanta corsa, moltissimi cross e un gol
importantissimo a Bologna.
DEL PIERO: Da lui si pretende sempre il massimo, come fosse un alieno.
Invece è un campione, ma uomo come tanti. L'avvio è strepitoso, due gare
due doppiette, nonostante sia orfano del compagno ideale, Trezeguet e sia
tutta da costruire l'intesa con Di Vaio e Zalayeta. Chiusura identica: due
gol a Roma e Brescia. In mezzo fatica un po' a riprendersi dallo
stiramento ai flessori della coscia sinistra (che lo tiene fuori per due
mesi), ma è capace di giocate che sbrogliano le matasse più difficili e
cancellano tutto, anche la corsa un po' lenta e sterile degli ultimi
tempi. Non a caso è il capitano, il capocannoniere bianconero con 16reti
e l'uomo simbolo della Juventus.
DI VAIO: Arriva all'improvviso per sostituire Trezeguet, ma la Juve non è
il Parma, come Torino non è casa sua. Gli servirebbe tempo, la Juventus
non ne ha. E' abituato a giocare di rimessa, lanciato negli spazi, non
esattamente il gioco dei bianconeri. Ma si sacrifica, cambia posizione in
base alle circostanze e segna 7 gol senza rigori (all'Empoli e al Parma i
più importanti) tra i quali quello dello scudetto contro il Perugia. Paga
il colpo alla testa in Champions di O'Brien, ma soprattutto una
distorsione alla caviglia, alla vigilia della sfida (persa) con il Milan.
Ha soprattutto la pazienza e l'educazione di sopportare le critiche, in
silenzio.
OLIVERA: Pochissimi minuti contro la Roma. E' giovanissimo, ma Lippi lo
ripete sempre, promette bene.
SALAS: La Juve non è decisamente la sua squadra. La lesione al crociato
anteriore del ginocchio destro gli costa praticamente due stagioni. Perché
non riesce a recuperare la forma, gioca con il contagocce, ingoia amaro, e
trova solo un gol, ma da tre punti, con l'Udinese. La botta, alla viglia
del Milan, che lo costringerà all'intervento al menisco, segna
probabilmente la fine della sua avventura a Torino.
TREZEGUET: Torna dal Trofeo Tim, a Trieste, (31 luglio) con il ginocchio
destro gonfio: infiammazione al tendine rotuleo. Da lì, un calvario,
lunghissimo. Lo ributtano in campo con il Como (per l'infortunio di Di
Vaio), rischia, ricade e si arrabbia. Lo si rivede a Perugia, il 22
dicembre. Ma la sua prima rete arriva la domenica successiva, con la
Reggina, in acrobazia. Bellissima. Poi ne fa tre al Chievo, stende da solo
Empoli e Udinese. Ma nel derby cade male: lesione al legamento della
spalla sinistra. E' proprio un anno sfortunato, ma la gloria è anche sua.
E suo è il primo gol nella partita-scudetto di Perugia.
ZALAYETA: 20 presenze ma
pochi minuti per la giovane Pantera. Un solo gol ma importante con il Como
(1-1). Ci si aspettava di più, anche perchè l'infortunio di Salas gli ha
lasciato un bel po' di occasioni. Salva la stagione il gol, fondamentale,
di Barcellona.
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