IL FIUME IRMINIO E LA SUA VALLATA:

ASPETTI NATURALISTICI

Irminio

Il fiume Irminio è il principale corso d'acqua a regime permanente presente in Provincia di Ragusa. Esso ha origine a circa 700 metri s.l.m., non distante dalla vetta del Monte Lauro. Scorre per 57 km in una profonda valle scavata nella roccia calcarea e sfocia nel Canale di Sicilia presso Torre Giardinelli tra Donnalucata e Marina di Ragusa.

Sull’origine del nome Irminio sono state formulate diverse ipotesi. Tra queste la più accreditata è quella del Solarino. Egli afferma che la parola Irminio sia di origine semitica e significa "schiene (di monti) sovrastanti" o "dossi (di rupi) sporgenti in fuori". Sono queste le caratteristiche geomorfologiche della valle, ed è probabile che sia stato l’aspetto a suggerire il nome del fiume. L’Irminio doveva essere un fiume ricco d’acqua tant’è vero che Plinio lo ricorda come l’unico fiume da Pachino a Camarina. Era, inoltre, navigabile per un lungo tratto ma, a seguito dei disboscamenti dei versanti e dell’altopiano ibleo iniziati in epoca romana, ed alle continue captazioni per uso irriguo e potabile, è diminuita la presenza idrica. Tutto ciò, verosimilmente, ha determinato la trasformazione dell’Irminio in un corso d’acqua a regime torrentizio. L’area in questione presenta un clima mediterraneo con una temperatura media annua di 16,5 °C ed un’escursione termica di 27,7°C e con precipitazioni intorno ai 760-770 mm concentrate in periodo autunno-inverno.

FLORA E FAUNA

La valle dell’Irminio costituisce, soprattutto per la scarsa accessibilità all'uomo e per il peculiare microclima che vi si crea, area di rifugio di peculiari biocenosi vegetali e di ricche comunità animali caratterizzate da specie ecologicamente specializzate e, talora, rare e localizzate.

La flora

La vegetazione che s'instaura nella valle è di rilevante interesse naturalistico e paesaggistico. Il suolo alluvionale del fondo della cava è interessato dal Platano-Salicetum pedicellatae, una ripisilva tipica dell'area iblea che si sviluppa lungo le rive dei corsi d'acqua perenni caratterizzata dalla presenza di: platano orientale (Platanus orientalis), salice pedicellato (Salix pedicellata). Altre essenze arboree frequenti sono: il salice bianco (Salix alba), il pioppo nero (Populus nigra), il pioppo bianco (Populus alba), il frassino meridionale (Fraxinus angustifolia ssp. oxycarpa) e la roverella (Quercus pubescens).

Quest'associazione è, in genere, sostituita lungo le sponde del corso d'acqua, nei tratti impaludati o con acque più calme, dal Cyperetum longi. Questa comunità vegetale è dominata da: zigolo comune (Cyperus longus ssp. longus), carice pendulo (Carex pendula), canna palustre (Phragmites australis), giaggiolo d'acqua (Iris pseudacorus), liscia a foglie strette (Typha angustifolia). Nelle parti più soleggiate, a diretto contatto con l'acqua, s'insedia l'Helosciandietum nodiflori in cui dominano: il falso crescione (Apium nodiflorum), il crescione (Nasturtium officinale), la veronica acquatica (Veronica anagallis-acquatica), il gramignone (Glycera spicata).

La vegetazione sommersa è rappresentata dallo Zannichellietum obtusifolie, un'associazione abbastanza rara rinvenuta solo nei corsi d'acqua iblei e del trapanese. Essa s'insedia normalmente sui fondali melmosi in corrispondenza dei tratti fluviali pianeggianti o con scarsa pendenza, caratterizzati da acque basse (20-50 cm), calme o lentamente fluenti. Tra le idrofite, che entrano a far parte di quest'associazione, vi sono: la zannichella (Zannichellia obtusifolia), il millefoglie d'acqua (Myriophyllum spicatum), la brasca crespata e comune (Potamogeton crispus, P. natans), l'alga a candelabro (Chara vulgaris).

Sui grossi massi affioranti è possibile osservare una vegetazione a briofite dell'Oxyrrhynchietum rusciformis: una vegetazione dominata da muschi, epatiche, alghe verdi, alghe azzurre.

Andando verso l'esterno il Platano-Salicetum pedicellatae viene a contatto con formazioni boschive del Quercion ilicis: associazione che ricopre i fianchi calcarei delle cave dominata dal leccio (Quercus ilex) e caratterizzata da alcune essenze vegetali di particolare interesse quali: il doronico orientale (Doronicum orientalis), la scutellaria (Scutellaria rubiconda ssp. linneana) e l'aristolochia (Aristolochia longa var. microphylla), essenza endemica della Sicilia sudorientale.

Sui costoni rocciosi, con pendenza più o meno accentuata e ben soleggiati, sono presenti aspetti di macchia riferibile all'Oleo-Ceratonion. Si tratta di una vegetazione arbustiva a carattere xerico ricoprente, talora, estese superfici. Oltre all'olivo selvatico (Olea europea var. sylvestris) e al carrubo (Ceratonia siliqua), in questo tipo di macchia, si possono trovare allo stato arbustivo: il leccio (Quercus ilex), la roverella (Q. pubescens), l'euforbia arborescente (Euphorbia dendroides), l'alaterno (Rhamnus alaternus), il mirto (Myrtus communis), la robbia selvatica (Rubia peregrina), l'asparago pungente (Asparagus acutifolius), il lentisco (Pistacia lentiscus), la palma nana (Chamaerops humilis), il terebinto (Pistacia terebintus), il camedrio femmina (Teucrium fruticans), lo sparzio spinoso (Calicotome villosa), la salsapariglia (Smilax aspera), l'artemisia (Artemisia aborescens), il thè siciliano (Prasium majus), l'origano (Origanum onites), la salvia triloba (Salvia triloba), il salvione (Phlomis fruticosa) e la ferula (Ferulago nodosa).

La degradazione della lecceta favorisce il costituirsi di una macchia riferibile all'Oleo-Ceratonion come il l'Euphorbietosum dendroides, dominata dall'euforbia arborescente (Euphorbia dendroides) e la Thymetosum capitati caratterizzata per la notevole frequenza e abbondanza di timo (Thymus capitatus), erica (Erica multiflora), cisto rosso e c. femmina (Cistus incanus, C. salvifolius).

In seguito ad ulteriore degradazione del suolo s'instaura una bassa gariga: il Chamaeropo-Sarcopoterietum spinosi. E’ una gariga in cui dominano lo spinaporci (Sarcopterium spinosum) e il timo (Thymus capitati). Alla gariga si sostituisce una prateria ad ampelodesmi (Ampelodesmion), asfodeli e quando lo strato di terriccio si assottiglia subentra una vegetazione erbacea effimera e microassociazioni di borracine (Sedum sp. pl.).

La fauna

La fauna presente nella cave dell’Irminio è quella che usualmente si rinviene nel resto del territorio ibleo. Essa deriva dalla fusione di diverse correnti migratorie provenienti dal nord Europa, dall’India e dall’Africa Orientale. Rappresenta, inoltre, quanto è sopravvissuto ai fenomeni geologici e climatici, che si sono verificati durante l’età pleistocenica, e all’azione dell’uomo i cui effetti sull’ambiente si sono manifestati a partire dal Wurniano.

I pesci

La fauna ittica comprende poche specie costantemente minacciate di estinzione per l’alterazione dell’habitat e l’inquinamento delle acque. Tra i pesci che si rinvengono alcuni appartengono a specie autoctone altri a specie alloctone. Del primo gruppo fanno parte l'anguilla (Anguilla anguilla), il cagnetto fluviale (Salaria fluviatilis) e la trota macrostigma (Salmo trutta macrostigma). Al secondo, invece, appartengono la tinca (Tinca tinca), la carpa (Cyprinus carpio), la trota iridea (Oncorhynchus mykiss).

 

Gli anfibi

Gli anfibi sono rappresentati soltanto da anuri. Tra questi si possono incontrare il rospo (Bufo bufo spinosus), il rospo verde (Bufo viridis viridis), le cui femmine raggiungono notevoli dimensioni. Nel territorio ibleo è possibile rinvenire anche la rana verde (Rana esculenta var. lessonae), specie in competizione con il discoglosso dipinto (Discoglossus pictus pictus). Si tratta di un piccolo anuro, tipico della penisola iberica e dell’Africa settentrionale, che in Italia si rinviene solo in Sicilia.

I rettili

Tra i serpenti quello più comune è il biacco maggiore (Coluber viridiflavus carbonarius), caratterizzato dal suo habitus totalmente nero, che predilige zone desertiche e ricche d’emergenze rocciose. Meno frequente, ma non così raro come qualcuno sostiene, è il colubro leopardino (Elaphe situla leopardina), il cui habitat è costituito da zone umide ed ombrose. Tra i serpenti, ancora, ricordiamo una sottospecie endemica siciliana della biscia dal collare (Natrix natrix sicula), che si può osservare lungo il corso d'acqua, la vipera comune (Vipera aspis hugyi) che si rinviene nella macchia degradata e nella boscaglia sempreverde e il raro colubro liscio (Coronella austriaca) che preferisce, come la vipera, la boscaglia sempreverde.

Tra i sauri sono comuni la lucertola campestre (Podarcis sicula sicula), la lucertola delle muraglie (Podarcis muralis) nonché il gongilo (Chalcides ocellatus tiligugo), che è particolarmente visibile nei mesi di maggio-giugno. Meno comuni e localizzati sono il ramarro (Lacerta viridis chloronata) e la luscengola (Chalcides chalcides chalcides) che predilige i pendii erbosi assolati. Abbondante è il geco (Tarentola mauritanica mauritanica) che abita sia gli ambienti xerici rocciosi, sia i manufatti. Non più frequente come una volta è la tartaruga terrestre (Testudo hermanni hermanni).

Gli uccelli

La cava, grazie alla varietà di ambienti che in essa si possono riscontrare, offre ospitalità ad una ricca comunità d’uccelli. Lungo il corso d'acqua nidificano l'usignolo di fiume (Cettia cetti), la ballerina gialla (Motacilla cinerea), la gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), lo scricciolo (Tryglodites tryglodites), il martin pescatore (Alcedo atthis). Nei macchioni di platano e nelle leccete trovano ospitalità la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra (Parus major), la ghiandaia (Garrulus glandarius), il rampichino (Certhia branchydactyla), il colombaccio (Columba palumbus). Nell'orizzonte dell'Oleo-Ceratonion s’incontrano il saltimpalo (Saxicola torquata), l'averla capirossa (Lanius senator), l'occhiotto (Sylvia melanocephala), il passero solitario (Monticola solitarius), la capinera (Sylvia atricapilla), l’upupa (Upupa epops) e la ormai rara coturnice sicula (Alectoris graeca withacheri). Sulle alte e ripide pareti nidificano il piccione selvatico (Columba livia) e alcuni uccelli da preda. Tra questi è possibile osservare la poiana (Buteo buteo), il falco pellegrino (Falco peregrinus), l'elegante gheppio (Falco tinnunculus). I predatori notturni sono rappresentati dall'assiolo (Otus scops), dalla civetta (Athena noctua), dall'allocco (Strix aluco) e dal gufo comune (Asio otus otus) e dal barbagianni (Tyto alba).

I mammiferi

La Mammalofauna è quella propria della Sicilia, che vanta il record di essere fra le regioni d’Italia più povere per quanto riguarda la consistenza e la presenza dei mammiferi selvatici. Nella cava trovano rifugio: il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus huxlei), il riccio (Erinaceus europaeus consolei), la volpe (Vulpes vulpes), unico canide rimasto in Sicilia, la donnola (Mustela nivalis minuta). Sporadica è la presenza di uno dei più grossi roditori eurasiatici ed africani: l'istrice (Hystrix cristata). Rara è ormai la martora (Martes martes).

E’ molto difficile osservare i micromammiferi. I roditori sono rappresentati dal topo selvatico (Apodemus sylvaticus sicilianus), dal topo domestico (Mus domesticus), l’arvicola (Pitymis savii), e dall’elegante topo quercino (Eliomys quercinus), un gliride molto comune nelle cave iblee. Tra gli insettivori si rinviene il mustiolo (Suncus etruscus), detto in dialetto "surci tarantula", e la crocidura rossiccia (Crocidura russula).

Particolarmente importante è la Chirotterofauna, la cui ricchezza è da correlare con l’intenso carsismo dell’area iblea. Nelle cavità, presenti lungo la valle, si rifugiano diverse specie di microchirotteri appartenenti ai generi Myotis, Pipistrellus e Rhinolophus. Tra questi ricordiamo il vespertillo maggiore (Myotis myotis), il rinolofo maggiore (Rhinolophus ferrum-equinum), il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus).