GIUSTIZIA ITALIANA

 

Buon anno a tutti!

Leggendo una delle mie riviste preferite ho trovato un articolo che mi ha colpito molto. Mi è venuto in mente di riscriverlo qui poiché esso mi sembra una corretta risposta ad alcune affermazioni degli ultimi tempi riguardo agli articoli politici pubblicati in un precedente numero di questo giornalino e da me confutati (confutata la pubblicazione, non gli articoli, sia chiaro) e cioè, "ma se non parli di politica, allora di che vuoi parlare?" Oppure "ogni cosa è politica".  Io come tutti (penso) sono a favore della libertà di pensiero ed espressione, e sono convinto, e d'accordo, con chi afferma che in questo giornale, e soprattutto nella sezione "dal mondo" bisogna parlare anche di argomenti più seri e impegnativi. Questo però non deve voler dire in alcun modo, necessariamente, schierarsi politicamente, altrimenti, la stessa libertà d'opinione tanto inseguita, verrebbe a mancare.

Detto questo, non mi resta che riportare di seguito l'articolo che ha suscitato in me interesse, sperando che anche a voi faccia riflettere; lo trascrivo integralmente, così come l'avrà già letto chi di Voi legge quella rivista.

Ciao a tutti e ancora buon anno,

Idseth

 

"Nei giorni scorsi si è definitivamente chiuso il processo per la morte di Marta Russo, la studentessa romana stroncata da una pallottola vagante mentre passeggiava nei viali dell'Università. Non è certo questo il posto per mettersi a sindacare sulla sentenza o per prendere le parti degli innocentisti o dei colpevolisti. Non possiamo però fare a meno di notare che per l'inutile e assurda morte di una ragazza, provocata con un'arma da fuoco detenuta illegalmente, la Giustizia italiana ha ritenuto di dover comminare una pena di 6 anni di reclusione per l'omicida, e di 4 anni per il favoreggiatore. Ripetiamo: indipendentemente dal fatto che Ferraro e Scattone siano o meno colpevoli, la pena è decisamente bassa per chi strappa una vita innocente.

Cambiamo luogo, personaggi e trame. Una notizia ANSA, ripresa di Indimedia ( http://italy.indymedia.org/news/2002/12/126624.php ) ci racconta la storia di Vincenzo Cernigliaro, un venditore ambulante di 34 anni, con moglie e tre figli. Vincenzo è conosciuto a Palermo, perché gira per i quartieri portando a mano il suo carretto decorato da lui stesso e istoriato con gesta dei paladini. Dentro al carretto, CD pirata, che vendeva per sfamare la sua famiglia. Ebbene, da alcune settimane Vincenzo sta scontando una condanna per la vendita di quei CD copiati illegalmente: dieci anni di carcere.

La sproporzione tre condanne è evidente. Mettere a confronto le due storie fa rabbia.

Fa male.

Fa incazzare.

Tanto che le parole non escono e le mani si bloccano sulla tastiera. E allora lasciamo che parli Vincenzo, così come si è espresso nella lettera che ha scritto a Repubblica e che ha reso pubblico il suo caso:

 

-Non sono pentito di quello che ho fatto. Se a Palermo non ci fosse lavoro tornerei ancora a spingere il mio carretto per vendere musica. Non voglio essere frainteso: come reagireste voi se un giorno, senza un'occupazione, vi trovaste a dovere sfamare una famiglia? Ho camminato a piedi per chilometri e chilometri, giorno dopo giorno. Io non rubo, io non spaccio, non violento, non uccido-

 

Evidentemente, per qualcuno, questi ultimi reati sono molto meno gravi dell'infrazione del copyright."