Dopo alcuni mesi passati a scambiare sguardi eloquenti attraverso i vetri con la sconosciuta
Francesco stabilì
che era giunto il momento di fare qualche ulteriore passo.
Così, verso le nove di una chiara giornata di maggio, decise di
scendere sul marciapiede per osservare da vicino la ragazza e magari,
con un pretesto, scambiare qualche parola.
Per sua sfortuna però quel giorno la circolazione non presentava
difficoltà, cosi che la ragazza passò via veloce nella sua auto, per
giunta senza neppure degnarlo di uno sguardo. Poté però osservarla dal
finestrino ed avere conferma che era proprio una gran bella ragazza,
alta e dal fisico possente.
Non demorse ed il giorno seguente, con la scusa di andare a
pren-dere un caffè, alle nove era di nuovo sul marciapiede in attesa.
Stavolta il traffico scorreva lento e tutto lasciava sperare che, se la
ragazza fosse giunta, avrebbe avuto molto più tempo per osservarla da
vicino.
E così fu. Puntuale, all’ora solita, intravide in lontananza
la bian-ca utilitaria della ragazza venire avanti dolcemente. Temendo
che la circolazione potesse riprendere a scorrere veloce da un momento
all’altro, pensò bene di andare lui incontro all’auto, anche per
dare l’impressione che stava casualmente passeggiando sul marciapiede.
Giunto quasi all’altezza della macchina i suoi occhi si
incrociarono con quelli della ragazza che, superato un breve attimo di
sorpresa, accennò un lieve sorriso che la fece apparire ancora più
desiderabile. Anche Francesco sorrise e, senza mai smettere di guardarla
negli occhi, abbassò la testa in segno di saluto. Anch’essa salutò,
però -- approfittando dell’apertura del semaforo -- ingranò la
marcia e schizzò via.
Francesco era pieno di gioia. A suo avviso il più era fatto. Era
convinto che alla prossima occasione sarebbe riuscito a parlare con la
ragazza, che da alcuni giorni occupava gran parte dei suoi pensieri.
La mattina seguente Francesco non poté scendere per motivi di
lavoro, ma il giorno successivo alle nove meno dieci era già sul
marciapiede con la sigaretta tra le labbra ad aspettare. Il traffico
scorreva lento quando la ragazza giunse. Con passo deciso si avvicinò
al finestrino dell’auto, si chinò in modo da poter guardare in volto
la ragazza seduta all’altro lato e, parlando attraverso il vetro,
disse:
--- Senta , io vorrei dirle una.....
Purtroppo non riuscì a terminare la frase
perché la macchina si e-ra rimessa in movimento percorrendo alcuni
metri. Francesco non era il tipo da scoraggiarsi. A grandi passi
raggiunse di nuovo la cinquecento e questa volta mise la mano sulla
maniglia dell’auto, dicendo:
--- Senta, perché
non mi fa salire? Vorrei dirle una cosa…..
La ragazza, senza scomporsi, si protese verso lo sportello e
tolse
la sicura. Francesco velocemente aprì e si sedette al suo fianco. Il
suono del clacson della
macchina che seguiva ricordò ad entrambi che il semaforo era diventato
verde e bisognava ripartire.
La ragazza ripartì lentamente e, guardando verso Francesco, con
aria del tutto naturale, disse:
--- Allora, cosa mi
deve dire?
--- Sa ....,
veramente io ......, sono circa due anni che la osservo dalla stanza
dove lavoro....... Ho sempre desiderato di volerla conoscere.... Mi sono
chiesto chi era questa ragazza dall’aspetto nordico...... Sicuramente
sarà una straniera ......
--- E
invece non sono affatto straniera. Sono salernitana puro-sangue --- disse lei togliendolo dall’imbarazzo.
--- Eppure
dall’aspetto non si direbbe --- insisté lui che era a cor-to di
argomenti. --- Bionda....., alta....., gli occhi celesti..... ---
continuò, guardandole con insistenza le labbra.
Avevano oltrepassato il semaforo e svoltato a destra. La ragazza
percorse un’altra decina di metri, accostò l’auto al marciapiede ed
arrestò il motore.
Per tutta la durata della manovra, Francesco non le aveva tolto
gli occhi di dosso. Era una ragazza più alta del normale. Guardata in
viso da vicino dimostrava poco più di vent’anni. Aveva una gran
chioma bionda, una fronte ampia, grandi occhi glauchi sotto ciglia
dorate, e un bel viso, con zigomi appena accennati. Il collo era lungo e
ben mo-dellato; il petto, alquanto pronunciato, era reso ancora più
evidente dalla T-shirt
aderente che indossava. Le gambe, da quello che riusciva ad intuire
attraverso le profonde pieghe della gonna lunga fin sulle scarpe,
dovevano essere tonde e carnose.
Completata la manovra, la ragazza, girandosi con tutto il busto
verso Francesco, disse:
--- Ebbene, adesso
che mi ha conosciuta?
--- Non so.....
Potremmo incontrarci di pomeriggio, con più tem-po. In un posto più
comodo --- rispose.
--- Per quale motivo
dovremmo incontrarci di nuovo? --- do-mandò con aria ironica.
--- Per fare quattro
passi insieme. Scambiare due chiacchiere --
ribattè Francesco e, divenuto più ardito perché la ragazza
sembrava accettare il dialogo, aggiunse:
--- Lei quando è
libera?
--- A quest’ora
vado al lavoro. Ho poco tempo. Sono impegna-ta fino alle otto di sera, poi.....
--- Anch’io ho
poco tempo. La mattina in ufficio e di pomerig-gio allo studio. Dopo le
otto va benissimo. Potremmo incontrarci domani sera proprio dove siamo
adesso.
--- No! Qui no! E’
una zona così movimentata. All’inizio della Villa comunale, dalla
parte del teatro Verdi. E’ un posto tranquillo.
--- Va bene! Domani
sera alla Villa comunale. Verso le otto e
trenta.
--- Non so, devo
pensarci. Ancora non riesco a trovare la giustificazione per cui io e
lei dovremmo vederci di nuovo.
--- Diciamo... per
curiosità --- rispose
Francesco. Poi velocemente le strinse la mano e scese dalla macchina.
--- Devo
far ritorno in ufficio ---
si scusò.
Aveva di proposito fatto tutto di fretta per non darle il tempo
di pensare. La vide ripartire di corsa come se avesse premura.
Aveva l’aria contenta, Francesco, mentre saliva le scale che
conducevano al primo piano del suo ufficio. I risultati erano stati
ottimi, e per di più ottenuti in così poco tempo. Il dubbio che
l’indomani la ragazza non si sarebbe presentata all’appuntamento non
lo sfiorava neppure lontanamente. Tutto procedeva secondo copione.
Ed infatti l’indomani, poco dopo le otto e mezza della sera,
Francesco la vide arrivare alla guida della sua auto. Si avvicinò alla
piccola utilitaria ed aprì la portiera dal lato della guida,
invitandola a scendere.
--- Preferisco restare seduta in macchina --- rispose.
Francesco girò dall’altro lato e salì nella cinquecento.
Osser-vandola notò che portava una camicetta rosa pallido su una lunga
gonna scura. Non aveva rossetto, proprio come piaceva a lui, solo un
leggero trucco agli occhi. Il suo viso era dolce e sereno, ma a ben
guardare vi si poteva cogliere una leggera aria di sfida.
--- Allora, eccomi qua! Cosa volevi dirmi? --- disse, come se stesse
continuando il colloquio del giorno precedente.
Francesco rimase piacevolmente sorpreso perché gli aveva dato
subito del tu. Non fece in tempo a pronunciar parola, però, che ella
riprese:
--- Prima che la
storia vada avanti, sono io che devo dire una co-sa a te.
Le parole suscitarono una sorte di stupore in Francesco.
--- Che sappia chi io sia e che sono sposato?
Poteva non venire? --- pensò, incominciando ad avvertire un
senso di fastidio.
--- Prego
--- disse, perdendo l’aria scherzosa ed assumendo un tono serio. ---
Sono curioso di sapere di cosa si tratta.
--- Due anni fa ---
riprese la ragazza --- ho avuto un incidente d’auto. Molto grave. Sono
viva per miracolo.
Si fermò per un attimo ad osservare in volto Francesco, che
con-tinuò a fissarla senza tradire alcuna emozione.
--- Sono rimasta due
mesi in ospedale --- continuò, guardando di fronte a lei, al di là del
parabrezza.
Riprese fiato. Aveva persa la spavalderia iniziale.
--- Hanno dovuto
amputarmi una gamba --- concluse.
Francesco avrebbe voluto aprire la portiera e scappare. Quelle
che dovevano essere due ore di evasione dalla quotidianità, lontano dai
problemi del lavoro e della famiglia, stavano trasformandosi in due ore
d’inferno. Per un attimo gli tornarono alla mente il viso di ghiaccio
della moglie, che aveva scoperto l’ultima sua relazione, e il volto
furente del suo direttore che minacciava di mandarlo in galera,
ritenendolo corresponsabile dell’enorme ammanco dalla cassa sulla
quale aveva l’obbligo di sorvegliare.
Questi furono i suoi primi pensieri, ma riuscì a dissimularli.
An-che nei momenti di irrefrenabile malumore o quando era
prossimo all’ira riusciva a conservare un senso di moderazione. Era
questa una sua prerogativa, riconosciutagli anche dagli altri, e di cui
era consape-vole. Benché avesse accusato il colpo, si riebbe subito.
Bisognava guadagnare tempo per porre rimedio a questo inaudito
imprevisto. Modificò
l’aspetto del suo volto passando in un momento da un espressione di
delusione mista ad ira, ad un atteggiamento di affabile e leziosa
benignità.
--- Il corso della
nostra vita ---
prese a dire senza sapere anco-ra dove andasse effettivamente a
parare --- è influenzato da innumerevoli eventi inattesi e spesse volte
per niente graditi. Così è per tutti. L’esistenza di questi fatti
dimostra quanto arduo sia rendere sufficientemente regolare il corso
della nostra vita e quanta fortuna ci debba assistere perché possano
almeno parzialmente avverarsi le previsioni che formuliamo sul nostro
futuro. Solamente il sostegno di una fede incrollabile può consentirci
di trovare la forza per sopportare tutte le prove che la vita ci
riserva. La fede ci fa ritenere che tali prove facciano parte di un
disegno più grande, che a noi non è dato conoscere.
Un senso di soddisfazione pervase Francesco quando ebbe terminato
il suo sermone. Riteneva di essersela cavata bene.
E di fatto così era stato. La ragazza,
che di sicuro si aspettava di sentir pronunciare tutt’altre
parole, dopo un momento di perplessità, ascoltò con attenzione quelle
frasi di cui forse non comprese inte-ramente
il significato, ma che di certo ebbero un effetto anestetico su
di lei, forse l’avevano anche un po’ intimorita.
Incominciò a raccontare tutti i problemi fisici e psicologici in
cui si era dibattuta dopo l’incidente. Solo da poco, grazie
soprattutto al lavoro, era riuscita a riacquistare di nuovo fiducia in
se stessa.
Non fu difficile per Francesco, dopo le sue parole iniziali e la
buona accoglienza che avevano avuto, trovare parole adatte a
mante-
nere
su il discorso e non farlo scivolare nel patetico. Ascoltò, mostrando
vivo interesse, tutti i particolari dell’incidente e il racconto delle
liti giudiziarie per accertare le responsabilità.
Dopo un paio d’ore trascorse senza scendere dalla macchina, la
ragazza disse:
--- Si è fatto tardi, è ora di ritirarmi. Io penso che dopo
quanto ti ho detto sia bene che non ci incontriamo più.
--- Perché dici così?
Hai capito veramente poco di me --- ri-spose, mostrandosi risentito. ---
Desidero ancora parlare con te.
--- Dici davvero?
--- Certo. Alla
stessa ora, domani sera in questo stesso luogo. Per te va bene? ---
disse Francesco mentre già apriva lo sportello dell’auto.
--- A domani sera ---
rispose la ragazza.
Guardando l’utilitaria che si allontanava, Francesco si ricordò
che per l’indomani sera aveva preso già un altro impegno, con una
cugina di sua moglie. Un impegno di lavoro. La cugina della moglie era
un affermato architetto, ma era anche una gran bella donna, esuberante e
indipendente. Da molto tempo sperava di incontrarla senza avere anche la
moglie tra i piedi.
Lentamente accese una sigaretta. Era l’ottava della giornata,
teneva il conto per non fumare troppo: oggi gli era andata bene.
--- Domani sera non potrò essere in due posti
contemporanea-mente -- pensò mentre metteva in moto il potente motore
della sua auto.
--- Poco male! --- esclamò ad alta voce e, premendo interamen-te
il piede sull’acceleratore, partì rumorosamente facendo sobbalzare
una coppietta di innamorati seduti su una panchina poco lontano.