Sfide Grandi Maestri/Computer: è necessaria chiarezza.

 

Complessivamente, si può dire che i match sostenuti da Kasparov e Kramnik contro il computer abbiano avuto un effetto positivo sugli scacchi: sono stati infatti argomento di discussione anche in ambienti non scacchistici, hanno incuriosito migliaia e migliaia di appassionati e non, e sono stati anche un ritorno pubblicitario non da poco per le aziende produttrici di software come la Chessbase; non è difficile immaginare che molte persone che conoscono a malapena il movimento dei pezzi si siano successivamente interessate all’acquisto del Fritz o di altri programmi analoghi, nel tentativo di emulare i campioni della scacchiera. Fino a qui nulla da obbiettare, il quadro sembra abbastanza roseo. Il problema nasce se ci addentriamo in un’analisi più dettagliata dei match e del loro contenuti tecnico. Se pensiamo ai match tra umani e computer come poco più che un evento spettacolare, come esibizioni senza particolare importanza, possiamo liquidarli come simpatiche passerelle mediatiche e chiudere lì ogni discorso; se invece parliamo di sfida “uomo-macchina”, “fine degli scacchi” o adottiamo altre simili espressioni altisonanti, allora non si può fare meno di portare all’attenzione del pubblico alcuni fattori che ci portano ad esprimere seri dubbi sulla validità di questi match.

Primo elemento di dubbio: i giocatori impegnati quanto prendono seriamente questi incontri? Si comportano come nelle sfide ufficiali? O concedono qualcosa allo spettacolo? Dando anche solo una rapida occhiata alle partite giocate, si deve nettamente propendere per questa seconda ipotesi, altrimenti non si capirebbe perché sia Kramnik che Kasparov, pur trovandosi in vantaggio, abbiano deciso di imbarcarsi in complicazioni poco chiare, notoriamente la tattica migliore per farsi battere dai cervelloni  elettronici. Certo, il desiderio di Garry e compagni di concedersi un po’ di svago dopo lo stress accumulato nei tornei ufficiali  può essere più che giustificabile; diventa meno giustificabile, però, quando tutto questo sembra dare l’idea di falsare  in qualche modo l’esito dei match.

Prendiamo in considerazione la sfida di un paio di anni fa tra Kasparov e Deep Thought, dove il campione russo ha avuto la peggio: la sconfitta decisiva è venuta a causa di un errore di Kasparov che, col Nero, ha tralasciato di giocare una mossa difensiva indispensabile in una difesa Caro-Kann, una mossa che compare in tutti i rispettabili manuali su questa apertura; e Kasparov (uno specialista in fatto di aperture), che in gioventù giocava regolarmente la Caro-Kann con il Nero, non poteva avere avuto un’improvvisa amnesia. E invece fu così, per la prima volta un computer riuscì nell’impresa di battere un campione del mondo: era previsto, in caso di sconfitta del contendente umano, un match di rivincita con un lauto montepremi in denaro in palio, che però non venne mai disputato. Qualcuno insinuò a quel punto che Kasparov avesse perso per niente… al di là delle facili illazioni, di lì a poco Kasparov perse il match con Kramnik valido per il Campionato del Mondo PCA, dimostrando di trovarsi forse nel periodo peggiore della sua straordinaria carriera.

A dire il vero, neppure Kramink ha sfidato Deep Fritz in un gran periodo di forma: il torneo di Week aan Zee, disputato subito la sfida con il cervellone, ha avuto per lui un esito abbastanza disastroso, se teniamo conto che anche lui, come Ponoamriov, può fregiarsi di un titolo di Campione del Mondo, quello PCA appunto sottratto a Kasparov. in ogni caso, Kramnik ha pensato bene, una volta in vantaggio per 2-0 sul computer, di sprecare tutto complicando inutilmente. La penultima partita, poi, è di quelle che farebbero pensare seriamente al “complotto”: dopo essere uscito in vantaggio di posizione dall’apertura, Vladimir ha dovuto fare i conti con la tenace resistenza opposta dal Fritz, ma ciononostante è riuscito a conseguire un finale superiore: a quel punto, Mathias Feist, uno dei “manovratori” di Fritz, ha proposto la patta ed il giocatore russo si è alzato dal tavolo, per confabulare con il suo secondo e alcuni degli organizzatori, per poi tornare al tavolo ed accettare il pareggio. Quando poi un giornalista, nella conferenza stampa di chiusura, gli chiederà di questa partita, Kramnik, solitamente sempre calmo e posato, ha reagito abbastanza stizzito, facendo intendere che la patta al computer l’avesse quasi regalata.

Il match tra Kasparov e il software israeliano Junior è stato per certi versi simile: nella prima partita, il campione umano ha letteralmente sbaragliato l’avversario elettronico in poco più di venti mosse, quasi ridicolizzandolo; poi, dopo alcune partite conclusasi in parità, ecco che Kasparov forza la posizione e viene punito. Anche questo scontro si conclude con una salomonica patta che fa contenti tutti: contenti i giocatori, che hanno evitato figuracce, contenti i creatori del programma, che possono vantare un software “a prova di campione”, contenti i media che hanno avuto molto da scrivere e contenta la FIDE per la propaganda fatta agli scacchi.

Però, forse c’è anche qualcuno che è rimasto un po’ deluso, qualcuno che ha constatato che questi match uomo-macchina stanno assumendo una fisionomia un po’ troppo artificiosa e che fa comodo a quei pochi che traggono guadagno da questi eventi, nel caso specifico i giocatori e le aziende di informatica impegnate negli scacchi, che stanno diventando uno degli elementi principali di sostegno economico dello scacchismo mondiale e che hanno perciò bisogno di una adeguata vetrina per i propri prodotti.

Cosa voglio dire con questo, che i match uomo-computer sono truccati? Non voglio spingermi a tanto, però mi sembra palese che siano in qualche modo pilotati per fare in modo da non danneggiare troppo gli interessi di tutte le parti in causa, e questo spiegherebbe certe condotte di gioco irrazionali, se non proprio del tutto assurde, compiute da persone che hanno fatto della logica la loro ragione di vita.  Per volere usare un eufemismo, sono competizioni molto “amichevoli”, dove i “contendenti” evitano di farsi troppo male a vicenda.

Detto questo, spero di vedere in futuro nuovi match uomo-macchina, perché costituiscono una delle maggiori fonti di interesse per il nostro gioco al di fuori della cerchia di appassionati, ma forse è meglio evitare di dare troppo peso ai risultati ottenuti: per vedere degli scacchi “veri”, attendiamo piuttosto gli attesi match al “100% umani” Ponomariov-Kasparov e Leko-Kramnik. O se non altro, prima di parlare di “fine degli scacchi” e di proporre il Fischer-Random o altre forme di gioco similari, attendiamo degli incontri più seri e credibili.