Sabato 16 febbraio 2002

Il pianto dei telefoni

Pomezia, la Mistel licenzia i 120 dipendenti

di ANTONIO SCIOTTO

Il telefono piange. I 120 dipendenti della Mistel, industria di apparati telefonici di Pomezia, se la passano male. Il padrone, Giovanni D'Attoma, vuole metterli alla porta. Fino a qualche anno fa la produzione andava a tutto regime: quando la Telecom era statale, la maggior parte delle commesse venivano infatti assegnate senza problemi. Con la privatizzazione e la necessità di fare economia, con l'ingresso insomma della competition tra aziende, la Mistel ha cominciato ad arrancare.Secondo quanto l'azienda dichiara ai sindacati, già dal `98 verrebbero persi almeno 8 miliardi l'anno. I sindacati, che hanno visto i bilanci del '98, del `99 e del 2000, ma non quelli del 2001, dicono invece che le perdite sono più contenute, limitate a 700 milioni l'anno e compensate dalle risorse straordinarie. In ogni caso, da luglio a dicembre dello scorso anno i dipendenti sono stati sottoposti alla cassa integrazione ordinaria, con la promessa che tutto si sarebbe aggiustato nel 2002."E invece sono cominciati i problemi - racconta Walter Galli, delegato della Uilm - In gennaio ci hanno convocato per parlarci di un nuovo periodo di cassa integrazione. Ci hanno accolto due commercialisti e un dirigente dimissionario, spiegandoci che la crisi è nera e che devono licenziarci tutti. Prima ci hanno proposto l'accesso alla mobilità, poi la cassa integrazione straordinaria per un anno, che permetterebbe al padrone di non sborsare una lira. Ma noi dovremmo in ogni caso aspettare 5-6 mesi senza stipendio e D'Attoma non ha fatto parola finora di alcun sistema per sostenerci".I lavoratori hanno anche interessato la Regione Lazio, che ha proposto al titolare della Mistel una serie di incentivi per spingere i dipendenti a creare nuove cooperative o imprese individuali, o l'iscrizione all'agenzia di collocamento "Lazio Lavoro". Si è parlato anche di fondi per tentare un risanamento dell'azienda. "Ma D'Attoma ha risposto picche - continua Galli - Per attivare tutti questi aiuti pubblici dovrebbe anche lui stanziare dei fondi, ma non vuole sentirne parlare. Vuole creare invece una nuova Mistel srl con 14 dipendenti, per collaborare con la multinazionale Usa Cisco. La nuova produzione, magari, verrebbe appaltata a cooperative che sottopagano i lavoratori. Mentre noi saremo già finiti in mezzo a una strada".

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Mercoledì 20 febbraio 2002

Mistel, cade la linea

L'azienda vuole licenziare 120 dipendenti. Ora tratta?

P. A.

Qualcosa si muove per i 120 dipendenti della Mistel di Pomezia che rischiano il licenziamento. Dopo giorni di lotta degli operai e dei tecnici contro il piano unilaterale dell'azienda, e dopo un lungo periodo di silenzio totale da parte dei responsabili aziendali, ieri finalmente un rappresentante della Mistel si è degnato di partecipare a un incontro convocato dalla Regione Lazio. Anche a nome del padrone Giovanni D'Attoma, il dottor Ippolitoni, commercialista, ha confermato che l'azienda metalmeccanica avrebbe già depositato gli atti per il concordato preventivo di fallimento. Ma a questa notizia negativa, l'azienda - che finora non aveva accettato alcun rapporto con i rappresentanti dei lavoratori - ne ha aggiunta un'altra: la disponibilità a un nuovo incontro per martedì prossimo.
I lavoratori, che continuano il presidio dell'azienda che produce apparati telefonici e che è entrata in crisi in conternporanea alla privatizzazione di Telecom da cui riceveva commesse, chiedono ora garanzie per il futuro e soprattutto hanno voluto chiedere conto di un tracollo così repentino dei piani aziendali. Gli operai e i tecnici, tra i quali alcuni molto qualificati, hanno chiesto più volte un chiarimento definitivo sul futuro dell'azienda. L'unica cosa che è emersa è l'idea di chiudere l'azienda madre (e infatti sono stati già consegnati gli atti) per riaprirne un'altra con un nome leggeremente modificato, ovvero Mistel srl. Ma la grande trovata del proprietario D'Attoma, imprenditore molto noto e affermato da anni nel settore della telefonia, è basata sul numero dei dipendenti. Si chiude la Mistel con gli attuali 120 dipendenti, e si riaprirà la Mistel srl con 14 dipendenti. Naturalmente un piano del genere non trova consensi tra le 120 persone (tra cui anche coppie che lavorano nella stessa azienda) che stanno per essere letteralmente buttate su una strada.
Le speranze si concentrano dunque sull'incontro di martedì prossimo, ma certo le premesse non sono delle migliori. L'azienda sarebbe intenzionata a scegliere solo 14 lavoratori per la nuova Mistel e per gli altri proporre una cassa integrazione straordinaria per un anno per avviarli poi alle liste di mobilità. Si parla di due anni di mobilità o più a seconda dell'età dei lavoratori coinvolti. Da questa storia si traggono comunque due messaggi espliciti. Il comportamento di questo imprenditore è infatti esemplare: da una parte non accetta il conflitto e infatti ha sospeso tutte le buste paga e ha promesso di ricominciare a dare qualche soldo solo se i lavoratori interromperanno il presidio.
Il secondo messaggio che si trae dalla storia è ancora più politico: D'Attoma non vuole smettere di fare l'imprenditore. Riapre un'altra azienda con 14 dipendenti. Uno in meno per l'applicazione dello Statuto dei lavoratori e quindi dell'articolo 18.

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