SEZIONE 3 RACCONTI
Titolo 5 - NON CI CREDO

 

 

              

            

 

 

 

              

 

           

          

                 

            


   sito dello scrittore luigi torino   

             Non  ci  credo

-- Non ci credo !

-- Te lo giuro! Lo sai che non dico mai bugie in questo campo!

-- Proprio quella donna che abbiamo incontrato nell’oreficeria di Maurizio, a Vallo della Lucania, quando siamo andati per la Dichiarazione dei redditi?

-- Si,  proprio quella brunetta che da qualche mese ha assunto   come commessa.

-- Veramente io, una volta, l’ho trovata che lavava per terra: credevo fosse la donna delle pulizie.

-- Probabilmente era caduta un po’ d’acqua! E’ la nuova commessa.

-- Sarà, ma  anche l’altro giorno l’ho vista che toglieva la polvere in vetrina.

-- Sei sempre il solito permaloso! Metti dentro e non pensare!

-- Ma io l’avrò incontrata si e no un paio di volte!

-- Anch’io, però i nostri sguardi si erano incrociati ed era successo già tutto, tutto era già stato scritto!

--  Queste parole te le ho già sentite pronunciare in qualche altra occasione.

--  E’ strano come il caso fa sì che i fatti della nostra vita avvengano con tale puntualità da far ritenere che siano addirittura programmati! Già al nostro primo incontro, mi ero sentito sicuro di ritrovarla.

-- Racconta allora. Come è andata?

n   Ero appena uscito dal Tribunale, dove mi ero recato per depositare il  Bilancio di una società,  e stavo percorrendo Corso Vittorio Emanuele per raggiungere la macchina parcheggiata a Piazza della Concordia, quando l’ho incontrata. Reggeva un’ampia borsa di carta dalla quale fuoriusciva un grosso scatolone bianco. Ci siamo salutati. Le ho chiesto come mai era a Salerno. Mi ha risposto che era venuta a ritirare il vestito di sua figlia che la Domenica successiva doveva partecipare ad una recita in costume. Stavo già per salutarla quando si è lasciato scappare che era divorziata, e che  perciò toccava fare tutto a lei.

Appena ho sentito la parola divorziata non ho capito più niente. Dovevo inventare un pretesto per restare ancora un po’ con lei.  Incominciavo ad avere sentore che quell’incontro casuale poteva essere foriero di dolci sviluppi. Mi sono offerto di accompagnarla in macchina alla stazione.

-- Ha accettato subito?

-- No! Ha risposto che non aveva fretta: mancavano più di due ore alla partenza del treno per Vallo: si sarebbe fermata a guardare le vetrine dei negozi.

-- E tu?

-- Io ho insistito. Le vie della provvidenza femminile sono infinite. “C’è tempo per prendere un caffè e fare una passeggiata”, ho proposto. Questa volta non ha cercato altre scuse. Abbiamo preso il caffè ad un bar sul lungomare, poi ci siamo diretti verso Piazza della Concordia. “La stazione è vicina”, - mi ha detto appena giunti alla macchina - “faccio quattro passi”, e sorrideva con l’aria maliziosa di chi aveva capito che, se fosse salita in macchina, non poteva più scappare. Ho detto che mancava ancora molto alla partenza, e che avrei potuto portarla a fare un giro nella parte alta di Salerno, verso il castello di Arechi. “Il Golfo dall’alto era una vera meraviglia”, le ho detto.  

 

 

-- La scusa era buona. Non ha avuto altre esitazioni?

-- Le sue ultime resistenze erano riposte nello scatolone che teneva stretto tra le mani. Mentre insistevo, cercavo di sfilarle dalle mani la borsa con il grosso involucro. La mia azione era dolce e decisa al tempo stesso. Quando l’ingombrante pacco è passato interamente nelle mie mani, sapevo che oramai era mia. Ho riposto lo scatolone nel portabagagli, in modo che scomparisse per un po’ dalla sua vista ed in seguito non fosse di intralcio. Non appena è salita in macchina il mio cervello si è messo a girare vorticosamente. L’unica mia preoccupazione era di non trovare traffico lungo le strade che portano su al castello. Benché intendo alla guida, non potevo fare a meno di inviarle qualche occhiata furtiva. Indossava una camicetta rosa su di una gonna blu ad imbuto. Sedendosi, la gonna si era ritirata lasciandole scoperte le gambe di un palmo sopra il ginocchio. Credimi, un vero spettacolo. Non ero più nei miei panni. Come nel week-end le ore più liete sono quelle trascorse nell’attesa della domenica, non nel compimento del giorno di festa, così nell’amore il momento più bello è quando si salgono le scale. E’ l’eterna verità del Sabato del villaggio!

-- Lascia stare Giacomo Leopardi, ché tu poeta non sei, e la donna che era in macchina con te non più donzelletta. Va avanti! 

 --   Ho preso per via SS. Martiri Salernitani, ho attraversato il sotto-passo della ferrovia e poi su, a tutto gas, per via Paglia. Giunto all’altezza del casello autostradale, ho imboccato la strada che da Salerno porta a Cava passando per Croce. Mi sono fermato alla prima piazzola. C’era un’altra macchina che aveva i finestrini interamente tappezzati di giornali. La piazzola è grande, mi sono portato all’altra estremità. Appena spento il motore dell’auto, ci siamo guardati per un attimo, poi senza dire neppure una parola, ci siamo abbracciati e, prima che ce ne rendessimo conto, le sue mani erano sulle mie spalle e le mie labbra sulla sua bocca. Non ti dico: una vera delizia. Come è facile, a volte, arrivare nel paese della felicità, anche se non è segnato su nessuna cartina!

Dopo mezz’ora stavamo già scendendo verso il mare. Giunti alla stazione, le ho augurato di fare buon viaggio e ci siamo lasciati con la promessa che mi avrebbe telefonato appena sarebbe di nuovo tornata a Salerno.  

 

  sito realizzato  da  SUPERALIANTE

                                            TORNA  A HOME  PAGE

                 alla pagina successiva