L’arte del tacere

 

difficile è vivere con gli uomini

perché tacere è così difficile”

(Nietzsche)

Non è facile, al giorno d’oggi, sfuggire le insidie che la frenesia della nostra vita ci offre; in qualsiasi ambito in cui si lavori, in qualsiasi posto che si frequenti, veniamo spesso immersi nella confusione, nel rumore, in fiumi di parole, la maggior parte vuote ed effimere, che tendono solamente a stordirci e renderci  più nervosi e stressati, meno pronti, quindi, ad affrontare anche le più comuni relazioni sociali.

    Anche nella vita familiare non è poi facile trovare un momento e un luogo per restare soli e riflettere, e questo non è poi tanto strano come potrebbe sembrare, basti pensare al continuo sottofondo della televisione o della radio che ci accompagna, alle urla dei figli, alla musica ad alto volume. Tutto è oramai rumore, disturbo.

    Questa premessa, inevitabile e anche un po’ banale se volete, mi porta al punto: bisogna riscoprire l’arte del tacere. Il silenzio, la riflessione stanno pian piano scomparendo dalle nostre abitudini, portandoci a toccare le cose, i fatti, solo in superficie, senza riuscire a coglierne la vera essenza. La saggezza umana insegna dunque già molto, se insegna a tacere. La realtà è che noi rifuggiamo il silenzio perché esso fondamentalmente ci spaventa, ci costringe a porci davanti a noi stessi, ci spoglia degli alibi che troppo frequentemente ci costruiamo attorno. Insomma, il silenzio fa un grosso rumore, e noi sembra quasi che preferiamo rifugiarci nello strepito frastornante che ci circonda.

    Vengo ora ad alcune considerazioni sui mezzi di comunicazione di massa, e sul loro rapporto col “rumore”. La parola in sé sembra aver perso ogni valore, guardate alla televisione ad esempio: interminabili varietà o talk-show in cui si dice e ridice, si parla e straparla, si contrappongono opinioni impresentabili e balzane solo per occupare il tempo. E così a seguire anche nei giornali, nella Rete, dappertutto. Siamo immersi in migliaia di parole vuote.

    Formidabile da questo punto di vista una nuova figura mediatica che attraversa trasversalmente questi mezzi di comunicazione: il “tuttologo”. Come definire altrimenti quei personaggi che vagano da trasmissione in trasmissione, di quotidiano in settimanale, per dare opinioni su fatti che spaziano dalla cronaca nera alla rosa, in base ad una non meglio specificata competenza, che poi si rivela essere costruita sul nulla?

    Si sente sempre il bisogno di parlare, di dire  qualcosa anche quando non si è interessati o non si è a conoscenza del problema in questione, insomma si vede il silenzio come un’onta da lavare…bisogna comunque e sempre farsi sentire. E questa moda sta cominciando subdolamente ad attanagliare tutti noi, che pensiamo di essere capaci di decidere, ma che in realtà siamo eterodiretti, e sentiamo quindi la tentazione di dire comunque qualcosa, e se non pensate sia vero, rileggetevi bene le mail che arrivano al nostro gruppo, a buoni intenditori poche parole.

    Concludo con le parole di Eugenio Montale:

“Voi, parole, tradite invano il morso

  secreto, il vento che nel cuore soffia.

  La più vera ragione è di chi tace”

                                                                                                

Enrico Albertini
Lou_reed_1981

 


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